Page 4 - Opinione del 18-9-2012

II
ATTUALITÀ
II
Arriva“Pubblico”, rifiata la stampa di sinistra
di
SERGIO MENICUCCI
prossimi quindici giorni po-
trebbero far cambiare il volto
dell’editoria italiana, in specie
quella di sinistra che con
Repub-
blica
e
La Stampa
ne detiene
l’egemonia. Si parte con l’arrivo
in edicola di un nuovo quotidia-
no schierato, per ammissione del
direttore, a sinistra
Pubblico
.
Do-
mani i conti-verità della Rai. Se
confermati i 140-150 milioni di
deficit e il calo della pubblicità
entro la fine dell’anno, quando
scade anche il contratto del diret-
tore del
Tg1
Maccari, saranno
necessari drastici tagli alle strut-
ture e alle redazioni. Il 21 settem-
bre si riunisce il patto di sindaca-
to di Rcs. Oltre agli azionisti sarà
presente il nuovo amministratore
delegato Pietro Scott Covane che
fornirà spiegazioni sul piano stra-
tegico e sulle perdite in Spagna
dove Unitad Editorial 8 che edi-
tata
El Mundo
)
è andata in rosso
per 427 milioni. Difficoltà di as-
sestamento anche in Italia. Il 24
settembre scadono i termini per
la consegna delle proposte non
vincolanti per l’acquisto dell’emit-
I
tente televisiva La7 e delle infra-
strutture per le frequenze in pos-
sesso a Telecom Italia Media
nell’asta gestita da Mediobanca
e dalla banca americana Citi-
group.
Quest’ultima notizia non è
nuova. L’amministratore Bernabè
l’ha comunicata qualche mese fa.
È nuovo invece l’interessamento
di Mediaset. Dopo il no di
Al Ja-
zeera
i soggetti che hanno mani-
festato interesse all’acquisto sono
il gruppo Cairo di Torino, il fon-
do private equità Clessidra gestito
da Claudio Sposito con l’appog-
gio di Bassetti, la multinazionale
Dicovery Channel
canale presente
in 155 paesi, la spagnola Albertis
ed altri fondi infrastrutturali o
focalizzati sui media tipo Liberty
Media del gruppo di John Malo-
ne. La notizia della discesa in
campo del Biscione ha scatenato
immediatamente dure reazioni
prima ancora di conoscere i ter-
mini dell’operazione. Le manife-
stazioni d’interesse sono due: la
prima per l’emittente
La7
piena
di debiti, la seconda tramite Ei
Towers, la società che gestisce i
ripetitori Mediaset,le infrastrut-
ture per le frequenze (multiplex).
Nell’ultimo week end è scoppiato
il fuoco di sbarramento contro la
famiglia Berlusconi prima di ve-
dere le carte dal punto di vista
economico-finanziario e dei limiti
antitrust. Il più determinato op-
positore Enrico Mentana che da
Twitter e dal telegiornale ha boc-
ciato l’iniziativa del suo ex edi-
tore, pronto se si verificasse a la-
sciare l’emittente
ne bis in idem
.
Nella vicenda vanno precisate
alcune regole. In base ai parame-
tri del cosiddetto Sic della legge
Gasparri, la raccolta della pub-
blicità allargata trova un tetto pa-
ri al 20% del totale e nessun
gruppo televisivo può controllare
più di 5 multiplex a testa. L’ana-
lisi riguarda il fatto se Mediaset
supera questi paletti di legge ed
allora non può partecipare al-
l’asta. Se invece è dentro si tratta
di una legittima scelta aziendale
prevista dal codice civile e dalle
norme Ue sulla concorrenza.
Il quotidiano
Pubblico
(
al
quale diamo il benvenuto) è di-
retto da Luca Telese che detiene
il 51% del capitale. Il pubblico
di riferimento è di sinistra, più o
meno lo stesso di
Liberazione
,
Manifesto
,
Unità
,
con l’obiettivo
di vendere almeno 10 mila copie
e con una società di pubblicità
che raccolga almeno 700 mila eu-
ro l’anno. Si ispira al
Fatto quo-
tidiano
da cui Telese si è staccato,
con firme come quella di Ritanna
Armeni, ex
Unità
,
come il capo-
redattore Fabio Luppino, Ascanio
Celestini, Darwin Pastorino, Cor-
rado Formigli che si alterna con
Michele Santoro su
La7
.
Otto e
mezzo
con Lilli Gruber,
Piazza-
pulita
,
In Onda
(
Telese-Porro),
l’Infedele
(
Gad Lerner)
Servizio
pubblico
sono le armi televisive
(
in aggiunta al
Tg3
di Bianca Ber-
linguer) dell’approfondimento po-
litico delle sinistre come
Repub-
blica
e
La Stampa
lo sono per la
carta stampata.
