II
POLITICA
II
Uno scatto amaro
per la lista Ingroia
facile sorridere quando, ma-
gari, si pensa a un Mario
Monti (in coppia con Fini e Ca-
sini) nella stessa maggioranza
governativa con Vendola e Fas-
sina.
Ma ancor più sorridenti (ora-
mai siamo abituati a tutto e
quindi non si può che sogghi-
gnare) quando si legge che la li-
sta per la cosiddetta Rivoluzione
Civile (inclusa l’indebita appro-
priazione dell’immagine del
Quarto Stato) - quella per inten-
derci di Ingroia, Di Pietro, de
Magistris, ma anche dei vari Di-
liberto, Ferrero, Bonelli e Orlan-
do (data dai sondaggi, più o me-
no, al 4%) - ha provato a
candidare in Sardegna Antonello
Zappadu il quale, nel suo curri-
culum (almeno quello noto ai
più), ha il solo “merito” di aver
effettuato le incursioni fotogra-
fiche nella residenza estiva di
Silvio Berlusconi, alla faccia del
diritto alla tutela della propria
privacy che dovrebbe costituire
una prerogativa di ogni cittadi-
no, Cavaliere compreso.
Per quel “furto di scatti” lo
Zappadu è stato rinviato a giu-
dizio dopo la denuncia di Berlu-
sconi e quindi sarà imputato in
un processo. Ma come? Ingroia
avrebbe offerto a un imputato
un posto in lista? Ma le liste del
guatemalteco” non dovevano
È
essere pulite e cioè senza indagati
o rinviati a giudizio?
Per fortuna (sua, nostra, del-
l’Ingroia e dei suoi seguaci) Zap-
padu ha più o meno cortesemen-
te respinto l’invito e lo ha fatto
con una motivazione (più che
esplicita): «Quando ho saputo
che sarei stato il numero due in
lista con zero possibilità di en-
trare in Parlamento, ho declina-
to», ha dichiarato alla stampa
dalla Colombia. Sfacciatamente
onesto, non c’è che dire.
Anche perché il primo della
lista ingroiana (e quindi l’unico
ad avere un minimo di speranza
di essere eletto) dovrebbe essere
Antonello Pirotto, operaio in
cassa integrazione dello stabili-
mento Euralluminia di Portove-
sme e che non ha nulla a che fa-
re, almeno a quello che ne
sappiamo, né con il Guatemala
né con la Colombia e che sta
soffrendo lo stato di cassainte-
grato nella propria regione.
GIANLUCA PERRICONE
di
STEFANO MARZETTI
prescindere da chi conqui-
sterà il governo del Paese, per
quanto riguarda il Quirinale è ar-
rivato il momento di tornare a
un’alternanza che da parecchi an-
ni è stata oscuramente ignorata.
È giunto il momento, in sostanza,
che al Colle prenda residenza un
uomo che non sia di sinistra o che
su azioni impregnate d’idee di si-
nistra scelga di fondare il proprio
settennato.
Poco dopo l’insediamento del
nuovo esecutivo nazionale, il qua-
si ottantottenne Giorgio Napoli-
tano (scelto dal Parlamento il 15
maggio 2006, 2° governo di Ro-
mano Prodi) chiuderà la propria
carriera di Capo dello Stato. Se,
di norma, il nome del successore
comincia a circolare con largo an-
ticipo, quest’anno, a circa un mese
e mezzo dalle “politiche” (24 e 25
febbraio) l’incertezza è forte. Cio-
nonostante un’esigua truppa di
possibili eredi è concepibile ipo-
tizzarla, seppure con un discreto
margine d’errore.
Prima dell’uragano Mani Pu-
lite, esisteva un
gentlemen agree-
ment
fra sinistra e Democrazia
Cristiana, secondo il quale vi do-
veva essere un costante e inviola-
bile avvicendamento al Colle fra
un esponente del partito di mag-
gioranza e uno che fosse più “sim-
A
patico” al Partito Comunista. In
teoria sarebbe stato auspicabile,
vista anche la necessità di contare
su una figura sopra le parti, che
la suddetta intesa avesse una pro-
pria continuazione nella Seconda
Repubblica, in ragione soprattutto
del fatto che la politica italiana
cominciò a incentrarsi sul bipo-
larismo. La cosa è affatto avve-
nuta, se si esclude la parentesi di
Francesco Cossiga “picconatore”
a destra e a manca. E così l’Italia
s’è vista imporre i vari Oscar Lui-
gi Scalfaro, spudoratamente me-
scolato alla sinistra, il più mode-
rato ma non certo espressione del
centrodestra, Carlo Azeglio Ciam-
pi, per giungere al presente con il
comunista moderato Napolitano.
