Pagina 1 - Opinione del 7-8-2012

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Direttore ARTURO DIACONALE
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Martedì 7 Agosto 2012
delle Libertà
Bersani,D’Alema e la ciambella senza bucodel Pd
l disegno di Pier Luigi Bersani è
assumere la guida del governo
del paese passando attraverso due
fasi distinte. La prima prevede la
ricostruzione del Pds con il recu-
pero già avvenuto della pecorella
smarrita Nichi Vendola e del suo
Sel e con l’inserimento nel partito
erede diretto del vecchio Pci di tutti
i pezzi che verranno progressiva-
mente strappati all’Italia dei Valori
di Antonio Di Pietro. In questo
modo il leader del Pd conta, con
la nuova versione del Pds, di supe-
rare il 30 per cento dei consensi
elettorali e conquistare il premio
di maggioranza che verrà comun-
que previsto dalla nuova legge in
I
fieri per avere il diritto di partito
di maggioranza relativa di ottenere
l’incarico di formare il nuovo go-
verno.
La seconda fase, così come è
stato ampiamente anticipato nei
giorni scorsi e così come è stato lu-
cidamente teorizzato da Massimo
D’Alema da qualche anno a questa
parte, scatta all’indomani del voto
e dell’ottenimento dell’incarico e
prevede la formazione di una coa-
lizione tra il neo-Pds ed una Udc
che nel frattempo dovrebbe essere
stata liberata dalla zavorra finiana
e rutelliana ed arricchita di qualche
pezzo post-democristiano del Pdl
e di qualche montezemoliano privo
di Montezemolo.
Il disegno di Bersani, quindi, è
semplice. Consiste nella riproposi-
zione a ruoli scambiati della vec-
chia formula del centro sinistra.
Cioè in un sinistra-centro in cui i
post-comunisti siano l’asse centrale
della coalizione come un tempo
era la vecchia Dc e gli ex democri-
stiani siano come i socialisti ed i
socialdemocratici di allora, cioè dei
piccoli satelliti obbligati a ruotare
attorno al sole bersaniano. Alla
vecchia formula dovrebbe corri-
spondere una strategia politica al-
trettanto vecchia. Cioè quella della
gestione del potere realizzata al-
l’insegna della consociazione tra
poteri forti e sindacati, tra centristi
e sinistra, caratterizzata dalla difesa
dello stato burocratico-assistenzia-
le. Cioè delle vere caste parassitarie
che gravano sul paese.
Fino a ieri si pensava che ad
opporsi a questo disegno restaura-
tore dovessero essere da un lato le
forze del centro destra, sempre che
Pdl e Lega sappiano ritrovare le
motivazioni originarie che erano
di lotta allo statalismo clientelare
delle caste parassitarie. E dall’altro
il movimento giustizialista di An-
tonio Di Pietro e quello anarcoide
della protesta senza progetto di
Beppe Grillo.
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Giustizia sportiva, il ritornodella caccia alle streghe
e i meccanismi di funzionamen-
to del comparto giustizia italia-
no necessitano di una profonda re-
visione, la sua appendice sportiva
andrebbe rasa al suolo e ricostrui-
ta. Secondo gli intenti della Fede-
razione italiana giuoco calcio, la
Corte di giustizia federale - e il suo
comparto inquisitorio, la Procura
federale - dovrebbe agire per sal-
vaguardare il valore dell’etica spor-
tiva laddove venga infangata da
comportamenti che ne violino i pa-
letti segnati dai regolamenti. Il pro-
blema si pone quando l’illecito
sportivo si intreccia con un’azione
potenzialmente truffaldina anche
per la magistratura ordinaria. Il
S
che, in un contesto nel quale l’ago-
nismo del campo è funzionale alla
movimentazione di ingenti somme
di denaro, è quasi fisiologico. I
tempi dei giudici dello sport sono
sincopati, devono rispettare le leggi
dello
show must go on
. Per farlo,
i regolamenti della giustizia spor-
tiva non tengono conto di quell’in-
sieme di garanzie che tutelano (in
teoria) il cittadino imputato. Si ten-
ga anche conto che il rapporto po-
litico tra la Federazione e il suo
braccio giuridico è molto più stret-
to di quanto non avvenga nella
magistratura ordinaria. E che ai
vertici della Federazione si susse-
guono da anni dirigenti che hanno
dimostrato di non riuscire ad in-
dirizzare il mondo del pallone su
quei binari che, nel corso degli ul-
timi vent’anni, hanno avvicinato
campionati di calcio europei al
modello privatistico che regola
l’Nba (si guardi alla Premier Lea-
gue, per esempio). Un mix che ha
iniettato nel calcio italiano, con
Calciopoli, veleni che l’organismo
del pallone impiegherà generazioni
a debellare. Con sentenze scleroti-
che (il “sistema” arbitri-dirigenti
ha visto, con pochissime eccezioni,
condannare solo questi ultimi e le
relative squadre), dopo processi
contingentati in una manciata di
giorni. Tre giorni soli, ad esempio,
dovevano essere sufficienti alle di-
fese dei deferiti per leggersi le mi-
gliaia di pagine dei faldoni del pro-
cedimento,
per
elaborare
un’arringa che, in soli venti minuti,
avrebbe dovuto illustrare le ragioni
dei presunti rei. Tempi e metodi
che, uniti alla spasmodica atten-
zione della stampa per il rotola-
mento del pallone sui grandi prati
verdi, portò a celebrare i processi
(sportivi) in piazza.
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2
di
PIETRO SALVATORI
Accuse arbitrarie a cui
seguono incriminazioni
altrettanto arbitrarie.
Di fronte alle quali
l’imputato ha in carico
l’obbligo di dimostrare
la propria innocenza.
E, in mancanza di prove
a discapito,
di patteggiare la pena
di
ARTURO DIACONALE
L’alternativa di sinistra
ha fatto le prove generali
alle ultime
amministrative
di Milano, Napoli,
Palermo e sembra
determinata a rompere
le uova nel paniere
al progetto del nuovo
compromesso storico
Tutti controMonti: antidemocratico
K
Suscita un vespaio l’intervista
rilasciata domenica al Der Spiegel dal
premier italiano Mario Monti.
I primi a reagire, i tedeschi. Ultimi gli ita-
liani, anestetizzati dal caldo e dal clima
antidemocratico che si respira in patria.
Durissimo il segretario dell’Unione cri-
stiano-sociale (Csu) bavarese, Alexan-
der Dobrindt: parla di «attentato alla
democrazia», aggiungendo che «la
brama di soldi dei contribuenti tedeschi
spinge il signor Monti a un florilegio
anti-democratico». Ma anche i deputati
liberali e della Spd chiedono a gran
voce che l’Europa «rimanga democrati-
camente legittimata». A scatenare il pu-
tiferio la dichiarazione con la quale il
premier rivendicava il diritto dei governi
a mantenere «un proprio spazio di ma-
novra» indipendente rispetto alle deci-
sioni dei parlamenti, altrimenti «una
disintegrazione dell’Europa sarebbe più
probabile di un’integrazione». Anche
l’Unione europea ha preso parola nel di-
battito attraverso il suo portavoce Oli-
vier Bailly: «Alla Commissione europea
rispettiamo pienamente le competenze
dei parlamenti nazionali».