Page 2 - Opinione del 18-9-2012

ra inevitabile che con l’appros-
simarsi delle elezioni la sinistra
italiana cavalcasse a spron battuto
la cosiddetta questione del lavoro,
così come la definisce il segretario
del Pd Bersani. Ora, al di là delle
singole prese di posizione, mi sem-
bra evidente che sul piano della
conservazione dell’esistente, i peg-
giori parrucconi si trovano proprio
nel fronte progressista. Non solo,
sull’occupazione in generale questa
gente propone un modello di svi-
luppo sostanzialmente basato su
un immobilismo da far concorren-
za alla medievale economia, basata
essenzialmente sul baratto. La con-
cezione che esprimono gli eredi di
un comunismo che non sembra
mai passare è legata fondamental-
mente a due presupposti.
In primis
l’idea balzana di venire incontro al-
la domanda di lavoro stabile pre-
scindendo dalle ragioni fondamen-
tali del mercato. Quindi, sotto
questo profilo, se la domanda di in-
segnanti eccede l’offerta di impiego,
occorrerebbe fare in modo di venire
incontro alle aspirazioni dei singoli.
In secondo luogo la sinistra italiana
si batte per mantenere immutato il
livello dell’occupazione sul piano
industriale, senza tenere in alcun
conto le crescenti evoluzioni pro-
duttive che l’era della globalizza-
zione comporta. Questo significa
che una volta che si è cristallizzato
un settore economico, a parere del-
E
la sinistra, lo stato dovrebbe usare
ogni risorsa per garantire la stabilità
delle varie aziende, consentendo a
chi ci lavora di continuare a farlo
nel medesimo luogo e con le mede-
sime mansioni. Ebbene, da questa
incredibile distorsione economica
nascono gli enormi sperperi di soldi
pubblici con i quali per decenni si
sono voluti tenere in piedi carroz-
zoni altamente improduttivi i cui
costi sono così alti che al contri-
buente converrebbe pagare uno sti-
pendio ai relativi dipendenti la-
sciandoli a casa. Da tutto ciò deriva
un modello di sviluppo deciso a ta-
volino da una burocrazia politico-
sindacale che pretenderebbe di eli-
minare ogni logica legata agli
stimoli della concorrenza e dell’evo-
luzione tecnologica attraverso una
sorta di pianificazione economica
adottata per decreto legge.
In questo mondo dominato da
aziende realmente collettive - nel
senso che sono finanziate coi quat-
trini della collettività - non esistono
fallimenti, ristrutturazioni, mobilità
o qualunque altra forma di fisiolo-
gico riequilibrio economico. In que-
sto sinistro mondo esistono solo
cittadini da spremere e consenso da
acquisire attraverso la facile dema-
gogia. Se poi ci ritroveremo con in-
dustrie che realizzano prodotti ob-
soleti e con prezzi esorbitanti poco
importa.
CLAUDIO ROMITI
di
ENRICO STRINA
ntro la prima decade di ot-
tobre la legge elettorale sa-
rà in aula». Tuona forte Angelino
Alfano dal palco di Atreju, la festa
dei giovani del Pdl. Per lui, la leg-
ge elettorale s’ha da fare e in tem-
pi abbastanza rapidi. Anche
«
Schifani si sta impegnando» a
questo fine. D’altronde, spiega il
segretario Pdl, «speriamo che ci
sia l’accordo più vasto possibile,
ma se non ci sarà, occorrerà co-
munque votare per una legge.
Questa è la nostra linea di demar-
cazione». Da via dell’Umiltà arri-
va la scossa alle aule parlamenta-
ri: Alfano non vuole fare la figura
di quello che se ne sta con le mani
in mano, e con lui tutto il Pdl.
