Page 1 - Opinione del 4-10-2012

Direttore ARTURO DIACONALE
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Giovedì 4 Ottobre 2012
delle Libertà
NichiVendola e il nuovo che (non) avanza nel Pd
a differenza tra il centrodestra
e la sinistra è che mentre la
classe dirigente dello schieramento
moderato si disintegra in mille pez-
zi per l’esplosione delle proprie in-
finite contraddizioni interne, quella
dello schieramento progressista si
chiude in un bunker inaccessibile
per resistere a qualsiasi istanza di
cambiamento e rinnovamento.
Da un lato c’è la dissoluzione
che lascia un vuoto impressionate.
Dall’altro c’è la resistenza ad ol-
tranza di una nomenklatura che
pretende di perpetuarsi all’infinito
senza cedere in alcun modo a una
qualsiasi istanza di innovazione.
Da un lato, dunque, c’è il caso Fio-
L
rito. Che segna in maniera incon-
trovertibile il fallimento di un
gruppo dirigente di centrodestra
che ha interpretato la politica co-
me semplice lotta per un potere
nel migliore dei casi fine a se stesso
e nel peggiore al solo arricchimen-
to personale. Dall’altro c’è la ridi-
cola vicenda di primarie fasulle
che vengono indette e celebrate
con mille sotterfugi e manovre fur-
besche solo per consolidare il pre-
dominio nel Pd di un gruppo diri-
gente deciso a rimanere
inamovibile fino alla fine dei pro-
pri giorni.
In apparenza il fallimento del
centrodestra risulta più clamoroso
e rovinoso della chiusura a riccio
della nomenklatura della sinistra.
Se non altro perché da una parte
si produce terra bruciata e dall’al-
tra un campo trincerato. Ma nella
realtà il risultato è opposto. Perché
il vuoto del centrodestra è desti-
nato fatalmente ad essere riempito
da nuovi e diversi soggetti politici.
Che dovendo operare sulla terra
bruciata e liberata dalle vecchie
sterpaglie aggrovigliate e spinose
possono pià facilmente assumere
forme nuove e più adeguate ai
tempi. Ma il campo trincerato del
vecchio gruppo dirigente della si-
nistra diventa, come già è successo
negli ultimi vent’anni, un ostacolo
ancora per lungo tempo insormon-
tabile a qualsiasi tentativo di rin-
novamento.
La decisione di Nichii Vendola
di partecipare alle primarie del Pd
va vista proprio in questa chiave.
Cioè non va intesa come un segno
di apertura del principale partito
della sinistra alla partecipazione
alla scelta del candidato alla pre-
miership del paese di forze nuove
e diverse. Ma come l’ennesima fur-
bata della nomenklatura rappre-
sentata da Pierluigi Bersani tesa a
perpetuare se stessa ponendo osta-
coli di ogni genere e natura al
rottamatore” Matteo Renzi.
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Enzo, quanto ci manchi.Oggi più che allora
uanto ci manchi caro Enzo
Tortora. Ogni volta che la tv
di stato tenta di rievocarti provoca
un incidente diplomatico con chi
ti ha voluto bene come le tue figlie
e i tuoi familiari. Ma a noi che ab-
biamo vissuto quegli anni terribili
in cui la giustizia spettacolo iniziò
a farsi le ossa sulla tua pelle, anche
un serial televisivo di modesto re-
spiro e con qualche scena commo-
vente non può non farci ritornare
in mente questa terribile mancanza
che dal maggio 1988 si è andata
facendo insopportabile anno dopo
anno.
Prima di te ci mancava Pier
Paolo Pasolini e la sua genialità
Q
cattolica e dissacrante, in una pa-
rola radicale. Poi ci sei mancato tu,
con la tua battaglia per gli ultimi
della terra, i carcerati che per al-
cuni mesi furono gli unici italiani
che non ti voltarono le spalle. Con
la fiction di Rai uno appena termi-
nata, anche i radicali di Pannella
finalmente sono entrati nell’imma-
ginario dell’italiano medio con il
loro giusto valore. Quello stesso
italiano medio abituato a sentirseli
descrivere come degli Anticristo
anche ai tempi in cui ne eri presi-
dente. Tu che dei Radicali sei stato
il più amato e grande esponente
politico della storia del partito, og-
gi ci manchi. Umanamente ma an-
che politicamente.
La giustizia italiana, penale e
civile, che in Europa è considerata
la feccia di tutto il continente, di
un crimine soprattutto non potrà
mai essere perdonata: averti tolto
prima la libertà e la dignità e poi
la vita. L’Italia da allora non si è
più riavuta, non è mai più stata un
paese civile. La nostra storia recen-
te si divide in quello che era avve-
nuto prima e dopo il tuo caso giu-
diziario.
Da allora i partiti che agitano
la forca, la demagogia, “la sicurez-
za”, hanno diritto di accesso nei
parlamenti e nel cuore delle perso-
ne lasciate sole da quella canaglia
che è stata la politica italiana.
Tu sei stato un raggio di luce li-
berale, e nessuno ha avuto ancora
il coraggio di gettare il discredito
e l’infamia su chi ti ha buttato in
carcere per biechi motivi. Che se-
condo alcuni potrebbero addirit-
tura essere legati alla copertura
delle nefandezze del caso Cirillo e
di quella trattativa che fu vera im-
mondizia tra camorra, Brigate ros-
se ed ex Dc.
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2
di
DIMITRI BUFFA
Troppi tra quelli che
hanno festeggiato
la tua condanna oggi
hanno fatto carriera.
Ma noi che ti abbiamo
conosciuto come uomo
e come politico radicale,
non abbiamo
dimenticato quei nomi,
né quegli orrori
di
ARTURO DIACONALE
Nel centrodestra
la dissoluzione lascia
il vuoto.Ma a sinistra
c’è la resistenza
ad oltranza
di una nomenklatura
che vuole perpetuarsi
all’infinito senza cedere
in alcun modo il passo
a qualsiasi cambiamento
Montezemolo snobba Fini eCasini
K
«
La Terza Repubblica non può
avere come protagonisti chi ha portato
l’Italia a questo livello. C’è bisogno di un
forte rinnovamento della classe diri-
gente, mentre i politici di oggi sembrano
scesi da Marte». Parola di Luca Cordero
di Montezemolo. Di fatto, il secondo lea-
der “bucato” dalla fantomatica lista ci-
vica di Gianfranco Fini e Pierferdinando
Casini, dopo il niet già collezionato da
parte di Monti.
Le parole del presidente della Ferrari
sono una botta a Silvio Berlusconi e a
Pierluigi Bersani, certo. Ma soprattutto
un bel calcio a Fini e Casini, che la
stampa accredita come interlocutori pri-
vilegiati del progetto Italia Futura. Quel
che Montezemolo sembra aver chiaro è
l’assoluta incompatibilità del proprio
progetto con le facce proposte dal terzo
polo.
E attacca ancora: «Si sente parlare solo
di alleanze e di accordi, cose che sono
al di fuori dei problemi del Paese. Così
si dà la sensazione che si voglia cam-
biare tutto affinché non si cambi nulla».
Più chiaro di così, l’alleato “a sua insa-
puta” non poteva essere.