Page 6 - Opinione del 10-10-2012

II
ESTERI
II
Nella corsa alla Casa Bianca
ora ci si gioca tutto sugli esteri
di
STEFANO MAGNI
ampagna elettorale negli Usa:
siamo alla vigilia del prossimo
dibattito televisivo. Questa volta, a
sfidarsi, saranno i due vicepresiden-
ti, il repubblicano Paul Ryan e il
democratico Joe Biden.
Il deputato del Wisconsin si sta
addestrando con il suo team per af-
frontare la prova delle telecamere
e del confronto con il vicepresiden-
te. Nella campagna elettorale di
Bob Dole, contro Bill Clinton, era
proprio il deputato Ryan il “prepa-
ratore tecnico” di Jack Kemp, allo-
ra candidato vicepresidente repub-
blicano. Può far tesoro di quella
esperienza del 1996 (che fu un in-
successo) e correggere quegli errori,
per poter battere un “numero due”
democratico non certo noto per il
suo carisma.
Romney, nel frattempo, sta af-
finando le armi per lo scontro tele-
visivo finale, che sarà incentrato
sulla politica estera. Sinora, questa
branca delle decisioni della Casa
Bianca, è stata ritenuta secondaria
rispetto all’economia (che è e resta
il problema numero 1). Lo sfidante
repubblicano ha già fatto il suo
tour mondiale ed è già stato fatto
a pezzi dai media. È passata l’im-
magine di un politico goffo e inca-
pace di relazioni diplomatiche. La
sua critica a Obama per la gestione
della crisi di Bengasi (l’uccisione
C
dell’ambasciatore Christopher Ste-
vens) è stata anch’essa definita e
commentata come “poco presiden-
ziale” perché “troppo partigiana”.
Il risultato è che Barack Obama,
nonostante tutti gli insuccessi in
campo internazionale, è ancora vi-
sto come il più affidabile fra i due.
Ma gli americani, sinora, non han-
no mai sentito parlare Romney sen-
za il filtro dei commenti giornali-
stici. Il prossimo dibattito
presidenziale, dunque, sarà un’oc-
casione più unica che rara di met-
terlo alla prova. Al Virginia Mili-
tary Institute, ieri, lo sfidante ha
sfornato un antipasto di quel che
potrebbe dire la settimana prossi-
ma. I suoi argomenti? Oltre alla cri-
tica alla gestione della crisi in Libia
Questi assalti non possono essere
spiegati solo come una reazione ad
un deprecabile video che insulta
l’Islam, come l’amministrazione ha
cercato di farci credere»), Romney
insisterà soprattutto sul Medio
Oriente. Su cui ha anticipato il suo
programma: ultimatum all’Iran (se
non dovesse recedere dalle sue in-
tenzioni nucleari), armi ai ribelli si-
riani, ma solo a quelli «che condi-
vidono i nostri valori». In questo
modo, lo sfidante intende soffiare
al presidente l’esclusiva del sostegno
alla Primavera Araba, finora con-
testata, con gran scetticismo, da tut-
ti i conservatori.
L’importanza dei dibattiti tele-
visivi nazionali viene rivalutata
giorno dopo giorno. Il vantaggio di
Barack Obama su Mitt Romney si
è infatti eroso, a tempo record, in
una sola settimana. Il sondaggio
Gallup li dà alla pari: vuol dire che
un margine di Obama che, in me-
dia, era fermo sui 3-4 punti percen-
tuali, è stato colmato in pochi gior-
ni per un solo faccia-a-faccia. Il
sondaggio del Pew Research dà ad-
dirittura Romney in vantaggio di
ben 4 punti. Ed è lecito ricordare
che, sinora, i rilevamenti, per come
sono effettuati, hanno dato una so-
vra-rappresentazione degli elettori
registrati democratici, penalizzando
gli indipendenti e indecisi. Nella re-
altà, dunque, è possibile che il van-
taggio dello sfidante repubblicano
sia addirittura superiore a quel che
vediamo nelle statistiche.
Minacce infondate dalla Corea del Nord
K
Il regime di Pyongyang annuncia, con toni bellicosi, di es-
sere in grado di lanciare missili contro il territorio degli Stati Uniti.
L’ultimo test, lo scorso aprile, era però clamorosamente fallito
Kakha Kaladze:
ministro georgiano
Paul Ryan si prepara
per lo scontro con Joe
Biden. IntantoMitt
Romney anticipa
il suo programma
di foreign policy:
ultimatum all’Iran
e armi ai ribelli siriani
I greci rivogliono il welfare
Atene si ribella ai creditori
vederlo in giacca e cravatta
non sembra nemmeno lui.
Noi siamo abituati alla sua ma-
glietta rosso-nera. Eppure stiamo
parlando proprio dello stesso
Kakha Kaladze, ex difensore del
Milan ed ora vicepremier in Ge-
orgia. Ieri, il nuovo capo del go-
verno, Bidzina Ivanishvili (il Ber-
lusconi georgiano) lo ha voluto
proprio accanto a sé presentando
la sua squadra di governo. Ka-
kha Kaladze ha contribuito enor-
memente al successo di Sogno
Georgiano, la coalizione di op-
posizione (ora di maggioranza)
nelle elezioni della settimana
scorsa. Secondo le autorità giu-
diziarie, ha contribuito anche
troppo”: è stato accusato di fi-
nanziamento illecito al suo par-
tito. Il suo apporto di immagine
è incalcolabile. Un Paese piccolo
e remoto come la Georgia, che
la maggioranza degli italiani non
sa neppure indicare su una carta
geografica muta, è diventato fa-
moso soprattutto grazie a lui. I
georgiani ci amano, vedono i te-
lefilm italiani, ridono di gusto
per i vecchi film con Pozzetto e
Celentano, hanno mezza capitale
(
Tbilisi) costruita da architetti
nostrani, compreso il ponte ul-
tra-moderno che la caratterizza
e la cupola del palazzo presiden-
ziale. Ma noi li ignoreremmo del
tutto… se non ci fosse Kakha vi-
A
cepremier. Un vistoso biglietto
da visita per l’Occidente (oltre
che con la sola Italia), non c’è
che dire.