La lunga storia dell’Ilva, daTambroni ad oggi
er Ilva, l’unica attività consen-
tita è la bonifica degli impianti,
ha precisato la procura di Taranto.
È smentita l’autorizzazione ad una
produzione ridotta. In fabbrica c’è
molta tensione e molta preoccupa-
zione da parte degli operai, in que-
sto momento tutti aspettano con
ansia. Dopo il nuovo provvedi-
mento dei magistrati in fabbrica
cresce la paura. I custodi giudiziari
non possono concedere altro tem-
po all’Ilva, secondo come scrive la
procura. Negli impianti sequestrati
è inibita qualunque attività pro-
duttiva, pertanto questi non pos-
sono andare neppure al minimo
come ha precisato il procuratore
di Taranto Sebastio. Gli impianti
devono restare accesi solo per con-
sentire la bonifica. Dunque non ba-
sta che la produzione sia già scesa
al 70%. Lo stabilimento sta con-
tinuando ad inquinare anche se-
condo le immagini riprese di notte
dalla telecamera a raggi infrarossi
degli attivisti del Fondo Anti Dios-
sina. Emissioni inquinanti e peri-
colose che causano malattia e mor-
te nella popolazione secondo le
perizie disposte dal gip. In teoria
lo spegnimento del primo altofor-
no potrebbe già scattare la prossi-
ma settimana poi toccherà alle bat-
terie delle cokerie 5 e 6 e a due
linee dell’agglomerato. A questo
punto per evitare di mandare a ca-
sa migliaia di operai resterebbe
una sola via d’uscita. L’Ilva potreb-
be chiedere con una istanza al gip
una parziale facoltà d’uso presen-
tando il piano d’interventi già an-
P
nunciato dal presidente Ferrante
nell’incontro con il ministro Clini.
Con i suoi duecentomila abitanti
Taranto è una delle città più indu-
strializzate d’Italia. In periferia ol-
tre allo stabilimento siderurgico
più grande d’Europa si trovano
una raffineria dell’Eni, un cemen-
tificio, una fabbrica di pale eoliche.
Il governo ha definito Taranto un
caso nazionale e da una parte c’è
la necessita di difendere un sito in-
dustriale di importanza strategica
dall’altra di risolvere i problemi
d’inquinamento, individuare e
bloccarne le fonti. La buona vo-
lontà, le firme di accordi, i prov-
vedimenti di sviluppo e le bonifi-
che si stanno definendo ma la città
soffre per aver pagato prezzi altis-
simi da quando sul posto è iniziata
la rivoluzione industriale. Non so-
no mancati periodi di benessere
ma oggi la crisi è alle porte e i cit-
tadini aspettano fatti concreti. Nel
1959
il governo Tambroni dette il
via a Taranto alla costruzione del
quarto centro siderurgico. La pri-
ma pietra venne posata il 9 luglio
1960.
Quarantamila lavoratori
parteciparono alla costruzione. La
scelta non fu casuale, la posizione
strategica nel Mediterraneo rende-
va la città un importante
terminal
.
Partivano le navi cariche di acciaio
e tubi per il fabbisogno nazionale
ed internazionale. Lo stabilimento
fu inaugurato dal presidente del
consiglio Aldo Moro accompagna-
to dai ministri Colombo, Pieracci-
ni, Bo e Arnaudi. L’acciaieria gran-
de una volta e mezza Taranto,
costruita troppo a ridosso della cit-
tà, fu realizzata dall’Italsider, so-
cietà facente parte del gruppo Iri
Finsider. Guidato da Petrilli presi-
dente dell’Iri e dai presidenti del-
l’Italsider Marchesi e della Finsider
Manuelli, l’onorevole Moro visitò
insieme alle autorità l’imponente
realizzazione. L’impianto sembrava
una città da fantascienza con i suoi
giganteschi tralicci e gru, con le in-
terminabili linee di nastri traspor-
tatori con i colossali altiforni e
convertitori di ghisa. Si innestò nel-
la catena di industrie siderurgiche
italiane costituendo un sistema di
altissimo livello tecnico e produt-
tivo e di altissimo valore interna-
zionale. L’allora ministro delle
partecipazioni statali Bo sottolineò
che con questo impianto e con le
altre realizzazioni nel sud si volle
compiere un atto politicamente
lungimirante. In effetti allora i la-
voratori tarantini e della provincia
vissero un periodo di euforia e di
sviluppo. Il porto venne raddop-
piato, vi furono nuovi collegamen-
ti stradali e ferroviari. Lo stabili-
mento ampliò la produzione fino
a dieci milioni di tonnellate di ac-
ciaio e si pensava che il periodo di
benessere durasse per sempre. Non
fu così, dopo il raddoppio dello
stabilimento il settore internazio-
nale dell’acciaio iniziò un periodo
di flessione dovuto ai paesi emer-
genti, soprattutto al Giappone. Ne-
gli anni ’80 ci fu una fase di ridi-
mensionamento del personale e
dell’indotto. Si parlò di cassa inte-
grazione, di licenziamenti, e si co-
minciò a pensare ad una riconver-
sione. Ma fu molto più comodo
sedersi su un atteggiamento assi-
stenzialistico e parassitario che eb-
be facile diffusione nel sistema
economico, politico e amministra-
tivo di Taranto e provincia. Nel
1995
arriva Emilio Riva che fa
cambiare il modello produttivo.
