II
ESTERI
II
Processo alle spie russe.Guerra Fredda nel 2013
di
STEFANO MAGNI
ermania, inizia il processo a
Andreas e Heidrun Anschlag
(
il cognome è fittizio), marito e mo-
glie accusati di spionaggio a favore
della Russia. Una storia classica da
Guerra Fredda. Ma quel conflitto,
mai combattuto con le armi in pu-
gno, non doveva essere finito nel
1989?
E l’Unione Sovietica non do-
veva essere sciolta dal 1991? A
quanto pare no. Perché Andreas e
Heidrun sono accusati di aver pas-
sato dati al Kgb, poi all’Svr da 25
anni. Dunque, se la matematica non
inganna e le accuse sono vere, lavo-
ravano per Mosca dal 1988. In pie-
na distensione, ma ancora nel corso
della Guerra Fredda, avrebbero pas-
sato informazioni alla Lubjanka, al-
lora diretta da Krjuchkov, uno dei
tre golpisti che cercarono di rove-
sciare Gorbaciov nel 1991 nell’ulti-
mo spasmo vitale del vecchio impe-
ro sovietico. Ma invece di andare in
pensione, con una medaglia, una da-
cia o un futuro nelle carceri tedesche
(
a seconda del finale), avrebbero
continuato a lavorare per la stessa
istituzione, riverniciata e rinominata
Svr (per l’estero) ed Fsb (per l’inter-
no), ma con le stesse finalità del
Kgb. Fino all’ottobre del 2011,
quando la polizia federale tedesca
(
non più quella della Germania
Ovest, ma quella di una Germania
unita) li ha arrestati, cogliendoli in
flagranza di reato, nel loro appar-
tamento di Marburg. Quando i
commandos di Berlino hanno fatto
irruzione nella loro casa, li hanno
G
trovati intenti a decrittare messaggi
radio in codice. Stavano ascoltando
una delle “number stations”, le ra-
dio segrete che trasmettono a onde
corte una serie di numeri. Privi di
senso per chiunque, tranne per chi
ha i codici per saperli leggere e tra-
durre in ordini, direttive, istruzioni.
Gli Anschlag avevano il profilo ti-
pico di chi vuol confondere le acque:
residenza tedesca, cittadinanza au-
striaca, luogo di nascita (secondo
quanto si apprende dall’indagine)
in America Latina. Tipico cosmopo-
litismo da Kgb. Cosa avrebbero fat-
to? Secondo il procuratore federale
Wolfgang Siegmund, l’accusa sareb-
be ancora più grave: avrebbero pas-
sato segreti militari e politici della
Nato e dell’Unione Europea. All’Svr
interessava soprattutto avere più
dettagli riservati sulle relazioni fra
le due istituzioni sovranazionali oc-
cidentali con i Paesi dell’ex Urss e
dell’ex Patto di Varsavia. Negli ul-
timi tre anni avrebbero infatti pas-
sato a Mosca documenti segreti pro-
curati attraverso un funzionario
olandese nel Ministero degli Esteri.
Una volta ottenute, queste centinaia
di pagine segrete sarebbero state tra-
sformate in file da lasciare in “caselle
di posta” segrete, poi svuotate da
funzionari del consolato russo a
Bonn. Esattamente come avveniva
ai tempi della Guerra Fredda. Usa-
vano anche metodi più aggiornati,
nascondendo messaggi in codice in
normali video postati su YouTube.
Solo gli utenti giusti avrebbero po-
tuto capirne il vero significato.
Sarà il processo a stabilire una
verità. Intanto, però, viene da cre-
dere alla frase scritta su tante ma-
gliette in vendita nei Paesi dell’ex
impero sovietico: “Kgb is still wat-
ching you”, il Kgb ti sta ancora
spiando. Anche a venti anni e passa
dalla fine della Guerra Fredda. D’al-
tra parte, il caso della “coppia di
Marburg” non è affatto il primo, né
il più famoso, negli ultimi anni. C’è
anche quello della rossa Anna
Chapman, arrestata assieme a un’in-
tera rete di spie industriali negli Stati
Uniti, appena due anni fa, e poi rim-
patriata in Russia in seguito a uno
scambio di agenti. Anche quelle spie,
che reclutavano agenti (persino mi-
norenni) e postavano su Internet i
loro messaggi criptati, nasconden-
doli in normali foto, continuavano
la loro guerra contro gli Stati Uniti,
il “nemico principale”, anche venti
anni dopo la fine della Guerra Fred-
da. Ma il caso della “coppia di Mar-
burg” è, se possibile, ancora più in-
quietante. Perché i segreti rubati,
secondo l’accusa, potrebbero essere
militari, oltre che politici. E perché
erano in Germania. Nella seconda
metà degli anni ’80, quando i due
sarebbero stati reclutati, a Dresda
(
che allora era nella Ddr) c’era Vla-
dimir Putin, attuale presidente russo.
