entre il Paese assiste atto-
nito alla rappresentazione
farsesca delle primarie del cen-
tro–sinistra, in attesa che si svol-
gano quelle altrettanto comiche
del Pdl, apprendiamo che nei pri-
mi 10 mesi del 2012 il debito
pubblico è cresciuto di ben 90
miliardi, portandosi ad un passo
dai fatidici 2.000 miliardi.
Ciò segnala che la situazione
dei nostri conti pubblici è ben
lungi dall’essere sotto controllo,
soprattutto se consideriamo che
le entrate tributarie sono ulte-
riormente aumentate,nonostante
l’effetto recessivo che le stesse
stanno creando.
In pratica, anche l’individuo
più sprovveduto comprende che
il sistema continua a spendere e
a tassare oltre ogni limite ragio-
nevole, proseguendo anche sotto
l’egida dei professori l’inarresta-
bile tendenza di sempre a vivere
sopra le proprie possibilità. E
sebbene all’appello manchi il
consistente acconto tributario di
novembre, nondimeno la sensa-
zione – suffragata dai continui
cedimenti parlamentari del go-
verno Monti sul fronte delle
nuove spese – è quella di un
paese lanciato come un treno in
corsa verso il baratro del de-
fault. Default il quale, euro o
non euro, non si potrà evitare se
non si blocca la nefasta tenden-
za della nostra politica a rincor-
rere ogni bisogno ed ogni richie-
sta di relativa spesa. Da questo
punto di vista la vicenda dei co-
siddetti esodati, la cui platea
sembra allargarsi ogni giorno
che passa, appare emblematica
di un sistema orientato ad asse-
condare le spinte più irrespon-
sabili della società.
E, sotto questo profilo, a ben
poco servono le risibili scherma-
M
glie dialettiche tra un Renzi ed
un Bersani – quest’ultimi sostan-
zialmente preoccuppati di dimo-
strare agli elettori che è possibile
realizzare, sul piano del bilancio
pubblico, l’alchimia di Paracelso,
trasformando il piombo in oro
–.
Chiunque riuscirà ad occupa-
re la stanza dei bottoni dopo
l’esperienza tecnica dovrà fare i
conti con una tendenza, lungi
dall’essere stata bloccata, che so-
lo riducendo il perimetro pub-
blico e la spesa si riuscirà ad in-
vertire. E ciò, oltre a ridare fiato
all’economia riducendo l’inso-
stenibile pressione fiscale, dovrà
servire a modificare l’immagine
di uno stato italiano cattivo pa-
gatore che i mercati internazio-
nali nutrono oramai da tempo
nei nostri confronti. Ma consi-
derando la base di consenso che
sostiene l’attuale centro–sinistra
a trazione vendoliana, quand’an-
che dovesse prevalere nella pre-
miership il giovane sindaco di Fi-
renze, è assai probabile che pure
costui sarebbe costretto ad inchi-
narsi all’idolo del deficit–spen-
ding per raggiungere un potere
sempre più di cartapesta. Stare-
mo a vedere.
CLAUDIO ROMITI
di
TITTA SGROMO
Che il diavolo e l’acqua santa
possano convivere, l’abbiamo ac-
certato qualche giorno fa appren-
dendo della grandissima amicizia
tra Casini e Bersani. D’altro can-
to il compromesso storico degli
anni Ottanta o giù di lì, è stato
un chiaro esempio della possibi-
lità dello sciagurato connubio che
tanto danno addusse agli Italia-
ni”. Ma la sceneggiata televisiva
relativa del confronto tra i can-
didati alle primarie del Pd, sem-
bra dire il contrario, visto l’ostra-
cismo dichiarato dagli stessi,
compreso il vetero–democristiano
Bruno Tabacci, nei confronti di
Pier Ferdinando Casini – che l’at-
tento Arturo Diaconale in un mi-
rabile articolo dal titolo emble-
matico (“Si scrive Casini, si legge
Caltagirone”) descrive, quale abi-
le interprete della Politica Dei
Due Forni, di democristiana me-
moria – lascia non solo perplessi,
ma stupefatti, e spiego il perché.
La perplessità nasce dall’aver as-
sistito a uno scialbo scambio di
idee sui contenuti, sempre gli
stessi, tra protagonisti che hanno
dato l’idea della non contrappo-
sizione, così come invece il dina-
mico Matteo Renzi aveva fatto
intravedere al momento della sua
discesa in campo. Evidentemente
l’“apparato cattocomunista” è in-
tervenuto, mettendo le cose a po-
sto. Peccato, perché la novità
Renzi era riuscita finanche a sve-
gliare molti nel centrodestra,
aprendo la strada alle primarie,
in un partito certamente carisma-
tico ma con la presenza di giova-
ni e meno giovani, seri e pieni di
entusiasmo, per la rinascita di un
progetto tradito ma sempre at-
tuale da contrapporre a quello da
sempre ancorato alla lotta di clas-
se, tra ricchi e poveri (tra questi
ultimi, il ceto medio distrutto ed
avvilito dal governo Monti). La-
scia stupefatti anche la davvero
blasfema dichiarazione di Bersani
che si sente addirittura vicino a
Giovanni Paolo II. Ma il modesto
burocrate di partito, cresciuto co-
me i suoi compagni della Regione
Rossa, al culto della dottrina so-
vietica è un ateo, come tradizione
vorrebbe, o è un cristiano, sia pur
convertito al cattolicesimo?
Vorrei avere una qualche no-
tizia in proposito, fermo restando
che Giovanni Paolo II è stato il
più grande protagonista dell’ul-
timo trentennio della storia
Mondiale, e che con la sua opera
straordinaria ha praticamente di-
strutto il Muro di Berlino tanto
caro al maestro Togliatti, che non
aveva a cuore, dopo la fine della
seconda guerra Mondiale, le sorti
dell’Italia, che aveva collaborato
a distruggere, ma il desiderio di
annetterla al blocco sovietico dal
quale riceveva sostegno econo-
mico.
