Pagina 5 - Opinione del 06-9-2012

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II
ESTERI
II
Il sogno americano è socialista
(secondoMichelleObama)
di
STEFANO MAGNI
na vita dignitosa. È questo lo
spirito dell’America secondo
i Democratici, almeno da quanto
emerge dal (già popolarissimo) di-
scorso di Michelle Obama alla
Convention di Charlotte. Se Mitt
Romney ha portato se stesso e agli
altri oratori di Tampa quali esempi
di successo del self made man, l’uo-
mo democratico mira all’onestà di
una vita modesta, al superamento
delle difficoltà della vita anche ri-
correndo all’aiuto di Stato. L’esem-
pio per Michelle è il padre, amma-
lato di sclerosi multipla e,
nonostante tutto, gran lavoratore,
puntuale e onesto, che ha dato ai
figli l’opportunità di vivere una vita
migliore. «Abbiamo imparato la
dignità e la decenza, l’onestà e l’in-
tegrità, la gratitudine e l’umiltà».
Non sono solo parole retoriche, ma
la visione dell’uomo, su cui di basa
e si baserà un programma politico.
«È il motivo per cui abbiamo fir-
mato il Lilly Ledbetter Fair Pay Act,
per aiutare le donne ad essere pa-
gate sul lavoro come gli uomini –
spiega la first lady – È il motivo per
cui abbiamo tagliato le tasse sulle
famiglie dei lavoratori e sui piccoli
imprenditori e abbiamo lottato per
far sì che l’industria automobilistica
potesse reggersi sulle sue gambe. È
il motivo per cui abbiamo salvato
l’economia, che era sull’orlo del-
U
l’abisso, per creare ancora posti di
lavoro. Lavori con cui si può man-
tenere una famiglia, qui negli Stati
Uniti d’America». Michelle ricorda
quando, lei e suo marito, avessero
debiti più alti delle loro borse di
studio, quando erano studenti. E
per questo: «Barack si è battuto co-
sì duramente per aumentare gli aiu-
ti agli studenti e tener bassi i tassi
di interesse». E per quanto riguarda
la riforma sanitaria, la logica è la
stessa: «Quando era in gioco la sa-
lute delle nostre famiglie, Barack si
è rifiutato di dare ascolto a tutti co-
loro che gli suggerivano di riman-
dare la riforma a un altro giorno,
o a un altro presidente».
La visione dello Stato che emer-
ge da questo discorso è piuttosto
chiara: è il politico che si fa carico
delle difficoltà dei suoi cittadini e
interviene per aiutarli a superarle.
Il sogno americano è sempre stato
legato all’indipendenza dell’indivi-
duo. La first lady suggerisce un’al-
tra visione: «Barack conosce il so-
gno americano perché lo ha
vissuto. Vuole che ciascuno, in que-
sto Paese, abbia pari opportunità,
non importa chi sia, o da dove ar-
rivi, o come appaia, o chi ami». È
il sogno socialista delle pari oppor-
tunità che emerge da questa defi-
nizione. Nel nome del quale, tutti
i governi egualitaristi, hanno sem-
pre creato disparità di diritti. I più
ricchi hanno meno diritti dei pove-
ri, devono pagare più tasse per aiu-
tarli. Gli appartenenti alle mino-
ranze o al “sesso debole” devono
essere più tutelati dallo Stato degli
altri, per avere più facilità di acces-
so a lavoro e a stipendi più alti (e
il Lilly Ledbetter Fair Pay Act è lì
a dimostrarlo). Già che si parla del
sogno americano, i Padri Fondatori
(Jefferson, soprattutto, ma anche
lo stesso Washington) non avevano
mai sentito parlare di “pari oppor-
tunità”. Semmai reclamavano pari
diritti per tutti.
Il programma è evidente: Oba-
ma ha provato, per quattro anni, a
cambiare il volto all’America e alla
sua filosofia di base. Ora chiede un
altro mandato per continuare a far-
lo. Nonostante i risultati, almeno
dal punto di vista economico, non
siano confortanti.
Québec, paura e indipendentismo a Montreal
K
Il Parti Québecois, che mira all’indipendenza del Québec
dal Canada, stava celebrando la vittoria alle parlamentari, quando
un uomo armato ha fatto irruzione nella festa: un morto e un ferito
Se Ken Loach
boicotta Israele
Pari opportunità
per tutti, eguaglianza
salariale per uomini
e donne, sanità garantita
dallo stato. La First Lady
vuole che il marito
prosegua su questa
strada altri quattro anni
Al Senussi estradato in Libia
È il custode dei (nostri) segreti
arafrasando un noto detto,
per Ken Loach, con tutto il ri-
spetto dovuto al genio e all’arti-
sta, si può dire che l’odio anti
israeliano è l’ultimo rifugio della
canaglia. Infatti l’altro giorno a
Venezia, per stupire il borghese
che è in ognuno dei suoi nume-
rosi e politically correct fans, che
si inventa? Di rispondere pubbli-
camente ai palestinesi che chie-
dono anche ai cineasti di boicot-
tare Israele.
Questa la dichiarazione con-
segnata alla storia, e anche alla
geografia: «Come filmaker pos-
siamo fare tante cose. Possiamo
porre interrogativi agli spettatori
che favoriscano il sorgere di mo-
vimenti politici; possiamo sfrut-
tare situazioni come questa per
dare la nostra solidarietà ai di-
soccupati, a quelli che lottano per
la sicurezza sul lavoro, ai cineasti
cui viene negata la libertà
d’espressione, come in Iran; pos-
siamo rifiutarci di dare il nostro
appoggio a governi come quello
del Sudafrica, e possiamo rispon-
dere alla chiamata della Palestina
di boicottare lo Stato d’Israele,
non gli israeliani».
