Page 3 - Opinione del 18-10-2012

ersani ha polemizzato con
la teoria dei rottamatori e
ha spiegato la verità, e cioè che le
liste non le fa il capo ma i gruppi
dirigenti», afferma Massimo
D’Alema a margine della presen-
tazione del libro di De Mita. Mai
cornice s’è rivelata più azzeccata
per l’attuale quadretto politico.
Trasversalmente parlando, i partiti
oggi in campo sembrerebbero solo
tre: quello che reputa giusto in po-
litica vengano confermati i “pro-
fessionisti di lungo corso”, poi c’è
il partito dei “tecnici allo stato pu-
ro” e, dulcis in fundo, i rottama-
tori che predicano il nuovismo a
tutti i costi.
Al partito dei “professionisti di
lungo corso” sono iscritti di diritto
i vari D’Alema, De Mita (per que-
sta legislatura non siede in Parla-
mento), Pisanu, Casini, Fini, Ca-
stagnetti, Buttiglione, La Malfa...
è il partito che annovera tra le
proprie fila più del 65% degli elet-
ti a Camera, Senato, Regioni ed
enti vari: è uno schieramento forte
che, per mantenere la poltrona, ha
già stretto varie alleanze e patti col
partito dei “tecnici allo stato pu-
ro”. Quest’ultimo è il partito di
Monti, Passera, Severino, Fornero,
Gnudi e membri vari dell’attuale
governo: è un “gruppo tecnico”
(
chiamiamolo anche partito) che
non ha bisogno dell’avallo dei
professionisti di lungo corso”, in-
«
B
fatti i “tecnici allo stato puro” go-
dono della divina investitura dei
banchieri europei, dei vertici delle
società di rating, del mondo acca-
demico internazionale... soprattut-
to solo con loro intendono trattare
i governi dei paesi ricchi dell’Ue.
In terzo incomodo è rappresentato
dai rottamatori, i nuovisti come
Grillo e Renzi che fanno presa sui
sindaci dei piccoli comuni e sui
tanti rappresentanti delle liste ci-
viche: sono odiati sia dai “tecnici”
che dai “professionisti”.
La domanda che molti si pon-
gono è se riuscirà la perversa alle-
anza tra “tecnici” e “professioni-
sti” a frenare la voglia di
rinnovamento che, a mo’ d’epide-
mia, devasta l’elettorato tutto.
«
Il rinnovamento della politica
non può essere affidato al caso o
all’iniziativa dei singoli - pontifica
Luca Cordero di Montezemolo
(
patron di Italia Futura) -. La clas-
se politica italiana ha il dovere di
assumere un’iniziativa di sistema
che trasmetta un messaggio chiaro
e indiscutibile: operare una rigo-
rosa selezione in base alla quale
solo un quinto degli attuali depu-
tati e senatori dovrebbe essere ri-
presentata alla prova elettorale».
Ma questo è un disarmo unilate-
rale delle leadership?
«
Tale sarebbe la scelta, da par-
te delle leadership nazionali dei
partiti, di autoregolamentare la
quantità e la qualità dei ricandi-
dati alle prossime elezioni - sen-
tenzia il presidente della Ferrari )
-
solo in questo modo potrebbero
sperare di riguadagnare la fiducia
dei cittadini e di entrare da auto-
revoli protagonisti nella Terza re-
pubblica».
Intanto i rottamatori non de-
mordono, soprattutto spuntano
come funghi tra Pd e Pdl: nel Pdl
milanese corrispondono a Giulio
Gallera e Sandro Sisler, che chie-
dono al segretario Angelino Alfa-
no l’azzeramento della classe diri-
gente. A Milano la voglia di
rottamazione nel Pdl è ormai en-
demica ed al partito di Sisler e
Gallera si sono iscritti anche i con-
siglieri Giacomo Beretta, Luca Del
Gobbo, Giuseppe Lardieri, Marco
Osnato, Luca Squeri... persino Ti-
ziana Maiolo segue i rottamatori
di centro-destra.
Mentre nel Pd c’è Giorgio
Merlo (vice-presidente Commis-
sione vigilanza Rai) che cerca il
martirio pur di salvare la classe di-
rigente legata a D’Alema, Bersani
e Rosy Bindi. Merlo attacca Renzi
a testa bassa, in nome d’una sorta
di legittima dirigenza della sinistra.
Ma nessuno sembra aver capito
che siamo al tramonto del suffra-
gio universale. Il futuro è dei su-
pertecnici nominati, come Ue co-
manda.
