Pagina 5 - Opinione del 5-8-2012

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tori. Inserire nella Costituzione il
principio della concorrenza come
metodo di funzionamento del siste-
ma economico, contro privilegi e
monopoli d’ogni sorta. Privatizzare
la RAI, abolire canone e tetto pub-
blicitario, eliminare il duopolio im-
perfetto su cui il settore si regge fa-
vorendo la concorrenza. Affidare i
servizi pubblici, incluso quello ra-
diotelevisivo, tramite gara fra impre-
se concorrenti.
Benissimo, nulla da obiettare.
Punto cinque:
Sostenere i livelli di
reddito di chi momentaneamente
perde il lavoro anziché tutelare il
posto di lavoro esistente o le imprese
inefficienti. Tutti i lavoratori, indi-
pendentemente dalla dimensione
dell’impresa in cui lavoravano, de-
vono godere di un sussidio di disoc-
cupazione e di strumenti di forma-
zione che permettano e incentivino
la ricerca di un nuovo posto di la-
voro quando necessario, scoraggian-
do altresì la cultura della dipendenza
dallo Stato. Il pubblico impiego deve
essere governato dalle stesse norme
che sovrintendono al lavoro privato
introducendo maggiore flessibilità
sia del rapporto di lavoro che in co-
stanza del rapporto di lavoro.
Sicuramente meglio del posto fis-
so o della cassa integrazione. Sareb-
be un sistema di welfare molto più
leggero. Purché sia da intendersi co-
me un sistema transitorio. Quel che
non c’è scritto nel programma, e che
invece è di fondamentale importan-
za, è la libertà di licenziare. Un wel-
fare leggero avrà senso solo se un
imprenditore ottiene la piena libertà
di risolvere, quando e come vuole,
un rapporto di lavoro nell’azienda
di sua proprietà. Altrimenti anche
un welfare leggero diverrebbe una
burocrazia in più. Forse, in un pe-
riodo come questo, parlare di licen-
ziamenti non è popolare. Spero che
i promotori del manifesto lo abbia-
no sottinteso e scritto nel loro pro-
gramma almeno con l’inchiostro
simpatico.
Punto sei:
Adottare immediatamen-
te una legislazione organica sui con-
flitti d’interesse. Imporre effettiva
trasparenza e pubblica verificabilità
dei redditi, patrimoni e interessi eco-
nomici di tutti i funzionari pubblici
e di tutte le cariche elettive. Instau-
rare meccanismi premianti per chi
denuncia reati di corruzione. Vanno
allontanati dalla gestione di enti
pubblici e di imprese quotate gli am-
ministratori che hanno subito con-
danne penali per reati economici o
corruttivi.
Qui iniziano i primi problemi. In
una logica statalista, dove comun-
que la politica mantiene il primato
sul mercato, hai bisogno di leggi sul-
la trasparenza e il conflitto di inte-
resse, lotta alla corruzione (come
nell’Urss di Andropov?) e meccani-
smi di epurazione. Sono leggi sem-
pre fallimentari. Perché chi controlla
il controllore è spesso e volentieri il
primo ad essere corrotto, colluso e
in conflitto di interesse: è un esito
iscritto nella stessa logica del potere
politico. In compenso, in un sistema
di controlli oppressivi, finisce de-
nunciato e punito solo l’elemento
più debole, il poverocristo che non
ha fatto carriera e sta antipatico a
troppi, il parvenu e il figliodinessuno
con idee “sbagliate”. Questo punto
programmatico contiene il pericolo
di una nuova élite di censori. E sì
che, per ottenere gli stessi risultati
di trasparenza e veder premiato il
merito, senza incorrere in leggi po-
tenzialmente liberticide, basterebbe
semplicemente ricorre alle privatiz-
zazioni. Lasciamo che sia il mercato
a selezionare, punire e premiare.
Punto sette:
Far funzionare la giu-
stizia. Riformare il codice di proce-
dura e la carriera dei magistrati, con
netta distinzione dei percorsi e avan-
zamento basato sulla performance;
no agli avanzamenti di carriera do-
vuti alla sola anzianità. Introdurre
e sviluppare forme di specializzazio-
ne che siano in grado di far crescere
l’efficienza e la prevedibilità delle
decisioni. Difendere l’indipendenza
di tutta la magistratura, sia inqui-
rente che giudicante. Assicurare la
terzietà dei procedimenti disciplinari
a carico dei magistrati. Gestione
professionale dei tribunali genera-
lizzando i modelli adottati in alcuni
di essi. Assicurare la certezza della
pena da scontare in un sistema car-
cerario umanizzato.
Tante parole, ma manca la ri-
forma fondamentale: piena respon-
sabilità civile e penale dei giudici.
Chi sbaglia (e rovina la vita a un
innocente) deve pagare. Il resto an-
drebbe da sé: i giudici diverrebbero
improvvisamente più responsabili
ed efficienti di fronte alla possibilità
di una pena.
Punto otto:
Liberare le potenzialità
di crescita, lavoro e creatività dei
giovani e delle donne, oggi in gran
parte esclusi dal mercato del lavoro
e dagli ambiti più rilevanti del po-
tere economico e politico. Non esi-
ste una singola misura in grado di
farci raggiungere questo obiettivo;
occorre agire per eliminare il dua-
lismo occupazionale, scoraggiare la
discriminazione di età e sesso nel
mondo del lavoro, offrire strumenti
di assicurazione contro la disoccu-
pazione, facilitare la creazione di
nuove imprese, permettere effettiva
mobilità meritocratica in ogni set-
tore dell’economia e della società
e, finalmente, rifondare il sistema
educativo.