Nasce così un’ulteriore varian-
te del cosiddetto “antisemitismo
di sinistra”, quella della sineddo-
che: il contenitore per il contenu-
to. Una volta ci si nascondeva
dietro la differenza tra anti-sio-
P
nismo e anti-semitismo, adesso
non si boicottano gli israeliani
ma Israele. Stupisce l’oltraggio al-
l’intelligenza dello spettatore da
parte di Ken Loach, ma tant’è:
quando si è contro il capitalismo
si finisce inevitabilmente per sci-
volare nell’odio per il capitale
ebraico, e di lì a odiare gli ebrei
tour court il passo è breve.
Magari poi questo diventa an-
che un modo di attirare le atten-
zioni della critica, generalmente
benevola con questo tipo di scor-
ciatoie mediatiche, su di sé. E a
giudicare dalle banalità dette da
Loach nel corso della conferenza
stampa, in cui ha spiegato perché
era contento di ricevere il premio
alla carriera, ce n’era proprio bi-
sogno.
Eccone un florilegio: «abbasso
i governi tecnici e le banche», «la
working class è costituita dalle
persone che fanno i soldi con il
lavoro in un’epoca in cui il capi-
talismo spinge a crearli dal nul-
la», «oggi viviamo una crisi più
profonda di quella che le soluzio-
ni cosmetiche approntate dai go-
verni vorrebbero risolvere». E si
potrebbe continuare ancora. Ca-
pito allora perché, in questa ot-
tica da discorso sull’autobus, “ci
sta” anche il recepimento dell’in-
vito a boicottare Israele. «Non
gli israeliani».
DIMITRI BUFFA
a Mauritania ha restituito alle
autorità libiche Abdullah al Se-
nussi, l’ex capo dei servizi segreti
del defunto colonnello Muhammar
Gheddafi. Al Senussi era entrato il-
legalmente in Mauritania a marzo,
pochi mesi dopo la caduta del re-
gime libico. Era arrivato nel Paese
dell’Ovest africano con un volo dal
Marocco, camuffato da Tuareg e
con un passaporto falso. Le auto-
rità locali lo avevano riconosciuto
e arrestato seduta stante, internan-
dolo nel carcere di Nouakchott con
l’accusa di immigrazione illegale.
Da quel momento era iniziato un
braccio di ferro fra il nuovo gover-
no libico e le autorità mauritane.
Queste ultime avevano, finora, ri-
fiutato l’estradizione perché avreb-
bero voluto processarlo in Mauri-
tania. Solo ieri hanno ceduto,
spiegando che «(Al Senussi, ndr) è
stato estradato in Libia sulla base
di garanzie fornite dalle autorità
libiche». E il premier libico Abdur-
rahim el Keib conferma che il pri-
gioniero: «Sarà sottoposto ad un
equo processo, nel rispetto degli
standard internazionali sui diritti
umani. I diritti dei quali la Libia
era stata privata» …dal regime di
cui Senussi faceva parte. L’ex capo
dei servizi segreti dovrà rispondere
a gravissimi capi d’accusa, fra cui,
soprattutto, il massacro di 1000
prigionieri nel carcere tripolino di
Abu Salim, nel 1996.
L
È una sconfitta per la Corte Pe-
nale Internazionale, che chiedeva
di processare al Senussi all’Aja. Ol-
tre al timore umanitario di una
vendetta sull’ex braccio forte di
Gheddafi, il rischio è che l’uomo
dei segreti scompaia (in un carcere
o direttamente nella tomba) por-
tandosi con sé tanti misteri che de-
vono essere chiariti. Nei quali molti
Paesi sono coinvolti, compreso il
nostro. La Francia può chiedere
l’estradizione: ha già condannato
al Senussi per l’abbattimento del
volo Uta sul Niger, nel 1989, un
attentato libico nel quale perirono
170 passeggeri. Negli Stati Uniti e
nel Regno Unito, gli investigatori
sono convinti che l’ex capo dei ser-
vizi segreti di Tripoli abbia molto
da dire anche sull’abbattimento del
volo Pan Am 103 su Lockerbie, nel
quale morirono 270 persone. La
leader della minoranza democra-
tica al Congresso, Nancy Pelosi, ha
infatti dichiarato che Washington
abbia “un interesse particolare” nel
suo arresto.
L’Italia, al contrario, sembra
disinteressata a metter le mani sui
segreti di Senussi. Eppure quell’uo-
mo potrebbe chiarire molti aspetti
oscuri della nostra storia patria.
Tanto per fare qualche esempio:
un Mig libico è stato trovato di-
strutto sulla Sila nel 1980, in Ca-
labria, 20 giorni dopo la strage di
Ustica. Cosa ci faceva lì? E, sem-
pre per quanto riguarda Ustica,
ammesso che il volo Itavia non si
è abbattuto da solo, c’entra qual-
cosa la Libia? C’entra, per caso, il
Mig trovato in rottami in Cala-
bria? Anche sulla strage di Bolo-
gna (sempre in quel 1980) esiste
il sospetto di una mano libica: al-
meno una delle piste indagate por-
terebbe a Gheddafi. Non è il caso
di approfondire, adesso che il cu-
stode dei segreti dell’ex dittatore
è assicurato alla giustizia del nuo-
vo governo libico? Si potrebbe
chiedergli qualcosa anche sul per-
ché Gheddafi abbia lanciato im-
punemente due missili contro
Lampedusa. Quello non è affatto
un mistero. Ma a cosa voleva mi-
rare Gheddafi? Quale messaggio
voleva lanciare al governo Craxi?
(ste. ma.)
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 6 SETTEMBRE 2012
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