Pagina 3 - Opinione del 09-9-2012

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di
LIVIO GHERSI
o letto l’articolo “La Sicilia, ter-
ra di filosofi”, a firma di Gian-
ni Pardo, pubblicato da “Il Legno
storto” nell’edizione del 31 agosto
2012 e riportato qui a fianco da
“L’Opinione”. Divertente e ben
scritto, ma non profondo: nel senso
di non interessato a comprendere
come realmente stiano le cose. Ri-
propone una serie di luoghi comuni,
ricorrenti nella letteratura. I Siciliani
sarebbero tutti filosofi scettici; ma
anche un po’ epicurei ed un po’ uti-
litaristi. Sospetto che per l’autore il
sostantivo “filosofo” non abbia in
sè un significato positivo.
L’autore asserisce che i Siciliani
non credano in alcunché. Falso, fal-
sissimo. Fossero veramente scettici,
sarebbero falsi, ipocriti, maestri
nell’arte diplomatica. In realtà, pos-
sono essere fin troppo “diretti” e di-
re in faccia al proprio interlocutore
le verità più sgradevoli. Potrei ripor-
tare tantissime storie, riguardanti
noti intellettuali come gente comune,
che dimostrano la stessa cosa: quan-
do un siciliano s’impegna nel difen-
dere una causa (anche puramente
ideale), ovvero decide di combattere
contro chi ritiene essere un proprio
avversario, non è secondo ad alcuno
quanto alla capacità di sacrificarsi
pur di perseguire l’obiettivo. È vero,
non c’è un buon rapporto con il
“potere”: sia in quanto istituzioni,
H
sia in quanto persone fisiche che in
concreto questo potere esercitano
(di diritto, o di fatto). Un osservatore
esterno davvero attento resterebbe
però colpito dalla velocità con cui
un siciliano può mutare atteggia-
mento rispetto alla persona di potere
con cui, di volta in volta, si confron-
ta; dalla apparente sottomissione ed
alla adulazione, si può passare in un
attimo alla forte protesta ed alla
aperta rivolta.
Tanta reattività, secondo me, si
spiega proprio perché l’analisi di-
sincantata della realtà ed il cupo pes-
simismo sono soltanto la superficie
del carattere siciliano. Dietro questa
crosta resta il disperato bisogno di
giustizia, di pulizia morale, di au-
tenticità; e questi valori sono avver-
titi in modo tanto più estremo ed
assoluto, quanto più sono negati
nell’esistenza reale. Gesù Cristo, po-
polarmente, è “u Signuruzzu”, colui
che, innocente, ha patito il male del
mondo. Il sentimento di cristiana
rassegnazione è dominante, ma, sot-
to sotto, è sempre contrastato dal
desiderio un po’ folle di fare i conti
con questo mondo cattivo per affer-
mare i diritti degli innocenti. Fortis-
simo è il legame con la propria terra.
I paesaggi bellissimi con vista sul
mare aperto, i vulcani in costante
attività, come l’Etna o lo Stromboli,
i colori forti, le sagome delle isole
minori che si stagliano nel mare: tut-
to questo penetra nell’anima come
un marchio indelebile. Diventa no-
stalgia, quando si va altrove. Il rap-
porto di amore - odio con la natura
dei luoghi si traduce in un radica-
tissimo, profondo, disprezzo nei
confronti dei pubblici amministra-
tori.
Gli amministratori sono stati per
secoli espressi da governanti stra-
nieri; ed i Siciliani storicamente han-
no sempre cercato di liberarsi della
dominazione in atto chiamando in
aiuto un’altra potenza esterna, ossia
cambiando dominatore. L’esperienza
più importante di autogoverno,
quella del biennio 1848-1849, fallì
perché i Siciliani non seppero difen-
dersi da soli, non seppero organiz-
zare ed armare un proprio esercito
e si illusero di essere difesi dalla flot-
ta inglese.
Nell’Italia repubblicana, la con-
cessione di una speciale autonomia
regionale avrebbe potuto essere la
soluzione di tutti i problemi. Ma
quella nuova stagione storica nac-
que male, sulla base di un rapporto
equivoco con la restante Nazione
italiana, rapporto avvelenato dal se-
paratismo. Per gli indipendentisti
l’autonomia era meno che l’indipen-
denza; per il resto d’Italia l’autono-
mia era stata strappata con un in-
sopportabile ricatto.
Dal 1946 ad oggi l’autonomia
speciale ha reso possibile privilegi
per gruppi più o meno ristretti, be-
neficiati dal potere politico; dal pun-
to di vista della buona amministra-
zione, è stata però un fallimento.
Non c’è più neppure la scusa che gli
amministratori, regionali e comu-
nali, dipendano da un potere stra-
niero. Ancora in tempi recenti, questi
amministratori, hanno consentito
un abusivismo edilizio dilagante, che
offende in primo luogo il senso este-
tico. Hanno consentito il degrado
del territorio, con il proliferare delle
discariche, più o meno abusive, e la
cronica incapacità di gestire in modo
efficiente e razionale il ciclo dei ri-
fiuti.
