II
ATTUALITÀ
II
Politici, scrivete la legge 37
per tutelare i malati di cancro
di
ALESSANDRO BERTOLINI
o un amico che sostiene una
tesi interessante: oggi la poli-
tica é debole, anzi é assente. Non
si protegge come ha sempre fatto
ed è per questo che sono emersi tut-
ti gli scandali degli ultimi mesi. Una
politica debole neppure decide per
il bene comune, al massimo pensa
solo a se stessa.
Immaginiamo per un attimo che
la demagogia lasci il posto dopo le
elezioni ad una politica di rigore al
servizio della società, direi virtuosa.
Badate bene, non sono ingenuo, il
vero aggettivo sarebbe utopica e lo
so, ma l’utopia va di pari passo coi
sogni e io sogno da sempre come
tutti la miglior società possibile.
Perciò la cosiddetta società civile
dovrebbe pretendere leggi che ab-
biano lo scopo di tutelare innanzi-
tutto il bene comune. Faccio il mio
caso di Direttore di un reparto di
oncologia medica, un tempo per in-
tenderci,s i chiamava Primario. Eb-
bene, io chiedo alla politica che ver-
rá che si pensi ad una legge per
l’Oncologia. Esiste già una buona
legge, la 38, scritta nel 2010 per of-
frire un percorso alle cure palliative
e alla terapia del dolore. Premesso
che forse é la prima volta che si
pensa ad organizzare per legge un
sintomo, il dolore, credo che questa
sia stata promulgata perché la po-
litica ha voluto pulirsi la coscienza,
poi è anche una legge che costa po-
co e necessaria. Sono convinto che
molti tra quanti stavano a Monte-
citorio abbiano immaginato che
questa fosse una legge per tutti i
malati di cancro, purtroppo non é
così.
Ecco qualche dato per spiegare
con obiettività ragionata il proble-
ma dei malati di cancro.
In Italia abbiamo 2.250.000
persone con una malattia oncolo-
gica nella propria anamnesi (4%
della popolazione). Le nuove dia-
gnosi sono ogni anno 360.000, le
morti 174.000. Se la politica ha fat-
to una legge per colmare una lacu-
na che riguarda i 174.000 malati
terminali, chi pensa a tutelare il 4%
di italiani che hanno avuto un con-
tatto col cancro? Ora che la politica
é debole e sta partendo la campa-
gna elettorale, qualcuno potrebbe
riflettere che 2.250.000 elettori han-
no avuto il cancro. Notevole stimo-
lo, quello del voto, per darsi da fa-
re.
Perché serve una nuova legge e
H
perché non bastano le normali leggi
di riordino regionali? Perché i ma-
lati sono tanti e non erano di ugual
numero quando le leggi 502 e 517
del 1992/3 hanno cambiato il ser-
vizio sanitario nazionale. Per fare
memoria, una delle leggi fu licen-
ziata quando Ministro delle sanitá,
oggi si chiama salute questo mini-
stero, era il Prof. Francesco De Lo-
renzo. Eravamo ancora nella prima
Repubblica, un secolo fa in ogni
senso. Le leggi di riordino regionali,
che hanno messo in pratica quelle
nazionali citate, sono del 1995, or-
mai vecchie di oltre tre lustri. Nel
frattempo cos’é accaduto? La ricer-
ca farmacologica è andata avanti e
ha scoperto molte molecole, che
hanno trasformato la popolazione
oncologica da categoria a rischio
di legge 38 a malata cronica.
La sanità costa, le regioni spen-
dono almeno l’80 percento del bud-
get in salute e solo la Lombardia,
mette a disposizione 17 miliardi di
euro, usandoli per curare i propri
cittadini.
Quello che si vuol dire é che ol-
tre due milioni di “elettori” onco-
leggi importanti, ma nessuno ha
mai deciso quanti oncologi debba-
no esserci a disposizione degli elet-
tori col cancro, quanti psicologi,
quanti assistenti sociali, quante ra-
dioterapie, quanti infermieri spe-
cialisti, quanti farmaci e quali,
quanti chirurghi e quanti palliati-
visti. Anzi no, questi lo sappiamo
per legge, ma non sappiano se ci
siano davvero.
