Page 6 - Opinione del 14-9-2012

II
ESTERI
II
I frutti della Primavera araba
e degli aiuti degli Stati Uniti
di
STEFANO MAGNI
rmai è globale: la rivolta isla-
mica contro gli Stati Uniti sta
dilagando in tutti i Paesi musul-
mani. Proprio a partire da quelli
emersi dalla Primavera Araba. Il
tutto per un video amatoriale
(
quasi del tutto sconosciuto fino
all’altro ieri) considerato “blasfe-
mo”. Dopo gli assalti alle sedi di-
plomatiche Usa al Cairo e a Ben-
gasi e l’uccisione dell’ambasciatore
americano in Libia, le violenze so-
no addirittura aumentate: Yemen,
Marocco, Tunisia, Iran, Bangla-
desh, Iraq e Sudan sono in som-
mossa. Ovunque vengono assal-
tate le sedi diplomatiche e bruciate
le bandiere a stelle e strisce. A Sa-
naa (capitale dello Yemen), una
folla aizzata dai radicali islamici
ha attaccato l’ambasciata. La po-
lizia ha sparato in aria, ma non
ha impedito alla massa degli as-
salitori di arrivare sin dentro sede
diplomatica, dove alcune auto del
personale sono state date alle
fiamme. Anche a Sanaa (come al
Cairo l’11 settembre), la bandiera
americana è stata ammainata e so-
stituita con il vessillo nero della
Jihad. Solo successivamente la po-
lizia è riuscita a disperdere la folla.
Lo Yemen si è recentemente libe-
rato del suo dittatore, Alì Abdul-
lah Saleh, grazie all’intervento po-
litico americano. Al Cairo, lungi
O
dall’essersi placata, la rivolta è
scoppiata di nuovo, anche ieri. La
polizia ha reagito e il bilancio è di
16
dimostranti e 2 poliziotti feriti.
L’Egitto si è liberato del suo dit-
tatore, Hosni Mubarak, grazie al-
l’intervento politico americano. Il
nuovo presidente, Mohammed
Morsi, che sta trattando con gli
Usa per un prestito da 1 miliardo
di dollari, più che condannare le
violenze, ha stigmatizzato un vi-
deo “blasfemo” apparso su You-
Tube, preso a pretesto per l’onda-
ta di odio anti-Usa. Il primo
ministro, Hisham Kandil, ha lan-
ciato una minaccia velata agli Sta-
ti Uniti, “chiedendo” al governo
di Washington di condannare il
video “blasfemo”. In Iraq, sia a
Baghdad che a Bassora, i radicali
islamici sono scesi in massa in
piazza. Una milizia sciita ha av-
vertito che il video “blasfemo”
metterà a rischio gli interessi ame-
ricani: è un palese annuncio per
prossimi attentati. L’Iraq si è libe-
rato del suo dittatore, Saddam
Hussein, grazie all’intervento mi-
litare anglo-americano nel 2003,
ben prima della Primavera Araba.
In Tunisia, sommosse anti-ameri-
cane hanno portato a scontri con
la polizia a Tunisi, El Aounia e
Cartagine. La Tunisia si è liberata
del suo dittatore, Ben Alì, col be-
neplacito degli Stati Uniti. Altre
violenze sono scoppiate in Maroc-
co (Paese “moderato e alleato de-
gli Usa) e stanno montando in Af-
ghanistan (liberato dal regime
talebano nel 2001, grazie all’in-
tervento militare degli Usa) e in
Pakistan (alleato degli Usa e be-
neficiario di generosi aiuti militari
americani)
Di fronte a questo improvviso
incendio islamico autunnale, l’am-
ministrazione Obama ha inviato
due navi da guerra e una squadra
speciale di marine in Libia (ad
ambasciatore già morto). Un team
di esperti sta investigando su chi
possa aver organizzato l’assalto
al consolato di Bengasi. Per pre-
cauzione, l’ambasciata americana
a Berlino, nel cuore dell’Europa,
è stata evacuata per un allarme
bomba. La Clinton ha condanna-
to il video “blasfemo”.
Vittoria dei liberali nelle elezioni olandesi
K
Le elezioni in Olanda sono state vinte, di misura, dal Par-
tito Liberale (Vvd) di Mark Rutte, premier uscente. Per il prossimo
esecutivo, si prevede una “grande coalizione” con i laburisti
Il film“blasfemo”
non è israeliano
In tutti paesi musulmani
liberati o aiutati
dagli Usa, scoppiano
violenze contro le sedi
diplomatiche
statunitensi. Il pretesto
è sempre il film
giudicato“blasfemo”
Undisastrodi BarackObama,
ma imediaaccusanoRomney
é il regista né il produttore
del film“Innocence of Islam”
hanno la cittadinanza israeliana.
Con buona pace della disinforma-
zione che anche ieri la maggior
parte dei media italiani ed inter-
nazionali dava senza neanche de-
gnarsi di verificare le fonti.
Ancora una volta dobbiamo di-
re grazie al blogger Emanuel Baroz
e al suo sito, anche su Facebook,
Focus on Israel”, per avere con-
tribuito a smantellare l’ennesima
bufala antisemita e anti-israeliana
(
che poi è la stessa cosa).
A confermare il fatto di cui so-
pra, a diversi organi di stampa
israeliani, è stato un alto funzio-
nario del consolato israeliano a
Los Angeles.
Non ci risulta che esista in
Israele alcun Sam Bacile e non ri-
sulta nemmeno essere conosciuto
da qualcuno della comunità ebrai-
ca in America”. Queste le parole
lapidarie del funzionario israeliano.
