II
POLITICA
II
Monti non ha saputo parlare ai delusi di destra
di
FEDERICO PUNZI
ossibile che Monti in televisione
risponda, anche in modo un po’
scocciato, che è «prematuro» par-
lare di alleanze dopo il voto e intan-
to ne parla in incontri più o meno
segreti con Bersani? I cittadini non
hanno diritto di sapere se si sta cer-
cando un accordo di governo,
«
un’intesa di massima a collabora-
re», o quanto meno un patto di non
belligeranza? E i giornalisti con la
schiena dritta, non dovrebbero a
questo punto pretendere da Monti
una risposta?
Fin da subito l’operazione Monti
ha assunto una chiara connotazione
centrista e l’odore di accordo post-
elettorale con la sinistra (sia per op-
portunismo, perché il Pd è da mesi
vincitore annunciato delle prossime
elezioni, sia per convergenze politi-
che) si è avvertito distintamente. Fin
dalla conferenza stampa di fine an-
no del 23 dicembre, trasformata in
un comizio contro Berlusconi, ma
ancor prima, dal momento che
nell’azione di governo Monti ha
avuto maggior riguardo nei con-
fronti dell’elettorato di centrosini-
stra, cedendo ai veti di Pd e Cgil.
Molto prima, quindi, che dalla
destra partisse al suo indirizzo l’ac-
cusa di essere una «stampella» della
sinistra e ben prima del suo incontro
con Bersani. Che ci sia tra sinistra
e centro “montiano” un patto di
non belligeranza durante la campa-
gna elettorale e un’intesa di massima
per il dopo non può che rappresen-
tare un elemento di chiarezza per
gli elettori. Ma è un grave errore sia
tattico che strategico di Monti, qual-
siasi sia il suo obiettivo.
Così facendo, infatti, si scopre
su entrambi i fronti: da una parte,
avvalorando la tesi di Berlusconi del
centrino” e del “leaderino” al ser-
vizio della sinistra, sarà sempre più
difficile conquistare i voti di quella
parte dell’elettorato di centrodestra,
la maggioranza, che rifiuta qualsiasi
compromesso con la sinistra; dal-
P
l’altra, l’accordo annunciato con
Bersani tranquillizza gli elettori del
Pd preoccupati dell’influenza di Ven-
dola e di un eccessivo sbilanciamen-
to a sinistra dell’alleanza dei pro-
gressisti. È proprio per
tranquillizzare questi elettori, che
potrebbero essere attratti dal voto
alla Lista Monti, che Bersani e
D’Alema si sforzano di dare per
certa la collaborazione con il pro-
fessore e la sua compatibilità con
Vendola.
Anzi, per il Pd sarebbe la com-
binazione perfetta: trovarsi nella po-
sizione di perno tra un centro e una
sinistra radicale sufficientemente
grandi da rendere numericamente
solida la maggioranza e da essere
palleggiati” come contrappeso
l’uno dell’altra, ma non abbastanza
da esercitare un potere di veto. Si-
gnificherebbe, per gli ex Pci, una
centralità politica senza precedenti,
e a lungo agognata. Ogni volta che
Monti non risponde, o risponde am-
biguamente, alla domanda sulle al-
leanze post-elettorali nel caso, molto
probabile, che la sua coalizione non
uscisse maggioritaria dalle urne, raf-
forza la sensazione dell’ineluttabilità
di un accordo con Bersani, perden-
do capacità d’attrazione sia alla sua
destra che alla sua sinistra. Da una
parte, attaccando Berlusconi da una
posizione centrista, da suo ex elet-
tore deluso per la mancata “rivolu-
zione liberale”, cerca in effetti di
contendere all’ex premier il suo elet-
torato, ma dall’altra, finché permane
l’ambiguità di fondo sul suo posi-
zionamento dopo il voto, il suo “an-
tiberlusconismo” rischia di venire
percepito come una prova della sin-
tonia e dell’alleanza con la sinistra.
L’errore strategico di fondo, co-
me ripetiamo da mesi, sta nel non
aver voluto dar vita ad una nuova
offerta politica di centrodestra net-
tamente alternativa al centrosinistra.
Una forza, cioè, che in uno schema
bipolare ambisse a governare senza
i voti del Pd o, nel caso di sconfitta,
disposta a restare all’opposizione.
È anche vero che le scelte non facili
di politica economica di Monti nei
suoi 13 mesi di governo hanno reso
problematico il rapporto con l’elet-
torato di centrodestra, ma nulla è
stato tentato finora per recuperarlo,
a parte i goffi, tardivi e un po’ irri-
spettosi tentativi di dissociazione
dall’Imu e dal redditometro. E l’im-
pressione è che non basti mettere in
lista Albertini, Mauro, Sechi e Caz-
zola.
Per quasi un anno Berlusconi è
stato assente dalle scene, il suo par-
tito ridotto ai minimi termini, l’elet-
torato sfiduciato, smarrito, lontano,
in attesa di nuove offerte alternative
alla sinistra. Le quali però in tutto
questo tempo non sono arrivate e
ciò permette oggi a Berlusconi di
credere nell’impresa, perché l’unico
ostacolo che ha di fronte nella ri-
conquista del suo elettorato è la de-
lusione, il disgusto per la politica,
la sua azzerata credibilità, ma non
un’offerta politica concorrente.
