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SOCIETÀ
II
Evento da 20milioni di euro
Roma nonmolla il 6Nazioni
di
ALESSIO VALLERGA
l’unico sport che presenta lo
sponsor sulla maglia di una na-
zionale. Persino gli All Blacks han-
no ceduto alle lusinghe “macchian-
do” di bianco le loro tenute nere.
A rimanere intonsa solo la divida
della Francia, ma è un dettaglio
perché intorno al rugby di soldi ne
girano tanti, soprattutto nelle stan-
ze dei bottoni ovali hanno impara-
to a farli girare. Il non essere rico-
nosciuto come sport olimpico (a
Rio 2016 esordirà il rugby a sette
giocatori), l’aura elitaria che da
sempre ha circondato questa disci-
plina ha fatto sì che bisognasse in-
dustriarsi e così è stato.
E in Italia? Siamo indietro, co-
me da costume del Belpaese ma ci
si sta adeguando: sia dal punto di
vista mediatico che prettamente
economico per una torta da quasi
sei milioni di euro solo di bigliet-
teria: «Ormai il rugby è una grande
fonte di introiti. Basti pensare che
il prossimo anno passeremo dai 4
milioni di euro del 2011 ai 5,3 co-
me ricavi delle partite. Il Sei Na-
zioni è il secondo evento più remu-
nerativo dietro solo agli
Internazionali di tennis. Ora uno
spettatore del rugby vale sette volte
uno del calcio: questo per far ca-
pire a che livello si è arrivati» so-
stiene il presidente della Federugby
Alfredo Gavazzi.
La biglietteria però è solo una
delle voci del conto generale. Un
conto che non considera tutto il
contorno e che fa lievitare i numeri
esponenzialmente: infatti si arriva
a qualcosa come 20 milioni di eu-
ro. Per capire l’impennata delle ci-
fre va considerato il tifoso-modello
di rugby che viene a vedere la par-
tita nella Città Eterna: età media
abbastanza alta, britannico o fran-
cese (e quindi con un tenore di vita
più elevato), spesso accompagnato
al coniuge, gran consumatore di
birra che soggiorna in città media-
mente tre giorni. Arriva, vede la
partita e riparte. Nel mezzo, giro
in centro, acquisti, musei, chiese.
Discorso valido anche per il pub-
blico nostrano. Arrivano a Roma
bus di società di rugby che ne ap-
profittano per una gita di bassa sta-
gione che per il settore turistico ca-
pitolino rappresenta una manna.
Senza dimenticare, compresi gli
spettatori mordi e fuggi, il villaggio
del terzo tempo. Una valanga di
soldi a cui Roma non è proprio in-
È
tenzionata a rinunciare.
Se ne sono accorti in primis al
comune di Roma, prima ancora
che in Federazione. Questo spiega
un tira e molla che va avanti da
qualche anno sul “dove” la Nazio-
nale ovale deve giocare. Quando
l’Italia è entrata nell’Olimpo del
rugby europeo nel 2000, i numeri
erano decisamente diversi perché
il movimento ancora non si era svi-
luppato. Il rugby rimaneva uno
sport di nicchia per pochi eletti, a
parte qualche sacca storica come
l’Abruzzo, il Veneto, il Catanese e
Roma, l’interesse non è che fosse
granché. Da allora ne è passata di
acqua sotto i ponti: è stato boom
di iscritti alla Fir (da 30.000 circa
a 100.000, tanto da diventare la
seconda federazione del Coni più
rappresentata dopo la Federcalcio)
e di conseguenza si è reso indispen-
sabile ripensare tutto l’evento. Lo
stadio Flaminio è stato deputato
quale “casa del rugby” più per fac-
ciata che per altro. Nelle altre cin-
que nazioni solo la capitale ha
l’onore di accogliere la manifesta-
zione e l’Italia non poteva esimersi.
Soltanto che dopo sette anni è suc-
cesso qualcos’altro, di imprevedi-
bile e con una tempistica perfetta:
jnell’estate 2006 in Italia scoppia
Calciopoli, con la punta più bassa
del seguito della serie A nonostante
la vittoria nel mondiale di calcio in
Germania. E fra febbraio e marzo
ecco che Italrugby compie la sua
impresa della storia: vince in Scozia
e si ripete sul Galles in viale Tiziano
nella seconda. Scoppia la rugbyma-
nia: i faccioni di Troncon e Castro-
giovanni cominciano a diventare
familiari ed anche la tv si accorge
del fenomeno, al punto che Sky
compra i diritti per trasmettere
l’Italia. L’interesse si allarga a mac-
chia d’olio e a fronte di un entu-
siasmo alle stelle si fanno i conti
con i problemi di tutti i giorni, in
primis lo stadio. Perché basta af-
facciarsi nelle altre cinque realtà
per capire l’inadeguatezza dell’im-
pianto di viale Tiziano che si salva
solo per visibilità e manto erboso
impeccabile: il problema capienza
viene parzialmente risolto con le
(
orribili) tribune mobili ma lo sta-
dio è fatiscente e va chiuso per ri-
strutturazione. Londra, Parigi, Du-
blino, Edimburgo e Cardiff
vantano strutture modernissime
nelle quali passare ore e spendere
danari in magliette, panini, birra e
gadget mentre in viale Tiziano il
solo parcheggiare diventa un dram-
ma.
