Page 2 - Opinione del 19-10-2012

ne, dove anche la Cgil funzione
pubblica è a disagio tra l’ex sede
Italcasse ed i palazzi settecenteschi,
dove i manifesti urlati quasi ven-
gono espulsi dai muri dei conventi
e le due sedi Bnl Paris Bas si fron-
teggiano con numeri civici nuovi
diversi da quelli incisi sui muri. Il
Duomo del vescovo orientale è
proprio di faccia a via Molise: i re
guardano centinaia, migliaia di po-
veri cristi che si accapigliano, ur-
lano, si feriscono negli scontri. Qui
è caduto, solo negli ultimi mesi, il
sangue di qualcuno della Sirti,
dell’Alcoa e dell’Alitalia, assieme
a quello delle forze dell’ordine. Vo-
ci dicono che il governo intervenga
solo per chi lasci sangue, un ferito,
due contusi, tra i 200 casi del con-
tenzioso nazionale, nei 2,7 milioni
di ore di cassa integrazione. Chi è
inchiodato alle vertenze locali e re-
gionali blocca strade e palazzi eser-
citandosi per salire di categoria, in
questo campionato non di soluzio-
ni ma solo di sperate attenzioni;
per arrivare a questo incrocio, per
sperare di essere scelto da una tra-
smissione tv e quindi preso in con-
siderazione. Ulltimi al sit di via
Molise quelli delle Acciaiere Terni.
Un bel problema per i fautori di
regole e mercato. A Terni 3mila la-
voratori diretti e 5mia indiretti
producono forse il miglior acciaio
del mondo, oltre il 21% del pil
umbro. Il mercato tira; non ci sono
nemmeno magistrati che vogliano
far chiudere gli impianti per inqui-
namento, malgrado la presenza
della fabbrica in piena città. Il fin-
nico Seitovirta che li ha appena
comprati, dice: bravi, bravissimi. I
problemi stavolta li crea il mecca-
nismo antitrust d’Europa. Per ave-
re il via libera all’acquisto per €2,7
miliardi di Inoxum, l’acciaio inos-
sidabile della tedesca Thyssen-
Krupp, inclusa l’Acciai speciali Ter-
ni, la finlandese Outokumpu ha
preso a gennaio impegni chiari con
Bruxelles. I finnici, a forza di fu-
sioni (British Steel Stainless, sve-
dese Avesta, tedesca Lurgi) dalla
Carelia sono arrivati solo con Ino-
xum a 11mila lavoratori ed alla
posizione dominante di mercato,
oltre il del 50% dell’acciao euro-
peo. Hanno concordato di chiude-
re dal 2013 le acciaierie tedesche
di Krefeld e Bochum. Per il giudi-
zio antitrust europeo previsto per
novembre non basta però. Si va al-
lora a spezzettare l’impianto inte-
grato ternano, smontandone parte
degli impianti. Enti locali e sinda-
cati esplodono. Finiscono tra gli
accusati di complotti nordici, i fin-
nici, i land tedeschi, il sindacato
metameccanico europeo Efm e
quello tedesco IgMetal, oltre alla
debolezza dell’europeo Monti, del
governo dei rispettabili, che non
ricorda che fu proprio Giolitti, in-
tervendo per Terni ad inaugurare
la lunga stagione delle partecipa-
zioni statali. Qualcuno rammenta
che la produzione dell’acciaio
mondiale (1527 miliardi di tonne-
late) già oggi non basta, che per i
700
dell’acciaio cinese (che i ter-
nani considerano assolutamente
scadente) non ci sono limiti e che
i dazi europei al 39% quest’anno
sono stati azzerati; che la Germa-
nia produce il doppio dell’Italia
(
ferma a 30 mt). Altri ricordano
che acciaio è auto, bianco, edilizia,
trasporti, alimentari, energia; che
ciascuno ne consuma 215 kg an-
nuali, che dopo lo smantellamento
dei ’90, oggi con Lucchini, Ilva e
Terni sta crollando un caposaldo.
