Direttore ARTURO DIACONALE
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Sabato 2 Febbraio 2013
delle Libertà
Il viaggio fallimentare di MarioMonti in Europa
l viaggio di Mario Monti in Eu-
ropa alla vigilia delle elezioni po-
litiche può sembrare molto simile a
quello che nell’immediato dopoguer-
ra fece Alcide De Gasperi negli Stati
Uniti. In realtà le differenze sono so-
stanziali. In primo luogo perché De
Gasperi puntava attraverso la visita
ad apparire agli occhi degli italiani
come “l’uomo dell’America” e
Monti cerca invece di scrollarsi di
dosso l’etichetta di “uomo della Ger-
mania”. Ma soprattutto perché il
leader democristiano riportò in Italia
non solo una serie di aiuti concreti
che servirono a far superare al paese
il momento più difficile della ripresa
post-bellica ma anche una strategia
I
politica ben precisa incentrata sulla
scelta atlantica e sulla esclusione del
Pci stalinista dall’area del governo.
Monti, al contrario, non porta a ca-
sa un bel nulla. Né la promessa del-
la Merkel di una qualche forma di
crescita e, quindi, un qualsiasi aiuto
concreto dell’Europa al nostro paese
precipitato in una drammatica re-
cessione, né uno straccio di linea po-
litica capace di fornire almeno una
speranza di uscire dal tunnel della
crisi e tornare a vedere la luce. Il pre-
sidente del Consiglio può solo esi-
bire agli italiani la qualifica di di-
fensore degli interessi del proprio
paese concessagli dalla Cancelliera
tedesca. Ma un riconoscimento del
genere, oltre che essere ben poca co-
sa di fronte alla conferma del rigo-
rismo intransigente della Germania,
non smentisce affatto l’etichetta di
uomo della Merkel” che Monti
vorrebbe cancellare per ragioni elet-
torali. Al contrario, la conferma in
pieno. Perché è fin troppo evidente
che nel pronunciare quella frase la
Cancelliera abbia recitato una parte
abbondantemente concordata in
precedenza con i collaboratori del
visitatore italiano. Il risultato del
viaggio europeo di Monti è, dunque,
da considerare assolutamente falli-
mentare. Sia perché il presidente del
Consiglio, oltre che il buffetto in-
quietante e controproducente della
Merkel, non ha ottenuto nulla di
concreto. Sia, soprattutto, perché ha
dimostrato che non esiste una qual-
che strategia politica europea per
uscire dalla crisi al di fuori di quella
seguita all’insegna del massimo ri-
gore dalla Germania in difesa dei
propri interessi nazionali. Dal viag-
gio,in sostanza, Monti è tornato a
casa a mani vuote e con la sola con-
ferma dei pregiudizi che i paesi eu-
ropei del Nord hanno nei confronti
del nostro paese. Il che non stupisce.
Visto che i pregiudizi delle cancel-
lerie dell’Europa continentale sono
gli stessi che Monti nutre nei con-
fronti del proprio paese.
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2
Università: gli italiani si sono accorti della truffa
uasi 60mila iscritti in meno
alle nostre università tra
l’anno accademico 2003/2004 e
quello 2011/2012, un calo del
17%,
come se fosse scomparso
un grande ateneo come la Statale
di Milano. Un dato che ha pro-
vocato grande sconcerto e allar-
me tra i benpensanti, secondo cui
l’accesso all’istruzione universi-
taria dovrebbe essere un diritto
garantito a tutti e una vocazione
universale. Che quel diritto pro-
duca in concreto un esercito di
disillusi e frustrati, e che sempre
meno giovani aspirino a laurearsi,
per costoro è inconcepibile, è
un’ipotesi che non prendono
Q
nemmeno in considerazione. Il ca-
lo degli iscritti è invece un’ottima
notizia. Secondo i soliti sosteni-
tori della spesa pubblica è colpa
dei tagli, soprattutto al “diritto
allo studio”, che costringerebbero
le famiglie meno abbienti a rinun-
ciare ad iscrivere i loro figli al-
l’università e che priverebbero
questi ultimi della speranza nel
futuro. Ma forse la verità è un’al-
tra: gli italiani hanno smesso di
credere ai miti di vecchie ideolo-
gie, stanno cominciando ad apri-
re gli occhi sulla grande truffa
dell’università italiana. I giovani
laureati, insieme alle loro fami-
glie, vivono sempre più sulla loro
pelle il fallimento dell’offerta for-
mativa universitaria: solo quando
finalmente cercano di entrare nel
mondo del lavoro se ne rendono
conto, si accorgono che la prepa-
razione fornita nei cinque-sei an-
ni di studi semplicemente non va-
le l’esperienza e il reddito che
nello stesso arco di tempo avreb-
bero potuto accumulare inizian-
do subito a lavorare. Si consuma
una vera e propria truffa: il “si-
stema” fa credere che l’università
sia alla portata di tutti, che sia il
percorso naturale per ciascuno,
al quale anzi ciascuno ha diritto,
e attraverso il quale potrà garan-
tirsi lo sbocco professionale de-
siderato, un’occupazione stabile
e ben remunerata. Quando que-
sta promessa si scontra con una
realtà ben diversa, che mette a
nudo come anni e anni di studio
siano stati quasi inutili rispetto
alle competenze richieste dal
mercato, la frustrazione è massi-
ma. Quando un fenomeno è così
diffuso nella società, il passa-pa-
rola tra generazioni e tra famiglie
è inevitabile.
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2
di
FEDERICO PUNZI
Le ridotte possibilità
economiche
delle famiglie italiane
in questi anni possono
aver influito sul calo
degli iscritti, ma ignorare
la crisi di credibilità
dell’istituzione significa
nascondere la testa
sotto la sabbia
di
ARTURO DIACONALE
Se le forze politiche
non incominciano
a cercare di capire
come far uscire l’Italia
dalla recessione senza
farla uscire dall’Europa,
rischiano di perdere
il proprio consenso.
A tutto vantaggio
della casta tecnocratica
Il Colle scopre il segreto d’indagine
K
Ci ha preso gusto, il presi-
dente Napolitano. Tanto che, per il se-
condo giorno consecutivo torna sulla
vicenda Monte dei Paschi di Siena, di-
fendendo l’operato di Bankitalia e met-
tendo in contrapposizione stampa e
magistratura. «Abbiamo spesso degli
effetti non positivi - dice Giorgio Napo-
litano in occasione di un incontro al
Quirinale con una delegazione di gior-
nalisti - quasi dei cortocircuiti tra infor-
mazione e giustizia». La stampa che
«
tende ad avere il massimo di elementi
per poter assolvere a un ruolo di pro-
pulsione alla ricerca della verità» in
casi come questo confligge con la «ri-
servatezza necessaria delle indagini
giudiziarie e il rispetto del segreto d’in-
dagine». Con appena un paio di de-
cenni di ritardo, insomma, Napolitano
prende atto del “cortocircuito” tra pm e
giornalisti compiacenti e perfino del di-
sprezzo con cui viene trattato, in Italia,
il segreto d’indagine. Non c’è troppo
da meravigliarsi: anche sulle stragi so-
vietiche a Budapest il presidente ci ha
messo qualche anno per rendersi
conto della realtà.