Pare infatti che si tratti uno pseu-
donimo. Sembra che il consolato
israeliano di Los Angeles, pressato
dalle richieste, abbia fatto anche
una veloce indagine tra i produt-
tori di Los Angeles e nessuno co-
nosce, nemmeno di nome, questo
Sam Bacile.
Secondo Morris Sadek, cristia-
no copto di origine egiziana resi-
dente negli Usa, che ha promosso
il film sul suo blog, Sam Bacile sa-
N
rebbe americano e nemmeno
ebreo. «L’obbiettivo del film – ha
detto Sadek – è quello di denun-
ciare la discriminazione contro i
cristiani in Egitto. Non so come
sia uscito il legame tra Sam Bacile
e Israele». Basta andare a vedere
la spiegazione che ne da un video
di RaiNews24 (di Iman Sabbah)
per vedere il palese tentativo di ac-
costare Israele e l’ebraismo a que-
sto cortometraggio. La giornalista
dà informazioni su Sam Bacile af-
fermando, con certezza, che ha il
doppio passaporto e che «ha pro-
dotto quel video per aiutare la sua
patria, Israele». Poi si sofferma sul-
la religione copta del produttore.
Oramai, infatti, c’è una sorta di
blasfemia percepita”, che supera
quella effettiva, che viene infusa
nelle piazze aizzate dagli imam
fondamentalisti. Per non parlare
del fatto che, anche se di satira su
Maometto si trattasse, non si vede
perché la reazione debba essere co-
sì omicida. Con lo stesso metro di
giudizio, cosa avrebbero dovuto
fare i cristiani quando i “Monty
Python” fecero quel divertentissi-
mo e indimenticabile film, “Brian
di Nazareth”, in cui tutta la vita
di Gesù e i vangeli venivano ridi-
colizzati? Solo gli islamici hanno
diritto di uccidere in nome del loro
Dio? Esistono religioni con sensi-
bilità e suscettibilità protette?
DIMITRI BUFFA
immy Carter perse le elezioni
del 1980 perché il personale del-
l’ambasciata in Iran fu sequestrato
per più di un anno dai pasdaran e
il presidente non riuscì a riportarli
a casa. La vicenda dell’ambasciata
di Teheran non fu l’unica causa
della vittoria di Ronald Reagan,
ma sicuramente fu una delle più
determinanti. Sotto l’amministra-
zione Obama è successo qualcosa
di ancora peggiore: un ambascia-
tore assassinato. In un Paese, la Li-
bia, liberato da Gheddafi anche
grazie all’aiuto militare americano,
a spese dei contribuenti americani.
Un episodio simile, a meno di due
mesi dalle elezioni, stroncherebbe
qualsiasi presidente. Ma forse non
Barack Obama. Perché i grandi
media nazionali, a partire dai quo-
tidiani New York Times e Washin-
gton Post, stanno concentrando il
fuoco delle loro critiche… su Mitt
Romney. Perché osa criticare l’am-
ministrazione. In effetti, la Casa
Bianca si è mossa con estremo ri-
tardo nel condannare il duplice as-
salto alle sedi diplomatiche del
Cairo e di Bengasi. Una protesta
presidenziale ufficiale è giunta solo
dopo l’assassinio dell’ambasciatore
in Libia. E ancora ieri pomeriggio
la reazione statunitense ai dram-
matici eventi appariva poco chia-
ra. Subito dopo l’assalto all’am-
basciata del Cairo, l’unica
dichiarazione ufficiale statunitense
J
consisteva in un comunicato del-
l’ambasciata stessa, in cui veniva
condannato unilateralmente il vi-
deo “blasfemo” (diffuso solo su
Internet) che avrebbe fornito il
pretesto dell’assalto. Romney ha
attaccato questo atteggiamento in-
deciso e auto-accusatorio. E su
questa base i due grandi quotidia-
ni (seguiti a ruota da altri media
di orientamento
liberal
)
attaccano
Romney. Perché il parere dell’am-
basciata al Cairo, nell’occhio del
ciclone, non coincide con quello
di Obama. Non si spiega, a questo
punto, come mai vi sia un disac-
cordo così profondo fra l’ammi-
nistrazione democratica e i suoi
rappresentanti all’estero. Tra le al-
tre cose, anche la prima dichiara-
zione di Hillary Clinton (titolare
della politica estera), inizia con
una critica al video e prosegue (so-
lo nel suo secondo periodo) con
una condanna all’assalto islamista
alle sedi diplomatiche. Anche que-
sto è un segno di debolezza della
politica estera di Obama. No? No,
secondo New York Times e Wa-
shington Post, le critiche di Rom-
ney sono inopportune, infondate
o pienamente in mala fede. Dun-
que, ciò che ha fatto notizia, nella
giornata del 13 settembre, non è
stato il fallimento plateale della
politica estera di Obama, bensì la
gaffe” del suo sfidante repubbli-
cano. Ancor più sbalorditiva (an-
che se più comprensibile) è stata
la reazione dello staff di Barack
Obama, che accusa Romney di
politicizzare” un evento dram-
matico. Ma l’evento in questione
è o non è frutto di una
politica
estera fallimentare? Come si può
razionalmente accusare qualcuno
di “politicizzare” un evento
poli-
tico
?
A quanto pare, però, nessuno
nota il paradosso: i giornalisti so-
no troppo impegnati a sfottere
Romney per la sua presunta gaffe.
Sto con il mio Paese, sia che ab-
bia torto, sia che abbia ragione”
era il motto dei nazionalisti. “Sto
con Barack Obama, sia che abbia
torto, sia che abbia ragione” è la
risposta dei media “mainstream”
americani contemporanei, sempre
più palesemente faziosi.
(
ste. ma.)
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 14 SETTEMBRE 2012
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