Pagina 2 - Opinione del 11-8-2012

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e famiglie italiane sono povere
come 10 anni fa. O ricche co-
me 10 anni fa, se si preferisce ve-
dere il bicchiere mezzo pieno.
Con la differenza, però, che un
decennio fa l’economia cresceva
(poco, è vero, ma cresceva) e
l’abitudine consolidata negli anni
‘90 a vivere al di sopra delle pro-
prie possibilità senza pensare alle
conseguenze permetteva guardare
al futuro con molto più ottimi-
smo.
Oggi il reddito è tornato ai li-
velli di del lontano, lontanissimo
2011. Lo dice l’ultimo studio del-
la Cgia di Mestre. Rispetto ai bei
tempi, però, la crisi ha fatto scen-
dere i risparmi del 26,4% a fron-
te di un aumento della spesa per
i consumi finali (al lordo dell’in-
flazione) del +4%. La fotografia
scattata dall’Ufficio Cgia non la-
scia alcun dubbio: «Le famiglie
italiane sono alle corde, spendono
sempre meno, cosicchè la situa-
zione economica dei piccoli com-
mercianti e degli artigiani si fa
sempre più difficile».
Ecco come si è arrivati (par-
don, ritornati) a questa situazio-
ne: «Gli effetti della crisi - spie-
gano gli artigiani mestrini - sono
stati pesantissimi». Tra il 2008 ed
il 2011 la spesa delle famiglie ita-
liane è aumentata di ben quattro
punti percentuali, attestandosi sui
962,6 miliardi di euro, contro i
737,9 miliardi del 2001. Per con-
tro, i risparmi hanno subito una
caduta verticale, scendendo a
quota 93,5 miliardi di euro, a
fronte dei 111,9 miliardi di un de-
cennio fa. Il reddito disponibile è
rimasto pressocché uguale: un
briciolo meglio, con uno +0,3%.
Non si può dire altrettanto del-
l’andamento del potere d’acqui-
sto, sceso del 3,7% negli ultimi
quattro anni, e di circa 5 miliardi
L
di euro rispetto al 2001. Male an-
che l’andamento dell’inflazione,
che, sempre tra il 2008 ed il
2011, ha fatto segnare un +5,2%.
Peggio ancora se si considera il
decennio 2001/2011: i punti per-
centuali in più, in questo caso, di-
ventano oltre 24.
«È indubbio – commenta Giu-
seppe Bortolussi, segretario della
Cgia di Mestre – che questi dati
medi non ci consentono di indi-
viduare con precisione le tipologie
familiari più colpite da questa
grave situazione economica».
Ciononostante qualche ipotesi
credibile si può fare: a subire
maggiormente i contraccolpi della
crisi, secondo Bortolussi, sono
state le famiglie numerose con mi-
nori a carico, quelle monoreddito
«e quelle che purtroppo hanno
subito la perdita del posto di la-
voro di almeno un componente».
Ma la crisi per le famiglie si-
gnifica inevitabilmente un altro
problema per il tessuto produtti-
vo nazionale: «Se le famiglie con-
tinueranno a spendere con il con-
tagocce - vaticina il segretario
Cgia - perartigiani e lavoratori
autonomi l’uscita dalla crisi è de-
stinata ad allontanarsi».