Non sarà di certo il partito di Ber-
lusconi a favorire lo
status quo
e
l’immobilismo. Lega e Udc sono
avvertiti: in Senato fanno maggio-
ranza col Pdl e allora mettere sot-
to il Pd. Alfano è anche più spe-
cifico, sempre dal palco di Atreju:
«
Siamo per una legge che abbia
un fondamento su una questione
di fondo e cioè che il potere di
scelta debba tornare in mano a
ogni singolo cittadino», prosegue
il segretario pidiellino, «perciò oc-
corrono le preferenze, l’unico stru-
mento per far venire fuori il con-
senso individuale sul territorio,
per far emergere chi dal basso ha
«
E
una spinta popolare». L’unico
problema è che, anche dentro al
partito di Berlusconi, non tutti la
pensino così. Soltanto venerdì
scorso, al Convegno annuale della
Società Italiana di Scienza Politica,
Denis Verdini non sembrava tanto
d’accordo. Riavvolgiamo il nastro
a qualche giorno fa: stuzzicato
durante la tavola rotonda da Boc-
chino, che elargiva il proprio con-
senso alle preferenze, Verdini ri-
spondeva che «i collegi non sono
una cosa della tradizione politica
italiana», chiudendo pertanto an-
che alle preferenze e dimostrando
di essere favorevole ancora all’at-
tuale Porcellum. L’unico modo per
passare alle preferenze, secondo
Verdini, è il doppio turno alla
francese dentro un sistema com-
pletamente presidenziale: «Il si-
stema francese o ci piace tutto op-
pure niente», sosteneva durante
la tavola rotonda. Insomma, nel
Pdl c’è ancora qualche problema
di comunicazione. Problemi di co-
municazione che però sono da
estendersi anche nei rapporti tra
partiti: Fli, con Bocchino, sostiene
che fino alle elezioni siciliane
«
non si toccherà nulla» e che poi
ci sarebbero pochissimi giorni per
fare la legge elettorale «entro la
Befana, quando toccherà scioglie-
re le Camere». Per inciso, le ele-
zioni in Sicilia sono il 28 ottobre,
ben oltre quella prima decade del
prossimo mese individuata da Al-
fano per avere la legge in aula.
Piccolo inciso: Bocchino, parlando
a favore delle preferenze, ha detto
«
estendiamo le preferenze a tutto
il sistema. Se io non sono tanto
abile da vincere grazie ad esse, il
18
marzo mi trovo un lavoro da
qualche altra parte fuori dal Par-
lamento». Che il deputato futuri-
sta si sia lasciato sfuggire l’unica
cosa su cui sono d’accordo i par-
titi, cioè la data delle elezioni? La
chiusura invece è tutta dedicata
al Pd. Il partito di Sant’Andrea
delle Fratte appare abbastanza
immobile sulla legge elettorale.
Violante ha parlato recentemente,
dimostrando l’empasse interna:
nessuna dichiarazione precisa,
nessun obiettivo definito, solo un
generico «abbiamo un unico
obiettivo: la governabilità». Sulle
preferenze poi il senatore demo-
cratico aggiunge: «Sono un errore,
favoriscono solo coloro i quali so-
no già forti o hanno le risorse per
pagarsi la campagna elettorale. È
un meccanismo che desolidarizza
i partiti dall’interno». I partiti pre-
senti in Parlamento viaggiano su
binari paralleli spesso anche lon-
tani e, come accade nel Pdl e forse
ancor più nel Pd i binari diventa-
no un groviglio di incidenti e pic-
cole scaramucce, tanto da portare
gli esponenti a non dire nulla, vedi
Violante.
II
POLITICA
II
segue dalla prima
Il destino del Cav.
(...)
post-berlusconiana delegittimata ed una
opposizione grillina criminalizzata.
Invece la sortita di Berlusconi ha riaperto la
partita. Ha fatto saltare lo schema del mo-
nopolio del Pd ed ha reso evidente che la
campagna elettorale non sarà dominata dalle
foto che Bersani si fa facendo in giro per
l’Italia con quelli che di volta in volta do-
vrebbero essere i suoi alleati-vassalli, ma da
un confronto aperto tra due schieramenti
alternativi ed antagonisti.
I nostalgici della democrazia della consocia-
zione hanno tutte le ragioni per dolersi di
un accidente che manda all’aria la loro spe-
ranza di restaurazione. Ma chi crede che
quel modello di democrazia non debba es-
sere in alcun caso riesumato ha, invece, un
ottimo motivo per rallegrarsi per l’irruzione
del Cavaliere. Quest’ultimo avrà pure tutti
i difetti possibili ed immaginabili. Ma ha un
merito che li mette in secondo piano. Quello
di imporre con la propria presenza la regola
della democrazia dell’alternanza. Per questo
non è solo auspicabile, ma è addirittura ne-
cessario che Berlusconi prenda parte alla
campagna elettorale. Non è un problema di
partito, ma di corretto funzionamento del
sistema democratico!
ARTURO DIACONALE
Le idee di Renzi
(...)
