inalmente Renzi ha fatto
qualcosa di sinistra. Ha
perso».
Questa battuta, raccolta su
Twitter ed indubbiamente azzec-
cata, nasconde il vero problema
che il segretario del Partito demo-
cratico, Pierluigi Bersani, dovrà
affrontare nei prossimi mesi.
Il neo segretario ha vinto su
Matteo Renzi con più del 60 per
cento delle preferenze su una base
di
turn-out
(
affluenza) di circa due
milioni e mezzo di persone.
Il grande gioco delle primarie,
di forte odore anglosassone, con
dibattiti di chiara impronta ame-
ricana e con una spinta mediatica
molto forte, aiutata dall’attuale
sindaco di Firenze, hanno portato
il Partito democratico ad una po-
sizione da vero primo attore un
po’ inedita nel panorama politico
italiano.
Ora, però, per il leader della
sinistra, votato per acclamazione
dal suo popolo, inizia la parte si-
curamente più difficile.
Per più di 15 anni il centrosi-
nistra ha dovuto rincorrere le idee
del centrodestra. Oggi, invece, per
la prima volta invece la sinistra
detta le danze, con il centrodestra
a rincorrere in un disperato ten-
tativo più di sopravvivenza che di
reale possibilità di vittoria eletto-
rale.
La discesa in campo del ‘94 di
Silvio Berlusconi spiazzò l’establi-
shment dell’ex Pci che ebbe la gra-
ve colpa di sottovalutare quel pre-
ciso momento storico e la voglia
di cambiamento del popolo italia-
no, ancora stordito dagli accadi-
menti di “Mani Pulite”.
La storia la conosciamo e sap-
piamo tutti come è andata a finire.
Stiamo assistendo alla triste para-
bola discendente di un centrode-
stra che stenta a ritrovare uno
«
F
straccio di identità, fra primarie
che non si faranno mai e la voglia
di un leader, il Cavaliere, che però
tentenna.
Una situazione che costringerà
il Partito democratico a non poter
più sbagliare nulla.
Il grande sogno di Bersani, e di
buona parte della vecchia nomen-
klatura dell’ex Partito comunista
italiano, che è l’Unione di “pro-
diana” memoria, potrà sostenere
un ormai scontato “Monti-bis”?
Con la attuale legge elettorale
(
che non cambierà) sarà inevita-
bile l’apertura ad un patto costi-
tuente con le forze moderate
(
Udc-Montezemolo), senza sotto-
valutare la presenza di Vendola
che, nonostante il magro bottino
delle primarie, sarà ancora inter-
locutore ostico, sopratutto per la
parte moderata.
Se il centrodestra - che dovreb-
be dividersi in un alleanza tra una
lista-Berlusconi, gli ex An e la Le-
ga Nord - ha ormai ben poco da
perdere e tutto da costruire, il Pd
ha invece tutto da perdere.
Non basterà infatti il paraful-
mine di Mario Monti a coprire
eventuali errori e la coabitazione
di più identità porterà ben presto
ad attriti. Considerando anche un
buon risultato del M5S, ed alla
sua presenza al Parlamento, si fa
fatica a vedere la longevità del
prossimo governo, tutto teso a
cercar concertazione fra i vari at-
tori, piuttosto che a creare i pre-
supposti di quel rinnovamento di
cui ha bisogno il paese.
Le belle notizie per Bersani fi-
niscono con questa vittoria alle
primarie. Da oggi, senza il nemico
comune chiamato Silvio Berlusco-
ni, la strada risulta molto com-
plessa e quasi impossibile da per-
correre.
CRISTOFORO ZERVOS
di
MAURIZIO BONANNI
rimarie da... Brecht! Ma davve-
ro non vi sembra un’Opera Buf-
fa, questo accapigliarsi tra veri (Ber-
sani-Renzi) e “finti” candidati
(
ovvero: tutti quelli del Pdl, che de-
vono esclusivamente a Berlusconi
le loro fortune politiche, del tipo gli
sdoganati” di An)? Diciamocelo
francamente: a che serve fare finti
concorsi, fissando regole che valgo-
no soltanto a casa propria? È vera
democrazia quella che impedisce
alla gente di votare, con la scusa del
sospetto d’inquinamento, da parte
di “infiltrati” di partiti avversi, che
voterebbero per far perdere il can-
didato più “scomodo” per i propri
interessi? Tiriamo tutti il freno, per
piacere. Le regole, per la scelta delle
leadership, non sono un bene “di-
sponibile” di parte, in base al colore
e alla fazione politica. Al contrario,
devono essere fissate con legge e re-
golamento di esecuzione e “uguali
per tutti”. Quindi, in parole pove-
rissime: si stabiliscano elenchi unici
(
nazionali e regionali) per le prima-
rie, denominati con il nome dei par-
titi che ne facciano richiesta e ab-
biano una rappresentanza in
Parlamento, ai quali possano chie-
dere di iscriversi i cittadini aventi
diritto al voto, in occasione di tor-
nate elettorali politiche e ammini-
strative regionali.