Proviamo a pensare alla politica
nei termini di un mercato di beni: il
prodotto che mancava e per cui
c’era una forte domanda sul mer-
cato politico, era un nuovo prodotto
rivolto ai consumatori di centrode-
stra, ormai delusi dal vecchio. Pur-
troppo, sia il suo operato come pre-
mier, sia la tentazione di giocare una
partita personale che potesse mas-
simizzare le sue chance di tornare
subito a Palazzo Chigi, hanno por-
tato Monti ad offrire un prodotto
che non colma il vuoto nel mercato.
L’ha di recente sottolineato, su Il Fo-
glio, anche Giovanni Orsina, per il
quale «con l’ovvia eccezione del Ca-
valiere, oggi di fatto nessuno sta
chiedendo il voto all’elettorato ber-
lusconiano», sostanzialmente a cau-
sa di un più o meno consapevole
pregiudizio, se non disprezzo, una
vera e propria distanza antropolo-
gica, rispetto a quell’elettorato. E l’-
ha spiegato ancor meglio Franco
Debenedetti: «Monti si rivolge alla
parte sbagliata del paese. C’è un
compito, dare una prospettiva po-
litica nuova a quel 40% di italiani
che ha votato Berlusconi. L’errore
dell’antiberlusconismo quale abbia-
mo finora conosciuto è stato di non
distinguere tra Berlusconi e chi lo
eleggeva, di disprezzare questi per
demonizzare quello. L’antiberlusco-
nismo ha contagiato Monti che non
ha capito che quella era l’operazione
che avrebbe stabilizzato e reso “eu-
ropeo” il panorama politico italiano.
Invece di questo disegno, Monti ha
preferito impegnarsi in un gioco che
è insieme rigido nelle apparenze e
ambiguo nella sostanza, che invece
di imporsi come visione di assetto
politico del paese, è preoccupato di
assemblare sufficienti consensi per
entrare nei giochi politici che si po-
trebbero aprire dopo le elezioni».
Anche l’idea di Monti - un po’
ingenua ma rispettabile e non del
tutto infondata - di ridefinire i con-
fini politici sull’asse riformatori/con-
servatori, piuttosto che su quello de-
stra/sinistra, è stata vanificata,
contraddetta, imbarcando Fini e Ca-
sini nell’operazione. Ma è un’impo-
stazione, osserva correttamente De-
benedetti, che esprime «una
vocazione tecnocratica, per cui le ri-
forme avrebbero ragione in sé di es-
sere fatte e non ragioni che derivano
da una visione complessiva della so-
cietà». L’asse destra/sinistra sarà an-
che logoro, ormai incapace di rap-
presentare la complessità della realtà
politica, ma ciò non toglie che in de-
mocrazia le diverse visioni della so-
cietà contano ancora.
Non ha convinto
il 40%di elettori
ormai orfani
dal berlusconismo.
Il prodotto che offre
non colma
il vuoto creatosi
nel mercato politico
K
Mario MONTI
L’idea del Professore
di puntare sull’asse
riformatori-conservatori
è stata vanificata.
Meglio sarebbe stato
credere ancora
nel (pur logoro) scontro
destra contro sinistra”
segue dalla prima
Bersani aggressivo
(...)
Deve uscire allo scoperto e radicaliz-
zare al massimo i toni contro i suoi diretti
competitori. Al tempo stesso, sia Monti
che Ingroia non possono permettersi am-
biguità di sorta nei confronti del Partito
Democratico. Il presidente del Consiglio
potrà anche pensare di essere destinato
ad accordarsi con Bersani nella prossima
legislatura. Ma per il momento, se non
vuole subire una cocente sconfitta eletto-
rale personale, deve intensificare i suoi
attacchi al Pd accusandolo di aver emar-
ginato l’area liberal e riformista del par-
tito a tutto vantaggio dell’anima conser-
vatrice e massimalista appiattita sulla
linea della Cgil. E l’ex pm Ingroia, anche
se per convenienza avrebbe desiderato
realizzare qualche accordo di desistenza
con il Pd, non può permettersi cedimenti
di sorta e deve andare avanti sulla linea
del giacobinismo più estremo per conqui-
stare quella parte dell’elettorato di sinistra
deciso ad opporsi a qualsiasi ipotesi di al-
leanza con il montismo. Oltre tutto anche
Ingroia ha il suo nemico a sinistra che si
chiama Beppe Grillo. E se non vuole che
il giacobinismo dell’antipolitica attragga
il giacobinismo giustizialista deve alzare
sempre di più i toni dello scontro con Ber-
sani. La radicalizzazione delle posizioni
a sinistra è, dunque, una strada obbligata.
Che per un verso può servire a Berlusconi
per accelerare la sua rimonta ma che per
l’altro è destinata ad accentuare il rischio
di ingovernabilità nella nuova legislatura
con conseguente rischio di nuove elezioni
nel 2014. Sempre che la crisi non provo-
chi ulteriori e più gravi sorprese.
ARTURO DIACONALE
I veri pifferai magici
(...)
In soldoni, caro Bersani, questo si-
gnifica che la mano pubblica investe enor-
mi risorse in consumi e lascia le briciole
per tutto il resto. La rappresentazione pla-
stica di questa enorme distorsione è che,
nonostante gli oltre 800 miliardi control-
lati dalla stessa mano pubblica, non ci so-
no abbastanza risorse per una manuten-
zione adeguata delle nostre strade,
trasformate alle prime gocce d’acqua in
un gruviera intransitabile. Al di là delle
chiacchiere, questa è una semplice speri-
mentazione che qualunque cittadino ese-
gue sulla propria pelle tutti i giorni.
CLAUDIO ROMITI
K
Silvio BERLUSCONI
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SABATO 19 GENNAIO 2013
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