Nel 2009 un segnale di sinergia
e strategia di marketing allargato
fra Tuttineri e Milan (targati Adi-
das, grande burattinaio dell’evento
che si ritroverà poc’anzi) centrata
in pieno: gli All Blacks al Meazza
di Milano. A San Siro si presentano
in 80.000 per un magico pomerig-
gio di novembre. La vera svolta pe-
rò avviene nel 2012, sullo slancio
del 2011. Il primo successo azzurro
nel Championship sulla Francia del
12
marzo archivia la leggenda di
Grenoble 1997 e lancia gli azzurri
nel mondiale neozelandese di otto-
bre. Il sindaco di Roma Gianni Ale-
manno annuncia la ristrutturazione
del Flaminio e di conseguenza si
riapre il dilemma: il 6 Nazioni ri-
mane a Roma? A scacciare via i
dubbi, con una mossa da prestigia-
tore, il presidente uscente del Coni
Gianni Petrucci: «Il rugby allo sta-
dio Olimpico». Inizia così un lavo-
ro, oggettivamente buono di pro-
paganda della Fir, che culmina con
Italia-Inghilterra e Italia-Scozia per-
ché largo De Bosis non fa sconti:
«
O riempite lo stadio o si ridiscute
il tutto». Nella prima partita
dell’11 febbraio gli azzurri perdono
ma in tribuna ci sono qualcosa co-
me 53.000 spettatori nonostante
Roma sia ricoperta e semiparaliz-
zata dalla neve (per 73.000 taglian-
di staccati). Apoteosi sabato 17
marzo contro gli Highlander: in
una giornata di primavera l’Olim-
pico è un catino azzzurro e Parisse
e soci passano. La partita allo sta-
dio non si vede granché ma la cor-
nice del Foro italico è perfetta: lo
stadio dei Marmi diventa il cuore
pulsante del Villaggio e tutta l’area
un parco aperto e vissuto. Ma il
bello deve ancora venire ed è rap-
presentato dagli All Blacks. Adidas,
che nel frattempo ha portato a casa
anche il contratto con la Fir, inten-
de organizzare il bis a novembre
ma Milano stavolta tergiversa. Il
Milan non è così interessato, l’Inter
fa ostracismo e ancora una volta
spunta Petrucci che riapre le porte
del Foro Italico. I Tuttineri e l’haka
sono uno spettacolo unico ed è un
successo anche stavolta. Roma e
Lazio, dapprima seccate per gli
spostamenti delle loro partite, si
rassegnano a convivere con un
evento che porta molti più spetta-
tori del calcio, con il Coni bravo a
mediare. Oggi l’Italia esordisce con-
tro la Francia nell’edizione 2013 il
cui obiettivo è quello di arrivare ad
oltre 180mila spettatori per le tre
partite casalinghe: «Puntiamo ad
oltre 50mila presenze a partita»
l’ambizione di Gavazzi. L’eco del
rugby ormai arriva dappertutto e
così lo spauracchio di un 6 Nazioni
lontano dalla capitale è scampato.
Un sospiro di solliveo per la città
eterna, meno tonda e più ovale.
La Capitale poteva
perdere il Torneo
per colpa del degrado
in cui versa
lo Stadio Flaminio.
L’anno scorso il Coni
ha spalancato
le porte dell’Olimpico
e del Foro Italico
all’ovale azzurro
e l’esperimento
un successo
oltre le aspettative.
Nell’edizione 2013
l’ambizione della Fir
è di superare
il traguardo
dei 180mila spettatori
per le tre partite
casalinghe
Gli sponsor ora fanno la fila per l’Italrugby
K
Ci sono sport che trovano
il loro momento di gloria durante
le Olimpiadi estive ed altri come
il rugby che debbono sgomitare
per ricavarsi uno spazio ma che,
una volta entrati nell’immaginario
collettivo, non ne escono più. Così
accade che per una nazionale co-
sì poco vincente come quella ova-
le ci sia la fila dietro la porta per
accaparrarsi uno spazio. Apparen-
temente sembra assurdo: per un
marchio conviene legarsi a chi già
possiede un’identità vincente in-
vece si buttano su Parisse e com-
pagni che di partite ne vincono
pochine. Perché? Perché nell’im-
maginario collettivo di cui sopra il
rugby è lo sport del rispetto, della
disciplina, dell’ostacolo da supe-
rare, del cuore da gettare oltre
l’ostacolo sempre. Così gli azzurri,
si sono conquistati un profilo tutto
loro, consolidato da fisico statuario.
E si sono adattati alla grande alla
nuova realtà mediatica andando in
giro, mostrandosi, uscendo dall’al-
veo blindato degli sportivi strapa-
gati. Scelta vincente, ripagata am-
piamente. Un piccolo esempio:
Peroni, dal 2005 legata alla Fede-
rugby, ha rinnovato il l’impegno co-
me birra ufficiale. Da Peroni fanno
sapere che «il trasferimento del Tor-
neo dal Flaminio all’Olimpico, ha
visto il raddoppio delle presenze da
60.000
nel 2012 per due incontri e
143.000
mila spettatori allo stadio.
Nel 2011 nel villaggio sono passate
80.000
persone su tre partite, men-
tre gli spettatori dello stadio sono
stati 120.000». Altri numeri: lo spon-
sor tecnico Adidas per forniture e
contributo economico pagherà due
milioni di euro l’anno fino al 2017;
la Cariparma ha pagato un altro
paio di milioni; Trenitalia si è acco-
data con i “Treni del rugby”, Peu-
geot ha sostituito Hyundai come
partner della Federugby.
ALE.VAL.
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 3 FEBBRAIO 2013
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