Le liste sono comunicate uffi-
cialmente ai partiti interessati, con
i nominativi degli elettori iscritti,
aventi diritto al voto, a ciascuno dei
quali sarà associato un codice iden-
tificativo. I cittadini interessati do-
vranno, poi, presentare ai seggi/ga-
zebo un documento d’identità e il
certificato elettorale, in modo da
evitare ogni possibile disguido (per
non dire “broglio”). Al seggio, il
rappresentante di partito incaricato
ha l’obbligo di inviare, in tempo
P
reale, via sms, al tenutario degli
elenchi (ad esempio il ministero
dell’Interno) il codice identificativo
del votante, che sarà “spuntato” au-
tomaticamente dal sistema sulla li-
sta corrispondente. Il patto con il
cittadino che chieda l’iscrizione a
una delle suddette liste deve essere
formulato chiaramente: per ogni
tornata elettorale, ti puoi iscrivere
a una sola di esse. Punto. Celebrate
le elezioni, sei libero di ripensarci e
cambiare lista a tuo piacimento, an-
che perché si può desumere che, nel
nuovo Parlamento/Consiglio, ab-
biano fatto ingresso altre formazio-
ni politiche, portatrici di offerte e
programmi alternativi. Il problema
si pone, tuttavia, per chi “non” ha
una rappresentanza parlamentare
e concorra per la prima volta alle
elezioni. Una soluzione possibile
consiste nel fare obbligo (per richie-
dere la creazione di una lista “ad
hoc”, da parte di chi si presenta per
la prima volta alle elezioni) del de-
posito di un numero di firme pari,
per esempio, al 10 per cento della
soglia di sbarramento (ove esistente,
ovviamente), oppure con identica
percentuale, applicata al numero di
voti della formazione politica - già
rappresentata - che abbia ottenuto
il minimo numero di voti. Veniamo
ora al “dopo” primarie del Pd. È
chiaro che il successo scontato di
Bersani è una vittoria dell’apparato
interno al partito. Basta aver seguito
la pasionaria bersaniana Rosy, per
capire che siamo sempre in un re-
gime filosovietico da comitato cen-
trale del Pcus o del Pc cinese! Que-
sto significa una cosa sola: se
Bersani dovesse guidare il governo,
ci ritroveremo con una sinistra alla
Vendola-Bertinotti che “conta”!
Con buona pace di Monti, Draghi,
Napolitano e di tutti i ricatti che ci
vengono da Bruxelles e dalla Ger-
mania di Merkel. In altre parole, un
bel pastrocchio, anche perché se -
come praticamente certo - non do-
vesse cambiare la legge elettorale,
Bersani si troverà obbligato a met-
tersi assieme a Casini-Montezemo-
lo, i Lancillotti (o “lanzichenec-
chi”?) di Monti. Con le frizioni e
gli scontri che tutti possiamo im-
maginare. Morale: l’Italia smetterà
di crescere, e la disoccupazione au-
menterà. Resta da capire che cosa
farà Renzi. Tutti sperano che trovi
una scusa plausibile per mettersi in
proprio. E, in questo caso, Berlu-
sconi (che fa benissimo a “sdoppia-
re” la sua Forza Italia da An) può
dare una grandissima mano al mo-
vimento socialdemocratico del sin-
daco di Firenze, adottando e pro-
ponendo agli elettori un
programma liberale affine a quello
di Renzi stesso, in modo che un’al-
leanza post-elettorale sia sempre
possibile sulle “cose concrete”. Fac-
ciamoci un po’ furbi tutti quanti!
II
POLITICA
II
K
Pierluigi BERSANI
segue dalla prima
Nomenklatura Pd,
dalla padella alla...
(...)
e le prossime elezioni si terranno con
il Porcellum, il segretario potrà scegliere
uno per uno i futuri parlamentari e cam-
biare radicalmente la fisionomia della rap-
presentanza politica del Pd. Per uno che
punta apertamente a Palazzo Chigi, non a
caso ribattezzato dai suoi sostenitori, Pa-
lazzo Pigi, un passaggio del genere appare
addirittura obbligato. Se vuole governare
senza il rischio di quelle fratture che in pas-
sato hanno segnato negativamente l’espe-
rienza dei governi di sinistra, Bersani non
può permettersi di avere alle spalle gruppi
parlamentari del Pd rosi dal correntismo e
dalle lotte di potere. Deve necessariamente
contare su gente non solo capace ma anche
fidata. Che non lo tratti come a suo tempo
vennero trattati Romano Prodi, Massimo
D’Alema o Giuliano Amato.
Chi capisce di politica sa bene che questa
necessità di Bersani non può rimanere pri-
va di conseguenze. Perché chi fa parte del-
la nomenklatura e teme di finire nel mi-
rino del segretario non potrà restare con
le mani in mano in attesa della mannaia
destinata ad escluderlo dalle liste eletto-
rali. Da oggi all’inizio ufficiale della cam-
pagna elettorale, allora, c’è da aspettarsi
di tutto dentro il Pd. A partire dalla pos-
sibile uscita in direzione del centro di Ca-
sini e di Montezemolo da parte di quegli
ex popolari che, per evitare la padella rot-
tamatrice di Renzi, si ritrovano oggi nella
brace di un Bersani schiacciato su Vendola
e obbligato a guardarsi alle spalle.
ARTURO DIACONALE
Delega in bianco
ai nemici d’Israele
(...)
In fondo il nostro è un paese in cui le
coraggiose affermazioni liberaldemocratiche
del candidato alle primarie del Pd, Matteo
Renzi, sul conflitto israelo-palestinese e sulla
centralità dell’Iran nella questione medio-
rientale hanno immediatamente suscitato
nella sinistra e in ambienti istituzionali mal-
pancismi e ipotesi di connivenza del sindaco
di Firenze con il mondo della finanza ebrai-
ca. Un’indecenza che va a coronare la de-
cisione del nostro presidente del Consiglio
di avviare il processo di svendita del sistema
aziendale italiano a quei sauditi, quei qua-
tarioti e quegli emirati che non nascondono
l’intenzione di trasformare il dominio eco-
nomico in un dominio religioso. A dispetto
di ogni valore di libertà.
BARBARA ALESSANDRINI
Le primarie“all’italiana”
non servono alla democrazia
Adesso per Bersani
comincia il difficile
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L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 4 DICEMBRE 2012
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