Direttore ARTURO DIACONALE
Fondato nel 1847 - Anno XVII N.284 - Euro 1,00
DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale
Giovedì 6 Dicembre 2012
delle Libertà
Ma ora Ingroia deve partecipare alle elezioni
al lontano Guatemala, Anto-
nio Ingroia ha bollato come
sentenza politica” la decisione del-
la Corte costituzionale di accogliere
il ricorso del presidente della Re-
pubblica, Giorgio Napolitano, con-
tro il comportamento tenuto dalla
procura di Palermo nella vicenda
delle intercettazioni delle telefonate
tra il Capo dello stato e l’ex mini-
stro Nicola Mancino. Dai vicini pa-
lazzi del potere la replica ufficiosa
alla affermazione del pm palermi-
tano, ora impegnato in una missio-
ne internazionale in Centro Ame-
D
lontà delle massime istituzioni di
nascondere i “misteri” del Quirinale
e le trame oscure antiche e recenti
tra uomini dello stato ed organiz-
zazioni mafiose. Al tempo stesso,
chi difende la sacralità dei massimi
vertici della Repubblica userà la de-
cisione della Corte costituzionale
per respingere l’offensiva dei giu-
stizialisti più intransigenti e fonda-
mentalisti e denunciare il carattere
strumentale degli attacchi al Qui-
rinale. Tutto questo non va visto
necessariamente come un male. Per-
ché se l’inchiesta dei pm di Palermo
è stata “politica” e la decisione della
Consulta la logica risposta “politi-
ca” alla inchiesta stessa, è addirit-
tura un bene che lo sbocco naturale
di una partita così fortemente ca-
ratterizzata in senso politico sia la
campagna elettorale intesa come il
tribunale di ultima istanza della vo-
lontà popolare.
È giusto, in sostanza, che siano
gli elettori a farsi una convinzione,
a scegliere, a decidere ed a dipanare
la matassa, premiando o bocciando
chi ha dato il via al meccanismo
tutto politico di una inchiesta che
ha prodotto la reazione del Capo
dello stato e la decisione della Corte
costituzionale. Ingroia, in sostanza,
non può restare in Guatemala. De-
ve tornare in Italia e partecipare in
prima persona alla competizione
elettorale sostenendo le ragioni che
lo hanno spinto a dare battaglia ai
massimi vertici istituzionali di oggi
e del passato. Se vuole essere con-
seguente con la sua costante riven-
dicazione dei propri diritti di citta-
dino, primo fra tutti quello
d’opinione, ha il dovere morale di
rivolgersi direttamente agli italiani.
Ma senza la copertura e l’autorità
che gli derivano dalla toga di ma-
gistrato. Rinunciando al privilegio
di poter garantire le proprie con-
vinzioni dietro lo scudo protettivo
di un ruolo intoccabile, insindaca-
bile e privo di una responsabilità
personale di qualsiasi tipo.
Continua a pagina
2
Sallusti e la solidarietà cercata (male) tra i colleghi
difficile e spiacevole dover dire
a qualcuno che è stato privato
della sua libertà: “tu hai sbagliato
in questo o in quello”.
È difficile evitare quel po’ di ver-
gogna che ogni uomo libero sente
(
o dovrebbe sentire) di fronte ad un
altro che, specie se ingiustamente,
libero non è.
Alessandro Sallusti è ingiusta-
mente detenuto. Ingiustamente, per-
ché per diffamazione, benché la leg-
ge preveda pene detentive anche
pesanti, assai difficilmente esse ven-
gono inflitte e, quindi, l’interroga-
È
meno un po’ più difficile protestare
per il trattamento riservato a Sallu-
sti. Quel che conta è che parlare di
diffamazione di fronte all’espressio-
ne di una tesi politico-morale, per
quanto “personalizzata” per l’oc-
casione, è di per sé problematico.
Applicare, poi, in un caso simile una
pena inconsueta è sicuramente
inopportuno ed ingiusto. E, poi, c’è
la perplessità che nasce dal fatto che
si è avuta la mano così pesante nei
confronti di chi aveva osato “man-
car di rispetto” ad un magistrato.