Un farmaco entra in commercio
negli Stati Uniti alle volte anche due
anni prima di quando non lo si
possa usare in Italia. Se fossi pa-
ziente, vorrei che un servizio sani-
tario universalistico quale il nostro
mettesse a mia disposizione le stesse
opportunità di un cittadino di Chi-
cago, anche perché i farmaci del-
l’ultimo decennio hanno aggiunto
molto alla vita dei pazienti. Negli
anni Novanta un malato con un
cancro del colon aveva dalla com-
parsa di metastasi non curabili con
una chirurgia di salvataggio una vi-
ta media che si fermava a sei mesi.
Oggi lo stesso paziente vive almeno
tre anni. E non mi si dica che tre
anni non sono nulla, pensate a dove
stavate nel lavoro, nella vita, degli
amori tre anni fa e dove siete ora.
Tre anni sono sei volte sei mesi.
Occorre una legge per
2.250.000
elettori con il cancro in
anamnesi, che individui risorse co-
stanti e stabilisca organizzazioni sa-
nitarie stabili su tutto il territorio
del Paese. Si stornino risorse dalla
politica, dalle spese militari, dalla
tutela del merlo acquaiolo, per sod-
disfare le esigenze dei malati. Il mer-
lo acquaiolo neppure vota.
Dopo la legge 38, che tutela la
filiera oncologica a fine vita, il nuo-
vo governo della Repubblica deve
scrivere la legge 37, che viene prima
in ordine cronologico e di malattia.
Non basta un piano oncologico na-
zionale, che non legge nessuno e
che nessuno poi mette in pratica,
perché già vecchio quando esce.
Cosa dovremo rispondere ai malati
quando per offrire loro una cura
del valore di migliaia di euro non
ci saranno i soldi per pagarla?
Ci vuole una legge avveniristica,
scritta da medici, pazienti, volon-
tari, assistenti sociali, psicologi, in-
fermieri, che sono gli unici ad in-
tercettare ogni giorno i bisogni di
chi é malato, che abbia un signifi-
cato futuro e che dia a tutti delle
certezze.
Il nostro è un grande paese che
deve investire nel futuro.
La sanità costa,
le regioni spendono
almeno l’80%
del budget in salute
e solo la Lombardia,
mette a disposizione
17
miliardi di euro,
usandoli per curare
i propri cittadini.
Oltre due milioni
di “elettori”
oncologici italiani
hanno diritto
ad una strategia sanitaria
che risponda
alle necessità
del terzo millennio.
Sono necessità
di cura
e di organizzazione,
sono necessità
che devono essere
soddisfatte
in modo attuale
e non procedere
secondo
l’improvvisazione
delle regole annuali
di sistema,
scritte per tamponare
la scarsità di risorse.
Sono necessità
che non devono passare
sotto le forche caudine
della spending review
logici italiani hanno diritto ad una
strategia sanitaria che risponda alle
necessità del terzo millennio. Sono
necessità di cura e di organizzazio-
ne, sono necessità che devono es-
sere soddisfatte in modo attuale e
non procedere secondo l’improvvi-
sazione delle regole annuali di si-
stema, scritte per tamponare la
scarsità di risorse. Sono necessità
che non devono passare sotto le
forche caudine della spending re-
view.
Fino ad oggi siamo andati avan-
ti in ordine sparso, come i polli di
Renzo. Ognuno cercando di colma-
re lacune che vedeva dal proprio
punto di vista, senza un disegno
strategico unico. I primari hanno
utilizzato il bancomat del volonta-
riato, le regioni hanno osservato da
un punto più alto, cercando di
mantenere un’organizzazione ospe-
daliera degli anni ‘70 senza incidere
su una razionalizzazione degli sta-
bilimenti ospedalieri, che avrebbe
causato perdita di consenso, ma ri-
distribuzione di risorse. Il volonta-
riato propositivo ha cercato di en-
trare nei disegni del potere, con
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 2 DICEMBRE 2012
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