Pagina 5 - Opinione del 17-8-2012

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ESTERI
II
Assange ottiene l’asilopolitico
maLondra nonmolla la presa
di
MICHELE DI LOLLO
qualcosa di più di un semplice
hacktivist. Julian Assange, fon-
datore del sito Wikileaks, è da cin-
quantotto giorni sotto la custodia
delle forze di sicurezza ecuadoregne
nell’ambasciata di Londra e il caso
giudiziario che lo vede protagoni-
sta, assume i tratti di un intrigo cy-
ber internazionale. In ballo c’è il
prestigio della Gran Bretagna, le
pressioni di Washington per toglie-
re di mezzo un problema per la si-
curezza nazionale e la richiesta di
estradizione presentata dal governo
svedese. Tre stati che attaccano,
una preda e un difensore: l’Ecua-
dor. Il governo sudamericano con-
cede l’asilo politico al rifugiato,
ignorando le minacce inglesi di
«prendere d’assalto l’edificio».
Le autorità londinesi avevano
fatto sapere che non avrebbe mai
permesso il suo espatrio da uomo
libero: «Se riceveremo una richiesta
di salvacondotto per Assange in ca-
so di asilo politico, questa richiesta
sarà rifiutata in linea con i nostri
obblighi legali». Il ministro degli
Esteri ecuadoregno, Ricardo Pati-
no, dopo aver fatto la voce grossa
e aver ricordato che l’ingresso non
autorizzato di qualsiasi autorità
britannica nell’ambasciata sarebbe
stata considerata una violazione
del diritto internazionale, annuncia
il provvedimento in conferenza
È
stampa. «Julian Assange rischia di
diventare un perseguitato politico.
Se dovesse finire negli Usa, il capo
di Wikileaks non riceverebbe un
giusto processo e potrebbe addirit-
tura essere messo a morte».
Il rischio, fatto presente dalle
autorità ecuadoregne, riguarda il
trasferimento dell’imputato in Sve-
zia. Per questo motivo l’Ecuador
ha richiesto a Stoccolma garanzie
sull’incolumità del prigioniero.
Queste non sono arrivate ed ecco,
dunque, le basi che giustificano
l’asilo politico. L’hacker parla di
«vittoria significativa». Il Foreign
Office considera tale decisione de-
plorevole. La Gran Bretagna aveva
paventato l’ipotesi di prendere le
azioni necessarie per arrestare Ju-
lian Assange nell’ambasciata grazie
a una serie di norme internazionali
varate nel 1987. Lo affermava in
una lettera spedita al governo di
Quito. La risposta ecuadoregna
non si è fatta attendere. «L’Ecuador
non è una colonia del Regno Unito
e siamo pronti a convocare riunioni
d’urgenza dell’Unasur e dell’Orga-
nizzazione degli stati americani».
È intervenuto sull’argomento
anche Sir Tony Brenton, ambascia-
tore per il Regno Unito dal 2004
al 2008, dichiarando che se il Fo-
reign Office tradurrà in azioni quel-
le minacce avrà arbitrariamente
violato il diritto internazionale e
renderà la vita impossibile ai diplo-
matici britannici all’estero. «Hanno
leggermente esagerato sia dal punto
di vista legale che pratico e il go-
verno non credo abbia interesse a
creare una situazione che renda
possibile ad altri governi nel resto
del mondo di revocare arbitraria-
mente l’immunità diplomatica. Sa-
rebbe un pessimo esempio». La
strada opportuna sarebbe stata la
ricerca di un accordo negoziato.
Ora è troppo tardi. Il governo bri-
tannico fa sapere, tuttavia, che la
decisione dell’Ecuador non cambia
le carte in tavola. In un comunicato
si ricorda che in base alla legge bri-
tannica l’imputato ha esaurito tutte
le opportunità di presentare appello
e adesso il governo di Sua Maestà
è vincolato ad estradarlo in Svezia.
