Page 2 - Opinione del 18-10-2012

on prendiamoci in giro,
chiunque si è trovato di
fronte l’idraulico, il medico o il
negoziante che gli ha proposto
uno sconto per non fare la fat-
tura. E la stragrande maggioran-
za ha accettato la proposta per-
ché ha fatto prevalere gli egoismi
personali sull’interesse sociale,
alquanto evanescente di fronte
ad uno Stato buono solo a sper-
perare. Ora, moralizzare tutta la
popolazione e sperare che sia
composta più da santi che da
evasori è semplicemente ridico-
lo.
Proprio perché l’evasione è
diffusa, perché abbastanza sem-
plice da gestire, perché è impos-
sibile per gli ispettori fiscali con-
trollare tutti, perché questo
controllo avrebbe dei costi per-
sino superiori alle entrate che si
recupererebbero, allora perché
non approfittare degli egoismi
dei cittadini, anziché cercare in-
vano di combatterli? Se si mette
ogni cittadino in condizione di
rifiutare quella proposta inde-
cente, l’evasione avrà vita più
dura. Ma per fare ciò occorre in-
centivare in modo uguale e con-
trario quello stesso egoismo che
la proposta solleticava, permet-
tendogli di guadagnarci o quanto
meno uscirne alla pari. E c’è un
modo che tutti consideriamo
l’unico logico ed efficace: la de-
trazione o deduzione fiscale di
tutte le spese. Se quella fattura
mi permette di ridurre le mie tas-
se, l’idraulico dovrebbe propor-
mi uno sconto insostenibile per
convincermi a rinunciarvi.
Che idea geniale ha avuto, in-
vece, il governo con la legge di
stabilità? Fissare un tetto ridicolo
di 3.000 € a detrazioni e dedu-
zioni (per intenderci, bastano gli
interessi di un mutuo per rag-
N
giungerlo). Tutto il resto? In nero
ovviamente, con buona pace del-
la campagna puramente media-
tica di lotta all’evasione. Come
se non bastasse l’Iva aumenta al
22%,
così lo sconto proposto
dall’evasore incentivato sarà an-
cora più difficile da rifiutare, so-
pratutto con l’aria di crisi che ti-
ra, quando ogni briciola fa
sostanza.
Così, da un lato fanno la voce
grossa, aumentano i controlli ed
i relativi costi, ci spiano ogni spe-
sa, e dall’altro eliminano l’unico
strumento efficace per combat-
tere l’evasione. Il tutto, di nuovo,
mi sembra più dettato da motivi
elettorali che di reale utilità pra-
tica, tant’è che lo stesso Grilli ha
dovuto confessare che se si eli-
mina il tetto e non si aumenta
l’Iva, non possono ridurre l’Irpef.
Dicesi ammissione di bufala, ov-
vero supposta. Per di più, in un
momento in cui si dovrebbero
favorire i consumi è un boome-
rang.
Devo rifare il bagno? Mi han-
no lasciato un contentino con la
riduzione dell’Irpef, ma con l’Iva
aumentata mi costa di più ed il
36%
non me lo posso più de-
trarre. I casi sono due: o accetto
lo sconto in nero del 25% pro-
posto dall’idraulico oppure ri-
nuncio al bagno nuovo. In en-
trambi i casi lo stato non vede
un centesimo.
E ne siamo tutti consapevoli
proprio perché riceviamo propo-
ste indecenti ogni giorno, tutti
reclamiamo questo metodo, ma
nessun governante ha il coraggio
di metterlo in pratica per il timo-
re di veder ridurre le entrate. In-
genui oltre che pavidi. Ma, se
non ce l’ha, il coraggio, uno non
se lo può dare.
BARBARA DI SALVO
di
FEDERICO PUNZI
Prima
Repubblica
,
poi il
Sole24ore
,
prosegue l’offensiva
mediatica del ministro del Tesoro
Vittorio Grilli per difendere la
legge di stabilità dalle numerose
critiche di queste ore – sulla re-
troattività del taglio alle agevo-
lazioni fiscali, sulla tentata stan-
gata ai disabili e ai servizi ad essi
dedicati, così come sui tagli alla
sanità.
