Direttore ARTURO DIACONALE
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Sabato 8 Dicembre 2012
delle Libertà
EpilogoMonti: gestire le elezioni
Processione al Quirinale dei leader dei partiti di maggioranza. Napolitano prende atto che l’avventura
politica del governo si è esaurita. Al governo tecnico non resta che gestire la campagna elettorale
Se l’iniziativa torna nelle mani del centrodestra
La deriva estremista della sinistra filo-bersaniana
Il nemico della stampa? La miopia degli editori
ino all’altro ieri l’iniziativa è
stata del Pd. Con le primarie,
con la sfida di Renzi a Bersani,
con l’immagine di “squadrone”
trionfalmente proiettato verso
una immancabile vittoria. Da og-
gi il quadro si è ribaltato. Perché
le primarie si sono concluse con
la scontata e sconsolata sconfitta
di Renzi, il Pd è tornato ad essere
non il partito pluralista del con-
fronto tra anime diverse ma l’ere-
de della tradizione comunista im-
personificata dall’asse Bersani -
Vendola. E, soprattutto, perché il
soggetto politico che tutti davano
per svanito, scomparso, morto e
sepolto è improvvisamente ricom-
F
parso. Si tratta di Silvio Berlusco-
ni? Niente affatto. Si tratta del
popolo del centrodestra. Che fino
all’altro ieri non aveva più rap-
presentanza e che con il ritorno
in campo di Silvio Berlusconi sco-
pre di essere ancora vivo e capace
di riprendere in mano l’iniziativa
politica.
La novità politica del momen-
to, quella che gli osservatori di
parte non riescono a comprende-
re e che molti dirigenti della sini-
stra si ostinano a non riconoscere
come tendono da sempre a fare
(
dal ‘94 al 2006), è che con il Ca-
valiere rientra in gioco il popolo
del centrodestra. Quello che sarà
pure deluso, disilluso e incazzato,
ma che fino ad ora non è corso
in aiuto del probabile vincitore
Bersani, non si è affrettato a tra-
smigrare verso il terzo polo cen-
trista di Casini e Fini, non si fida
di un Montezemolo che non in-
veste su se stesso e che ha scoper-
to sulla propria pelle come l’espe-
rienza del governo tecnico sia
stata la classica operazione per-
fetta che però rischia di uccidere
il paziente. Berlusconi, a cui si
può contestare tutto tranne di
non saper interpretare gli umori
del popolo del centrodestra, ha
capito che ad aumentare la rab-
bia degli elettori moderati c’era
la sensazione di essere considerati
ancora una volta fuori gioco, ine-
sistenti, marginalizzati e disprez-
zati dai futuri vincitori di una si-
nistra pronta a riesumare il
pugno chiuso. E, attraverso la sua
persona, ha rimesso di colpo in
partita il popolo disperso. Può es-
sere che la sua sia stata una mos-
sa tardiva. Che non riesca a risve-
gliare le energie e la passione di
tutti i vecchi elettori del centro-
destra. Ma è certo che da oggi in
poi i ministri tecnici in cerca di
futuro politico non potranno più
ricercarlo sulla pelle del Pdl e che
il popolo dei moderati...
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2
ome è noto, la storica cinghia
di trasmissione della Cgil rap-
presenta un forte fiancheggiatore
esterno” di un Partito democra-
tico a trazione vendoliana. E se
consideriamo che tra i maggiori e
più attivi esponenti di questo sin-
dacato vi è Maurizio Landini della
Fiom, qualora Bersani dovesse rag-
giungere la stanza dei bottoni, egli
dovrebbe sudare le classiche sette
camicie per tenere a bada anche
questa molto sinistra componente.
Basti pensare che, nel corso di
una dura schermaglia col sottose-
gretario Polillo in quel di
Ballarò
,
lo stesso Landini ha espresso con
chiarezza la sua linea bolscevica.
C
A suo parere, infatti, un governo
che si rispetti dovrebbe obbligare
per decreto le aziende, nella fatti-
specie la Fiat, ad investire nello
sviluppo di nuovi prodotti, espro-
priando e nazionalizzando - vedi
Ilva di Taranto - quando ciò va in-
contro agli interessi dei lavoratori
e della comunità. Cosa che, per in-
ciso, secondo noi liberali non do-
vrebbe mai avvenire in un paese
avanzato, lontano anni luce dalla
pianificazione economica di stali-
niana memoria a cui sembra far
riferimento il leader dei metalmec-
canici della Cgil. Un personaggio,
vorrei aggiungere, il quale sembra
interpretare la democrazia sinda-
cale come un sistema per obbliga-
re le imprese e il governo ad as-
soggettarsi a qualunque richiesta,
ripristinando i fasti utopistici del
salario come variabile indipenden-
te da tutto.