RUGGIERO CAPONE
II
ATTUALITÀ
II
Burocrazia: 26,5miliardi che soffocano l’impresa
di
LUCA PAUTASSO
e spire della burocrazia soffo-
cano la piccola e media impresa
italiana. È un boa constrictor da
26,5
miliardi l’anno quello misu-
rato in tutta la sua minacciosa lun-
ghezza dalla Cgia di Mestre. Quan-
to basterebbe per creare oltre
600
mila nuovi posti di lavoro. E a
far la fine del topo, ancora una vol-
ta, sono le piccole e medie imprese.
La “spina dorsale dell’economia ita-
liana”.
Schiacciate dai crediti insoluti
con lo stato, dalla pressione fiscale,
dall’articolo 18, dal paventato au-
mento dell’Iva che rischia di dare
il colpo di grazia ai consumi, o da-
gli istituti di credito che si rifiutano
di accendere nuovi mutui, devono
fare i conti anche con lacci e lac-
ciuoli della burocrazia.
Secondo uno studio del 2011
pubblicato dalla Presidenza del
Consiglio dei Ministri, l’insosteni-
bile pesantezza della burocrazia è
uno dei principali ostacoli alla cre-
scita del nostri sistema economico.
Ogni anno le aziende sborsano 23
miliardi per compilare montagne
di scartoffie in materia di lavoro,
di ambiente, di fisco, di privacy, di
sicurezza sul lavoro, di prevenzione
incendi, di appalti e di tutela del
paesaggio. Tonnellate di carta strac-
cia, per buona parte utile soltanto
a “sfamare la Bestia”, pesano come
non mai su un sistema produttivo
già oppresso dalla crisi. E negli ul-
timi mesi la sinfonia non è cambia-
ta. Anzi: ai circa 23 miliardi di euro
L
annui calcolati allora come media
dei costi della burocrazia sulle im-
prese, oggi se ne sono aggiunti altri
3,5.
E ad ogni piccola impresa l’ap-
parato burocratico costa 6mila eu-
ro.
Ma i costi della burocrazia co-
stituiscono anche una pesantissima
palla al piede per l’occupazione. Lo
diceva già nel febbraio scorso Giu-
seppe Bortolussi, segretario della
Cgia: «Se con un colpo di bacchetta
magica fossimo in grado di ridurne
il costo della metà, libereremmo
11,5
miliardi di euro all’anno che
potrebbero dar luogo, almeno teo-
ricamente, a 300mila nuovi posti
di lavoro. Invece - prosegue Borto-
lussi - tra il peso delle tasse e le dif-
ficoltà nel districarsi tra i meandri
della burocrazia italiana, le imprese,
soprattutto quelle di piccole dimen-
sioni, continuano a perdere tempo
e denaro».
Ecco nel dettaglio dove la buro-
crazia esercita i suoi effetti peggiori.
Il settore che incide di più sui bi-
lanci delle Pmi è quello del lavoro
e della previdenza: dalla tenuta dei
libri paga alle le comunicazioni le-
gate alle assunzioni o alle cessazioni
di lavoro, passando le denunce
mensili dei dati retributivi e contri-
butivi, l’ammontare delle retribu-
zioni e delle autoliquidazioni e così
via. L’intero capitolo costa al siste-
ma delle Pmi quasi 10 miliardi l’an-
no (9,9, per amor di precisione).
A seguire, l’area degli obblighi
ambientali, che pesa per 3,4 miliar-
di di euro l’anno. Tra le prime voci
di spesa le autorizzazioni per lo sca-
rico delle acque reflue e la docu-
mentazione per l’impatto acustico.
E poi ancora la tenuta dei registri
dei rifiuti e le autorizzazioni per le
emissioni in atmosfera.
Di grande rilievo anche i costi
amministrativi legate agli adempi-
menti in materia fiscale. Non si pa-
gano soltanto le tasse tout-court,
ma anche le dichiarazioni dei sosti-
tuti di imposta, le comunicazioni
periodiche ed annuali Iva, e così
via. Tra bolli, timbri e vidimazioni
varie se ne vanno così ogni anno
2,8
miliardi di euro “extra” rispetto
alla normale pressione fiscale. Che,
horribile dictu
già in Italia per le
imprese arriva a divorare da sola
quasi il 70% sugli utili del bilancio
annuale.