Altro che «porta avanti le nostre idee
sotto le insegne del Pd». Il sindaco di Firenze
sta tentando di fare quello che da tempo tan-
ti elettori di centrodestra chiedono a gran
voce a chi si è tappato le orecchie: pulizia,
innanzitutto. E in questi giorni la scandalosa
vicenda del gruppo consiliare alla Regione
Porcellum,Alfano accelera
Ma le distanze restano ampie
Sinistra e sviluppo:
un rapportomalato
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in difficoltà dopo gli ultimi sviluppi falli-
mentari della politica estera di Obama,
«
hanno libri da vendere e la storia da riscri-
vere». In questo, la sinistra americana non
sembra molto diversa da quella italiana.
GIAMPAOLO ROSSI
Lazio riassume in forme orribili il degrado
di una forza politica che doveva essere di-
versa da come è andata sviluppandosi nei
granai del potere. Personaggi privi di spes-
sore politico (di quello morale non vale nep-
pure la pena accennare), senza nessuna cul-
tura, provenienti dal nulla, si sono mostrati
famelici e imbecilli, oltre che delinquenti, al
punto di infangare storie politiche specchiate,
militanze generose, sacrifici appassionati.
Imperdonabili non soltanto dal punto di vi-
sta giudiziario. Resta una domanda a fronte
di tanto lerciume che purtroppo va accumu-
landosi ovunque e nessuna forza sembra es-
sere estranea al malaffare partitocratico: chi
ha scelto, candidato, fatto eleggere e confe-
rito ruoli di primo piano a coloro che oggi
spalancano le porte degli inferi ad un partito
che, per quanto criticabile strutturalmente
e culturalmente, non meritava di fare la fine
che sta facendo? Ecco, già rispondere a que-
sta domanda sarebbe un buon inizio. Renzi
non c’entra nulla. Si parli del Pdl piuttosto,
sia pure in crociera.
GENNARO MALGIERI
Storia democratica
(...)
Il giudizio di Eichenwald è violentissimo:
tutto questo «riflette in modo significativo
la negligenza più di quanto non sia mai stato
reso noto». E conclude: «Gli attacchi dell’11
settembre potevano essere fermati? L’ammi-
nistrazione Bush ha reagito con tempestività
a questi avvertimenti? Non possiamo saper-
lo, e ciò rende la realtà più straziante».
A voler essere sinceri, la realtà è ancora più
straziante e nella polemica politica che è se-
guita, l’analista Alan Dowd sul magazine
conservatore
Front Page
,
ha sottolineato che
se Bush ha avuto sette mesi per prevedere il
pericolo Bin Laden, Clinton ha avuto oltre
sette anni: a partire dal 1993, quando il pri-
mo attentato al World Trade Center causò
6
morti e oltre mille feriti. In seguito, l’esca-
lation islamista toccò livelli sempre più vio-
lenti, sopratutto dal 1996, dopo la dichia-
razione di guerra di Bin Laden agli Stati
Uniti che portò all’attentato in Arabia Sau-
dita (19 morti americani e 200 feriti), a quel-
li del ’98 contro le ambasciate Usa di Kenya
e Tanzania (oltre 200 morti e 4000 feriti), a
quello del 2000 contro la nave da guerra
USS Cole (17 marinai uccisi e 39 feriti). A
questi episodi l’amministrazione Clinton ri-
spose con mandati di cattura internazionali
assolutamente inefficaci. Dowd ricorda an-
che come in questi 7 anni, i servizi di sicu-
rezza americani avessero avuto ben tre oc-
casioni per uccidere Bin Laden, ma Clinton
e l’allora Segretario di Stato, Madeleine Al-
bright, non diedero il via libera. Una debo-
lezza ed un’indecisione che Bob Kerrey, eroe
di guerra e senatore dello stesso partito di
Clinton, ha dichiarato inaccettabili poiché
diedero ad Al Qaeda la percezione «di essere
liberi di fare ciò che volevano». Insomma
«
se Bush è stato sordo, Clinton è stato sordo,
cieco e muto».
Dowd sottolinea anche che oggi qualsiasi
giudizio storico non può prescindere dal-
l’analisi del clima psicologico vissuto allora
dagli Stati Uniti. Anche l’accusa a Bush di
aver sottovalutato Al Qaeda per concentrarsi
sull’ossessione per Saddam Hussein, è con-
futata dall’analista conservatore: fu Clinton
a imporre l’Iraq Liberation Act nel 1998 per
predisporre le condizioni di un
regime chan-
ge
e a fare, per primo, riferimento alle pre-
sunte armi di distruzione di massa negli ar-
senali iracheni.
La verità è sempre molto più complessa
di una polemica politica. I democratici, oggi
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 18 SETTEMBRE 2012
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