Direttore ARTURO DIACONALE
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Giovedì 3 Gennaio 2013
delle Libertà
Monti,un centrino tra due fuochi
Secondo Monti «destra e sinistra sono distinzioni che hanno avuto un significato in passato, oggi lo
hanno molto meno». E Berlusconi lo attacca duramente: «Meglio un voto al Pd che uno al centrino»
LaPrimaRepubblica tornamalgrado il Porcellum
Il nuovo anno come il vecchio: ancora nuove tasse
Il più grande conflitto d’interesse del Dopoguerra
e uno degli obbiettivi del gover-
no tecnico di Mario Monti era
quello di modificare il sistema po-
litico facendo piazza pulita del bi-
polarismo anomalo della Seconda
Repubblica, bisogna riconoscere
che il traguardo è stato conseguito.
La mancata alleanza tra Lega e
Pdl, così come l’impossibilità di
una intesa di coalizione tra il cen-
tro di Casini e dello stesso Monti
e la sinistra Pd-Sel dell’accoppiata
Bersani-Vendola, rendono ormai
superato lo schema degli ultimi
vent’anni del confronto tra due
coalizioni antagoniste condizionate
dalla rispettive forze estreme piut-
tosto che da quelle moderate e ri-
S
formiste. Alle grandi coalizioni di
una volta, Pdl e Lega da una parte
e Ulivo dall’altro, si sono ormai
sostituite le mimi-coalizione di og-
gi: Il Pdl con la Destra di Storace
ed i gruppi minori del centrodestra,
il Terzo Polo montiano formato da
Udc, Fli e montezemoliani senza
Montezemolo, la sinistra di Pd, Sel
e lo spezzone del dissidenti dell’Idv,
l’area giustizialista di Ingroia e Di
Pietro e quella della protesta anti-
politica di Beppe Grillo. La legge
elettorale rimane quella che cerca-
va di favorire il bipolarismo anche
a costo di dare vita a maggioranza
in grado di vincere le elezioni ma
di non saper e poter governare il
paese. Ma lo schema non è più
quello della Seconda Repubblica
ma è tornato ad essere quello della
prima.
L’unica certezza dell’attuale
campagna elettorale, infatti, è che
ogni mini-coalizione si candida a
guidare il paese ma nessuno può
prevedere prima del voto chi riu-
scirà mai a formare una maggio-
ranza capace di esprimere il gover-
no. Può essere benissimo che alla
Camera la sinistra riesca ad otte-
nere il premio di maggioranza. Ma
è ancora più certo che non riuscirà
mai a conseguire lo stesso risultato
al Senato. E lo stesso vale per qual-
siasi altra mini-coalizione.
Chiunque vorrà governare do-
vrà negoziare con le altre forze po-
litiche un programma di compro-
messo e mettere in piedi un
governo di coalizione. Il tutto solo
dopo le elezioni e, naturalmente,
in maniera sostanzialmente diffor-
me dalle promesse fatte e dagli im-
pegni presi dalla mini-coalizioni ai
propri elettori. Come ai tempi pas-
sati quando gli elettori si esprime-
vano in un modo e le forze politi-
che , incassato il voto dei propri
sostenitori, utilizzavano la rappre-
sentatività ottenuta piegandola al-
l’interesse generale della governa-
bilità e alle loro esigenze di potere.
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ontinua a non appassionarmi
un dibattito politico che sem-
bra occuparsi delle solite questioni
di lana caprina. In particolare, do-
po il fallimento di un bipolarismo
fondato sull’alternanza del nulla,
ritorna in auge tutto l’antico ar-
mamentario di illusioni di stampo
politicista.
Così come all’indomani del
collasso della cosiddetta prima
Repubblica, anche adesso si nota
un grande affannarsi per riempire
di foglie e di fico e di etichette ta-
roccate un panorama politico a
mio avviso desolante. Così come
desolante appare la condizione so-
ciale ed economica del paese in
C
questo inizio di 2013. Tra chi si
aggrappa a qualunque elemento
che possa risultare “nuovo” agli
occhi dell’elettorato e chi a ciò ab-
bina i soliti ingredienti dell’onestà
autocertificata, lo spettacolo risul-
ta assolutamente deprimente. Per-
sino la sinistra cultura della forca
e delle manette, lontana erede di
antiche suggestioni ghigliottine-
sche, appare in grande spolvero,
con una impressionante prolifera-
zione di magistrati “prestati” alla
politica.
Per non parlare dei continui
appelli e riferimenti all’Europa -
vera levatrice di ogni parto elet-
torale - al popolo dei moderati, a
quello dei lavoratori, dei precari,
dei delusi, degli incazzati, degli in-
dignati, dei patrioti, dei federalisti
e chi più ne ha più ne metta.
