Direttore ARTURO DIACONALE
Venerdì 14 Dicembre 2012
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Monti tacema non acconsente...
Arriva a sorpresa al vertice del
Partito Popolare europeo. Non è atteso
Mario Monti. Arriva su invito del presi-
dente Martens ufficialmente per par-
lare d’Italia. Atterra a Bruxelles per
spiegare all’Europa la politica italiana e
le sue dimissioni. Afferma lasciando
l’incontro: «Ho ricordato qual era la si-
tuazione quando ho iniziato, le cose
fatte e le condizioni che hanno deter-
minato la mia decisione dopo le parole
di Alfano». È una presenza legittima,
ma che assume tutti i tratti di un vero e
proprio “scherzetto” a Silvio Berlu-
sconi. Monti non è iscritto al Ppe e
quasi nessuno è stato avvertito. Una
fonte rivela alle agenzie che «al suo in-
gresso nella sala c'è stato uno shock
totale, si è trattato un vero e proprio
coup de théâtre». Il Cavaliere approfitta
dell’occasione e, ad un solo giorno di
distanza dalle ultime dichiarazioni, ri-
pete di essere pronto a fare un passo
indietro qualora il premier italiano de-
cidesse di scendere in campo. Monti
non si sbilancia, non risponde. Per ora
tace, ma non acconsente.
Aspettando il Godot-Monti che forse non arriva
S
cende o non scende? Rimane o
non rimane ? Sale o non sale? Gli
interrogativi, ovviamente, riguar-
dano tutti Mario Monti. Scende in
campo nella campagna elettorale ac-
cogliendo la richiesta di Silvio Ber-
lusconi di guidare un fronte
moderato ancora tutto da definire
oppure accettando la proposta di
Casini e Fini di risolvere il loro pro-
blema personale e diventare il capo
del centrismo che non c'è? Oppure
rinuncia a qualsiasi discesa e si ritrae
come Cincinnato nel suo metaforico
campicello professorale in attesa di
essere richiamato a furor di media e
di poteri forti dopo un voto desti-
nato presumibilmente a decretare lo
stato di ingovernabilità del paese?
Rimane a Palazzo Chigi fino ad
oltre la data delle elezioni ben con-
sapevole che con ogni probabilità ,
sempre a causa di un esito non deci-
sivo della consultazione popolare,
dovrà restare al proprio posto a gui-
dare un governo di emergenza
ormai stabile se non addirittura de-
finitivo almeno per buona parte
della prossima legislatura? Sale o
non sale al Colle, non tanto per ras-
segnare le dimissioni da presidente
del Consiglio ed essere incaricato di
restare al proprio posto per il di-
sbrigo degli affari correnti in cam-
pagna elettorale, quanto per fare
una ricognizione delle stanze che
potrebbe occupare in primavera in
qualità di successore di Giorgio Na-
politano alla Presidenza della Re-
pubblica? Ognuno di questi
interrogativi ha un fondamento.
Nessuno, al momento, ha una rispo-
sta certa. E questa incertezza ha un
doppio effetto. Da un lato trasforma
MarioMonti nel convitato di pietra
della prossima campagna elettorale
e lo pone al centro di ogni discorso,
ipotesi, prospettiva o fantasia istitu-
zionale. Dall'altro dimostra in ma-
niera fin troppo brutale come nel
nostro paese la crisi non sia solo
economica ma anche politica e cul-
turale. Al punto da trasformare in
demiurgo salvatore della patria, in
novello Cincinnato console invitto o
in un italico e moderno generale De
Gaulle un personaggio che nell'anno
in cui è stato al governo del paese ha
dimostrato di saper poter parlare
benissimo l'inglese nei consessi in-
ternazionali edi capire altrettanto
bene le esigenze dei governi e dei po-
teri forti europei, ma di avere come
unica ricetta per uscire dalla crisi
quella dell'uso del torchio fiscale sui
ceti medio-bassi della società ita-
liana. La conclusione, dunque, è
sconsolante. Se al centro della scena
italiana come unica speranza di un
migliore futuro per il paese non c'è
una strategia ed una visione...
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di
ARTURO DIACONALE
Il vero problema
dell’Italia non è quello
di avere“un uomo
solo al comando”,
ma di non avere nessuno
che sappia o voglia
effettivamente
uscire dal gruppo
e prendere la guida
della carovana nazionale
Il Ppe sceglie Monti, maMonti sceglierà il Ppe?
L
e parole di Bersani, «disponibile
ad un dialogo con le forze del
centro europeiste e costituzionali»
in «qualsiasi condizione numerica»
dovesse ritrovarsi dopo il voto, cioè
che riesca o meno a conquistare la
maggioranza dei seggi in entrambe
le Camere, rivelano l'errore storico
che rischiano di commettere Monti
e i “montiani”di diversa estrazione
(
terzopolisti mancati, montezemo-
liani e pdiellini). L'invito al vertice
di ieri a Bruxelles è per Monti una
sorta di investitura da parte del
Ppe. Ma Monti, e tutti coloro che
auspicano un Ppe italiano “de-ber-
lusconizzato”, dovrebbero tenere
ben presente che in tutti i paesi eu-
ropei i popolari sono espressione di
un elettorato di centrodestra, non
solo di centro, e che nessuno di quei
partiti permetterebbe mai di essere
rappresentato non in alternativa
ma come stampella della contro-
parte socialista. E' ciò che invece ri-
schia di accadere in Italia, se solo
allo scopo di isolare, e liquidare
Berlusconi, Monti e i montiani non
avranno il coraggio di smarcarsi
dal tentativo di abbraccio del segre-
tario del Pd, che ha bisogno di un
contrappeso centrista per rendere
credibile agli occhi dell'Europa e
dei mercati la sua alleanza sbilan-
ciata a sinistra e che teme, invece,
che attorno a Monti leader si coa-
lizzi un nuovo centrodestra alterna-
tivo, e vincente, rispetto al suo
«
squadrone». Berlusconi o no, c'è
una parte del paese – difficilmente
quantificabile ma consistente, che
corrisponde in gran parte all'eletto-
rato del Pdl del 2008 – che si rico-
nosce in un'offerta politica di
centrodestra chiaramente alterna-
tiva alla sinistra. Conviene al paese
che insieme all'“acqua sporca”Ber-
lusconi, si getti via anche il “bam-
bino”, il bipolarismo, che
caratterizza i sistemi politici di tutti
i maggiori paesi europei, per altro
regalando comunque al Cav una
fetta di elettorato senza il quale
qualsiasi coalizione di centrosini-
di
FEDERICO PUNZI
Si fatica a scorgere
un progetto realmente
di centrodestra.
La fronda montiana
nel Pdl ha troppo
il sapore di un frettoloso
riposizionamento
di oligarchi. Per non
parlare dei centristi
(
nuovi e d’annata)
stra sarebbe egemonizzata dalla si-
nistra? Mentre nel centrosinistra, a
prescindere dal merito, oggi si con-
frontano due progetti politici diffe-
renti, quello progressista di Bersani
e quello “blairiano” di Renzi, il
dramma del centrodestra è che non
sembra essercene alcuno. Per Ber-
lusconi qualsiasi strada – ritirarsi fa-
vorendo la successione partecipata
delle primarie, o ricandidarsi –
avrebbe avuto un senso...
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