Sono convinto che la Sicilia non
cambierà in meglio per le restrizioni
alle spese ed i vincoli economici im-
posti dall’Unione Europea. In un suo
scritto importante (del 1958) uno
fra i maggiori esponenti della cultura
liberale europea, Isaiah Berlin, scrisse
che «la mancanza di libertà lamen-
tata da alcuni individui o gruppi
equivale il più delle volte alla man-
canza di un giusto riconoscimento»
(da
Due concetti di libertà
). Berlin
aveva in mente l’esperienza dei po-
poli che si stavano affrancando dal
colonialismo e che preferivano tutti
i tumultuosi problemi conseguenti
alla sperimentazione dell’autogover-
no, piuttosto che continuare ad af-
fidarsi all’efficiente amministrazione
britannica. Scrisse allora Berlin: «co-
me membro di un gruppo non rico-
nosciuto o non sufficientemente ri-
spettato, ... desidero l’emancipazione
di tutta la mia classe o comunità,
nazione, razza, professione. E posso
volerlo tanto da preferire nel mio
amaro aspirare a “uno status”, di
essere tiranneggiato e mal governato
da qualche membro della mia stessa
razza o classe sociale, dal quale sono
perlomeno riconosciuto come un
uomo e un rivale - vale a dire come
un eguale - piuttosto che essere trat-
tato bene e con tolleranza da un ap-
partenente a un gruppo più in alto
e più lontano, il quale non mi rico-
nosce per quello che desidero sentire
io stesso di essere».
Non si può costringere i Siciliani
ad essere migliori. Essi sanno benis-
simo che, quanto ad intelligenza,
non sono inferiori ad alcuno. Non
voglio scomodare la letteratura e mi
limito a ricordare quattro intellet-
tuali noti, i quali non erano “filosofi
scettici”, ma si affermarono nei ri-
spettivi campi di studio. L’economi-
sta Francesco Ferrara, liberista ed
autonomista, che osò entrare in po-
lemica diretta con Cavour (il che,
dal mio punto di vista, non è un me-
rito). Lo studioso di scienza politica
Gaetano Mosca. Il filosofo Giovanni
Gentile, il quale non era certamente
incline allo scetticismo, trattandosi
anzi di uno dei massimi rappresen-
tanti della filosofia idealista. Lo sto-
rico Adolfo Omodeo; il quale nac-
que casualmente a Palermo, ma qui
si formò intellettualmente e che co-
munque era ben radicato alla Sicilia
da parte della madre agrigentina e
della famiglia materna. Omodeo, di
cultura liberale e studioso del pen-
siero mazziniano, prese nettamente
posizione contro il separatismo.
Mi piace anche ricordare un am-
ministratore siciliano degno di que-
sto nome: Carlo Cottone, principe
di Castelnuovo (1756-1829), pro-
tagonista nella fase dell’elaborazione
e della prima applicazione della Co-
stituzione siciliana del 1812. Cotto-
ne mancò di genio politico, ma fu
un nobilissimo esempio di politico
filantropo. Destinò i propri beni alla
realizzazione di un Istituto agrario,
cioè di una scuola di agricoltura,
nella sua villa dei Colli, a Palermo.
Le prossime elezioni regionali si-
ciliane possono apparire caotiche
soltanto a chi è nostalgico del bipo-
larismo a tutti i costi, ovvero pensa
che le elezioni (in genere) siano di-
ventate un lusso perché l’unica cosa
che serve è un bel governo tecnico
di osservanza montiana, europeista
“perinde ac cadaver”. La buona no-
tizia è che i competitori per la carica
di Presidente della Regione sono
quasi tutti di buon livello. L’altra
buona notizia è che la tanto vitupe-
rata Regione siciliana dispone di una
decente legge elettorale. Dei novanta
seggi disponibili, ottanta saranno
distribuiti con metodo proporzio-
nale nelle nove circoscrizioni pro-
vinciali. Fra le formazioni politiche
che raggiungano una percentuale di
consenso non inferiore al cinque per
cento dei voti validi espressi in am-
bito regionale. Soglia di sbarramento
che si applica in modo uguale nei
confronti di tutte le liste e che non
è propriamente una “passeggiata”.
Di conseguenza, se al momento le
formazioni politiche sembrano nu-
merosissime, scommetto che non
più di sei / sette liste otterranno in
concreto rappresentanza. Il premio
di maggioranza a disposizione del
Presidente della Regione neo-eletto,
per migliorare le condizioni di go-
vernabilità, è limitato ad otto seggi
(più il seggio per il Presidente). Viene
attribuito quando i seggi ottenuti
dalle liste provinciali collegate siano
in numero inferiore a 54 seggi (60
per cento del totale) e fino al rag-
giungimento di detto limite. Le pros-
sime elezioni regionali siciliani sono
molto interessanti dal punto di vista
politico perché, con quattro forti
candidature alla Presidenza della
Regione, è improbabile che un can-
didato ottenga in partenza una larga
maggioranza, come invece è avve-
nuto nelle elezioni regionali del
2001, del 2006 e del 2008. Di con-
seguenza, anche dopo l’attribuzione
del limitato premio di maggioranza,
si renderà necessario che il Presiden-
te della Regione ottenga il consenso
e la fiducia di altri gruppi rappre-
sentati nell’Assemblea regionale, ini-
zialmente non collegati con lui. Si
tornerà a sperimentare la Forma di
governo parlamentare in un’Assem-
blea dotata di una capacita di rap-
presentanza superiore al recente pas-
sato e composta (è il mio auspicio)
da persone che prendono più seria-
mente la dialettica politica. Questo
potrebbe portare anche a risultati
positivi. Mentre le maggioranze nu-
meriche teoricamente garantite in
partenza hanno dato pessimi esiti
dopo le elezioni del 2001, del 2006
e del 2008. A dimostrazione che l’in-
gegneria istituzionale ed elettorale
non può imbrigliare la politica.
Consentitemi, una volta tanto,
un po’ di ottimismo.
Un legame fortissimo
con la propria terra
che diventa nostalgia
quando si va altrove
Il vero problema
della reazione
è la pubblica
amminstrazione
II
POLITICA
II
Eppure qualcosa si muove
in vista delle prossime elezioni
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 9 SETTEMBRE 2012
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