II
POLITICA
II
La ricetta migliore per un’Italia nazional-liberale
Arturo Diaconale, direttore de
l’Opinione delle Libertà, giovedì
alle 17 - al tempio di Adriano -
presenterà il suo libro “Per l’Italia.
Una idea nazionale. Una idea li-
berale”. All’appuntamento inter-
verranno Gianni Alemanno, Mario
Baccini, Guido Crosetto, Giorgio
Heller e Francesco Storace.
di
GIUSEPPE MELE
l termine Nazional-liberale evo-
cato da Arturo Diaconale, nel
suo ultimo libro, sembra opporsi
ad altre espressioni politiche. Per
esempio, Nazionalpopolare; oppu-
re Socialismo Nazionale. E anche
Nazional-socialismo, un termine
che fa risuonare paura al solo sen-
tirlo. Nazional-popolare, prima di
essere demonizzato come populi-
smo, a suo tempo venne ridicoliz-
zato come un subpensiero, espres-
so nelle domeniche pomeriggio tv
dei “Pippo Baudo”.
Socialismo Nazionale fu, per
un tempo brevissimo, intuizione
di Stefania che colse l’aspetto pa-
triottico del padre Craxi che non
a caso fu, nella sinistra moderata,
l’unico ad amare più il patriottico
Risorgimento che la Resistenza.
Quanto al Nazional-socialismo,
che fu la realtà storica della Russia
sovietica, ebbe i suo natali ideolo-
gici nel Nazional-statalismo del-
l’Italia fascista ed è la realtà di oggi
delle grandi economie dirigiste so-
prattutto della Cina comunista ma
anche dell’India e del Sudafrica.
È una grande ipocrisia avere
paura più delle parole che dei fatti.
La Nazione, invocata da Diacona-
le, è un fil rouge, il flusso ininter-
rotto della storia del popolo che
non ammette crasi, interruzioni,
stasi. Durante l’enfasi patriottica
prerisorgimentale si cercavano i
I
fondamenti dell’identità nazionale.
Avevano ragione a trovarli nei di-
versi regni longobardi, città stato,
signorie. La nazione c’era (come
in Germania) in un contesto sepa-
ratista.
Lo Stato, infine, arrivò come
costrizione storica indotta dal per-
corso degli altri popoli che nello
Stato avevano trovato una forza
moltiplicatrice delle proprie ener-
gie. Problema che oggi ha l’Europa
nel suo tentativo di farsi patria.
Ridotto a un unico territorio, na-
zione, stato, dalla globalizzazione,
il Vecchio continente, finora pun-
tellato agli Usa, ha fatto dell’euro-
peismo una ideologia, ha puntato
sulla governance autocratica caro-
lingia imperiale. Per esistere, l’Eu-
ropa deve faticosamente diventare
patria, espressione dei suoi terri-
tori, anche se nel mondo nessuno
ad Ovest, Est e Sud la vuole così.
Il fascismo si celebrava come
l’epopea del Risorgimento, sotto-
lineando come lo stile da camicia
dark mazziniana anticipasse i suoi
colori. Non aveva torto poiché,
all’origine dello schianto in cui finì
il Paese, c’era anche l’esplosione
delle tante esagerate speranze e del-
le missioni intelletualmente troppo
alate della Pandora risorgimentale,
la non misura di risorse e obiettivi.
Nondimeno pregi e difetti del fa-
scismo passarono nell’Italia anti-
fascista, come nel fascismo erano
state presenti le forze a esso ante-
cedenti. A fare la storia delle patrie,
delle nazioni e degli Stati, furono
quelli che oggi chiamiamo liberali
e che furono notabili e massoni.
Coloro che in nome di territori e
popoli, combatterono l’apolidismo
dell’unica grande famiglia astocra-
tica tutta imparentatasi in Europa
e l’universalità sia delle religioni
che degli imperi ideologici.
Un paese da costruire
attraverso basi solide
e seguendo la storia
guidata dalle direttrici
liberali e sociali.
Arturo Diaconale,
direttore
de l’Opinione,
traccia la via maestra
per convogliare
tutti i moderati
intenzionati
a costruire insieme
una fetta importante
che permetta
di fornire
gli strumenti
più adatti
per rinvigorire
la carcassa
di una penisola
in balìa degli eventi.