Altro grosso problema di questo
decalogo: perché le donne e i giova-
ni dovrebbero costituire una cate-
goria a sé? Se le donne e i giovani
sono discriminati (sempre meno, a
dire il vero) nelle imprese, è per una
questione di mentalità. Non puoi ri-
formare una mentalità a colpi di ri-
forme politiche. Altrimenti finisci
per peggiorare il problema: costrin-
gere liberi imprenditori ad accettare
chi non vorrebbero mai accettare,
crea le premesse per una discrimi-
nazione ancora peggiore. O la crea-
zione di “riserve naturali”, se prefe-
rite. Una schifezza, insomma, in cui
il “protetto” si fa parassita e il “pro-
tettore”, suo malgrado, lo deve su-
bire. Anche qui, sarebbe bastato un
sano principio di libero mercato,
senza corporazioni, senza ordini
professionali, con piena libertà di li-
cenziare e assumere: l’unico sistema
in cui chiunque (giovane, donna, uo-
mo che sia) può farsi strada senza
ricorrere a protezioni politiche.
Punto nove:
Ridare alla scuola e
all’università il ruolo, perso da tem-
po, di volani dell’emancipazione so-
cio-economica delle nuove genera-
zioni. Non si tratta di spendere di
meno, occorre anzi trovare le risorse
per spendere di più in educazione e
ricerca. Però, prima di aggiungere
benzina nel motore di una macchina
che non funziona, occorre farla fun-
zionare bene. Questo significa spen-
dere meglio e più efficacemente le
risorse già disponibili. Vanno per-
tanto introdotti cambiamenti siste-
mici: la concorrenza fra istituzioni
scolastiche e la selezione meritocra-
tica di docenti e studenti devono tra-
sformarsi nelle linee guida di un rin-
novato sistema educativo. Va abolito
il valore legale del titolo di studio.
Problema: spendere coi soldi di
chi? Con le tasse abbiamo già dato.
E abbiamo visto che vengono spese
male, proprio perché il gettito viene
allocato con criteri politici, non certo
“meritocratici”. Spero solo che que-
sto punto programmatico si concre-
tizzi nell’unico modo intelligente
possibile: aprendo le porte ai finan-
ziamenti privati a favore di istituti
e centri di ricerca anch’essi privati.
Sarebbe l’unico modo per instaurare
un vero regime di competizione fra
menti, idee e progetti. Va bene l’abo-
lizione del valore legale del titolo di
studio, inutile pezzo di carta che non
permette a un datore di lavoro di
capire quanto vali realmente.
Punto dieci:
Introdurre il vero fe-
deralismo con l’attribuzione di ruoli
chiari e coerenti ai diversi livelli di
governo. Un federalismo che assicuri
ampia autonomia sia di spesa che
di entrata agli enti locali rilevanti
ma che, al tempo stesso, punisca in
modo severo gli amministratori di
quegli enti che non mantengono il
pareggio di bilancio rendendoli re-
sponsabili, di fronte ai propri elet-
tori, delle scelte compiute. Totale tra-
sparenza dei bilanci delle pubbliche
amministrazioni e delle società par-
tecipate da enti pubblici con l’ob-
bligo della loro pubblicazione sui ri-
spettivi siti Internet. La stessa
“questione meridionale” va affron-
tata in questo contesto, abbando-
nando la dannosa e fallimentare po-
litica di sussidi seguita nell’ultimo
mezzo secolo.
Benissimo insistere sull’autono-
mia di spesa e di entrata degli enti
locali. Male insistere sulle punizio-
ni agli amministratori o sulla tra-
sparenza dei bilanci locali, dispo-
sizioni che appaiono come il frutto
di un centralismo autoritario del
nostro passato. Fosse vero federa-
lismo, gli amministratori dovreb-
bero essere liberi di fare tutte le
porcate che vogliono. E poi do-
vrebbero essere lasciati fallire, co-
me avviene regolarmente negli Usa.
Questo programma, invece, spa-
lanca una porticina di servizio a
un nuovo centralismo, che qualche
politico conservatore potrebbe be-
nissimo imboccare per mantenere
lo status quo.
Insomma, già il programma al-
terna luci e ombre. E’ l’agenda più
liberale che sia stata scritta negli ul-
timi anni, in un’Italia che sembra
produrre solo cacce all’evasore e po-
pulismi fondati sulla voglia di nuovi
divieti, finti liberali (poi socialisti
all’atto pratico) e apologeti del de-
funto comunismo. Certo, anche in
questo programma, come abbiamo
visto, aleggia lo spettro del sociali-
smo e del dirigismo, lo stesso che fi-
nora ha affossato l’Italia. Potrà pren-
dere una piega positiva o negativa,
liberare i cittadini o opprimerli an-
cor di più, a seconda di chi si aggre-
gherà attorno a questi dieci punti
teorici e li saprà tradurre in azione
politica. Certo avrei preferito
un’agenda che non avesse dato adito
a questi equivoci e spianato la strada
a simili pericoli.
II
POLITICA
II
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 5 AGOSTO 2012
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