LUCA PAUTASSO
di
DIMITRI BUFFA
l tempo si dimostra galantuomo
con tutti. Persino con i Radicali
e con Marco Pannella, che in Italia
un ostracismo in malafede ha ten-
tato di tenere sempre ai margini del-
la politica pur di favorire il prospe-
rare della partitocrazia della spesa
pubblica. Proprio in questi giorni il
dibattito sulla
spending review
sco-
pre l’importanza di concetti come
la
golden share
, ora che si deve ven-
dere, speriamo non svendere, il pa-
trimonio pubblico per tagliare il de-
bito che è al 124% del pil. Ma si
parla anche di cambiare le leggi per
la trasparenza dei bilanci dei partiti
e dei sindacati, si parla di legge elet-
torale, di responsabilità civile del
giudice, di obbligatorietà dell’azione
penale, di riforma del Csm, di Inail,
di sostituto d’imposta, della demo-
crazia di corpi come la Guardia di
Finanza e della loro possibile smi-
litarizzazione, di abolizione di ordini
professionali come quello dei gior-
nalisti. Insomma l’agenda Monti,
specie come sarebbe dovuta essere
al momento del varo del governo
tecnico, non ha potuto non attin-
gere alle tematiche referendarie del
1999 dei Radicali. Le stesse che Ber-
lusconi cassò senza appello come
“comuniste” invitando la gente ad
andare al mare in quel giugno del
2000 e promettendo che a quegli
argomenti ci avrebbe pensato lui
dopo la vittoria elettorale del marzo
2001. Tutti sanno come è andata a
finire e fà persino rabbia che i Ra-
dicali per promuovere la raccolta
di firme di quei referendum, che an-
cora oggi propongono temi ancora
tutti sul tappeto, abbiano dovuto
svendersi le frequenze di
Radio ra-
dicale
due a quelli del
Sole24ore
che
poi ci fecero
Radio 24
e sperperarsi
buona parte del patrimonio mobi-
liare e immobiliare che all’epoca
I
possedevano. E questo perché, co-
me è noto, quel partito non usa fi-
nanziarsi come tutti gli altri, con
contorni di casi Lusi e Belsito.
Detto questo, io ancora ricordo
i corifei dell’informazione di regime
prendere letteralmente “per i fon-
delli” Pannella quando si presenta-
va, una volta l’anno per tre minuti,
in qualche spazio televisivo a difen-
dere l’importanza dei referendum
in questione. “Ma cosa volete che
importi alla gente dell’abolizione
dell’ordine dei giornalisti?” È la po-
litica che deve pensare a queste co-
se.
E poi: la carcerazione preventi-
va? La responsabilità civile del giu-
dice? L’abolizione del sostituto
d’imposta? “Ma insomma siamo
seri, non si può chiamare la gente
a occuparsi di queste cose”.
Bene, il tempo è stato galantuo-
mo con Pannella e i promotori dei
referendum, perché oggi su quegli
stessi giornali non si parla di altro.
In compenso il paese è precipitato
in una criusi istituzionale ed econo-
mico che non ha precedenti, espor-
tando per di più in tutta l’Europa
il proprio virus fatto di qualunqui-
smo e opportunismo politico. Na-
turalmente i Radicali che sono per
definizione pragmatici ed empirici
nel proprio sistema di valori, dal-
l’anti proibizionismo sulle droghe
alla disperata richiesta di più libe-
rismo su tutto, oggi non si conso-
lano con l’avere avuto ragione dieci
anni fa. È tipico degli irresponsabili
il bearsi delle proprie ragioni guar-
dando dall’alto un mare di macerie
economiche e politiche. No, i Ra-
dicali ancora oggi chiedono udienza
all’informazione, specie quella pub-
blica radio televisiva, perché final-
mente qualche mentecatto si prenda
la responsabilità di disobbedire ai
desiderata della partitocrazia e pro-
muovere nei programmi televisivi
di maggiore presa sul pubblico,
compresi i
talk show
trasformati in
proprietà privata dei vari “anchor
man de noantri” alla Floris e alla
Santoro, quei temi, in primis la ri-
forma della giustizia e l’amnistia
per la repubblica, che rimangono
negletti nell’immaginario collettivo
a causa delal totale disonestà intel-
lettuale di gran parte della casta
giornalistica italiana. Che grida al
bavaglio quando qualcuno minac-
cia di mettere fine a certi mezzucci
di aumento vendita copie come la
pubblicazione di intercettazioni te-
lefoniche contenenti pettegolezzi tra
potenti. Ma che non dice un “be-
neamato” quando la vera libertà di
informazione viene conculcata da
quei potentati che poi in definitiva
sono gli stessi che hanno garantito
loro il posto di lavoro in tutti questi
decenni. Il caso del
Corriere della
sera
, esempio lampante, per ora
“docet”.