Ma nel complesso, l’obiettivo
comunicativo di cui abbiamo
scritto su queste pagine nei giorni
scorsi – nascondere un ulteriore
aumento di tasse incrociando tra
di loro tagli e aumenti di imposte
può dirsi raggiunto.
Ancora oggi, infatti, dopo che
il testo definitivo è stato final-
mente presentato alle Camere,
sono oggetto di polemica le sin-
gole misure, ma dal dibattito non
emerge con sufficiente chiarezza
che nonostante il timido inter-
vento sull’Irpef, nel 2013 e negli
anni seguenti pagheremo com-
plessivamente più tasse.
Nessun giornale ha ancora
chiesto conto al ministro Grilli
del saldo reale delle misure fisca-
li.
È vero che se si guarda alla le-
gislazione vigente, nella quale
l’aumento di ben due punti del-
l’Iva a partire da luglio era già
stato inserito, l’aumento di un
solo punto può essere presentato
come una diminuzione dell’im-
posta, che si andrebbe ad aggiun-
gere al mini-taglio delle aliquote
Irpef e alla detassazione dei salari
di produttività.
Ma il suo effetto concreto, ri-
spetto all’anno precedente, sarà
di 3,3 miliardi in meno nelle ta-
sche degli italiani e altrettanti in
più nelle casse dello stato.
Non si capisce quindi come
mai nessun importante organo di
stampa obietti a Grilli che gli 8,7
miliardi di tasse in meno che
continua ad annunciare sono in
realtà 5,4 miliardi, a fronte di
aumenti di imposte per circa 6,7
miliardi. Rapporto destinato a
peggiorare, a legislazione inva-
riata, dal 2014: circa 6,6 miliardi
contro circa 10.
E sorprende come sia passata
praticamente inosservata la grave
gaffe del ministro sulla retroat-
tività dei tagli a detrazioni e de-
duzioni, che è sì – ammette – una
violazione dello statuto dei con-
tribuenti, ma negli anni, spiega
con stupefacente faccia tosta, le
violazioni «sono la regola piut-
tosto che l’eccezione». Il che con
tutta evidenza non giustifica af-
fatto ulteriori violazioni, semmai
le aggrava, essendo intenzionali
e reiterate.
È tollerabile che un ministro
ammetta candidamente di non ri-
spettare la legge? E se i contri-
buenti, a loro volta, si giustifi-
cassero dicendo che negli anni
l’evasione fiscale è stata la regola
piuttosto che l’eccezione?
Il ministro è apparso possibi-
lista sull’ipotesi di eliminare la
retroattività, così come sugli altri
punti controversi («siamo aperti
alla discussione su tutto in Par-
lamento»), ma le sue parole suo-
nano piuttosto come una sfida:
il Parlamento si accomodi, ma
sappia che costa un miliardo e il
rischio è dover rinviare il taglio
dell’Irpef sul secondo scaglione.
Confermato l’approccio ridut-
tivo sulle dismissioni, finalizzate
a raccattare qualche miliardo
qua e là, come tappa-buchi piut-
tosto che un’operazione per ab-
battere il debito e rilanciare
l’economia. I proventi (circa un
punto di Pil) verranno in parte
utilizzati per accelerare i paga-
menti della Pa alle imprese, ma
sarà un «seminario» con i sog-
getti politici e istituzionali coin-
volti a inviduare, entro fine anno,
i beni da vendere e le procedure
da utilizzare.
Insomma, il dibattito è aperto,
ma come spesso capita quando
sono i diversi tentacoli della pio-
vra pubblica a doversi districare,
potrebbe durare mesi, per parto-
rire, infine, il tipico topolino.
E che sia il ministro Grilli a
esporsi sulla legge di stabilità, a
metterci la faccia, mentre il pre-
mier sull’argomento tace da una
settimana, dalla conferenza stam-
pa al termine del Cdm del varo,
potrebbe essere l’indizio di un
malumore.
Che il presidente Monti e altri
ministri fossero davvero convinti
che si aprisse la strada, o almeno
un viottolo, ad una riduzione
delle tasse?
È possibile che il Tesoro, dal
ministro Grilli al suo gabinetto,
passando per la Ragioneria ge-
nerale, abbiano usato il mini-ta-
glio dell’Irpef come cortina fu-
mogena anche nei confronti del
resto del governo, premier com-
preso?