Un caso interessante, da manuale
quello delle acciaierie, un
case stu-
dy
per liberisti e mercatisti da ri-
solvere prima di sentenziare di
fronte ai nuovi dei del mercato -
onnipotenti dell’ambiente, delle
condanne esempio sugli infortuni
e dell’antitrust- e che stranamente
sul lato B della strada emettono
sempre sentenze negative. Per poi
passeggiare soddisfatti lungo il lato
A, senza parlare di lavoro, tema
noioso, poco etico, senza soluzioni
brillanti.
di
GIUSEPPE MELE
ome l’omonima regione, an-
che via Molise a Roma è mol-
to piccola, stretta tra via Veneto e
via San Basilio, nei pressi di piazza
Barberini. Sta nell’antico rione Lu-
dovisi, che si appoggia frontale a
Villa Borghese, tra le Porte Pia e
Pinciana fino a Piazza di Spagna.
Non ha particolari qualità ed an-
che il ministero dello Sviluppo eco-
nomico vi ha solo un’entrata se-
condaria, la porta di servizio,
diciamo il lato B, mentre l’ingresso
principale è trionfalmente posto in
via Veneto. Ormai da anni i fronte
a quel lato B si affollano lavoratori
e maestranze di tutti i tipi in attesa
dei risultati dei colloqui sulle loro
sorti, affidati a sindacalisti, funzio-
nari e raramente politici, che si ten-
gono dentro il ministero. A Roma
sono molti i luoghi fissati dal pre-
fetto e scelti dalle manifestazioni
di ogni tipo che quotidianamente
influenzano e talvolta bloccano la
vita dei locali lavoratori, cittadini
e turisti. La capitale ha un centro
enorme, proporzionato all’esten-
sione territoriale capitolina, mas-
sima tra le capitali d’Europa. Ep-
pure solo qui, in via Molise le
manifestazioni sembrano avere un
senso. Qui i manifestanti sembrano
sempre più numerosi, stretti lungo
200
metri, come le loro grida ed i
loro tamburi per effetto dell’acu-
stica rimbombano lungo gli alti
muri da più strumenti e gole di
quanto magari non effettivamente
presenti. Qui non si tratta di far
esplodere rabbia o indignazione,
urlare un’opinione, dare prova mu-
scolare di capacità di mobilitazione
e occupazione del territorio. Qui,
spesso le stesse organizzazioni im-
pegnate a sostenere il lavoro, sono
restie ad eccedere nei numeri, per
timore di incidenti. Qui viene chi
è direttamente interessato a quei
colloqui, da cui dipende il suo red-
dito, il suo futuro, il suo mutuo, il
prolungamento o meno del suo
C
sussidio, il suo trasferimento di se-
de o meno, l’esistenza stessa del
suo tipo di lavoro. Aspetta pensan-
do alle tante piccole cose lavorative
spicce e quotidiane che conosce, ai
tanti problemi di cui conosce la
meccanica, le soluzioni e le conse-
guenze. Sa che chi è seduto al ta-
volo non conosce né le prime, né i
secondi; sa che nessuno ne chiede-
rà, perché chi deve decidere può
guardare solo ai grandi numeri, al
database, all’indicazione europea,
al trend dei mercati. La torva con-
sapevolezza rabbiosa e pessimistica
che, anche nel caso migliore e sal-
vifico, i problemi non verranno af-
frontati, perché per quelli non ci
sono mai tavoli di discussione, ri-
versa nuove folle, proletarie d’altri
tempi, oggi fatte da individui da
facebook, a disagio di fronte alla
necessità di reinventarsi una co-
scienza collettiva. nella disabitudi-
ne al dialogo. Il lato A è via Vene-
to, luogo maestoso di grandi hotel,
passeggiate in tacco 12, ambasciata
Usa, vecchi night club, acquari ri-
storanti ben piazzati sui marcia-
piedi, non ha neanche più l’Iri. I
prodotti Libera Terra, santificati
da Don Ciotti, al Cafè de’ Paris,
requisito agli Alvaro, sono durati
un attimo, dopo l’arrivo del nuovo
proprietario straniero. Qui il corpo
pulsante delle manifestazioni trova
uno stop posto dai cellulari blin-
dati e dalle diverse e folkloristiche