Comprendo che ormai in no-
me della “democrazia” tutto è
possibile, anche l’alleanza Bersa-
ni, Casini, Vendola. Ma, per ca-
rità, non trasciniamo nella melma
politica attuale i santi, quelli veri,
fra i quali troneggia quel gran-
dissimo uomo e Papa che è stato
Giovanni Paolo II. Mi chiedo
quanti italiani siano ancora di-
sposti ad assistere a simili teatri-
ni, le cui rappresentazioni tendo-
no esclusivamente a prendere in
giro le persone in buona fede, ad
esclusivo vantaggio di chi per una
vita, senza né arte né parte, ha
tratto beneficio amministrando
il pubblico danaro ed ha goduto
dei privilegi che l’esercizio del po-
tere assicura. Queste mie consi-
derazioni, lungi dal voler favorire
l’anti–politica di grillina memo-
ria, hanno lo scopo di far sì che
la gente comune – ormai avvilita
e disillusa – spazzi via una volta
per tutte i personaggi, tipo Ber-
sani, che non esitano (e questo è
davvero troppo!) ad accostare la
propria persona al grandissimo
Papa che fu Giovanni Paolo II.
Non ci si rende conto della dif-
ferenza che passa tra un gigante
ed un nano?
II
POLITICA
II
Perfino l’individuo
più sprovveduto
comprende benissimo
che il sistema italiano
continua a spendere
e a tassare oltre ogni
limite ragionevole.
Anche con i professori
segue dalla prima
Giornalisti in crisi
(...)
Immaginare una uscita vittoriosa da
questo assedio serrata su quattro lati è una
pia illusione.
Ma incominciare ad utilizzare gli strumenti
in proprio possesso per sollevare il proble-
ma che solo una informazione corretta as-
sicura il migliore funzionamento di una de-
mocrazia moderna, è pur sempre possibile.
Ed è l’unico modo per allentare una morsa
che può, in un colpo solo, mortificare de-
finitivamente una categoria e trasformare
una democrazia avanzata in un vecchio sta-
to autoritario.
Certo, non è facile fare autocritica ed al
tempo stesso convincere l’opinione pubblica
che per uscire dalla crisi sia indispensabile
una informazione non asservita, non con-
dizionata, non intimidita e non ridotta ai
minimi termini. Ma non c’è altra strada.
Le ragioni di Grillo, dei politici, degli edi-
tori–padroni e dell’informazione fai da te
della rete vanno bilanciate dalle ragioni del-
la democrazia liberale.
Una democrazia che non mette in galera i
giornalisti ma che impedisce anche loro di
essere servi, lottizzati o preoccupati solo
della tutela dei propri privilegi di casta.
ARTURO DIACONALE
Ritrovare il bandolo
(...)
Soprattutto il Pdl che da allora ha in
sostanza ritenuto di essere a priori lo scon-
fitto dal voto e che quindi oscilla nei fatti
tra due linee: o produrre un sistema in cui
non vinca nessuno per rieditare la stessa
maggioranza di oggi o votare col sistema
attuale nella speranza che la coalizione di
centrosinistra Pd–Sel gonfiata dal premio
si riveli eterogenea come l’Unione del 2006
e che esploda presto.
Il Pd che aveva dato il via libera al sistema
ispano–tedesco (che stava nella logica del
partito a vocazione maggioritaria che si
presenta da solo per poi cercare coalizioni
omogenee), sia pure con varie esitazioni e
con una certa dialettica interna, si è poi ri-
convertito bruscamente al premio di coa-
lizione, contro cui peraltro molti dei suoi
dirigenti avevano appoggiato il referendum
Passigli, incaricato di eliminarlo tornando
indietro verso la prima fase della Repub-
blica anziché andando avanti verso un mag-
gioritario funzionante. Un referendum che
per fortuna fu allora bloccato, anche se
quello sul Mattarellum fu poi a sua volta
fermato dalla Corte forse con qualche ec-
cesso di zelo.
Volendo le soluzioni tecniche sarebbero an-
cora pienamente disponibili: ci sarebbe per-
sino tutto il tempo fino alle elezioni di apri-
le per ritagliare i collegi uninominali, per i
quali basta circa un mese e mezzo, ma ciò
richiederebbe a tutti di ritrovare il bandolo
perso dopo le amministrative. Tra le alter-
native possibili, se ci si dovesse fermare alle
correzioni minimali, quella di prevedere un
doppio turno di coalizione, come ha già
suggerito Roberto D’Alimonte. Se nessuna
coalizione ottiene almeno il 40% dei voti
il premio sarebbe assegnato a quella vin-
cente dopo il ballottaggio, con la possibilità
di ulteriori apparentamenti tra un turno e
l’altro. Così le forze di centro potrebbero
andare da sole al primo turno e, qualora
arrivate terze, potrebbero prospettare la lo-
ro scelta agli elettori anziché solo in Parla-
mento.
Quanto al centro–destra, sin qui ha sempre
obiettato a doppi turni nei collegi per ti-
more dell’astensiosnismo del proprio elet-
torato, ma questo è un doppio turno na-
zionalizzato di governo, un’altra cosa. Esso
non può volere nel contempo la proporzio-
nale pura e organizzare primarie per il pre-
mier. Se prosegue con le primarie deve per
coerenza battersi per un sistema selettivo.
STEFANO CECCANTI
da qdR Magazine
In quei dibattiti tra“nani”,
giù le mani da Papi e giganti
L’idolo“moderno”
del deficit-spending
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GIOVEDÌ 15 NOVEMBRE 2012
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