Page 4 - Opinione del 7-10-2012

II
ESTERI
II
KennethMinogue: «Siamodocili servi delwelfare»
di
STEFANO MAGNI
ualcosa è cambiato nelle no-
stre democrazie. E in peggio.
Se siamo spaventati da una crisi
economica, non ci rendiamo con-
to di quanta libertà abbiamo già
perso. Chi meglio di un anziano
liberale classico anglosassone (na-
to in Nuova Zelanda, lontano dal
resto del mondo) può avere uno
sguardo lucido e il necessario di-
stacco per capire la nostra condi-
zione? Kenneth Minogue è pas-
sato anche da Milano, per
presentare il suo saggio “La men-
te servile”, ospite dell’Istituto
Bruno Leoni (Ibl), editore dell’edi-
zione italiana del volume. Di
fronte a un pubblico di appassio-
nati, assieme al senatore Franco
Debenedetti (autore dell’introdu-
zione all’edizione italiana), ad Al-
berto Mingardi (direttore gene-
rale dell’Ibl) e Carlo Lottieri
(
direttore Teoria Politica dell’Ibl),
Minogue spiega, con monastica
serenità, che ormai abbiamo in-
consapevolmente perso gran parte
delle nostre libertà. E che è diffi-
cile anche solo pensare come fare
a riconquistarle. «La democrazia
cambia, generazione dopo gene-
razione – dice il filosofo - Per cia-
scuna di esse è un’esperienza
completamente diversa da quelle
del passato. Nei primi anni del
Novecento, ad esempio, c’era ben
poco welfare e molta ammirazio-
ne per i governi nazionali. Questa
è la ragione per cui la Prima
Guerra Mondiale venne sostenuta
in modo entusiastico da decine di
milioni di cittadini, pronti a mo-
rire in battaglia. Dopo la guerra
le cose cambiarono. L’entusiasmo
militare calò drasticamente. Du-
rante i primi anni della Seconda
Guerra Mondiale, sia gli ufficiali
che i soldati erano molto meno
competenti e addestrati rispetto
a quelli che avevano combattuto
il conflitto precedente. Dopo la
Seconda Guerra Mondiale, i go-
verni occidentali ebbero imparato
come gestire la società. Se com-
batti la guerra, sai come mobili-
tare le masse per ottenere la vit-
toria. Una volta vinta la guerra si
doveva “vincere la pace”: le so-
cietà europee erano inique e molti
dei bisogni espressi dalle masse
erano privi di risposta. L’obietti-
vo, adesso, era dare alle masse
quello che volevano. Ed è questo
che ha fatto nascere il
welfare sta-
te
.
Ora abbiamo dei welfare po-
tentissimi in tutti i Paesi europei,
che hanno generato debiti pub-
blici insostenibili e stanno facen-
do precipitare una grave crisi fi-
nanziaria e politica». Il sottotitolo
de “La mente servile”, “La vita
morale nell’era della democra-
zia”, può dare adito a equivoci:
eccone un altro che condanna la
democrazia e chiede… qualche al-
tro sistema politico? Niente affat-
to. Minogue premette subito:
«
Critico la democrazia perché è
in conflitto con altri pregi della
civiltà. Ma voglio, prima di tutto,
sottolinearne le virtù. Vi sono due
modi di intenderla. Il primo, più
antico, è l’assemblea, i partiti, le
elezioni, la discussione pubblica
su ciò che si vorrebbe fare. È il si-
gnificato politico, che ha fatto il
suo ingresso, in Europa, solo da
un secolo e mezzo. Ma è emerso,
Q
mente e inesorabilmente in decli-
no. Oggi, invece di prendere de-
cisioni individuali e assumercene
la responsabilità, preferiamo de-
legare le nostre scelte allo Stato.
Senza renderci conto che, alla fi-
ne, sarà lo Stato a dirci cosa fare,
cosa dire e cosa pensare, trasfor-
mandoci definitivamente in servi.
«
L’Europa, all’alba della sua de-
mocrazia, era un insieme di asso-
ciazioni di individui liberi. Oggi
non la è più: siamo una società
di individui vulnerabili che dipen-
dono dallo Stato. Quel che è suc-
cesso, negli ultimi 150 anni, è una
graduale erosione della libertà in-
dividuale che è arrivata con lo
sviluppo del
welfare state
».