Per l’immediato futuro, quindi,
come suddetto, il quadro è a tinte
fosche. Subito va detto che la pro-
vocatoria proposta di Silvio Ber-
lusconi – che ha negato di aver
mai ambito egli stesso a ricoprire
il ruolo - di mettere Mario Draghi
sul “trono” che un tempo spettò
al re d’Italia, è stata istantanea-
mente polverizzata da un comu-
nicato dello stesso presidente della
Banca centrale europea, il quale
ha ricordato di essere determinato
a concludere nel ben lontano
2019
la sua rilevante funzione
presso l’Eurotorre. Allo stesso
modo è evaporata in maniera ri-
sibile l’ipotesi Mario Monti, che
dopo aver per mesi fatto intende-
re di non essere intenzionato a
salire” in politica, si è smentito
proponendosi per la presidenza
del Consiglio.
Perciò in lizza, stando ai pro-
verbiali
rumors
,
diversi “notabili”:
Giuliano Amato, Massimo D’Ale-
ma, Luciano Violante, Rosi Bindi,
Romano Prodi, Franco Marini,
Stefano Rodotà, Gianni Letta,
Emma Bonino e Pierferdinando
Casini. Alla faccia dell’alternanza,
è facile notare che, a esclusione
degli ultimi tre, signore e signori
che li precedono danno tutt’altro
che garanzia di equidistanza. Con
assai meno credenziali di vittoria,
ai nastri di partenza si sistemano
Renato Schifani, Gianfranco Fini
e Beppe Pisanu. Banalmente, non
resta che attendere.
AlQuirinale adessoè tempo
di unpresidentenon“sinistro”
Il togato siciliano
rifiutato dal fotografo
che fece irruzione
a villa Certosa
l volante non ha sterzato e la
superstrada del flop ha provo-
cato altre “vittime”. La discesa
agli inferi del mercato automobi-
listico europeo ha proseguito la
sua inarrestabile corsa.
Durante il 2012 le nuove im-
matricolazioni hanno toccato
quota 12.053.904, raggiungendo
il punto più basso dal 1995. A di-
cembre le nuove immatricolazioni
nei 27 Paesi Ue più quelli Efta
(
European free trade association,
ndr
)
sono state 838.428 contro le
997.842
del dicembre 2011, con
una contrazione del 16%. E l’Ita-
lia, paese sempre attento alle sta-
tistiche, in questo tour di lacrime
ha conquistato la maglia nera del-
le vendite. I dati sono stati resi
noti dall’Acea, l’associazione dei
produttori di vetture europee: il
mercato dell’Ue è stato segnato
da un calo dell’8,2%.
Nello Stivale, come detto, sono
state più acute le note dolenti
dell’orchestra su quattro ruote. Il
segno negativo è arrivato al
19,9%
rispetto al -13,9% della
Francia e al -13,4% della Spagna.
La Germania si è difesa con un -
2,9%,
mentre il Regno Unito ha
guardato tutti dall’alto verso il
basso con un aumento del 5,3%.
Un trend da mani nei capelli per
il paese di santi e navigatori. Nel
2011,
il mercato automobilistico
-
all’interno dei propri confini -
I
ha avuto una flessione del
10,88%: 1.748.143
nuove imma-
tricolazioni contro le 1.961.579
del 2010. Il mese tremendo, nel-
l’occasione, fu dicembre con un -
15,30%.
Le cose sono andate legger-
mente meglio sul fronte dei co-
struttori d’auto. Il gruppo Fiat,
nella top ten stilata da Acea, è in
zona retrocessione: settimo posto.