Gli altri settori che incidono sui
costi amministrativi delle Pmi sono
la privacy (2,2 miliardi di euro), la
sicurezza sul lavoro (1,5 miliardi),
la prevenzione incendi (1,4 miliar-
di), gli appalti (1,2 miliardi) e la tu-
tela del paesaggio e dei beni cultu-
rali (0,6 miliardi).
Le ripercussioni negative di que-
sto Leviatano economico e fiscale
non si abbattono però soltanto sul
bilancio delle Pmi di casa nostra.
L’inefficienza della macchina am-
ministrativa pubblica, infatti, af-
fiancata spesso ad una legislazione
indecifrabile o di difficile applica-
zione, ha effetti negativi anche oltre
i confini italiani, perché scoraggia
gli investimenti dall’estero. «I tempi
e i costi della burocrazia sono di-
ventati una patologia endemica che
caratterizza negativamente il nostro
Paese», spiega il segretario della
Cgia. «Non è un caso che molti in-
vestitori stranieri non vengano qui
da noi proprio per la farraginosità
del nostro sistema burocratico», ag-
giunge. Incomunicabilità, mancanza
di trasparenza, incertezza dei tempi
ed adempimenti onerosi hanno ge-
nerato quello che Bortolussi defi-
nisce «un velo di sfiducia tra im-
prese private e Pubblica
amministrazione che non sarà facile
eliminare».
Il settore delle piccole e medie
imprese è a un passo dal diventare
una sorta di
dead man walking
.
Un
cadavere ambulante. «Se teniamo
conto – conclude Bortolussi – che
il carico fiscale sugli utili di un’im-
presa italiana ha raggiunto il
68,6%,
contro una media presente
in Germania del 48,2%, c’è da
chiedersi come facciano i nostri im-
prenditori a reggere ancora il con-
fronto con un fisco ed una buro-
crazia così opprimenti».
Si va avanti soltanto più per
inerzia, oltre che per ostinazione e
coraggio. Ma presto potrebbero
non bastare più nemmeno questi.
I professionisti della politica
stretti tra tecnici e rottamatori
Il Nobel bizzarro
agli euroburocrati
l 12 ottobre scorso nella generale
sorpresa il comitato per il premio
Nobel si è reso promotore di una
iniziativa senza precedenti: l’attri-
buzione del premio Nobel per la
pace 2012 all’Unione europea. È la
prima volta che il premio viene as-
segnato ad una organizzazione di
tipo statuale. La motivazione del
premio è significativa: «La lotta vit-
toriosa per la pace, la riconciliazio-
ne, la democrazia e i diritti». I 15
saggi eletti dal parlamento di Oslo
ripercorrono le fasi cruciali della
costruzione europea, sottolineando
la riconciliazione franco – tedesca
che dimostra come «nemici storici
possono diventare partner stretta-
mente legati», l’allargamento a Gre-
cia, Spagna e Portogallo attraverso
una pacifica transizione verso la
democrazia dopo la fine delle dit-
tature fasciste, la riunificazione con
I
l’Europa orientale «che ha messo
fine alle divisioni tra Est e Ovest, il
ruolo di pacificazione nei Balcani e
da ultimo la spinta al rispetto dei
diritti umani e delle regole demo-
cratiche in Turchia». L’assegnazione
del premio è singolare, perché la
storia dell’Europa di ieri e di oggi
può essere considerata una sorta di
Giano bifronte: da una parte c’è
l’Europa della riconciliazione quale
l’avevano vagheggiata i grandi fon-
datori come Schuman, Monnet, De
Gasperi, Martino e Spinelli. Dal-
l’altra c’è l’Europa che non sveglia
più speranze, ma diffidenze, popu-
lismo di varia estrazione, una Gre-
cia umiliata, un capro espiatorio, il
peso abnorme di un solo stato che
spadroneggia, schierato con i paesi
forti contro quelli deboli denomi-
nati Piigs: la Germania. Non è più
una Unione cui si è aspirato per de-
cenni, ma una costruzione che cade
a pezzi, arretrando anzichè integrar-
si. Il premio Nobel per la pace si
può considerare un appello estremo
a salvare l’Unione, indirizzato ai
governi che agiscono in questa per-
durante crisi economica e finanzia-
ria senza coraggio e senza prospet-
tive, che passano da un vertice
all’altro senza assumere le decisioni
attese dai cittadini e dai mercati,
provocando così «considerevoli di-
sordini e tensioni sociali», che pre-
miano i risorgenti nazionalismi.
FIORENZO GROLLINO
L’OPINIONE delle Libertà
GIOVEDÌ 18 OTTOBRE 2012
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