Pagina 2 - Opinione del 05-9-2012

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II
POLITICA
II
Monti-Hollande: trattativa sullo scudo anti-spread
di
FEDERICO PUNZI
i settimane decisive negli ul-
timi 24 mesi ce ne sono state
fin troppe, quindi il termine è leg-
germente inflazionato. Ma senza
dubbio questa è tra le più impor-
tanti per il futuro dell’Eurozona.
Quel «credetemi, sarà abbastan-
za» con il quale Mario Draghi nel
luglio scorso ha inteso manifesta-
re la determinazione della Bce nel
difendere l’euro è ora alla ricerca
di conferme e la sensazione è che
i nodi verranno presto al pettine.
Centrale è ancora il tema dell’uso
dell’Esm, il nuovo meccanismo di
stabilità, e dell’azione della Bce
in chiave anti-spread. L’intervento
congiunto Esm-Bce dev’essere sol-
lecitato dagli stati in difficoltà e
subordinato all’accettazione di
severe condizioni, come delineato
nelle scorse settimane da Mario
Draghi e come si aspetta la can-
celliera Merkel, o deve scattare
con un certo automatismo sulla
base delle autonome valutazioni
dell’istituzione di Francoforte? E
le eventuali condizioni verrebbero
poste dall’Eurogruppo o dalla
Bce? Nella conferenza stampa di
ieri al termine del loro incontro
a Villa Madama il presidente
francese Hollande e il premier
Mario Monti sono stati piuttosto
vaghi su questo punto, lasciando
intendere di voler restare fedeli a
quanto deciso al Consiglio euro-
peo del 28-29 giugno, nelle cui
conclusioni si parlava di memo-
randum d’intesa ma non di con-
dizioni aggiuntive rispetto agli
impegni di bilancio già assunti
dai singoli paesi in sede Ue e ri-
spetto alle riforme/manovre in via
di attuazione. Riguardo il ruolo
della Bce e gli acquisti di bond,
«il miglior commento è non farne
– ha risposto Hollande – la mia
posizione resta quella del Consi-
glio Ue, ovvero che ci sia la pos-
sibilità, attraverso il meccanismo
di stabilità, di intervenire insieme
D
e rapidamente, subito dopo la de-
cisione della Corte di Karlsruhe».
«Ho ascoltato il presidente Hol-
lande con particolare attenzione
– ha chiosato Monti – per vedere
se ci fosse una sola parola su cui
non fossi d’accordo e non l’ho
trovata».
Un tasto, quello delle decisioni
assunte al Consiglio di giugno, su
cui sia Hollande sia Monti hanno
battuto molto: le decisioni sulla
crescita e sulla stabilità finanzia-
ria devono essere «pienamente at-
tuate». La loro «puntuale e con-
creta» attuazione viene posta
come «prima tappa» delle tre
identificate per risolvere la crisi:
la seconda è trovare soluzioni ai
problemi della Grecia e della Spa-
gna e la terza è procedere, entro
la fine dell’anno, con l’unione
bancaria e il rafforzamento del-
l’unione monetaria ed economica.
Dossier su cui si sta lavorando a
Bruxelles e che dovrebbero essere
pronti per metà ottobre.
L’impressione è che le moda-
lità di attivazione e le condizioni
del meccanismo anti-spread siano
ancora il tema più dibattuto tra
le cancellerie e all’interno del bo-
ard della Bce. «Fare i compiti a
casa è necessario, ma non suffi-
ciente», ha avvertito Monti: «Oc-
corre che via via che una paese
realizza progressi nella propria
politica economica ci sia un rico-
noscimento dell’Unione europea
affinché non persistano spread
privi di riferimento con l’anda-
mento economico e finanziario
sottostante». Una frase da cui
sembra di capire che il premier
italiano auspichi un certo auto-
matismo nelle azioni calmieranti
sui rendimenti dei titoli sovrani.
La Bce «ha già dato linee guida»
sui suoi eventuali interventi e de-
ciderà in «piena autonomia», ha
osservato Hollande. Ma nella sua
autonomia Draghi sembra aver
già deciso che le condizioni ci sa-
ranno e saranno severe.
In parte le ragioni italiane
sembrano trovare ascolto nel co-
mitato della Bce. Uno dei mem-
bri, il tedesco Joerg Asmussen, ha
ammesso che «i premi di rischio
dei titoli sovrani rispecchiano non
solo il rischio di insolvenza di al-
cuni stati, ma anche il rischio di
cambio, il quale teoricamente non
dovrebbe esistere in un’unione
monetaria». Ma è quel rischio ag-
giuntivo a portare, rileva uno stu-
dio della Banca d’Italia, lo spread
Btp-Bund oltre i 400 punti, men-
tre sulla base dei fondamentali
economici di Italia e Germania il
differenziale dovrebbe attestarsi
a quota 200. Ogni quantificazio-
ne rischia di apparire arbitraria,
ma un rischio “contagio”, o siste-
mico, legato alla tenuta dell’euro,
lo scontiamo.
«Un segnale di politica mone-
taria, come quello che ha dato a
luglio la Bce tagliando il tasso di
riferimento – ha spiegato Asmus-
sen – arriva all’economia in mo-
do non unitario o talvolta per
nulla», proprio a causa degli
spread elevati. Così elevati che le
nostre imprese e quelle spagnole
pagano interessi del 60% supe-
riori alle concorrenti tedesche, co-
me attestano i dati della Bce.
«Non riusciamo a perseguire la
stabilità dei prezzi con l’attuale
frammentazione dell’area euro,
perché i cambiamenti dei tassi
d’interesse si riflettono solo ad
uno, o due paesi al massimo», ha
spiegato lo stesso Draghi in
un’audizione a porte chiuse al
Parlamento europeo, secondo le
trascrizioni citate da Bloomberg.