Arturo Diaconale
in questi anni
ha sempre mantenuto
uno sguardo attento
alla parte bonaria
del populismo
garantendo spazio
a tutte le voci
vicine al tricolore.
L’idea è quella
di una restaurazione
che allontani
in maniera definitiva
il neo rappresentato
da chi mira
a distruggere
senza avanzare
alternative sostanziali.
Il libro che presenterà
il direttore
de l’Opinione
è la testimonianza
di un liberale classico
capace di analizzare
il passo dei tempi
e parallelamente
di consegnare
all’occhio del lettore
una“ricetta”ricca
di contenuti
e interessanti proposte
Di quei liberali che privilegia-
rono equilibrio e senso di soprav-
vivenza dello stato ad ogni costo,
per il bene più prezioso della coe-
sione sociale e della reciproca sop-
portazione, a un certo punto quasi
non c’era più traccia. Nella deba-
cle del senso di Paese e nella ripre-
sa della perenne guerra civile ita-
lica, i liberali, per non passare da
reazionari, si diedero a rincorrere
i diritti, i nuovi diritti, diritti sem-
pre più particolari, sempre più
astrusi, sommamente artistocratici
senza avvedersi che ogni nuovo di-
ritto comportava l’abolizione di
mille altre libertà e che dava fiato
-
e risorse - a nuove polizie e bu-
rocrazie intente a vigilare sulla fol-
la di diritti teorici.
Tanti sono divenuti liberali
provenendo da fazioni avverse,
tanti altri da liberali si sono sparsi
in tutte le direzioni, soprattutto di
sinistra, alla ricerca di consenso
non trovato in casa propria. Per
testimoniare di essere liberali, i
professori, giunti al potere, hanno
cercato di emulare il periodo di
governo postunitario della Destra
Storica che in onore del rientro dei
debito pubblico, disamorò sostan-
zialmente un popolo dall’idea di
nazione, di per sé già poco popo-
lare.
Tra tutti questi liberali, neo,
post,-ari, -isti, Diaconale si è di-
stinto come fosse rimasto fermo,
un passo, due, cento indietro; ma
non è così. Se si rovescia il can-
nocchiale, ponendolo in maniera
corretta, ci si accorgerà che Dia-
conale è semplicemente un liberale
classico. Nazionaliberali erano i
fondatori del Paese. Tradotti nel-
l’oggi, i propugnatori della libertà
per i produttori, inizialmente dei
borghesi contro clero e aristocra-
zia, poi di tutti i produttori, inve-
stitori e lavoratori, e dei diversi ti-
pi di lavoratori, inseriti nel loro
contesto territoriale e nazionale.
Oggi la grande area del centro-
destra italiano viene definita rias-
suntivamente dei moderati, termi-
ne quanto mai infelice e poco
adatto. Non è certo il moderati-
smo che accomuna tante minoran-
ze, quali le cattoliche valoriali, le
andreottiste del senso comune mi-
schiato al religioso, le nazionaliste
del tutto o di alcune parti regio-
nali, le socialdemocratiche, le tec-
nologiche e stataliste. Ad avvici-
narle è il patriottismo, unico limite
alla tolleranza tra le diverse posi-
zioni, necessario per la coesione.
Diaconale è rimasto lontano
dagli isterismi liberali, dalle finte
sedizioni di vertice, dalle confu-
sioni dei termini, comprendendo
la natura e la bontà del populismo
italiano, accostandoglisi con umil-
tà, dando spazio a tutte le voci del
patriota, sia che lo fosse dei valori,
del tricolore, del Nord o del Sud,
vedendoci l’unico vero rivoluzio-
nario, il vero laico che si batte
contro la distruzione della società.
Il recupero di sovranità e patriot-
tismo evocati da Diaconale po-
trebbero portare, si spera,alla ri-
chiesta della restaurazione del
senso comune con l’abbattimento
anche di molti mostri sacri, come
la Costituzione legata a un mo-
mento storico preciso. La via, in-
dicata dal direttore de
l’Opinione
,
incoraggia l’area a non vergognar-
si di essere quello che è - nazional-
liberale, nazional-sociale, nazio-
nal-produttrice - a volere sì meno
Stato, ma solido; ed a vedere il la-
to peggiore dell’avversario, quello
dell’eversore desideroso di distrug-
gere, ieri come oggi, dal basso co-
me dall’alto, senza costruire, il
paese.
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 15 GENNAIO 2013
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