divise esibite dai tanti corpi delle
forze dell’ordine che riempiono let-
teralmente tutta via di San Basilio,
a scendere da via Molise verso la
via della dolce vita. Via di San Ba-
silio, come dire di Cristo Re, o me-
glio dedicata ad un porporato
orientale perso nella notte di tem-
po, vescovo di città che non sono
più in regioni scomparse a capo di
ordini religiosi sconosciuti, con un
duomo omonimo incassato tra le
case, con tanto di stemmi, archi,
ospizi e collegi italo-greci, tanto
antichi da venire restaurati già nel
Seicento. Una via reale, dove l’edi-
cola non vende giornali ma è nic-
chia per la Madonna, dove il risto-
rante non può essere che il
prestigiosissimo Moma, osannato
per il cacio sbronzo, dove l’hotel
non può essere che l’ancor più ari-
stocratico albergo LuxuryAleph
della catena Boscolo, ristrutturato
come un inferno dantesco, da
pape
satan, pape satan aleppe
,
monito-
rato da portieri di colore in livrea,
nemmeno la Lousiana presecessio-
II
POLITICA
II
K
Corrado PASSERA e Mario MONTI
segue dalla prima
Democrazia brutale
(...)
tutti gli ostacoli posti dall’eredità della
Prima e della Seconda repubblica estenden-
do il metodo non ad un solo partito o alla
sola sinistra ma all’intero quadro politico
nazionale. Oggi Renzi rottama D’Alema,
Bindi, Marini e costringe Veltroni ad auto-
rottamarsi e Giovanna Melandri a ritirarsi
alla presidenza della Fondazione del Maxxi
di Roma. Ma al tempo stesso Maroni rot-
tama Formigoni e la valanga si estende da
sinistra a destra lasciando intendere che
non risparmierà nulla e nessuno.
Perché mai, ad esempio, se il ricambio ge-
nerazionale deve riguardare i D’Alema, le
Bindi, i Veltroni, possono essere risparmiati
i Fini ed i Casini che di quella generazione
fanno parte per ragioni anagrafiche e po-
litiche? E che dire di Antonio Di Pietro che
in termini politici ha la stessa età dell’an-
tagonista a cui deve gran parte della pro-
pria fortuna, cioè Silvio Berlusconi? E Ven-
dola ? Ed i ragazzi di via Milano (cioè i
giovani missini degli anni’70 diventuti “co-
lonnelli” e “generali” nel trentennio suc-
cessivo?
Non c’è limite, allora, alla valanga rotta-
matrice. Ed è un bene. Ma solo alla condi-
zione che i rottamatori non si limitino a
cacciare i vecchi per prendere il loro posto
ma fissino delle regole precise per la loro
futura sostituzione. La democrazia della
brutalità non serve a cambiare, ma solo a
perpetuare i vizi del passato.
ARTURO DIACONALE
Ricambio e illusione
(...)
Sotto il profilo del vero cambiamento,
una rivoluzione copernicana dovrebbe sca-
turire dal coraggio politico di chi, compresa
l’insostenibilità economica e finanziaria
dell’attuale collettivismo strisciante, una
volta giunto nella stanza dei bottoni ope-
rasse finalmente quelle imponenti riforme
liberali di cui necessita da molto tempo il
nostro Paese. Il nuovo, da questo punto di
vista, significherebbe la riduzione di quel-
l’eccesso di spesa e di tassazione che soffoca
ogni forma di sviluppo. E se a realizzarlo
fosse un quarantenne, piuttosto che un re-
duce della prima Repubblica, importa poco.
Ciò che conta è che finalmente qualcuno
abbia il coraggio di rottamare, questo si,
un sistema che è fallito ovunque sia stato
applicato. Errare è umano, ma perseverare
-
pur sotto le spoglie di un giovin statalista
-
sarebbe veramente diabolico.
CLAUDIO ROMITI
Lo Sviluppo e i tafferugli nella via dellaDolce vita
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ARTURO DIACONALE
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L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 19 OTTOBRE 2012
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