Pagina 1 - Opinione del 19-8-2012

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Domenica 19 Agosto 2012
delle Libertà
Un fronte liberale per combattere l’antipolitica
on l’approssimarsi delle ele-
zioni politiche sembra accen-
tuarsi il tasso di demagogia e di
populismo presente nella nostra
caotica democrazia. Tra antipolica,
sul cui carro saldamente condotto
dal comico Grillo sono in tanti a
voler salire, e proposte surreali, co-
me quella di promuovere un refe-
rendum sull’euro, si nota una con-
fusa agitazione che certo non aiuta
l’elettorato a formarsi una idea ra-
gionevole sulle cose che andrebbe-
ro effettivamente fatte. Tra queste,
l’idea liberale di un drastico ridi-
mensionamento del colossale siste-
ma burocratico ed assistenziale che
sta mandando in rovina il Paese.
C
Invece, la vocazione a fare il Ma-
saniello della situazione sta diven-
tando una specie di sport naziona-
le. E il principio che sta alla base
di questa sempre più corposa
schiera di salvatori della patria è
sempre lo stesso: cacciare in blocco
l’attuale classe politica per sosti-
tuirla con una nuova generazione
di probi ed onesti amministratori,
naturalmente autoreferenziali, la-
sciando sostanzialmente immutato
l’assetto e le competenze dell’at-
tuale sistema pubblico.
Sotto quest’ultimo profilo, poi,
c’è da notare un atteggiamento
particolarmente nocivo nelle nostre
moderne democrazie del consenso
sostenute a colpi di spesa pubblica.
In pratica, proprio chi si rivolge al-
la demagogia, al populismo e, so-
prattutto, all’antipolitica lo fa per-
chè pensa di aver di aver diritto a
quel paradiso terrestre che in molti
politici di professione hanno pro-
messo di realizzare ma hanno
mancato di farlo, in tutto o in par-
te. Pertanto, mettendo al posto di
costoro persone eventualmente
provenienti dal popolo, così come
si pensa che accada con il Movi-
mento 5 Stelle, si crede di ottenere
finalmente una sorta di moderna
moltiplicazione dei pani e dei pesci.
In altri termini, ed è questa la
cosa più preoccupante, si ha l’im-
pressione che decenni di statalismo
assistenzialista abbia generato nella
pancia del Paese una sorta di dif-
fusa e irresponsabile voracità che
pretende dalla sfera politica la ri-
soluzione di ogni problema ed ogni
aspettativa. Irresponsabile voracità
che, per l’appunto, viene cavalcata
di volta in volta da avventurieri di
ogni colore, anche se il “rosso”
predomina nettamente.
Per questo motivo vi sarebbe
la urgente e vitale necessità di co-
struire un fronte politico alterna-
tivo alla spinta bancarottiera di
chi propone “caramelle” ad libi-
tum per tutti.
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Assange, il brigante del web trasformato inmartire
l peggior errore che si possa fare
quando si combatte una battaglia
è trasformare il proprio nemico in
un martire. Perché a quel punto
non importa più quale siano le ra-
gioni del conflitto, la posta in gioco,
gli interessi da difendere, la legitti-
mità di chi attacca. Contro un mar-
tire non si può mai vincere. Anche
spuntandola, è sempre una vittoria
di Pirro: se tutto va bene, si finisce
come minimo rovinati.
Ecco perché la battaglia politi-
co-diplomatica della Gran Bretagna
contro Julian Assange e i suoi numi
tutelari ecuadoregni è da conside-
rarsi un totale fallimento sotto tutti
i punti di vista, e qualunque saran-
I
no gli esiti finali di questo estenuan-
te (quanto inutile) braccio di ferro.
Londra è riuscita persino a far peg-
gio di quanto non abbia fatto Ro-
ma per il caso dei due fucilieri del
battaglione San Marco sequestrati
dalle autorità indiane. E ci voleva
del bello e del buono per fare peg-
gio di una diplomazia prona ai det-
tami dell’avversario, incapace di far
valere le proprie ragioni sotto qua-
lunque profilo, e talmente pusilla-
nime da preferire il sacrificio stilli-
cida di due militari ad una non ben
definita ragion di stato.
Julian Assange è diventato un
martire senza nemmeno essere mai
stato un eroe. E non ha fatto certo
tutto da solo, anzi. Lui ci ha messo
l’idea, e la capacità di saper sfrut-
tare l’onda lunga del fenomeno
Anonymous, delle ipotesi di com-
plotto, del web come “tana libera-
tutti”. Ha solleticato la pancia della
gente, anche di quella che di per sé
non avrebbe mai creduto ai com-
plotti, ma che trova più consolante
crogiolarsi nelle teorie più stram-
palate piuttosto che affrontare l’or-
rore (quello sì davvero pauroso)
della realtà. Ha costruito, di fatto,
un impero mediatico fondato sullo
spionaggio e sulla delazione, spiat-
tellando cablogrammi privi di rilie-
vo e spacciandoli per notizie, rive-
lando i rumor dei diplomatici alla
stregua di un tabloid scandalistico,
imbarazzando i governi e le diplo-
mazie internazionali, e talvolta met-
tendo a serio repentaglio non solo
operazioni importanti come la lotta
al terrorismo internazionale o al-
l’integralismo islamico, ma anche
la sicurezza e l’incolumità di mi-
gliaia di uomini e donne impegnati
sul campo. Assange non ci ha detto
nulla che non potessimo già sapere
attraverso
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2
di
LUCA PAUTASSO
La battaglia diplomatica
della Gran Bretagna
controMrWikileaks
e i suoi numi tutelari
ecuadoregni è un totale
fallimento sotto tutti
i punti di vista,
qualunque saranno
gli esiti finali di questo
inutile braccio di ferro
di
CLAUDIO ROMITI
È la urgente e vitale
la necessità di costruire
un’alternativa politica
alla spinta bancarottiera
di chi propone
“caramelle”ad libitum
per tutti.Ma servono
ingredienti rari, come
chiarezza nelle idee
e credibilità delle persone
La grande fuga dalla Prigione Italia
K
In principio furono i cervelli. I
primi a comprendere che in un’Italia
senza meritocrazia non c’era futuro. Tec-
nici e scienziati che hanno fatto le valige
per cercare all’estero quelle opportunità
che la patria negava loro.
Poi è toccato agli industriali: con una
pressione fiscale tra le più alte al
mondo, un sistema sindacale ottuso,
una giustizia civile lenta come una tor-
tura e una burocrazia da stato leviatano,
provare a fare gli imprenditori in Italia
era qualcosa di troppo difficile per defi-
nirla soltanto un’impresa. Figurarsi poi
pensare di convincere uno straniero a
tentare l’impresa da noi.
Poi è stata la volta dei ricchi. Chi aveva
una barca, un auto di lusso, un bel di-
pindo o un conto con qualche zero in
fondo ha impacchettato tutto e se n’è
andato all’estero, magari dove il fisco
chiude anche più di un occhio.
Ora tocca agli immigrati. Lo dice l’ultimo
studio di Unioncamere: persino quelli
che una volta facevano tutti quei lavori
che gli italiani non volevano fare hanno
capito che, adesso, in Italia (e per l’Ita-
lia) non c’è più niente da fare.