Spero che questa non mi assi-
curi gli arresti domiciliari per il re-
sto della mia vita (scherzo, natu-
ralmente: non voglio mica passare
per un eroe, senza assicurarmi pre-
ventivamente nemmeno la solida-
rietà di Marco Pannella!), ma di
fronte ad un direttore di giornale
condannato alla reclusione e nem-
meno per un tempo trascurabile,
l’interrogativo se un trattamento
altrettanto rigoroso sarebbe stato
riservato a qualcuno, querelato,
che so, da un veterinario, da un
impiegato del catasto, da un avvo-
cato etc. etc. è tutt’altro che imper-
tinente ed ozioso.
C’erano, dunque, diversi motivi
perché Sallusti potesse augurarsi
di ricevere molte ed autorevoli
espressioni di solidarietà. Se era
(
ed è) nelle sue intenzioni di solle-
vare un “caso nazionale”, questo
non avrebbe potuto e dovuto es-
sere che quello generico della “ma-
lagiustizia” e quello, assai più spe-
cifico, del “partito dei magistrati”,
della solidarietà di casta, della su-
scettibilità di chi esercita la funzio-
ne giudiziaria tenendo anzitutto ad
osservare l’insegnamento (interpre-
tato in chiave maccheronica) di
Sant’Agostino:
Charitas incipit a
semet ipso”
.
Continua a pagina
2
di
MAURO MELLINI
di
ARTURO DIACONALE
K
Fumata grigia (tendente al
nero) al vertice di ieri del Pdl sul futuro
del partito. La riunione organizzata a Pa-
lazzo Grazioli era dedicata, in teoria, alla
riforma elettorale e all’election day. Pre-
senti, tra gli altri, il segretario Angelino
Alfano, Niccolò Ghedini, i capigruppo
Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri, i
coordinatori nazionali Ignazio La Russa,
Sandro Bondi e Denis Verdini, il vicepre-
sidente del senatori Gaetano Quaglia-
riello e il presidente della Regione Lazio
Renata Polverini. Ma neanche questo
vertice-fiume, per ora, sembra aver
sciolto i nodi sul tavolo. Berlusconi, in-
somma, non avrebbe ancora deciso se
scendere in campo come candidato
premier alle elezioni del 2013 e se lan-
ciare la “nuova Forza Italia”. Sarebbe
però intenzionato, sussurrano i bene in-
formati, a tenere il punto sull’accorpa-
mento delle elezioni regionali con le
politiche per il 10 febbraio. Al termine
dell’incontro il Cavaliere e Angelino Al-
fano avrebbero deciso di riaggiornarsi a
breve, probabilmente già oggi, quando
si saprà qualcosa di più certo sulla trat-
tativa per la riforma della legge eletto-
rale e sull’esito del Consiglio dei
ministri che discuterà del decreto sul-
l’incandidabilità. L’ex premier sembra
infatti intenzionato a minacciare la crisi
di governo qualora il governo non do-
vesse rivedere le sue posizioni.
Pdl, il Cav prende tempo
rica, è stata che la la “risposta po-
litica” è stata la logica conseguen-
za di una “inchiesta politica”. Ov-
vero, “chi la fa la aspetti! Ora è
facile prevedere che la “sentenza
politica” relativa ad una “inchie-
sta politica” troverà il suo logico
sbocco politico nella prossima
campagna elettorale. Chi ha so-
stenuto a spada tratta il senso ed
il valore “politico” della inchiesta
dei magistrati di Palermo sulla
presunta trattativa tra stato e ma-
fia non perderà l’occasione di usa-
re come arma elettorale la senten-
za della Corte costituzionale
presentandola come la conferma
più evidente e clamorosa della vo-
tivo “perché proprio a lui?” è legit-
timo e le risposte lasciano quanto
meno forti perplessità. È ingiusta-
mente detenuto perché, se la re-
sponsabilità del direttore del gior-
nale per i reati commessi da altri,
autori dello scritto, di cui non possa
o non voglia rivelare il nome, è ne-
cessaria e logica, è però mera
fic-
tio juris”
che importa, quanto me-
no, che non si infierisca contro un
colpevole” solo presunto. E qui è
inutile che ripeta che non c’entra
quello che penso di quell’articolo
ed il fatto che non solo non ne con-
divida il contenuto ma che lo con-
sideri piuttosto stupido. La stupidità
non è reato. E ciò non rende nem-