II
POLITICA
II
K
Marco PANNELLA
Scende il potere
d’acquisto (-0,5%),
salgono le spese
(+30,4%). Pessimo
l’andamento
dell’inflazione:
tra il 2001 e il 2011
è salita del 24%
segue dalla prima
I 40mila del Fatto
(...) L’area giustizialista, in sostanza, non è
la vecchia Rifondazione Comunista di Fausto
Bertinotti. Perché un Di Pietro estromesso
dal Parlamento può fare ugualmente il ca-
po-popolo. Padellaro, Travaglio, Santoro e
Saviano non hanno alcun bisogno di sedere
a Montecitorio o a Palazzo Madama per da-
re fuoco alle loro polveri. A differenza degli
ultra-comunisti del passato, infatti, i giusti-
zialisti giocano la loro partita nel tessuto so-
cietario del paese. Sempre e comunque di
concerto, di sponda o di riflesso delle inizia-
tive di quella parte della magistratura (il caso
Ingroia insegna) che non processa la politica
per punirla di qualche nefandezza, vera o
presunta che sia, ma solo ed esclusivamente
per sottometterla.
Non sarà una legge elettorale adattata alle
proprie esigenze politiciste a sciogliere un
blocco giustizialista che è la vera opposizione
antisistema esistente nel paese. L’unica solu-
zione, come forse incomincia a capire Gior-
gio Napolitano, è una riforma della giustizia
che riporti l’equilibrio nella tripartizione dei
poteri nello stato di diritto.
Quella riforma che la sinistra non ha mai
avuto il coraggio di fare.
ARTURO DIACONALE
Un film“sospetto”
(...) dalla Polizia sulla morte di Pinelli era
assolutamente credibile: la morte di Pinelli
non era stata accidentale. Ci pensò poi la
pubblicistica progressista, i giornali di sini-
stra, Camilla Cederna, la firma degli otto-
cento e passa intellettuali contro Calabresi,
come raccontò Michele Brambilla nel fon-
damentale libro
Eskimo in redazione
, a crea-
re un clima infame che porterà al suo assas-
sinio.
Il film di Petri non identifica il suo capo
della Mobile con il commissario della Que-
stura milanese, che anni dopo la sua morte
fu liberato dal sostituto Gerardo D’Ambrosio
da ogni sospetto su Pinelli, la cui morte fu
ufficialmente causata da «un malore attivo».
Ma è del tutto evidente che nell’immagine
volutamente grottesca fattane da Volontè c’è
un richiamo all’attualità e, soprattutto, un
esplicito invito a paragonare quel simbolo
di un potere dello stato tanto repressivo (con-
tro i giovani contestatori) quanto arrogante
e impunito nelle sue pulsioni criminali, al
commissario Calabresi, contro il quale mon-
tò, in pochissimo tempo, una campagna di
demonizzazione e di odio che lo accomuna-
va,proprio in quanto simbolo della Polizia,
allo stato stesso.
Ciò che racconta, e non tanto in traspa-
renza, l’opera di Elio Petri che è stata, tra
l’altro, premiata con l’Oscar per il miglior
film straniero, è qualcosa che travalica il suo
valore estetico, le sue formali qualità, le sue
ascendenze borgesiane in cui la costruzione
filmica richiama echi realistici e impressio-
nistici.
Sono, anzi, queste indubbie qualità che
rendono il film ambiguamente accusatorio,
sottilmente propagandistico e implacabil-
mente “contro”.
Non può considerarsi un manifesto po-
litico. È qualcosa di più e di diverso, col suo
potente veleno immaginifico immesso nelle
vene di intere generazioni i cui cattivi maestri,
giovani, meno giovani, anziani, radical chic,
ricchi e potenti, avevano fatto propria la teo-
ria squisitamente marxista-leninista di “Lotta
Continua” in base alla quale: «Quando essi
(quelli di Lc) dicono: se è vero che i padroni
sono dei ladri, è giusto andarsi a riprendere
ciò che hanno rubato, lo diciamo con loro.
Quando essi si impegnano a combattere ogni
giorno con le armi in pugno contro lo stato
fino alla liberazione dai padroni e dello sfrut-
tamento, ci impegniamo con loro».
Così (s)par(l)avano ottocento e passa in-
tellettuali.
PAOLO PILLITTERI
I Radicali e quei referendum
che oggi tutti appoggerebbero
Famiglie: i risparmi
crollano del 26%
CHIUSO IN REDAZIONE CENTRALE ALLE ORE 19,15
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SABATO 11 AGOSTO 2012
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