Il futuro di Assange non è ancora
deciso.
Rio de Janeiro: è già allarme-Olimpiadi
K
È già suonato l’allarme, in Brasile, per i ritardi nei cantieri
per le Olimpiadi 2016. Nella sua ultima ispezione, il Cio si è mo-
strato preoccupato per l’andamento delle opere.
SeAlbione storce il naso al mausoleo di Graziani
giornalisti inglesi dichiarano guer-
ra al generale Rodolfo Graziani.
La vecchia conoscenza dei “Tom-
my” sul fronte africano durante la
Seconda Guerra Mondiale è tornata
ad essere, ancora una volta, il nemi-
co da sconfiggere. Sessant’anni fa la
posta in palio era il controllo dello
scacchiere mediterraneo, decisivo
per mettere ko le truppe dell’Asse.
Oggi il conflitto ruota attorno ad
un mausoleo: quello che il comune
di Affile, circa 1.600 anime in pro-
vincia di Roma, ha voluto erigere
in memoria di quell’illustre concit-
tadino dal passato un po’ troppo
scomodo e, di sicuro, per nulla po-
litically correct. C’è n’è a sufficienza,
dunque, se non per mobilitare le
truppe, almeno per far girare le ro-
tative.
Fa sorridere pensare che il pol-
verone suscitato dalla scelta della
giunta di Affile sarebbe stato impen-
sabile in quel di Heidenheim, città
natale del generale Rommel, il qua-
le, pur essendo stato il condottiero
preferito del Führer, viene ricordato
per le sue straordinarie doti militari,
e non per l’affettuosa premura con
cui Adolf Hitler si sincerava costan-
temente del suo stato di salute. Fa
ancor più sorridere il fatto che in
Romania, ancora oggi, non si fanno
alcun problema ad esaltare le gesta
del famigerato Vlad Tepes, principe
di Valacchia, guerriero sanguinario
passato alla storia come impalatore
dei turchi, e alla leggenda come il
capostipite dei vampiri. Di esempi
simili, in giro per il mondo, ce ne
sarebbero a bizzeffe. Ma ahinoi, in
I
Italia, se l’oggetto o il soggetto di
una commemorazione non portano
con se uno strascico di polemiche,
allora non erano davvero degni di
essere commemorati.
Al fu generale Graziani, infatti,
gli storici imputano l’aver utilizzato
il gas nella guerra d’Abissinia, e più
di ogni altra cosa l’essere stato be-
niamino di Mussolini, tanto da di-
ventarne ministro della Difesa nella
Repubblica di Salò. Per taluni fu un
criminale di guerra, ma il processo
che lo vide alla sbarra nel 1948 lo
condannò a due anni di reclusione
soltanto per aver aderito alla Rsi.
Graziani, in vita, fu soprattutto un
soldato. Si guadagnò i gradi di co-
lonnello sul campo, durante il primo
conflitto mondiale, perché la sua era
una famiglia troppo modesta per
potersi permettere di mantenerlo
all’accademia di Modena. Lo fece
ad appena 36 anni, diventando il
più giovane italiano ad accedere a
quel rango nelle file delle forze ar-
mate. Fu viceré d’Etiopia, prima del
duca Amedeo D’Aosta. Fu decorato
con due medaglie d’argento ed al-
trettante di bronzo al valor militare.
Poco importa, però, che nessun tri-
bunale lo abbia mai riconosciuto
come criminale di guerra, o che la
guerra stessa, di per sé, sia un affare
in cui si finisce inevitabilmente per
sporcarsi le mani, qualunque sia
l’esercito o la bandiera per il quale
si combatte. Poco importa persino
che la responsabilità per ciò che
Graziani ha fatto, o gli viene attri-
buito, vada equamente condivisa
con il collega Pietro Badoglio, che
a differenza sua si dimostrò abba-
stanza scaltro (o opportunista, se-
condo i punti di vista), per saltare
sul carro dei vincitori prima della
disfatta. Insomma, per alcuni, le
simpatie fasciste che Graziani aveva
nutrito da vivo sarebbero sufficienti
a far sì che, nemmeno da morto, i
suoi concittadini possano ricordar-
lo.
