Page 7 - Opinione del 4-10-2012

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GIUSTIZIA
II
SentenzaDiaz, un cortese invito a non applaudire
di
CARLO PRIOLO
anno «gettato discredito sulla
Nazione agli occhi del mondo
intero» le violenze della polizia e gli
immotivati arresti di massa dei no-
global inerti e innocenti, così tuona
la Cassazione nelle motivazioni, del
processo Diaz”, che ha decapitato
i vertici della polizia. La Cassazione
evidenzia, come già fatto dalla Corte
d’Appello di Genova, «l’odiosità del
comportamento» dei vertici di co-
mando. Un implicito invito al plau-
so, per le parole forti scolpite nella
sentenza, che avrà un’eco amplifi-
cata nella cosiddetta opinione pub-
blica, meglio tra le folle, alimentata
da una informazione taroccata che
moltiplica il desiderio di illusioni,
delle quali non possono fare a me-
no, allontanando il desiderio della
verità, che non hanno mai provato,
per dirla con Freud. Una improvvida
invasione di campo deputato alla
politica, al commento giornalistico,
alle quotidiane dichiarazioni degli
opinin maker nostrani e non, che
alimentano il dibattito pubblico con
esiti nefasti per la comprensione dei
fenomeni ora politici, ora giuridici,
ora economici, ora sociologici, i qua-
li richiedono competenze specifiche,
depurati da posizioni partigiane, da
fondamentalismi ideologici, da pra-
tiche autoreferenziali. Non è il com-
pito della Suprema Corte di Cassa-
zione. L’articolo 65 dell’ordinamento
giudiziario (regio decreto 30 gennaio
1941,
n° 12) definisce il compito
della Cassazione in questo modo:
«
La Corte Suprema di Cassazione
assicura l’esatta osservanza e l’uni-
forme interpretazione della legge,
l’unità del diritto oggettivo nazio-
nale, il rispetto dei limiti delle diverse
giurisdizioni; regola i conflitti di
competenza e di attribuzioni ed
adempie gli altri compiti ad essa
conferiti dalla legge». La Cassazione
non giudica sul fatto, ma sul diritto:
è giudice di legittimità. Ciò significa
che non può occuparsi di riesami-
nare le prove, bensì può solo verifi-
care che sia stata applicata corret-
tamente la legge e che il processo
nei gradi precedenti si sia svolto se-
condo le regole (vale a dire che sia
stata correttamente applicata la leg-
ge processuale, anche in relazione
alla formazione e valutazione della
prova, oltre che quella del merito
della causa). A meno di una setti-
mana dall’inizio del processo in Cas-
sazione, per i fatti relativi alla scuola
Diaz, cambiò il vertice del collegio
giudicante. Aldo Grassi, presidente
della quinta sezione della Corte di
Cassazione che doveva giudicare 25
tra poliziotti e funzionari, condan-
nati in secondo grado dalla Corte
di appello di Genova, fu sostituito
da Giuliana Ferrua, magistrato to-
rinese e sorella di Paolo Ferrua, do-
cente di procedura penale proprio
all’ateneo genovese. Nel collegio giu-
dicante, composto da 5 giudici, oltre
alla presidente Ferrua, ci sono due
giudici che decisero (insieme all’ex
presidente Aldo Grassi) il processo
Marcello Dell’Utri: si tratta dei ma-
gistrati Stefano Palla e Gerardo Sa-
beone. Gli altri due consiglieri sono
Piero Savani e Paolo Antonio Bruno.
Procuratore Generale Pietro Gaeta.