Ma in tutto questo bailamme
di sigle e di offerte di rappresen-
tanza non si riesce a scorgere, se
non tra i vessilli di chi è purtrop-
po accreditato di uno zero e qual-
cosa, una proposta autenticamente
liberale.
Evidentemente, lo sputtana-
mento operato (a sinistra con la
falsa propaganda e a destra con
le mancate riforme) dal sistema
politico nel suo complesso ai dan-
ni di quest’ultima visione ha de-
cisamente funzionato. Tanto è ve-
ro che, accantonata l’idea liberale
di risolvere la crisi attraverso una
riduzione del peso dello Stato nel-
la società, oramai è passato il con-
cetto secondo cui esiste una sola
forma di rigore; quello delle tasse.
Ed è proprio a colpi di ulteriori
nuove tasse che si è aperto il nuo-
vo anno, esattamente per consen-
tire ad un sistema affetto da un
eccesso evidente di spesa pubblica
di continuare a distribuire immen-
se risorse. D’altro canto l’ha detto
pure il Papa che la madre di tutti
i problemi è la disuguaglianza, ov-
viamente intesa sul piano econo-
mico.
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2
uggerisco a chi vuol conoscere il
vero programma economico di
Bersani di rileggere il mio libro
Le
cooperative rosse. Il più grande con-
flitto di interessi nell’Italia del do-
poguerra
.
In quel libro, analizzo l’in-
treccio di interessi esistenti fra la
sinistra, le cooperative rosse, le isti-
tuzioni governative (il riferimento
temporale è al governo Prodi ma si
riprodurrebbe con Bersani) e le am-
ministrazioni locali; intreccio che
costituisce un palese conflitto di in-
teressi, incompatibile con una sana
e libera economia di mercato. Le
cooperative rosse, sono divenute
delle vere e proprie aziende capita-
listiche che finanziano e procurano
S
voti alla sinistra, in cambio di una
legislazione privilegiata in campo
fiscale e di un’assegnazione prefe-
renziale degli appalti pubblici: una
sorta di “economia di scambio” a
danno delle aziende non coopera-
tive. Una sorta di “porta girevole”
che consente un interscambio di
classe dirigente fra il Pd, le coope-
rative rosse, la Cgil, le amministra-
zioni locali e viceversa.
Spesso le amministrazioni comu-
nali, provinciali, regionali erogano
finanziamenti pubblici a sostegno
della cooperazione; finanziamenti
che non avrebbero, alcuna giustifi-
cazione in una normale economia.
I media ignorano il colossale con-
flitto che esiste fra le cooperative
rosse e il Pd di Bersani. Si è così così
creata un’area economica privile-
giata, all’ombra della sinistra, al cui
centro si pone il partito-azienda, os-
sia il Pd, in origine Pci. Il legame tra
le cooperative rosse e la sinistra ha
dato vita ad un impero politico-fi-
nanziario-aziendale non indifferente.
L’esempio più eclatante del conflitto
di interessi fra governo di sinistra e
cooperative rosse si è reso manifesto
in occasione del Decreto Bersani
sulle liberalizzazioni, che ha rappre-
sentato l’ennesima dimostrazione
di come la sinistra avvantaggi la
grande distribuzione, in quanto, in
gran parte, legata alle cooperative
rosse, a discapito della rete distri-
butiva minore e dei piccoli e medi
commercianti. False liberalizzazioni
sono state quelle di Bersani, in
quanto la scelta di consentire la ven-
dita di farmaci, di giornali nei su-
permercati e di consentire l’apertura
di distributori di benzina Coop e
Conad è stata concepita, prima di
tutto, come un regalo alla coopera-
zione rossa. Un ulteriore esempio
di conflitto di interessi è il caso Hera
Spa, la super Municipalizzata di Bo-
logna e dell’Emilia Romagna, nel
cui consiglio di amministrazione sie-
dono rappresentanti delle coopera-
tive rosse.
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2
di
ARTURO DIACONALE
Il ritorno al passato
caro a Napolitano
e di cui Monti si è fatto
artefice convinto
non segnerà alcun
passo in avanti,
ma garantirà soltanto
una nuova fase
di ingovernabilità .
Era questo l’obiettivo?
di
CLAUDIO ROMITI
Spingere il pulsante
della fiscalità è diventato
un gioco da ragazzi.
Soltanto che l’artefice
di questa macchina
infernale si è dimenticato
di inserire la leva
della crescita economica.
Ma la perfezione
non è di questo mondo
di
RODOLFO RIDOLFI
Il tribunale di Milano
ha stabilito il 9 agosto
del 2012 che non è reato
dire che le coop sono
uno «strumento
del capitalismo rosso»,
«
un esempio da manuale
di collateralismo
tra politica e affari».
Parole da ricordare