Pagina 4 - Opinione del 4-8-2012

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II
GIUSTIZIA
II
Pena di morte: agli Usa non conviene, alla Cina sì
di
DIMITRI BUFFA
a pena di morte e la sua disu-
mana applicazione sono diven-
tate sempre di più nel tempo un af-
fare interno alle dittature asiatiche,
comuniste come la Cina (4 mila
persone uccise) e la Corea del
Nord ( 30) o islamiche come l’Iran
(676), l’Arabia Saudita (82) , l’Iraq
(68) e lo Yemen (41). Per quei pae-
si liberi che ancora la praticano,
come il Giappone che proprio ieri
ha eseguito altre due sentenze di
morte portando a 5 il macabro bi-
lancio del 2011 o gli Stati Uniti che
detengono il non invidiabile record
di esecuzioni del mondo libero e
democratico dell’occidente con 43
detenuti messi a morte lo scorso
anno, si profila nel futuro un im-
portante scelta a causa della asso-
luta anti economicità del ricorso a
questa barbara pena. Proprio
l’America potrebbe diventare abo-
lizionista di fatto, come lo sono
tanti altri paesi tra cui l’India e il
Messico monitorati nel Rapporto
annuale di “Nessuno tocchi Cai-
no”, presentato ieri mattina nella
sede del partito radicale a via di
Torre Argentina alla presenza del
vice presidente del Senato, Emma
Bonino, del ministro degli Affari
esteri, Giulio Terzi, del sottosegre-
tario Staffan de Mistura, di Demba
Traorè, segretario del Partito radi-
cale transnazionale di Marco Pan-
nella, di Sergio D’Elia, segretario
di “Nessuno tocchi caino” e di Eli-
sabetta Zamparutti, deputata ra-
dicale. Si è calcolato che negli ul-
L
timi anni solo in California sia sta-
ta spesa una cifra pari a 308 mi-
lioni di dollari per ciascuna delle
13 esecuzioni compiute, compresi
i costi del tenere i detenuti nel
braccio della morte. Ucciderli dopo
averli tenuti nel braccio della mor-
te è molto più costoso tra annessi
e connessi che tenerli semplicemen-
te all’ergastolo. Per la California,
che a novembre terrà un referen-
dum abolizionista di tipo econo-
mico non umanitario, quei 4 mi-
liardi di euro potevano
sicuramente essere investiti meglio
visti gli attuali chiari di luna. E lo
stesso discorso vale per tutti gli
States: i 43 messi a morte del 2011
se fossero stati posti all’ergastolo
sarebbero costati al contribuente
americano “solo” 500 mila dollari
fino al decesso in galera di ogni
singolo ergastolano. Come ogni
anno sarà premiato il paese aboli-
zionista del periodo in questione,
per il 2011 toccherà alla Sierra
Leone.
Tornando a un ritratto di tipo
geopolitico della pena di morte, si
può notare che, ancora una volta,
l’Asia si conferma essere il conti-
nente dove si pratica la quasi to-
talità della pena di morte nel mon-
do. Se stimiamo che in Cina vi
sono state circa 4.000 esecuzioni
(circa mille in meno rispetto al
2010), il dato complessivo del
2011 nel continente asiatico cor-
risponde ad almeno 4.931 unità (il
98,6%), in calo rispetto al 2010
quando erano state almeno 5.855.
Le americhe sarebbero un con-
tinente praticamente libero dalla
pena di morte, se non fosse per gli
Stati Uniti, l’unico paese del con-
tinente che ha compiuto esecuzioni
(43) nel 2011.
In Africa, nel 2011, la pena di
morte è stata eseguita in 4 paesi
(erano stati 6 nel 2010) e sono sta-
te registrate almeno 24 esecuzioni:
Somalia (almeno 11), Sudan (al-
meno 7), Sudan del Sud (5), Egitto
(almeno 1). Nel 2010 le esecuzioni
effettuate in tutto il continente era-
no state almeno 43, nel 2009 al-
meno 19, come nel 2008 e contro
le almeno 26 del 2007 e le 87 del
2006. In Europa, la Bielorussia
continua a costituire l’unica ecce-
zione in un continente altrimenti
totalmente libero dalla pena di
morte. Nel 2011 due uomini sono
stati giustiziati per omicidio e altri
due sono stati fucilati nel 2012. I
paesi o i territori che hanno deciso
di abolirla per legge o in pratica
sono oggi 155. Di questi, i paesi
totalmente abolizionisti sono 99,
gli abolizionisti per crimini ordi-
nari sono 7, quelli che attuano una
moratoria delle esecuzioni sono 5,
i paesi abolizionisti di fatto, che
non eseguono sentenze capitali da
oltre dieci anni o che si sono im-
pegnati internazionalmente ad
abolire la pena di morte, sono 44.