Quello che non può fare la sto-
ria, allora, lo fa la polemica. E ca-
somai non bastassero gli appigli
ideologici a sostenere le tesi anti-
mausoleo ecco bell’e pronta la re-
torica sparagnina tanto cara in tem-
pi di spending review. Chissà quante
strade, ponti, ferrovie, scuole, ospe-
dali e campi sportivi si sarebbero
potuti costruire ad Affile, con quei
130mila euro spesi per quel cubo di
pietra e cemento dedicato ad un avo
così scomodo che più scomodo non
si può. Eh già. Peccato che, come
spiega il consigliere regionale Pdl,
Antonio Cicchetti, per realizzare il
mausoleo sono siano stai spesi
127mila euro a fronte di oltre
230mila stanziati dalla giunta Mar-
razzo, «facendo risparmiare denari
alla Regione per circa 100mila eu-
ro». Con questi soldi – prosegue
Cicchetti - è stato riqualificato il
parco di Radimonte sul piano am-
bientale e realizzato il mausoleo su
un terreno privato, ceduto poi al
Comune di Affile. In quanto, è bene
ricordarlo, il parco era di proprietà
del comitato che sin dal 1957 si è
reso promotore della realizzazione
di un monumento a ricordo di Gra-
ziani, generale nato proprio ad Affile
e commemorato in anni recenti an-
che dal precedente sindaco dei Ds,
Diego Moriconi, in un’occasione
pubblica e ufficiale». Insomma, per
dirla alla maniera di un altro inglese
illustre, molto rumore per nulla. Per
gli italiani, cresciuti fin da piccoli a
pane e polemica, la storia del mo-
numento galeotto si è persa tra le
tante che ci si racconta sotto l’om-
brellone, o al tavolino di un bar.
Il vero mistero è come le vicissi-
tudini del piccolo comune di Affile
abbiano potuto solleticare niente-
popodimenoche i sudditi di Sua
Maestà Britannica, solitamente restii
ad interessarsi a quel che accade al
di là della Manica. Ma, si sa, il caldo
a volte gioca brutti scherzi. E può
capitare, a volte, che per smaltire la
sbornia olimpica di notizie, scoop,
scandali, flop e record non resti che
andare a rovistare tra le cianfrusa-
glie altrui. Alla stampa british non
sarà parso vero di poter mettere un
po’ di pepe sulla consueta inedia di
notizie ferragostana, quando un po’
in tutte le redazioni, anche in quelle
più blasonate, non si va tanto per il
sottile pur di colmare l’horror vacui
per tutte quelle pagine vuote. Ed è
stato così che persino la BBC e il Te-
legraph si sono gettati a capofitto
sulla storia, con il piglio sornione di
chi si sente una spanna sopra la po-
lemica ma, quando può, ci sguazza
con gran gusto. Un po’, si diceva,
perché in effetti, come lettura da
ombrellone, il mausoleo di Rodolfo
Graziani è pur sempre un discreto
riempitivo, nonché un’alternativa
intellettuale al solito lato B della
starlette di turno. Un po’, forse, per-
ché raccontare gli imbarazzi altrui
aiuta a dimenticare i propri, come
ad esempio il vergognoso pasticcio
diplomatico-giudiziario sul caso As-
sange. Un’altra figura controversa
che in molti vorrebbero mettere su
un piedistallo, e altrettanti in galera.
Proprio come il Graziani di Affile.
LUCA PAUTASSO
L’hacker rischia
di essere un perseguitato
politico se verrà
estradato dalla Gran
Bretagna. Ecco
le motivazioni
che hanno condotto
Quito alla decisione
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 17 AGOSTO 2012
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