Spariscono, si può dire, le vecchie
maniere assistenzialistiche e con-
nivenze politiche dirette, locali e
nazionali e aumentano i conflitti
con le parti sociali, dopo la vendita
dello stabilimento alla gestione pri-
vata. Attualmente il del Gruppo
Riva gestisce il maggiore impianto
dell’acciaio a ciclo integrale d’Eu-
ropa. Il personale impegnato è di
circa dodicimila unità a cui biso-
gna aggiungerne tremila dell’indot-
to. Il gruppo ha fatturato nel 2011
circa dieci miliardi di euro nono-
stante gli alti e bassi del mercato
internazionale. L’accusa di inadem-
pienze ambientali è provata ma
non mancano iniziative di adegua-
mento alle normative ambientali.
Per l’adeguamento alla normativa
internazionale l’Ilva ha ottenuto
l’Autorizzazione Integrata Ambien-
tale il 4 agosto del 2011. Inoltre
ha dato inizio alla costruzione di
una barriera di 1600 metri alta 21
metri destinata al contenimento
delle polveri. Un quarto delle atti-
vità lavorative della città dipendo-
no dallo stabilimento siderurgico
e il dialogo tra le parti è aperto.
Queste purtroppo sin dalle sue ori-
gini hanno sottovalutato spesso il
problema ambientale ed ora se ne
pagano le conseguenze. Intanto
chiusura o no dello stabilimento,
l’inquinamento in alcune aree sem-
bra quasi irreversibile. Ci vorranno
decenni e con maggiori costi, per
bonificare le diossine che hanno
avvelenato l’ecosistema e le catene
alimentari ed hanno messo in pe-
ricolo la genetica umana e vegetale
con lo spargimento delle sostanze
che continuano a mietere vittime.
VITO PIEPOLI
La Merkel, il Cav e il giornalismo provinciale del Belpaese
K
Berlino. La scena è quella di una normale con-
ferenza stampa. A tenerla è il cancelliere tedesco An-
gela Merkel che risponde alle domande dei giornalisti
della stampa estera. Tema dell’incontro: la crisi eco-
nomica europea e le politiche per uscirne. Di parla
delle scelte della Bce guidata da Mario Draghi, del-
l’opposizione del presidente della Bundesbank, Jens
Weidmann, al programma di acquisto di titoli di stato
varato da Francoforte (il cosiddetto piano anti-spread).
Tutti argomenti di un qualche interesse internazionale,
rispetto ai quali l’atteggiamento e le scelte politiche
della Germania (e dunque della Merkel) sono parti-
colarmente rilevanti. Una conferenza, insomma, gior-
nalisticamente interessante di per sé. Evidentemente
non abbastanza per qualche giornalista che ha pen-
sato bene a come poter tirare fuori un titoletto sfizioso
per la super provinciale stampa italiana. Così si alza
e chiede ad Angela Merkel se sia preoccupata del
possibile ritorno di Silvio Berlusconi? «Io sono una
politica democratica. E mi concentro sulla Germania
e sui fatti concreti», risponde secca la Cancelliera.
«
Io rispetto i risultati elettorali di ogni paese - continua
un po’ seccata – E vorrei concentrarmi sulle domande
che rientrano nel mio campo d’influenza».
Bella figura di merda, verrebbe da dire, per l’arguto
intervistatore. E invece no. Invece aveva proprio ra-
gione lui. Perché tempo due minuti e la sua insulsa
domanda finisce come titolo del Corriere.it. Con tanto
di elogio nel corpo dell’articolo che spiega testual-
mente: «Angela Merkel in conferenza stampa a Ber-
lino ha eluso così una domanda impertinente sull’ex
premier italiano». Cosa ci sia d’impertinente lo sa solo
l’articolista del Corriere. Mentre quanto sia dispera-
tamente e irrimediabilmente provinciale la stampa ita-
liana, ormai lo sappiamo tutti.
CRISTINA MISSIROLI
Esce oggi il nuovo
quotidiano diretto
da Telese, che punta
a quota 40mila copie
Raccoglierà il vuoto
lasciato dal Riformista
e Liberazione, sfidando
la linea del Fatto
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 18 SETTEMBRE 2012
4