I paesi mantenitori della pena
di morte nel 2011 sono saliti a 43
rispetto ai 42 del 2010 sol perché
il Sudan del Sud ha guadagnato
l’indipendenza dal Sudan nel luglio
del 2011 mantenendo la pena di
morte. I paesi mantenitori sono co-
munque progressivamente dimi-
nuiti nel corso degli ultimi anni:
erano 45 nel 2009, 48 nel 2008,
49 nel 2007, 51 nel 2006 e 54 nel
2005. Nel 2011, i paesi che hanno
fatto ricorso alle esecuzioni capitali
sono stati 19, rispetto ai 22 del
2010, ai 19 del 2009 e ai 26 del
2008. Nel 2011, le esecuzioni sono
state almeno 5.000, a fronte delle
almeno 5.946 del 2010, delle al-
meno 5.741 del 2009 e delle alme-
no 5.735 del 2008. Il calo delle
esecuzioni rispetto agli anni prece-
denti si giustifica con il significati-
vo calo delle esecuzioni stimato in
Cina che sono passate dalle circa
5.000 del 2010 alle circa 4.000 del
2011. Nel 2011 e nei primi sei me-
si del 2012, non si sono registrate
esecuzioni in 4 Paesi – Bahrein,
Guinea Equatoriale, Libia e Male-
sia – che le avevano effettuate nel
2010.
Viceversa, 4 paesi hanno ripre-
so le esecuzioni: Afghanistan (2) e
Emirati Arabi Uniti (1) nel 2011;
Botswana (1) e Giappone (3) nel
2012. Continuano anche le esecu-
zioni a Gaza da parte di hamas, tre
nel 2011. Negli Stati Uniti, nessuno
Stato “abolizionista” ha reintro-
dotto la pena di morte, ma l’Idaho,
che non compiva esecuzioni dal
1994, ne ha effettuate due, una nel
2011 e un’altra nel 2012. Infine
una notazione positiva persino per
la Cina: dopo che nel 2007 è pas-
sata una legge secondo cui, in vista
delle Olimpiadi di Pechino dle
2008, ogni sentenza di morte do-
veva esere rivista dalla Corte su-
prema cinese, c’è stata una dimi-
nuzione media di un quinto delle
esecuzioni ogni anno. Passando dai
circa sette, ottomila casi dell’epoca
agli attuali 4 mila. Inoltre 13 reati
dei precedenti sessantotto, tutti ri-
guardanti i colletti bianchi e i fun-
zionari del partito comunista cine-
se, non comportano più la pena di
morte.
Il problema dei problemi resta
l’Iran, come massimo esempio an-
che dell’applicazione della shar’ia
islamica, perchè dei 676 messi a
morte nel 2011, molte erano don-
ne lapidate per infedeltà coniugali,
per non parlare degli omosessuali
impiccati in piazza alle grù le cui
immagini fanno periodicamente il
giro del mondo. Purtroppo, per ve-
nire a capo di paesi canaglia come
l’Iran, oggi come oggi non bastano
e non basteranno nel prossimo fu-
turo tutte le organizzazioni uma-
nitarie come “Nessuno tocchi Cai-
no”, presenti nel mondo. Per
l’anno in corso, e per il prossimo
rapporto, “Nessuno tocchi Caino”
si prefigge di aggiungere almeno
altri 4 paesi ai 56 che hanno ab-
bandonato la pena capitale dalla
nascita dell’organismo della galas-
sia del partito radicale transnazio-
nale. Una mano, nei paesi occiden-
tali, tra cui gli Usa, potrebbe darla
la pressochè totale scomparsa del
Penthotal e del Pentobarbital dalla
disponibilità delle farmacie e degli
ospedali specializzati per non par-
lare delle azioni di boicottaggio
contro le aziende farmaceutiche
che li producono.
Potremodire ungiorno“c’erauna volta lamafia”?
otremo mai dire un giorno,
raccontando favole terrificanti
ai bambini, “C’era una volta la
mafia”?
Dipende da quanto coraggio
si possiede per il suo sradicamen-
to. Prendo spunto da un mio edi-
toriale del 2000, pubblicato da
L’Opinione
, e intitolato «Droga:
una terza via tra legalizzazione e
proibizionismo».
Il principio, per fare della ma-
fia una favola del passato, era
molto, ma molto semplice. La
mafia, benché
holding
crimino-
gena internazionale, risponde -co-
me tutti gli altri soggetti che stan-
no su di un qualsiasi “mercato”-
al meccanismo della domanda e
dell’offerta.
Quindi, perché la mafia sia so-
lo un ricordo, sarebbe bastato co-
struire (partendo dalla sua inti-
missima
caratteristica
di
“industria della protezione”) una
sorta di “algoritmo” finanziario-
economico, che ne incapsulasse
tutta la negatività e distruttività
sociale all’interno di uno spesso
“sarcofago”, impedendole così
per sempre di irradiare la sua pe-
ricolosità nei territori.
