II
CULTURA
II
CloudAtlas”,un incompiuto viaggio oltre la vita
di
DIMITRI BUFFA
nizia idealmente dove finiva “Ba-
bel”, questo bellissimo quanto
enigmatico “Cloud Atlas”. E finisce
con un’altra mezz’oretta di imma-
gini aggiuntive fino a raggiungere i
172
minuti.
All’insegna del tutto è connesso,
un po’ come la storia di quello che
premendo un campanello in Italia
uccideva un Mandarino in Cina,
stavolta i legami vanno anche nel
futuro e nel passato e in altre galas-
sie dove si creano coreane replicanti
che lavorano ai grandi magazzini e
che sembrano quelle che ci fa vede-
re McDonald’s nel noto spot dei
3
mila posti di lavoro in Italia. Tutto
è suggestivo nella trama a patto di
accettare, un po’ come con “Babel”,
di non capirci nulla. Il cervello si li-
beri dalle gabbie di una trama, pe-
raltro tratta da un libro, che ovvia-
mente non ha né capo né coda.
D’altronde quando si abbraccia la
fantascienza allo stato puro questo
è un rischio ben calcolato. Per la
cronaca il film è scritto e diretto da
Lana Wachowski, Tom Tykwer e
Andy Wachowski. I fratelli Wa-
chowski hanno già lavorato come
sceneggiatori/registi della rivoluzio-
naria trilogia di “Matrix”, che ha
incassato più di 1,6 miliardi di dol-
lari in tutto il mondo. Tom Tykwer
ha vinto un “Independent Spirit
Award” e ha ottenuto una candida-
tura ai Bafta come regista/sceneg-
giatore di “Lola corre”, e più recen-
temente ha diretto il pluripremiato
Profumo: Storia di un assassino”.
Basato sul celebre romanzo best-
seller di David Mitchell, “Cloud
Atlas” è stato prodotto da Grant
Hill (due volte candidato agli Oscar
per “La sottile linea rossa” e “The
Tree of Life”), da Stefan Arndt (tre
volte candidato ai Bafta Award per
Il nastro bianco”, “Goodbye Le-
nin!” e “Lola corre”), da Lana Wa-
chowski, Tom Tykwer e Andy Wa-
chowski. Philip Lee, Uwe Schott e
Wilson Qiu sono i produttori ese-
cutivi, con i co-produttori Peter
Lam, Tony Teo e Alexander van
Dülmen, e Gigi Oeri come produt-
tore associato.
Detto questo passiamo alla tra-
ma, e qui viene il bello. O il brutto.
Le note di regia suggeriscono que-
sto: “storia ambiziosa e spettacolare
che copre l’arco di cinque secoli e
affronta quelle domande sulla vita
e sul suo senso che l’umanità si è
posta fin dall’inizio del pensiero.
Con una serie caleidoscopica di se-
quenze d’azione, emozioni e rela-
zioni umane che illuminano singoli
punti lungo una linea temporale in-
finita, il film suggerisce che ogni vita
continua la sua traiettoria indivi-
duale attraverso i secoli. Di volta in
volta le anime rinascono e rinnova-
no i loro legami con altre anime.
Gli errori possono essere corretti...
o ripetuti. La libertà può essere gua-
dagnata o persa, ma è sempre e co-
munque oggetto di ricerca. E, sem-
pre, l’amore sopravvive”.
Vi può bastare per andare al ci-
nema? Forse no, ma andateci lo
stesso, non ve ne pentirete. Perché
il “Cloud Atlas” è un vero e pro-
prio viaggio tra i timori dell’uma-
nità di oggi, dalla clonazione alla
censura passando per la moralità
nella politica. Solo non cercate un
legame troppo profondo tra eventi
e personaggi, anche se i registi ve
I
lo suggeriscono come un assist a
porta vuota. Nulla infatti è come
appare e comunque non avrete bi-
sogno di una tazza di caffè per ri-
manere svegli. Per prudenza evitate
gli spettacoli dopo pranzo e dopo
cena perché con la pancia piena po-
treste scivolare in un sonno ipno-
tico un po’ come quello che può
essere indotto da film del genere
che qualcosa dei trattamenti psica-
nalitici sotto ipnosi portano inevi-
tabilmente dentro.
