II
POLITICA
II
Loghi elettorali epartiti politici
L’importante è rimanere agalla
di
GIUSEPPE MELE
ualcuno tra i 200 depositari
di loghi elettorali ha dichiarato
che in fondo la presentazione delle
liste è un’arte. E lo è la capacità di
galleggiare per le tante formazioni
politiche della cui esistenza si viene
-
o si torna - a conoscenza solo in
occasione delle elezioni. È un’acca-
demia, sotto traccia, responsabile
della mancata diminuzione degli
eletti, delle camere doppioni e, a ca-
scata, del perdurare dei 7 miliardi
di costo della politica. Un’arte faci-
litata dal numero di mille dei par-
lamentari, ognuno dei quali pesa
45
mila voti di rappresentativà teo-
rica. Per effetto delle correzioni
maggioritarie, 45mila elettori effet-
tivi nel 2008 erano proprio rappre-
sentati da ogni deputato Pdl, 55mila
da ogni Pd o Idv mentre il deputato
Mpa (Movimento per l’autonomia,
ndr
)
era voce di 51mila, quello Udc
di 57mila e il valdostano di meno
di 30mila elettori. L’1% nei sondag-
gi ha molti significati per un partito,
o un piccolo gruppo di amici, che
vogliano provarci. Inserito in una
vasta coalizione, significa cinque de-
putati sicuri oppure niente, se iso-
lato. Può valere per 30mila come
300
mila voti, a seconda del conte-
sto locale. Nascosto, come gruppo
di candidati, in un altro partito, può
valere un gruppo parlamentare.
Moltissime formazioni oggi nelle
previsioni stanno all’1%, quando
non al mezzo punto. A sinistra, i
Verdi, il Centro Democratico di Ta-
bacci, dopo la cacciata dell’ultimo
esponente superstite dipietrista Do-
nadi, il Psi nenciniano. Al centro,
scomparso l’Api rutelliano, mai
comparsa l’Italia Futura monteze-
moliana, è eclatante l’1,6% del Fli
finiano. A destra la ridda dei piccoli
arriva al complessivo 3%, ciascuno
fluttuando a seconda dei momenti
tra lo 0,2% e il 2%: Liberi da Equi-
talia, Ldp di Maniaci, Mir di Samo-
rì, Pensionati di Fatuzzo, Rinasci-
mento di Artom, Basta tasse di
Garatti, Ip di Catone e Sgarbi e Fer-
miamo le banche, oltre al Pid siculo
di Romano e al Pri calabro di Nu-
cara. Nell’elenco c’è anche il 3L tre-
montiano, fuso ma visibile nelle liste
e nel simbolo leghisti. A medesimi
numeri cadono altri, più politica-
mente pregnanti, come Grande Sud-
Mpa o Fratelli d’Italia, in Lombar-
dia rinunciataria anche sul nome.
Vale la pena di esaminare le dolenti
note suonanti per Fini, Meloni e
Q
Crosetto, ma anche per Fare di
Giannino all’1,2% e, in discesa, i
riformisti della Craxi, il PLI ed i ra-
dicali. Il gioco dell’1%, gemello del
trasformismo, è molto godibile per
chi, non avendo nulla da dire, ci
prova, convinto di un possibile gua-
dagno. Il bipolarismo 2008 aveva
ridotto al minimo questo gioco, poi
l’incapacità di organizzarsi dei par-
titi e la lotta al massacro l’ha rigal-
vanizzato, prima nella diaspora di
gruppi parlamentari e ora di liste.
È invece un dramma l’1% di chi
identifica la vita con politica, l’im-
pegno, la proposta, la politica po-
liticata e la “politica politicans”.
Comunque vada, il randagismo di
Fini, dal nostalgismo Msi al neo-
angloconservatorismo, ha mostrato
un vuoto di idee, pari solo al “par-
tito dei carini”. La volontà di or-
ganizzare seriamente il centrode-
stra sopravviverà, malgrado lo stop
a Giannino, Crosetto, Meloni, Ste-
fania Craxi e a chi non è sceso in
campo come rottamatori e Tea
Party. Evidenti i rispettivi difetti di
snobismo, personalismo, compo-
nentismo, incapacità di organizzare
quadri, tessere legami con le parti
sociali e comporre giovanilmente
liberalismo e intervento pubblico.
Pure un Midas del centrodestra è
reso ineluttabile dall’età di Berlu-
sconi. Scelta di campo fissa, impe-
gno a lavorare dentro il conteni-
tore più grande, riconoscere e so-
stenere il grande popolo libero
populista, senza credere ai media
strumentali, sono necessari per
cambiare e soprattutto realizzare
in un paese in stallo.