Congetture, certo, ma a leg-
gere il lungo elenco di imposte e
balzelli “minori”, che insieme al
taglio di detrazioni e deduzioni
alla fine fa pendere la bilancia
sul lato delle maggiori entrate, la
sensazione è che mentre il Cdm
decideva il senso strategico del
testo puntando sulla riduzione
dell’Irpef per compensare il par-
ziale aumento dell’Iva, quindi in
un gioco a somma zero, in fase
di messa a punto il saldo delle
misure fiscali sia stato deviato a
sfavore dei contribuenti.
II
POLITICA
II
segue dalla prima
Monti e la “pezza”
(...)
tra stato e regioni ma non potrà in al-
cun modo rappresentare una vera e com-
pleta riforma delle autonomie. Si dirà che
a Monti non si può chiedere l’impossibile.
E che è meglio una “ pezza” parziale ma
che risolve almeno in parte un problema
che una riforma perfetta destinata a rima-
nere sempre sulla carta e non a vedere mai
la luce. Ma il governo tecnico chiamato a
fare le riforme imposte dall’emergenza può
comportarsi come un qualsiasi governo po-
litico retto su fragili equilibri? La questione
non è peregrina. Monti corre il rischio di
passare come l’uomo delle mezze riforme
sempre incomplete (quella del lavoro), mai
ragionate (quella delle pensioni con la di-
menticanza sugli esodati), costantemente
legate alle spinte emotive del momento (leg-
ge anticorruzione) ed esclusivamente rivolte
a rincorrere le circostanze occasionali. Per-
ché non sfuggire a questo pericolo con la
proposta al paese di una qualche riforma
piena, completa e comprensibile? Non im-
porta se “a futura memoria”. Perché non
è con le pezze che si prepara il futuro ma
anche (o solo) con “memorie” capaci di in-
dicare prospettive concrete.
ARTURO DIACONALE
Paradosso Celeste
Il fatto è che da domenica in poi, la gior-
nata della crisi più alta formigoniana, qual-
cosa è successo e ciò che sembrava irrepa-
rabilmente perduto dopo lo sgambetto
micidiale leghista è stato preso per i capelli
dal Celeste, nonostante le piazze infiammate
da una sinistra che sembra ripercorrere le
indegne strade delle monetine, con aggres-
sioni allo stesso Formigoni nella sua città
d’origine, le occupazioni di piazze e di aule
e le solite liturgie agit prop.
È successo, semplicemente, che Formigoni
ha riempito il vuoto lasciato da un Pdl lom-
bardo in via di disfacimento, prendendo fi-
nalmente l’iniziativa senza aspettare altri
aiuti ma, anzi, anticipando eventuali disastri
della Lega che il Celeste reputa responsabile
di un ribaltone che ha rischiato di annien-
tare in un attimo non solo la figura del go-
vernatore ma il risultato di anni e anni di
attività, anche con la stessa Lega. E il fatto
che il pallino sia ritornato nelle mani del
presidente-governatore può consentire
un’attimo di tregua alla guerra in atto, in
cui spicca quella vittoriosa della corazzata
scalfariana dopo un anno di una martel-
lante e inesausta campagna delegittimante:
chapeau!
Il Celeste può ora continuare a dare le car-
te, andare alle elezioni con una giunta di-
versa e più snella,minacciare i leghisti infidi
e vagamente autolesionisti e costringere le
opposizioni a misurarsi nei tempi ristretti
senza farsi rosolare a fuoco lento e, soprat-
tutto, preparando un suo successore che,
oggi come oggi, è Gabriele Albertini.
Non è poco. Anche se non è molto rispetto
alla impressionante character assassination
mediatico giudiziaria che ha pesato, pesa
e peserà sul bilancio complessivo della lun-
ga parabola formigoniana. È il cosiddetto
paradosso del Celeste. Perchè il pericolo di
buttare via il bambino con l’acqua sporca
è sempre dietro l’angolo.
PAOLO PILLITTERI
AncheMonti, come il Cav,
fregato dai tecnici delTesoro?
Il governo premia
gli evasori fiscali
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L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 18 OTTOBRE 2012
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