Le osservazioni contenute nella sen-
tenza sul discredito procurato al-
l’immagine dell’Italia nel mondo per
la “gravità” dei reati commessi dai
funzionari della polizia, come quello
H
della violazione «dei doveri di fe-
deltà», delle calunnie e dei falsi, non
legittima il collegio giudicante a de-
nunciarlo in una sentenza della Cor-
te di Cassazione, che deve assolvere
un difficile compito tecnico senza
commenti, pur condivisibili, ma
inammissibili nel contesto giurisdi-
zionale. Va detto che il collegio giu-
dicante ha debordato dal compito
che l’ordinamento gli assegna, aval-
lando, forse inconsapevolmente, che
alcuni magistrati, pur competenti,
concorrono indirettamente ad usare
i giudizi per fini politici. Per equili-
brio la sentenza, così come ha cen-
surato le condotte criminali dei sog-
getti coinvolti nei fatti oggetto del
giudizio, valutando (non è dato ca-
pire quale sia il criterio di valutazio-
ne) un danno d’immagine alla Na-
zione Italia, avrebbe dovuto svolgere
parallele osservazioni sugli attori dei
fatti criminali e dell’agire dei prota-
gonisti che hanno incendiato il G8
di Genova, che hanno commesso
con «consapevole preordinazione»
l’attacco violento alla «zona rossa»,
con «caratteristiche denotanti un as-
setto militare», già da un lungo arco
di tempo prima della data dell’even-
to. «Di chi, in posizione di comando
politico organizzativo a diversi li-
velli» ha causato l’ingiustificabile
massacro della città di Genova e dei
pacifici residenti. L’operazione di di-
struzione della città «si è caratteriz-
zata per il sistematico ed ingiustifi-
cato uso della forza» da parte dei
c.d. difensori del popolo, della de-
mocrazia e della legalità, liberi «di
usare la forza ‘ad libitum’». I leader
delle contestazioni e della presa della
zona rossa”, Casarin ed Agnoletto
dalla vicenda ci hanno guadagnato
visibilità e posti in Parlamento. Ca-
sarin, mesi prima dell’evento, an-
nunciava «dichiariamo guerra allo
Stato», attorniato da fedelissimi con
passamontagna sul volto di fronte
alle telecamere di tutti i Tg nazionali.
Vittorio Agnoletto, il portavoce del
Genoa Social Forum ha passato 4
anni al parlamento europeo, eletto
con Rifondazione comunista (il par-
tito di Vendola). Nel 2009 si è pre-
sentato alle elezioni europee con la
lista anticapitalista”, che non ha
raggiunto il 4% necessario. Luca
Casarini, il leader dei “disobbedien-
ti” e delle “tute bianche” e delle oc-
cupazioni abusive, con violazione di
norme penali di locali ed apparta-
menti ha continuato con il suo at-
tivismo nel Nord est, ma meno sotto
i riflettori. Nel 2008 ha pubblicato
con Mondadori un romanzo noir
La parte della fortuna
.
Molti gli ar-
ticoli apparsi sulla stampa “progres-
sista” straniera impegnati a dare
un’immagine totalmente negativa
dell’Italia uscita dalle elezioni poli-
tiche del 2001, con la polizia che
picchiava selvaggiamente i pacifici
manifestanti, donne e ragazzini.
Mentre tutti noi abbiamo visto i
manifestanti mettere a ferro e a fuo-
co la città di Genova e lanciare bot-
tiglie molotov e ogni genere di corpi
contundenti contro le forze dell’or-
dine. Se proprio qualcuno ha pre-
meditato delle azioni violente, questi
sono i vari Casarin, Agnoletto e Ca-
ruso, che per settimane hanno an-
nunciato pubblicamente che avreb-
bero oltrepassato la famosa linea
rossa: questo era possibile solo con
la violenza. Lo sapevano bene i ma-
gistrati e le forze politiche progres-
siste, così come i manifestanti.
Le violenze della polizia
e gli immotivati arresti
di massa dei no-global
inerti e innocenti
hanno «gettato
discredito sulla Nazione
agli occhi del mondo
intero». Così tuona
la Cassazione
nelle motivazioni,
del “processo Diaz”,
che ha decapitato
i vertici della polizia.
Per equilibrio
la sentenza, così come
ha censurato le condotte
criminali dei soggetti
coinvolti nei fatti oggetto
del giudizio, valutando
un danno d’immagine
alla Nazione Italia,
avrebbe dovuto svolgere
parallele osservazioni
sugli attori dei fatti
criminali e dell’agire
dei protagonisti
che hanno incendiato
il G8 di Genova,
che hanno commesso
con «consapevole
preordinazione»
l’attacco violento
alla «zona rossa»,
con «caratteristiche
denotanti
un assetto militare»,
già da un lungo arco
di tempo prima
della data dell’evento.
Se proprio qualcuno
ha premeditato
delle azioni violente,
questi sono i vari
Casarin,Agnoletto
e Caruso,
che per settimane
hanno annunciato
pubblicamente
che avrebbero
oltrepassato la famosa
linea rossa:
questo era possibile
solo con la violenza.
Lo sapevano bene
i magistrati e le forze
politiche progressiste,
così come i manifestanti
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 4 OTTOBRE 2012
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