Il ri-
schio che corriamo è quello di fi-
nire dentro ad un nuovo tipo di
totalitarismo senza neppure ren-
dercene conto: «Mentre democra-
zia significa avere un governo che
risponde all’elettorato – spiega
Minogue - oggi i nostri governan-
ti pretendono che siamo
noi
a ri-
spondere a
loro
.
Quasi tutti gli
Stati occidentali non vogliono che
fumi, che mangi alimenti “insa-
ni”, che partecipi alla caccia alla
volpe o beva troppo; e sono solo
i comportamenti sociali più ripro-
vati che danno origine a leggi o
a campagne per la loro messa al
bando». La realizzazione della
mente servile” può ben essere in-
dividuata nei sistemi in cui vivia-
mo. «Consistono chiaramente in
quella dipendenza dal welfare che
è stata ampiamente riconosciuta
e che oggi persino gli Stati trova-
no intollerabile. Sono evidenti an-
che nelle strutture giuridiche e re-
golative finalizzate a proteggere
una o l’altra categoria astratta
della comunità da molestie, offe-
se, lesioni all’autostima o da tante
altre cose ufficialmente bollate
come forme di oppressione. Van-
no ricercate nelle strutture che
proteggono le persone dalla vit-
timizzazione e che educano, al
tempo stesso, al ruolo di vittima.
E uno dei danni collaterali di que-
sta situazione è che il controllo,
spesso, deve essere esercitato non
nei confronti di coloro che com-
mettono il reato in questione, ma
nei confronti di coloro che si po-
trebbero comodamente indicare
come i responsabili. Un datore di
lavoro, per esempio, potrebbe es-
sere chiamato a rispondere delle
molestie sessuali perpetrate da un
dipendente perché non ha messo
a disposizione delle lavoratrici un
ambiente sicuro”». Nella prefa-
zione a “La mente servile”, Mi-
nogue sottolinea il paradosso si
questa “singolare situazione”: «Il
divario tra le realtà politiche e
l’immagine propagandistica che
ne viene proiettata è ormai così
ampio che il termine “paradosso”
tende a comparire in quasi tutte
le frasi. I governanti sono teori-
camente i “nostri” rappresentanti,
ma in pratica tentano di trasfor-
marci negli strumenti dei progetti
che
essi
hanno in mente. Il com-
pito degli Stati dovrebbe essere
quello di creare il quadro giuri-
dico entro cui ognuno possa per-
seguire autonomamente la sua
idea di felicità. Invece veniamo
costantemente esortati ad autori-
formarci». Come in un regime to-
talitario, appunto. Ma votato, li-
beramente, da noi stessi.
Quanta libertà abbiamo
già perso? Secondo
KennethMinogue,
autore de“La mente
servile”, stiamo
rinunciando alla nostra
vita morale, delegando
sempre più scelte
e responsabilità
allo Stato. «Mentre
democrazia significa
avere un governo che
risponde all’elettorato –
spiega il filosofo liberale
neozelandese – oggi
i nostri governanti
pretendono che siamo
noi a rispondere a loro»
gradualmente, almeno dal tardo
Medioevo. Si sono moltiplicate,
nei secoli, le funzioni della poli-
tica che richiedevano consultazio-
ni popolari o di ceto. L’accordo
sulla Magna Carta è un grande
esempio della primissima demo-
crazia. C’è un secondo significato
della democrazia. Che poi è quel-
la che realmente viviamo. E que-
sto concetto è inestricabilmente
legato alla libertà. Suoi sono nu-
merosi aspetti: il governo della
legge, l’individualismo, le buone
maniere, il rispetto dell’altro.
Questo significato della democra-
zia è un’invenzione europea. È la
vera democrazia». Il fondamento
della libertà occidentale moderna
e contemporanea è l’individuo in-
dipendente: «C’era un’unica ge-
rarchia sociale da rispettare ai
tempi della società agricola pre-
moderna. L’individualismo è nato
quando, dalle campagne, la po-
polazione ha iniziato ad urbaniz-
zarsi. Quando hanno iniziato a
realizzare i loro disegni personali,
avviando imprese private. Se emi-
gri in una città devi sostenerti.
Ciò vuol dire: mettere in piedi
una famiglia, fare carriera, trova-
re un modo per fare soldi. È que-
sto tipo di società che ci ha do-
nato, fra la fine del XVIII Secolo
e l’inizio del XIX tutte le grandi
innovazioni europee. Il governo
della legge è parte integrante di
questo sviluppo. Un sistema di
giustizia riconosciuto e rispettato
da tutti». Ma è proprio questo si-
stema che sta entrando gradual-
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 7 OTTOBRE 2012
4