Page 2 - Opinione del 14-10-2012

roviamo a credere che le ele-
zioni primarie siano davvero
uno strumento di democrazia co-
me dicono i sostenitori di questo
tipo di consultazione
sui generis
.
Però, dando un’occhiata alle
cronache, ci si consentirà di nu-
trire qualche perplessità. A par-
tire dall’apertura di Pierluigi Ber-
sani che ha reso noto che
«
l’unica regola che si cambia è
anche la più importante, ossia la
modifica dello statuto per con-
sentire ad altri candidati di par-
tecipare alla corsa per la pre-
miership. Ed è questa la vera
apertura». Sarà pure importante
ma l’alternativa quale sarebbe
stata, quella del candidato unico
di partito? Sarebbe questo il “ca-
polavoro di democrazia”? E poi
vogliamo parlare di quando le
modifiche hanno riguardato la
durata del mandato parlamenta-
re di qualche esponente di spicco
di quel partito?
La realtà è che da un po’ di
tempo c’è chi si ostina a masche-
rare le candidature già decise
nelle varie stanze dei bottoni,
spacciandole per scelte democra-
tiche effettuate tramite le prima-
rie ‘dei cittadini’. Invece la sen-
sazione (che non è soltanto tale)
è che gli schieramenti stiano
usando lo “strumento primarie”
P
per illudere i cittadini/elettori che
siano loro stessi a scegliere il
candidato migliore (o, quanto
meno, il più presentabile).
Non ha torto chi pone il dub-
bio, a nostro giudizio, più impor-
tante: le primarie servono ad
eleggere i candidati o i program-
mi? E quando si candidano set-
te/otto esponenti, vuol dire che
lo schieramento ha altrettanti
programmi? Oppure (non sia
mai!) si preferisce prima scegliere
il candidato e poi elaborare il
programma? E la scelta, in que-
sto caso, in base a cosa avviene?
Al colore della pelle o a quello
dell’autovettura dell’aspirante?
Non su quel programma che in-
tende portare avanti se eletto?
C’è più di qualcosa che non
torna nello strumento delle pri-
marie o, quanto meno, nell’uti-
lizzo che se ne fa dalle nostre
parti. Tanto è che in queste ore
anche dalle parti del Pd (laddove
lo “strumento-primarie” è stato
praticamente ‘inventato’, almeno
per quello che riguarda l’Italia)
si ammette che le consultazioni
che si sono fatte sinora (e che
hanno portato, ad esempio, alla
scelta di Romano Prodi e Bersa-
ni) proprio autentiche non sono
state.
GIANLUCA PERRICONE
di
MAURIZIO BONANNI
asta euro? Per ora, si tratta di
un timido sfogo/minaccia, sia
da parte di Silvio Berlusconi che
della Lega Nord, di fatto ancora
alleati sul rifiuto di un’Europa del-
le...“Piccole Patrie”. Ma, Roberto
Maroni deve dire quello che vuole
veramente, rispondendo a questa
semplice domanda: il Nord, ci
guadagna o perde abbandonando
l’euro? E, poiché la politica (e le
monete) hanno il terrore del “vuo-
to”, con che cosa e come si opera
la transizione dall’euro al suo suc-
cedaneo nazionale, o di più stati?
E, ancora, quanto ci costerà que-
sto continuo rinvio del sacrosanto
default della Grecia, testardamente
rimandato, finché sarà troppo tar-
di per tutti e le rivoluzioni anti-
euro avranno imboccato la strada
delle sommosse di piazza? Oggi,
la politica deve stare molto bene
attenta alle parole e agli impegni
che i partiti pronunceranno in
campagna elettorale, ormai avvia-
ta da tempo. Rimangiarsi i sacrifici
di Mario Monti, secondo le lobby
economico-finanziarie che gover-
nano il mondo, significa andare
mestamente incontro allo stesso
destino della Grecia. Tuttavia, se
a questo non si crede e si hanno
ottime ragione per confutarlo, al-
lora l’attuale propaganda politica
deve parlare molto chiaro, una
volta per tutte.
