Pagina 5 - Opinione del 11-9-2012

lcuni sostengono che l’efficacia di uno
slogan si misuri dalla probabilità che
ha di finire attaccato sui paraurti delle mac-
chine. Nel 2008 negli Stati Uniti le scritte
Hope” e “Change” frequentavano il po-
steriore delle auto del contribuente medio
quasi quanto le targhe e i tubi di scappa-
mento. Il messaggio della campagna oba-
miana era semplice, immediato e la retorica
del candidato democratico alla Casa Bianca
faceva il resto. Quattro anni dopo molte co-
se sono cambiate: nella convention demo-
cratica di Charlotte la parola d’ordine era
Forward”, cioè andare “Avanti”, ma avanti
per fare cosa, e soprattutto per andare dove,
è meno chiaro.
Obama la settimana
scorsa è andato in North
Carolina a dire agli ame-
ricani che ci vorrà ancora
tempo per rimettere la
baracca in sesto, che in
sintesi vuol dire che se gli
daranno altri quattro an-
ni ci sono speranze che
nel suo secondo mandato
l’amministrazione demo-
cratica inizi a curare quel-
le ferite che a quest’ora
dovevano già essere cica-
trizzate. «
If I don’t have
this done in three years, then there’s going
to be a one term proposition
»,
aveva detto
il presidente pochi giorni dopo aver preso
residenza in Pennsylvania Avenue. Con il
mercato del lavoro piatto, la disoccupazione
che non scende sotto l’8% da quattro anni,
un debito fuori controllo è chiaro che il la-
A
voro è ancora tutto da fare. L’avversario più
pericoloso per Obama oggi appare essere lo
stesso Obama, ancora più dell’accoppiata
Romney-Ryan. Quattro anni fa c’era un pro-
getto, oggi è rimasto un generico invito ad
andare avanti senza certezze e con nemmeno
troppe speranze su cosa ci sia al termine del
cammino. Verrebbe voglia di dire che il Pre-
sidente si muove sulle orme di Jimmy Carter.
Con la bella differenza che Carter non aveva
un Bill Clinton a risolvergli la convention e
soprattutto aveva Ronald Reagan dall’altro
lato della barricata. Ma se “Forward” non
è esattamente un messaggio che mobilita
le masse, l’altro giorno dalla Casa Bianca
ne è venuto fuori (invo-
lontariamente) uno an-
che peggiore. Obama,
commentando gli ag-
giornamenti di agosto
sulla disoccupazione, ha
affermato che si tratta
comunque di un segno
di progresso, ma non ha
potuto sottrarsi dall’am-
mettere che «
We know
it’s not good enough
».
Se fossi nei panni del co-
mitato elettorale di
Romney non mi farei
scappare l’occasione di
prendere al volo la citazione e fare di “
Not
Good Enough
uno dei tormentoni del-
l’offensiva cartellonistica e non solo che
invaderà le città e le tv degli Usa nei pros-
simi 60 giorni. Sui paraurti d’America fa-
rebbe un figurone.
awhiteavenue.blogspot.it
er un Monti-bis post elettorale non c’è
nè ci deve essere prospettiva. La foglia di
fico del carattere tecnico di questo esecutivo
non poteva reggere alla prova della campa-
gna elettorale incipiente, e infatti è caduta. Il
premier si è fatto subito neghittoso rispetto
ad ogni ipotesi di reincarico “tecnico”, de-
nunciando la natura politica, politicissima,
della sua esperienza di governo e di quella
che dovrà necessariamente succedervi. La fi-
gura del presidente del Consiglio è diventata
poi talmente ingombrante per i partiti che
questi ormai sempre più spesso vi si riferi-
scono attraverso una figura retorica, una sor-
ta di metonimia inversa, in cui si indica l’ope-
ra per non doversi
confrontare col suo auto-
re. E’ un espediente che
però non fungerà se
l’obiettivo è eludere il no-
do politico sottostante, e
cioè come raccogliere un
mandato elettorale pieno
intorno al percorso di ri-
forme iniziato dal profes-
sore. Lo si può fare arruo-
landolo direttamente nella
contesa elettorale, oppure
evocandolo per il tramite
della sua “agenda”, ma
resta il fatto che sia l’uno
che l’altra non potranno avere i connotati di
un’ipotesi residuale da azionare quando tutte
le alternative dovessero rivelarsi impraticabili.
Ciò vale per il centro sinistra, che non può
pensare di promuovere referendum contro-
riformatori salvo poi doversi riallineare in
fretta ai diktat della realtà, ma anche per
P
quell’area di centro oggi guidata da Pierfer-
dinando Casini, che a Monti e alla sua agen-
da “deve” un tentativo maggioritario più che
una listarella di interdizione che tenti di riac-
ciuffare i due poli alla deriva a urne chiuse.
Se l’ambizione sarà quella di essere “cen-
trali” più che “centristi”, allora c’è qualche
speranza in più di distribuire le forze poli-
tiche del paese intorno a un baricentro ef-
ficiente. In questo gioco la legge elettorale
avrà un ruolo importante ma non esaustivo,
perchè al netto degli incentivi e disincentivi
tecnici che conterrà, in definitiva conteran-
no la selezione del programma di governo
e la reputazione di forza politica di chi si
candiderà a realizzarlo.
Fare i “montiani” senza
puntare al 40% di italia-
ni contenti del governo
Monti non avrebbe
granchè senso e sarebbe
un’occasione sprecata.
La sintesi del week end
politico appena concluso
recita che l’Udc “evolu-
ta” non basterebbe, pro-
babilmente, neppure a se
stessa, che il PD comin-
cia a prendere coscienza
del guaio in cui si è cac-
ciato alleandosi a Vendo-
la e che il PDL semplicemente “non datur“,
seguendo un contrappasso che dovrebbe
far riflettere tutti gli altri: chi fa finta, che
tali sono stati i 4 anni di non governo Ber-
lusconi, la paga. Sempre.
LUCIO SCUDIERO
La politica non tema
l’eredità dei professori
Monti è diventato
una sorta di figura
retorica per i partiti.
Si tratta di un espediente
che non funzionerà
se l’obiettivo è eludere
il nodo politico
che ne è alla base
Questa volta gli slogan
punirannoObama
Il peggior nemico
del presidente
è se stesso. Quattro anni
fa rappresentava
il cambiamento. Oggi
parla agli americani
e ammette di non aver
fatto abbastanza
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 11 SETTEMBRE 2012
5