Nel momento in cui i differenzia-
li, i cui livelli sono in parte ingiu-
stificati, compromettono, se non
addirittura annullano, l’efficacia
della politica monetaria della Bce,
ecco che gli acquisti di bond si
rendono necessari, ha avvertito
Draghi, hanno a che fare «con il
proseguimento dell’esistenza
dell’euro». Ma gli eventuali ac-
quisti sul mercato secondario di
titoli sovrani con scadenza non
superiore ai tre anni da parte del-
la Bce non costituirebbero un fi-
nanziamento monetario agli stati
in difficoltà, né dunque una vio-
lazione dei trattati comunitari.
La Bce è invece «contraria alla
concessione di una licenza ban-
caria al fondo Esm», proprio per-
ché quella sì «avrebbe lo stesso
effetto del finanziamento diretto
agli stati».
Persino i membri più rigidi del
board Bce non si oppongono più
alla ripresa degli acquisti, essendo
ormai ritenuti essenziali per non
vanificare la politica monetaria,
ma quasi certamente non saranno
incondizionati. Le aspettative (sui
mercati e in Italia) per la riunione
di giovedì del board Bce sono
probabilmente eccessive. Anche
se fossero messe a punto nel det-
taglio le linee guida dei piani di
intervento anti-spread, la quantità
di titoli da acquistare e i rendi-
menti ritenuti “equi” per i bond
italiani e spagnoli non saranno
resi noti.
Difficilmente Draghi dirà
quando e a quali condizioni la
Bce procederà agli acquisti. Per-
ché vorrà valutare caso per caso,
a seconda delle situazioni, e per-
ché l’efficacia degli interventi ri-
chiede che siano di difficile pre-
visione per i mercati, in modo da
non dare vantaggi agli speculato-
ri.
Riguardo gli acquisti
di bond, «il miglior
commento è non farne
– ha detto il francese –
la mia posizione
è che ci sia la possibilità
di intervenire insieme
e rapidamente»
K
Mario MONTI
Difficilmente Draghi dirà
quando e a quali
condizioni la Bce
procederà agli acquisti
dei titoli di stato. Perché
vorrà valutare caso
per caso, a seconda
delle situazioni
segue dalla prima
Nuovi liberali
e rischio marginalità
(...) Scambiare Montezemolo per Costa e
Casini per il Craxi del pentapartito, anche
se nel frattempo gli eventi storici interna-
zionali hanno imposto anche alla cultura
refrattaria del nostro paese di prestare at-
tenzione alle ragioni della libertà, rischia
di condannare i liberali italiani alla mar-
ginalizzazione, più o meno elitaria, anche
nel terzo millennio. L’augurio, ovviamente,
è che tutto questo non avvenga. Che i neo-
confindustriali di Montezemolo non di-
ventino nel 2013 l’equivalente, con meno
dell’1 per cento, dell’Alleanza Democratica
degli anni passati. E che l’operazione di
rilancio delle diverse componenti liberali
con Casini non si risolva nel mercimonio
di uno o, al massimo, due posti in lista.
Attenzione! Denunciare un pericolo del
genere non significa auspicare una sorta
di fusione delle varie anime liberali esterne
al Pdl a quelle presenti nel partito berlu-
sconiano. Queste ultime, rispetto alle altre,
hanno il vantaggio di avere già delineato
un ruolo. Ma anche per loro vale la stessa
raccomandazione. Quella di evitare la
marginalizzazione sfuggendo alla logica
elitaria e puntando a rappresentare non
interessi particolari e personali ma quelli
generali della maggioranza della società
italiana.
Il modello di riferimento, allora, non può
essere quello delle due fasi del secondo
dopoguerra. Ma quello liberale e nazio-
nale della formazione dello stato unitario.
In quel passato, e solo in quel passato, c’è
il futuro delle idee liberali in Italia.
ARTURO DIACONALE
Non chiamatela
speculazione
(...) In pratica, ci sembra abbastanza scon-
tato che con un debito pubblico colossa-
le,con una economia in brusca discesa e,
conseguentemente, con gravi problemi di
gettito e di bilancio che si prospettano
molti investitori preferiscano posizionarsi
su lidi ben più rassicuranti del nostro. Per
questo motivo, così come sostiene da sem-
pre la piccola riserva indiana di liberali
italiani, l’unica strada per far ripartire
l’economia, alleggerendo nel contempo il
rischio solvibilità sul nostro debito sovra-
no, è quella che passa per un drastico ta-
glio della spesa pubblica, eliminando con-
testualmente gran parte della colossale
burocrazia che soffoca ogni forma di in-
trapresa. Ma codesto taglio, per intenderci,
dovrebbe essere operato non sul tenden-
ziale d’incremento -così come è avvenuto
nel recente passato col ministro Tremon-
ti-, bensì sull’ammontare complessivo delle
uscite pubbliche (oltre 830 miliardi) le
quali oramai rappresentano il 55% della
ricchezza nazionale. Una percentuale da
socialismo reale che risulta totalmente in-
compatibile con ogni possibilità di ripresa.
Il problema vero è che oramai siamo en-
trati in una lunga campagna elettorale nel-
la quale, in una confusione che non si era
registrata nemmeno alla fine della prima
Repubblica, nessun serio provvedimento
sul fronte della riduzione del perimetro
pubblico potrà essere preso. Pertanto, in
attesa che si delinei una prospettiva poli-
tica di un certo respiro, al momento dob-
biamo limitarci ad auspicare che qualcuno
riesca a fare un domani ciò che pure i pro-
fessori al governo hanno clamorosamente
disatteso, al di là delle quisquilie della co-
siddetta spending review.
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L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 5 SETTEMBRE 2012
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