E se fosse stato proprio lui a reclu-
tarli? Se avesse avuto contatti con
loro, tramite l’Hva, l’ex servizio del-
la Germania orientale? Non ci sono
le prove per affermarlo. Ma è una
tesi che non può essere del tutto
esclusa. E, inoltre, restano tutte le
implicazioni politiche del caso: Pu-
tin, apertamente, premia le sue spie.
Anna Chapman, una volta tornata
in patria, è stata decorata ed è tut-
tora una vera star nazionale. Lu-
govoi, l’uomo accusato dagli inglesi
di aver avvelenato col polonio la
spia pentita Alexandr Litvinenko,
è stato candidato per volontà di
Putin. E di una sua possibile estra-
dizione non se ne parla nemmeno.
Gli agenti pentiti e passati dalla
parte dell’Occidente ai tempi della
Guerra Fredda, anche dopo la ca-
duta dell’Unione Sovietica, sono
tuttora accusati di tradimento. Su
Oleg Gordievskij, ex colonnello del
Kgb fuggito in Gran Bretagna nel
1985,
pende ancora la condanna a
morte. Anche Vladimir Rezun, ex
ufficiale del Gru (il servizio segreto
militare), meglio noto al pubblico
con lo pseudonimo di Viktor Su-
vorov, non può tornare in Russia,
perché l’attenderebbe la morte.
Non è solo nel campo dello
spionaggio che la politica russa re-
sta identica a quella dell’ex Unione
Sovietica. Anche la politica militare
continua ad essere orientata contro
l’Occidente. Non contro le repub-
bliche secessioniste caucasiche, né
contro la Cina. Ma contro l’Occi-
dente e gli Stati Uniti in particolare.
La settimana scorsa, il 10 gennaio,
è entrato in linea il sottomarino
lanciamissili balistico Jurij Dolgo-
rukij. È silenzioso, veloce e in grado
di lanciare 96 testate nucleari (6 te-
state per ognuno dei suoi 16 missili
balistici intercontinentali “Bulava”).
Un’arma simile non è certo stata
concepita per combattere la guer-
riglia in Cecenia e neppure una
guerra convenzionale contro la Ge-
orgia. Sarebbe ridondante persino
in un conflitto contro la Cina. È
palesemente un’arma rivolta contro
gli Stati Uniti. Oltre alla moderniz-
zazione delle forze nucleari navali,
Putin sta finanziando cospicuamen-
te anche quella delle forze strategi-
che di terra. La Russia, attualmente,
è l’unica che aggiorna e modernizza
sistematicamente la sua flotta di
missili balistici intercontinentali.
Entro il 2018 dovrebbe entrare in
linea una nuova classe di ordigni
in grado (teoricamente) anche i by-
passare le migliori difese anti-mis-
sile americane.
In altro modo non si può legge-
re: la Guerra Fredda è finita solo da
questa parte della ex Cortina di Fer-
ro. Dall’altra parte, evidentemente,
credono che continui.
La“coppia di Marburg”
arrestata in Germania
nel 2011 lavorava
per Mosca dal 1988
Vladimir Putin potrebbe
non essere coinvolto,
ma la sua politica è
dichiaratamente anti-Usa
Napolitano (Andrew): «Armi,undirittonaturale»
di
MARCO RESPINTI
è un Napolitano che ci piace
molto. Che ci piace molto
perché garantisce, tutela e difende
la libertà in modo schietto e tetra-
gono, maschio e irriducibile, senza
peli sulla lingua e con coraggio.
Solo che sta dall’altra parte del
mondo, vive negli Stati Uniti, ha
63
anni, è un ex giudice della Cor-
te Superiore del New Jersey (da
non confondere con la Corte Su-
prema) ed è autore tra gli altri del
libro “It Is Dangerous to Be Right
When the Government Is Wrong:
The Case for Personal Freedom”
(
Thomas Nelson, Nashville, Ten-
nessee 2011), Traduzione: “È pe-
ricoloso avere ragione quando il
governo ha torto: in difesa della
libertà personale” (che bello, an-
che gli statunitensi, e pure di
orientamento libertarian, stanno
imparando a usare bene il termi-
ne “persona” al posto di “indivi-
duo”, ché nella loro tradizione
anglosassone quello non è affatto
una parolaccia epperò da noi vei-
cola invece un vero e proprio tur-
piloquio giacobino). En passant,
quel Napolitano americano è cat-
tolico, si definisce “tradizionali-
sta”, adora il pre-Vaticano II e la
Messa in latino.