Ebbene, così come accadrà
con la componente più radicale
del suo schieramento, anche agli
estremisti sindacali ben rappre-
sentati da Landini il buon Bersa-
ni, una volta giunto a Palazzo
Chigi, non potrà certamente rac-
contare favole. Chi si aspetta da
un futuro esecutivo progressista
misure ulteriormente dirigistiche
e protezionistiche, principalmente
nei confronti del lavoro salariato,
non potrà accontentarsi di una
semplice pacca sulle spalle.
Questa gente premerà per ot-
tenere tutta una serie di provvedi-
menti i quali, contrastando deci-
samente con i vincoli finanziari
imposti dalla nostra permanenza
nell’euro, costringeranno il capo
del centro-sinistra ad arrampicarsi
letteralmente sugli specchi.
D’altro canto, continuando a
cavalcare la tigre dei sostenitori di
una occupazione da ottenere per
legge, lo scaltro Bersani dovrà poi
spiegare a costoro che non ci sono
più soldi per realizzare le loro fol-
lie stataliste e keynesiane.
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2
al 1° gennaio del 2013 verran-
no definitivamente oscurate le
rassegne stampa on-line messe fino-
ra a disposizione gratuitamente dai
siti web di Camera e Senato.
Quella che la Fieg saluta come
una grande vittoria in difesa del
diritto d’autore, però, rischia di ri-
velarsi il
De Profundis
di una
stampa nazionale che trova il peg-
gior nemico in se stessa e nelle isti-
tuzioni che dovrebbero tutelarla,
e che nel periodo di più grave crisi
mai attraversato non sa fare altro
che annodarsi da sola il più stretto
tra i bavagli.
Senza più rassegne resta solo
più la rassegnazione. Quella di chi
D
aveva creduto nell’importanza di
difendere prima di tutto la plura-
lità e la libertà dell’informazione
sull’unico canale ancora in grado
di rappresentarle entrambe per
davvero: il web.
In prima linea contro la crociata
miope e anacronistica bandita dalla
Federazione Italiana degli Editori
di Giornali si era schierato sin da
subito il Presidente della Camera,
Gianfranco Fini, annunciando che
finché fosse stato in carica non
avrebbe mai messo a tacere la ras-
segna sul sito di Montecitorio. E so-
no ancora in molti a nutrire la se-
greta speranza che voglia tener fede
fino all’ultimo alla parola data, no-
nostante i diktat di chiudere baracca
e burattini. Ma a salire sulle barri-
cate a fianco del presidente Fini c’è
stata anche la rete. Dal blog insider
parlamentare
Il Cicalino
,
autore di
una martellante campagna di sen-
sibilizzazione sul tema, al profilo
Twitter del giornalista Gianni Riot-
ta, la cui rassegna stampa mattutina
mutuata proprio dai .pdf della ca-
mera è diventata col tempo un ap-
puntamento imperdibile per i twit-
teri italiani. E c’è stata anche
l’Opinione
,
che dal suo piccolo pul-
pito non ha mai mancato di difen-
dere le rassegne libere come unico
canale per far sentire anche la voce
dei più piccoli, di coloro che non
possono vantare alle proprie spalle
grandi gruppi editoriali né grandi
gruppi di interesse, e conseguente-
mente lottano giorno dopo giorno
per fare informazione con i pochi,
pochissimi mezzi a disposizione.
Perché è proprio su questo pun-
to, dove la Fieg si illude di aver con-
seguito la vittoria più significativa,
che la stampa italiana ha rimediato
la più cocente delle sconfitte. L’ot-
tusa avidità degli editori che credo-
no di aver posto un freno all’emor-
ragia nelle vendite di quotidiani e
spazi pubblicitari con il bavaglio
alle rassegne libere on-line dovrà
molto presto scontrarsi con la...
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2
di
ARTURO DIACONALE
Solo dopo tre o quattro
mesi di campagna
elettorale del Cavaliere,
all’insegna della difesa
delle classi medie
dal peso insopportabile
delle tasse, si vedrà
se avrà avuto comunque
la meglio lo“squadrone
rosso”di Bersani
di
CLAUDIO ROMITI
Chi si aspetta
da un futuro esecutivo
progressista misure
ulteriormente dirigistiche
e protezionistiche,
principalmente
nei confronti del lavoro
salariato, non potrà
certo accontentarsi
di una pacca sulle spalle
di
LUCA PAUTASSO
Senza più rassegne resta
solo la rassegnazione.
Quella di chi aveva
creduto nell’importanza
di difendere prima
di tutto la pluralità
dell’informazione
sull’unico canale ancora
in grado di offrirla
davvero: il web