Ecco in proposito le parole di
Lana Wachowski, uno dei tre sce-
neggiatori/registi che hanno adat-
tato il romanzo di David Mitchell
dal quale è stato tratto il film: «Dal
punto di vista del soggetto il film
trascende i confini di razza e di ge-
nere, geografici e temporali, per
raccontare una storia che ci mostra
come la natura dell’umanità vada
ben oltre quei confini. È stato que-
sto a incuriosirci quando abbiamo
letto il romanzo e poi quando ab-
biamo cominciato a lavorare alla
sceneggiatura».
Tom Hanks, che compare in sei
ruoli che rappresentano il viaggio
di una singola anima osservata in
diversi punti del suo cammino, af-
ferma: «Spesso i personaggi assisto-
no a qualcosa che potrebbe cam-
biare la loro vita per sempre e
devono agire. Possono essere eroi o
codardi. La domanda è: che cos’è
la storia se non una sequenza di in-
numerevoli momenti come questo,
legati insieme? Cos’è la condizione
umana, se non una serie di decisioni
da prendere?».
E anche Halle Berry, pure lei
interprete di sei personaggi, fa di-
chiarazioni entusiastiche: «È stata
un’esperienza unica, non credo che
avrò più la fortuna di partecipare
a un film del genere. Adoro la sua
originalità. Infrange tante di quelle
barriere, presenta tanti di quei
concetti emozionanti, che spero
spingerà le persone a riflettere sul
loro modo di percepire il mondo
e la vita».
In realtà film simili sembrano
fatti apposta per premiare la polie-
dricità di attori come Hanks e la
Berry. Per i registi e gli sceneggiatori
il lavoro sembra invece più difficile:
come ridurre un romanzo da mille
e passa pagine a una sceneggiatura
che qualche produttore avrà il co-
raggio prima di leggere e poi di fi-
nanziare? Ebbene, i fratelli Wa-
chowski ci son riusciti e solo per
questo meriterebbero un Oscar a
parte, al di là delle nomination che
questo film solo in parte hollywoo-
diano inevitabilmente finirà per cu-
mulare. Un’ultima notazione, un
personaggio a un certo punto del
film fa una citazione dei libri di Ca-
staneda. Sì, questo film sembra a
misura di una delle streghe di don
Juan, e sembra anche volere sposta-
re il punto di consapevolezza dello
spettatore, che, come quello di ogni
essere umano, secondo Castaneda
era sito in mezzo alle scapole, per
farlo poi viaggiare nel cosmo. Una
volta si usava la forza propulsiva
dell’acido lisergico per esplorare il
nostro subconscio e in America fino
all’avvento del proibizionismo la
sostanza era maneggiata con cautela
anche dagli psicanalisti. Oggi ab-
biamo questi film che possono svol-
gere la stessa funzione senza i peri-
coli collaterali di ogni tipo di droga,
specie se allucinogena.
Basato sul celebre
romanzo dell’inglese
DavidMitchell
L’atlante delle nuvole”,
scritto e diretto a sei
mani dai fratelli Lana e
AndyWachowski e da
TomTykwer,
è un film prolisso
e costoso (100 milioni
di dollari) ma da vedere.
Sei storie ambientate
in sei differenti epoche
che si vanno
a interconnettere
in un arco spazio-tempo
infinito attraverso temi
come la reincarnazione,
il destino e la ciclicità
degli eventi.
Troppo ambizioso
l’obiettivo di condensare
il senso della vita in 172
minuti, nonostante
nel cast figurino attori
pluripremiati
come TomHanks
e Halle Berry.
Sebbene l’atmosfera
da fantascienza
sia esageratamente
portata all’eccesso
(
trucco da Oscar),
i registi di Matrix
hanno realizzato un film
(
nelle sale italiane
dal 10 gennaio)
che riesce comunque
a far“viaggiare”
lo spettatore.
Dalle vicende
di un mercante
di schiavi nel 1849
a un immaginario futuro
dal sapore tribale,
sei episodi per raccontare
gli indissolubili legami
di una variegata
umanità che esiste
e resiste nel tempo
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 16 GENNAIO 2013
7