Il 10 gennaio il giudice Andrew
P. Napolitano ha pubblicato sul
quotidiano conservatore della ca-
pitale federale statunitense, The
Washington Times, un pezzo
esplosivo già dal titolo The Right
to Shoot Tyrants, Not Deer, ovve-
C’
ro “Il diritto di sparare ai despoti,
non ai cervi”. Puntuale, a ogni
sparatoria, le anime belle statuni-
tensi, poche ma vocianti, si strac-
ciano le vesti invocando il bando
della libera circolazione delle armi
da fuoco; e lo stesso Barack Oba-
ma, che prima però non ci ha mai
pensato, dopo gli ultimi episodi di
sangue, ha imbronciato serioso il
grugno e ha promesso limiti e di-
vieti. Ma tutti sanno benissimo
che in un Paese dove il porto libe-
ro di armi è vietato le armi le han-
no solo i criminali e lo Stato. Al-
cuni timidi difensori del diritto
magari limitato alle armi sosten-
gono che esse servono per la cac-
cia per esempio, ma il giudice Na-
politano non ci sta. Riporta la
questione al suo vero nocciolo: le
armi gli americani le comperano,
le posseggono e le portano libera-
mente con sé perché servono, alla
bisogna, per tutelare le cose più
importanti che ci sono nella vita,
quelle per esempio date all’uomo
sovranamente da Dio. Per difen-
dersi, cioè, e per difendere, non so-
lo per sport e per diletto.
Ora, ragiona il giudice Napo-
litano, il «diritto delle persone a
possedere e a trasportare armi è
una estensione del diritto naturale
all’autodifesa e un fondamento
della sovranità personale». Per
questo la Costituzione federale de-
gli Stati Uniti protegge con una
provvisione specifica quel diritto
della persona da qualsiasi interfe-
renza governativa e storicamente
in quel Paese (prosegue Napolita-
no) tale provvisione è stata il pi-
lastro della resistenza a qualsiasi
forma di dispotismo. Eppure c’è
chi pensa che il diritto sovrano dei
cittadini rispettosi della legge deb-
ba essere ora negato per colpa del-
l’assurdo abuso che della libertà
personale fa qualche folle.
«
Quando Thomas Jefferson -
argomenta il giudice - scrisse nella
Dichiarazione d’indipendenza che
il Creatore ci ha donato determi-
nati diritti inalienabili, nel momen-
to stesso in cui esso nasceva egli
sposò il Paese agli antichi princìpi
del diritto naturale che hanno ani-
mato la tradizione giudeo-cristiana
dell’Occidente»: ebbene sono pro-
prio quei princìpi «che hanno te-
nuto a freno tutti quei governi che
detti princìpi riconoscono quando
enunciano il concetto stesso di di-
ritti naturali». Ne consegue, scrive
Napolitano, che se siamo creati a
immagine e somiglianza di Dio Pa-
dre, allora siamo perfettamente li-
beri come Egli lo è. E che il diritto
naturale insegna che le libertà
umane sono prepolitiche, ovvero
provengono dalla natura umana
in quanto tale e non dai governi
o dalle loro concessioni. Dato che
in origine la natura umana è divi-
na, nessun governo, anche se con
il favore della maggioranza poli-
tica, può dunque lecitamente ne-
gare i diritti che l’uomo possiede
per natura. La natura umana è ra-
dicata nella libertà, e il governo è
per definizione una limitazione di
tale libertà. In casi numerosissimi
esso è una limitazione coercitiva,
negativa, violenta, arbitraria e ti-
rannica.
La storia degli Stati Uniti però
testimonia un percorso diverso. La
cessione di alcune prerogative al
governo è da sempre volontaria.
Il governo esiste per l’uomo, per
volere dell’uomo, per libera volon-
tà dell’uomo e per servire l’uomo.
Un governo che negli Stati Uniti
agisca in modo diverso e contrario
è per definizione illegittimo e di-
spotico. Perché si ribella alla legge
fondamentale del Paese che garan-
tisce il rispetto di quella naturale
inscritta nel cuore dell’uomo e di
quella divina scritta nel Cielo.
Il fatto che gli americani girino
da sempre liberamente armati è
dovuto alla loro storia e alla loro
origine, nati come Paese nuovo per
garantire una libertà antica e in-
violabile quanto lo è la natura del-
l’uomo. Cambiare in corso d’ope-
ra questa regola suona alle
orecchie degli americani come una
involuzione pericolosa, come un
dietrofront inammissibile.
La libertà dell’uomo, dice Na-
politano, non viene dall’uomo,
ma da Dio. E nessun uomo, quale
ne è composto un governo, può
sostituirsi a Dio.
La questione della libera cir-
colazione personale delle armi,
per quanto si possa essere simpa-
tetici con essa, è una questione
molto americana. Ma il ragiona-
mento del giudice Napolitano che
sta alla base della difesa a oltran-
za di quel diritto naturale, storico
e costituzionale è universale, pro-
fondo e va ben al di là della pure
importante vicenda delle armi. La
libertà fa l’uomo simile a Dio: per
questo il nostro mondo che odia
Dio fa strame quotidiano delle li-
bertà dell’uomo.
da “Italia Domani”
K
Andrew NAPOLITANO
L’ex giudice della Corte
Superiore del New Jersey
difende strenuamente
il II Emendamento
su basi religiose.
Il governo è al servizio
della persona, non ha
il diritto di disarmarla
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 16 GENNAIO 2013
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