Il premio Nobel ed editorialista
del
New York Times
,
Paul Krug-
man, continua a dire che la cura
di Angela Merkel & Co ucciderà
il cavallo, perché l’economia del-
l’Europa dei mercati e dei mercan-
ti è già entrata nella spirale “meno
crescita + tasse”. Ovvero: i tagli
alla spesa pubblica, combinati con
aumenti della tassazione e dell’Iva,
spingono verso il basso i consumi
B
e gli investimenti (a proposito: do-
ve sono andati a finire quei 500 e
passa miliardi di euro, gentilmente
concessi da Mario Draghi per il
salvataggio dei sistemi bancari na-
zionali in profondo rosso, senza
che aumentasse il credito alle im-
prese?), facendo scendere il Pil e,
con ciò, sforando i parametri di
Maastricht. Di conseguenza, ai go-
verni vengono a mancare le risorse
(
che solo una crescita economica
adeguata potrebbe garantire) per
pagare gli interessi sul debito e per
finanziare l’economia, attraverso
un’ulteriore emissione di titoli del
debito pubblico che, però, nessuno
acquisterà, se non a interessi ele-
vati, obbligando i responsabili a
manovre fiscali aggiuntive. Queste
ultime deprimeranno ancora di
più i consumi, inasprendo la spi-
rale debito/recessione, e così di se-
guito, senza fine.
Pertanto, chi dice (giustamente,
a mio avviso...) “No” all’euro, co-
me pensa di risollevare le sorti di
questo paese? Permettetemi, in
proposito, di stramaledire tutte le
trasmissioni (radiofoniche, televi-
sive, i blog, Facebook, etc.) di
grande ascolto, in cui politici, con-
duttori e pubblico litigano tra di
loro, si insultano, inciuciano sui
personaggi, noti e meno noti, e
sulle malefatte della politica locale
e nazionale. A forza di parlare di
pastette e imbrogli, grassazioni e
ladrocini di una classe politica cor-
rotta e inetta fino al midollo -salvo
poche, lodevoli eccezioni-, ci si di-
mentica di domandare, a chi pre-
tende di rappresentarci nel dopo-
Monti, un progetto, un
programma -ancorché minimo- di
salute pubblica”, per uscire dal
dramma della recessione e della
disoccupazione dilagante. Dove,
come e quando le giovani (e meno
giovani) generazioni avranno un
loro posto nel mondo della pro-
duzione e dei servizi, per rilanciare
il morale e la crescita economica
di questo paese? E, ancora: se l’eu-
ro è il nostro “Boia”, che aspettia-
mo ad arrenderci alla dittatura del
dollaro, cedendo allo strapotere
della Fed e di Wall Street, che fan-
no il bello e il cattivo tempo sui
mercati internazionali delle mate-
rie prime e degli scambi commer-
ciali? All’America basta stampare
moneta, per ridurci suoi “schiavi”,
finché durerà questo tipo di capi-
talismo senza anima e senza vo-
cazione alla storia.
Possiamo, allora, tentare di ri-
volgere il tutto a nostro favore in
un solo modo: abbandonare l’euro
e, simultaneamente, tutti insieme,
costruire un nuovo Sistema Mo-
netario Europeo ancorato sulle (ri-
nate) valute nazionale, con fasce
di oscillazione max prestabilite,
agganciandolo al valore del dol-
laro sui mercati internazionali. Se
la moneta Usa scende, noi svalu-
tiamo in proporzione. Se sale, ri-
valutiamo tutti insieme con lo stes-
so meccanismo. Questa, e non
altra, a mio avviso, è la vera posta
in gioco sulla quale aggregare il
consenso della nazione e dei nostri
partners europei. Il resto, sono
chiacchiere da bar.
II
POLITICA
II
segue dalla prima
Giornali in crisi
(...)
il contratto di solidarietà che prevede la
riduzione dell’orario di lavoro di tre giorni
al mese. Con riduzione delle retribuzioni.