Ma quale sarà la rotta del
nuovo governo? La prima cosa
che viene in mente è: quali rap-
porti vi saranno con la Russia?
All’inquilino del Cremlino, Vla-
dimir Putin, interessa ben poco
il calcio (pratica sport ben più
pericolosi). Gli interessa, semmai,
sapere quali rapporti si instau-
reranno con Tbilisi, ad appena 4
anni dalla guerra russo-georgia-
na. Bidzina Ivanishvili non ha
mai fatto mistero di voler conti-
nuare il percorso di avvicina-
mento alla Nato, vero oggetto
del contendere con la Russia e
prima causa del conflitto del
2008.
Resta anche la volontà ge-
orgiana di reintegrare le due re-
gioni secessioniste, presidiate dai
russi: l’Abkhasia (a Ovest) e
l’Ossezia meridionale (a Nord).
Nonostante questo, il nuovo go-
verno annuncia da tutta la cam-
pagna elettorale che intende “al-
lentare la tensione” con Mosca.
Agli Esteri è stata nominata Ma-
ia Pandzhikidze, già ambascia-
trice in Germania (Paese in otti-
mi rapporti con la Russia) e alla
Difesa Irakli Alasania, ex amba-
sciatore all’Onu con la fama di
colomba”.
(
ste. ma.)
l creditore è sempre odioso agli
occhi del debitore. Questo vale
per i singoli, a maggior ragione per
le nazioni. Angela Merkel non è
personalmente creditrice nei con-
fronti della Grecia di Antonis Sa-
maras. Ma agli occhi degli ateniesi
rappresenta il volto dell’Europa che
impone l’austerity. E dunque è trat-
tata di conseguenza: ieri, ad Atene,
nel corso della sua visita di Stato,
sono stati necessari 7000 poliziotti
per tenere a bada una folla infero-
cita di manifestanti. L’arrivo della
cancelliera tedesca è stato salutato
da slogan contro il “Quarto Reich”,
lanci di molotov e mattoni da una
parte, bombe stordenti e lacrimo-
geni dall’altra. Ieri pomeriggio gli
arresti si contavano già nell’ordine
delle decine. Una sommossa in pie-
na regola. Qual è l’oggetto del con-
tendere? Secondo Jean Claude Jun-
cker, presidente dell’Eurogruppo (i
ministri delle Finanze dell’eurozona)
il governo greco deve dimostrare di
far sul serio le riforme, «entro, al
massimo, il 18 ottobre». Dunque
c’è solo una settimana di tempo per
effettuare tagli alla spesa pubblica
di 13 miliardi di euro. Sono appena
necessari per dimostrare affidabilità
contabile e per ricevere un prestito
(
concordato con la “troika”: Ue,
Bce ed Fmi) di 31,5 miliardi di euro.
Con quel prestito, la Grecia potreb-
be restare ancora a galla. Altrimenti,
come l’estate scorsa, farebbe ban-
I
carotta nel breve-brevissimo perio-
do. Secondo stime attendibili, vi sa-
rebbero soldi in cassa fino a novem-
bre. Poi… lo Stato non avrà più la
possibilità di pagare salari e pen-
sioni.
Vista così, in teoria, la popola-
zione greca dovrebbe ringraziare
l’Ue per il prestito concesso. E do-
vrebbe accogliere a braccia aperte
la Merkel, che comunque non rap-
presenta l’Ue, né la Bce, né il Fmi.
Il greco medio, però, benché conti-
nui a ricevere salari e pensioni dallo
Stato (sempre che abbia mantenuto
il suo impiego), ha assistito, negli
ultimi tre anni, ad un progressivo
declino del suo tenore di vita. Gli
impiegati pubblici lamentano una
perdita di un terzo del loro stipen-
dio, in media. Quando hanno salari
inferiori ai 1000 euro al mese, han-
no difficoltà a mantenere la fami-
glia. L’antica pratica degli affidi dei
bambini ai monasteri sta ritornando
in auge. I suicidi registrano un’im-
pennata tale che la Grecia ha bat-
tuto, in questo campo, tutti i Paesi
nordici: l’aumento dei cittadini che
decidono di farla finita è del 18%
a livello nazionale e del 25% nella
sola Atene. È un sistema di vita ad
essere finito di colpo: fino a pochi
anni fa gli ellenici erano convinti di
poter essere mantenuti dallo Stato,
dalla culla alla tomba. Un terzo del-
la popolazione è assunta nel settore
pubblico. Ben 600 categorie di la-
voratori potevano andare in pen-
sione a 55 anni. Le pensioni di re-
versibilità spettavano alle figlie non
sposate (le “zitelle d’oro”) in man-
canza del coniuge del pensionato
defunto. A questo va aggiunta
l’inefficienza di una burocrazia bi-
zantina, che ha caricato il sistema
di pensionati che in realtà erano già
morti, falsi invalidi e finti lavoratori
che percepivano uno stipendio pur
stando a casa. Adesso è venuta a
mancare loro la rete di sicurezza su
cui avevano sempre contato. Poco
importa che il governo non la po-
tesse più mantenere e truccasse i
conti per far credere di rinnovarla
all’infinito: il greco medio vuole
quella rete, altrimenti si sente perso.
E nel frattempo preferisce urlare
contro il “Quarto Reich”.
GIORGIO BASTIANI
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 10 OTTOBRE 2012
6