L’intento era quello, da parte
mia, di eliminare drasticamente
lo spaccio di stupefacenti (droghe
raffinate e quelle di sintesi) dalle
strade, dai vicoli e dai luoghi di
divertimento della città, assicu-
rando un degno futuro alle gio-
vani generazioni.
Dato che la droga è una “mer-
ce” fisica e una forma di profitto,
P
per drenarla, prima che arrivi in
strada, si sarebbe rivelato vincen-
te offrire una valida alternativa
economica, rendendone conve-
niente la cessione a un soggetto
collettivo “sicuro”, senza proce-
dere né alla vendita, né al consu-
mo al dettaglio.
Proposi, allora, la creazione di
uno “Sportello-ombra” (sotto il
diretto controllo dello stato e sen-
za addentrarmi in dettagli tecnici,
pur approfonditi in altri saggi),
al quale un soggetto terzo - uno
studio legale, a esempio - confe-
risse la “sostanza”, senza alcun
obbligo di dichiararne la prove-
nienza.
Costui, in compenso, avrebbe
ricevuto, all’atto del conferimen-
to, una specifica “obbligazione”
indicizzata che, alla scadenza pre-
stabilita, dava diritto a una com-
pensazione pari al valore nomi-
nale del titolo (assimilabile al
prezzo medio di mercato per la
sostanza conferita).
Tutto ciò a patto che tendes-
sero a “zero” le statistiche relative
alle tossicodipendenze, nonché
quelle connesse ai reati di micro-
criminalità e dei sequestri ordi-
nari di droghe raffinate e/o sinte-
tiche. Nel caso che lo scarto tra i
valori statistici -registrati all’atto
dell’emissione dei “bond”, e quel-
li osservati alla data di scadenza
dell’obbligazione - mostrasse un
trend diverso da quello pattuito,
il valore reale dell’obbligazione
sarebbe sceso proporzionalmente,
fino ad azzerarsi, nel caso che il
fenomeno dello spaccio e del con-
sumo di stupefacenti non avesse
fatto registrare alcun migliora-
mento, alla fine del periodo di vi-
ta dei “bond”.
Ovviamente, osservavo come
occorresse, preliminarmente, fis-
sare i seguenti paletti: fissazione
di un tetto massimo ai quantita-
tivi annuali che potevano essere
conferiti allo Sportello (pari, a
esempio, a 10 volte le quantità
sequestrate l’anno precedente a
quello di emissione del bond);
inasprimento con pesanti sanzioni
penali e pecuniarie dei reati con-
nessi alla droga; previsione di
meccanismi premiali, a beneficio
degli operatori delle forze di po-
lizia, parametrizzati sul valore di
mercato delle quantità di prodot-
to sequestrate, in modo da toglie-
re al crimine organizzato ulteriori
spazi di corruzione. La contro-
partita per il “mondo oscuro”,
che sta dietro ai traffici di stupe-
facenti, era evidente: guadagni
“puliti”, tali da minimizzare i ri-
schi rilevanti, legati: alle opera-
zioni di riciclaggio di valuta; al-
l’azione repressiva, svolta dal
sistema istituzionale; al manteni-
mento di una fitta rete di distri-
buzione al dettaglio.
E procedendo di questo passo,
mi chiedo, oggi: perché non “ri-
battezzare”, tramite lo stesso
Sportello, ma con una diversa ti-
pologia di obbligazioni, i capitali
che dovessero acquistare titoli
“ad hoc”, emessi dallo Sportello
stesso, indicizzati su qualcosa di
perfettamente leggibile statistica-
mente sul territorio, come la cre-
scita del Pil regionale/provinciale
e, parallelamente, all’abbattimen-
to delle statistiche sulla crimina-
lità?
Pensate che bello: compito dei
mafiosi, volendo riscuotere inte-
ressi pari alla crescita della ric-
chezza “vera” (quella connessa,
cioè, alla nascita di “imprese pu-
lite” e alla libertà di intraprendere
a tutto campo, senza più timore
di “pizzo” e di estorsioni), sareb-
be quello di fare essi stessi “puli-
zia”, all’interno dei territori dove
insistono i loro insediamenti ille-
gali, abbandonando tutte le atti-
vità illecite (visto che con le pi-
stole alle tempia non si fa reddito,
se si vogliono davvero produrre
beni che siano competitivi sui
mercati internazionali!).
Lo stato, incassati i capitali
“spuri” attraverso lo Sportello,
garantirebbe, poi, il credito a tassi
agevolati a imprese e investitori,
per un importo complessivo pari
all’ammontare delle obbligazioni
emesse. Solo così (non credete?)
potremmo, un giorno, raccontare
ai nostri discendenti: “C’era una
volta la Mafia”.
MAURIZIO BONANNI
Potremo mai dire
un giorno, raccontando
favole, che abbiamo
sconfitto i mafiosi?
L’OPINIONE delle Libertà
SABATO 4 AGOSTO 2012
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