All’
Ansa
dal febbraio scorso è in vigore l’ac-
cordo tra azienda e Fnsi in base al quale è
stato sottoscritto un nuovo stato di crisi che
ha determinato 31 prepensionamenti su un
organico di 345 giornalisti. È la seconda ope-
razione in due anni quando nel 2010 l’agen-
zia aveva chiesto ed ottenuto di alleggerire
l’organico di 60 giornalisti. Sempre da aprile
è in vigore al quotidiano
Libero
diretto da
Maurizio Belpietro un accordo di solidarietà
con riduzione del 24% dell’orario di lavoro
con esclusione delle figure di vertice. Pesante
la situazione al gruppo Poligrafici Editoriale
di Monti (
Quotidiano nazionale
,
Resto del
Carlino
,
Il Giorno
,
la Nazione
)
dove in mag-
gio è stata firmata l’intesa per 55 esuberi su
un organico complessivo di 376 giornalisti.
Sono scattati prepensionamenti volontari e
un contratto di solidarietà del 14% fino al
maggio 2014. Il quadro non è completo. Alla
Sardegna 1Tv
dell’editore Giorgio Gazzella
i giornalisti sono da 3 mesi senza stipendio
dopo aver concordato una riduzione e l’ap-
plicazione del contratto di solidarietà.
SERGIO MENICUCCI
Aiuto, la crisi
(...)
e giovani rampanti non sempre sufficien-
temente concreti, per non parlare dei terzi
incomodi che festeggiano la vittoria di Cha-
vez sperando di riportare indietro le lancette
della storia di un paio di secoli? Come si fa
a non scoraggiarsi di fronte ad una politica
che continua a non vedere oltre il proprio
naso, isterica tra le pastoie di una legge elet-
torale che non si sa se riuscirà mai a parto-
rire, e il fuggi fuggi generale di chi, in vista
delle elezioni, smania per lasciare incarichi
subalterni e puntare dritto al Parlamento? È
in questo quadro generale che il governo si
riunisce fino a notte tarda per varare una se-
rie di provvedimenti. Per la crescita, pensano
tutti. Sbagliato. Spiccano, tra le decisioni pre-
se, il taglio di un punto percentuale dell’Irpef
per i redditi fino a 28mila euro, l’aumento
dell’Iva e i tagli della nuova spending review:
600
mila euro nel settore sanità e l’operazione
cieli bui”. Quest’ultima, in particolare, sem-
bra un effettivo incentivo agli unici settori
che non soffrono la crisi: criminalità e psi-
coanalisi. Più oscurità per tutti. Anche la mi-
naccia di un ulteriore taglio alla sanità dà
da tremare. Essendo arcinoto che il buco nero
del settore è determinato dagli sprechi e dalla
malagestione, sarebbe forse opportuno con-
centrarsi sulla trasparenza della spesa e il
controllo della dirigenza, o altrimenti farsi
una passeggiata per i reparti e parlare con
qualche capoinfermiere. Per scoprire che ogni
singola benda viene protetta sottochiave per
evitare che finisca in un altro reparto in cui
mancano perché “rubate” da un altro reparto
ancora e così via. Le fasce come qualsiasi al-
tra cosa. Spariscono persino le fotografie,
quelle che testimoniano il percorso di guari-
gione, magari, di una ferita da decubito o da
diabete e che vengono usate a scopo didat-
tico. E l’Iva? Compensata dal taglio dell’Ir-
pef? Nemmeno per idea. Perché l’aumento
si cumula. Non solo all’aumento di un punto
percentuale già effettuato dal governo Monti
all’inizio del mandato, ma ai rincari deter-
minati in ogni singolo settore. Col risultato
che il prezzo del prodotto finale e’ fissato
dall’insieme degli aumenti della benzina,
dell’elettricità, del trasporto, delle materie
prime... Con tutto ciò che ne deriva in termini
di produttività, occupazione, reddito. Una
rovina. Ma, per tirarmi su, posso sempre ri-
cordare a me stessa che c’è la concreta pos-
sibilità che fra un paio di mesi l’Iran abbia
messo a punto la bomba atomica, e che tutti
questi problemi si trasformeranno, improv-
visamente, in chiacchiere da cortile.
VALENTINA MELIADO’
Si fa presto a dire No all’euro
Ma attenti alle conseguenze
Qualche dubbio
sulle primarie
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L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 14 OTTOBRE 2012
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