Lo scorso anno sono state imma-
tricolate in Europa 798.542 vet-
ture, 735 in meno rispetto a Bmw
(
sesta posizione in classifica). En-
trambe ottengono una quota di
mercato pari al 6,4%. A raggiun-
gere questo risultato hanno con-
tribuito Panda e la 500. A dicem-
bre le immatricolazioni Fiat in
Europa sono risultate poco meno
di 51mila.
Il podio più alto, invece, se l’è
aggiudicato il gruppo Volkswa-
gen, che ha preceduto Psa Peugeot
Citroen e Renault. A seguire Gm
Group, Ford, Bmw, Fiat, Daimler,
Toyota e Nissan. Per tutte, co-
munque, il comun denominatore
è stato rappresentato dal segno
negativo.
Fiat, spulciando qualche nu-
mero, ha aumentato le vendite nel
Regno Unito (+19,3%) e in Spa-
gna (+1%).
Anche Lancia/Chrysler ha det-
to la sua nel Regno Unito
(
+182%) oltre che in Francia
(
+25,6%) e in Germania (+3,8%).
Tra i singoli brand, nel 2012
la flessione più marcata ha inve-
stito Gm (-33,5%) ma per volumi
di vendita sono stati più signifi-
cativi i cali di Alfa Romeo (-
31,1%)
e Renault (-22,2%).
Il sorriso, in questa valle di la-
crime, si è stampato sulla bocca
di Jeep, che ha lievitato le vendite
del 19%.
Tra i primi dieci costruttori eu-
ropei il calo maggiore è quello di
Ford (-27,3% a 54.594), mentre
Bmw ha portato a casa un +0,6%
a 66.189.
CLAUDIO BELLUMORI
Flop immatricolazioni nell’Ue
L’Italia indossa lamaglia nera
La tattica diMonti
è un gioco d’ombre
K
Il mercato auto è in crisi
e fosse coerente con i suoi prin-
cipi liberali, una volta salito in
politica e smesso gli abiti di tecni-
co
super partes
,
Monti avrebbe
dovuto dimettersi dalla carica di
senatore a vita e candidarsi in pri-
ma persona, affrontando così il
giudizio degli elettori.
Inoltre, avrebbe dovuto limi-
tarsi a far svolgere al suo governo
i compiti di ordinaria amministra-
zione, ma così non è stato, visto
che subito dopo lo scioglimento
delle Camere, ha usato il sito della
presidenza del Consiglio per divul-
gare i punti salienti della sua agen-
da, ossia il suo programma eletto-
rale. La nostra democrazia ha già
subìto un grave ferita, a seguito
della scelta di Monti subito dopo
essere stato nominato senatore a
vita: cariche decise entrambe dal
Presidente della Repubblica.
Queste designazioni hanno, di
fatto, trasformato la nostra Re-
pubblica da parlamentare in pre-
sidenziale, senza che in tal senso
si sia mai espresso il popolo italia-
no. Oggi Monti ha deciso entrare
in politica, accreditando una lista
e un simbolo che riproduce il suo
nome, ma senza candidarsi, rima-
nendo cioè dietro le quinte. Non
si dimette da senatore a vita e ri-
mane sullo sfondo come un “can-
didato ombra” pronto a condizio-
nare la vita politica italiana, per
poi guidare l’eventuale coalizione
S
dei partiti che nel suo nome risul-
tassero vincitori alle prossime ele-
zioni. Niente rischi dunque, solo
benefici: Monti continua a eludere
le regole della democrazia elettiva
e questo, inspiegabilmente, gli vie-
ne consentito, come se l’Italia fosse
una “Repubblica delle banane”.
Giorgio Napolitano, nel suo di-
scorso di fine anno, ha affermato
che esistono precedenti in materia
di “candidati ombra”, ossia di can-
didati che, pur presiedendo liste
elettorali, sono rimasti a guardare,
senza esporsi personalmente al
giudizio del popolo, ma non ne ha
citato, esplicitamente, alcuno. La
democrazia italiana sta attraver-
sando un momento difficile: c’è da
augurarsi che il nostro sistema po-
litico non degeneri in senso invo-
lutivo.
GIUSEPPE BIANCHI
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 18 GENNAIO 2013
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