Diverso è invece il discorso per
i radicali di Pannella, cui ogni liberal
si avvicina con reverenza, identifi-
candoli nelle battaglie per i diritti
civili. Non è una novità provare
simpatia e spirito di carità per i pan-
nelliani che da anni a ogni elezione
fanno una mortificante
via crucis
presso tutti i big, in cerca di ospi-
talità e garanzia di elezione per i
propri candidati. Due volte corsa-
ramente imposero il nome della Bo-
nino quale papabile al Quirinale e
al governo del Lazio. Storicamente
difensori degli ultimi della terra, car-
cerati, drogati, clochard, dovrebbero
trovare sufficienti numeri per rac-
cogliere un congruo risultato. Invece
no, sono ai minimi termini di iscritti
e voti. Lo spiegano per l’oscuramen-
to dei media. Eppure senza molte
apparizioni il partito dei giudici si
è attestato subito al 5%, né tutti
hanno nel partito giornalisti Rai.
Infinite e di tutti i tipi le occasioni
colte per fare notizia, ultime le ca-
duta del centrodestra laziale e lom-
bardo con le campagne radicali su
firme e sprechi. Sarà irriconoscente
il Pd che ne ha tratto guadagno e
non li ha voluti come alleati; eppure
ha garantito loro ad oggi nove eletti
nelle sue file ed una vicepresidenza
senatoriale. Può fare tristezza
l’esclusione anche dalle altre coali-
zioni. Meraviglia di più l’opportu-
nismo di collocarsi dovunque a pre-
scindere da politiche e programmi.
Macchina partitica, di informazione
e formazione politica per giovani
futuri leader di ogni schieramento,
per i radicali la politica è ragione di
vita. Più
think tank
(
serbatoio di
pensiero,
ndr
)
che partito. Tuonano
sugli sprechi ma si fanno pagare 10
milioni l’anno. Iperanticlericali e
più piagnoni della Caritas. Ogni ele-
zione un loro leitmotiv diverso, dal-
le staminali al carcere, dovrebbe es-
sere misura per giudicare l’universo
mondo. Sanno che dietro l’impos-
sibile amnistia, c’è il partito dei giu-
dici, ma non gli vanno contro con
coerenza come Mellini e Lehner.
Condannano come illegali l’Italia e
le sue complessità ma combattono
le
best practises
del Nord e ostano
a qualunque saldezza e coerenza
dello Stato. Amano i clochard ma
fanno lavorare di più le donne. Vo-
gliono i diritti, anche se il loro peso
affonda il paese. Nuovi diritti ma
non la rappresentanza organizzata
dei lavoratori. Raccontano la storia
dei diritti civili, ad usum delphini,
epurandone l’impegno maggiore dei
laicosocialisti. Sono l’altra faccia
della moneta dove compare la Re-
pubblica scalfariana, con cui divi-
dono l’eredità dell’azionismo, che
condusse alcuni laici soprattutto ad
affondare il socialiberismo e i suoi
link patriottici nazionali e locali.
Non a caso, il nome dell’ultimo par-
to pannelliano richiama i terzisti del
dopoguerra e l’associazione fondata
dal proprietario di Repubblica, già
prima tessera Pd. Sono queste con-
traddizioni, e non altro, a condan-
nare i radicali all’isolamento ed ai
minimi termini. Malgrado la fasci-
nazione, i laici se ne devono fare
una ragione: i radicali non sono lo-
ro amici, ne è un caso se ogni atten-
zione loro prestata mai viene ricam-
biata. Dietro declino, stallo,
irrisolutezza c’è il tradimento azio-
nista del laicismo, ampiamente rap-
presentato da Scalfari e non meno,
in altro modo da Pannella. Piuttosto
che garantire eletti non giustificati,
si finanzi loro una fondazione e non
se ne parli più.
La presentazione
delle liste è stata
definita dagli addetti
ai lavori un’arte,
o meglio un’accademia
responsabile
della mancata
diminuzione degli eletti,
delle camere doppione
e del perdurare
dei 7 miliardi
di costo della politica.
In una galassia
frastagliata
e sempre di moda,
l’agognato 1%
fa gioco per un partito
poiché, inserito
in una coalizione,
può significare cinque
deputati oppure niente
se isolato. Questo
teatroӏ figlio legittimo
del trasformismo
che ancora regna
nello Stivale.
Moltissime formazioni
oggi nelle previsioni
stanno all’1%, quando
non al mezzo punto
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 16 GENNAIO 2013
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