II
ESTERI
II
Rand Paul visita Israele
guardando alla Casa Bianca
di
MARCO RESPINTI
li statunitensi sono rigida-
mente monolingui. Non par-
lano, non comprendono, non scri-
vono lingue straniere. I pochi che
lo fanno, sono indicati a dito co-
me li circondasse un’aura dorata
e loro stessi si sentono degli intel-
lettuali sofisticati. Del resto, quan-
do un americano maneggia una
lingua straniera di solito si tratta
del latino o del greco classico. E
l’italiano serve solo a qualcuno
per leggere direttamente Dante.
Hanno ereditato praticamente tut-
to dai loro progenitori britannici,
e ciò gli basta.
Gli italiani, invece, l’inglese lo
parlano tutti, per lo più da cani,
e infatti normalmente non se ne
fanno nulla.
Tradotto in politica (sulla tri-
stezza degli scambi culturali sten-
diamo un velo pietoso), ciò signi-
fica che normalmente gli
americani non sanno niente delle
nostre vicende, e che quel poco
che sanno è solo quanto smozzi-
cano in tre frasi i corrispondenti
esteri, che però sarebbe come pen-
sare che Giovanna Botteri è
un’autorità sugli Stati Uniti. Gli
italiani, invece, pensano di sapere
tutto di Oltreoceano solo perché
conoscono il ritornello di qualche
loro canzonetta. Nel mezzo, la ve-
ra politica sia dell’Italia sia degli
Stati Uniti prosegue imperturba-
bile il proprio corso, e pochi san-
no cosa davvero ciò comporti.
La settimana scorsa il Sentore
repubblicano del Kentucky Rand
Paul ha compiuto un viaggio in
Israele. Negli Stati Uniti è stata la
notizia del giorno per giorni, un
viaggio seguito in presa diretta
passo dopo passo mentre da noi
nessuno se n’è accorto. Giusto, di-
rà qualcuno, mene interne che
non c’interessano. Sbagliato inve-
ce.
Rand Paul, per chi non lo ri-
cordasse, cioè i più, è stato nel
2010
una delle punte di diamante
politiche dei Tea Party, un benia-
mino del loro popolo, un artefice
del loro successo alla Camera dei
deputati nelle elezioni di “medio
termine” di quell’anno. Rand Paul
è un nemico giurato degli scialac-
qui pubblici, delle tasse esagerate,
delle elefantiasi statalistiche, in-
somma è un
libertarian
tetragono.
Eletto alla Camera, è stato subito
protagonista del “Tea Party Cau-
G
cus” dentro quell’assise, ovvero la
commissione” informale di eletti
proveniente dai Tea Party e decisi
a rappresentarne senza compro-
messi le istanze dentro il Congres-
so. La crescita di Rand Paul è sta-
ta magari lenta, ma continua,
concreta, sensibile. Rand Paul è
inoltre, notoriamente, figlio di
Ron Paul, l’ultrà
libertarian
che
all’età di 77 anni ha corso nel
2012
l’ultima sua campagna pre-
sidenziale totalizzando un succes-
so di gradimento pubblico mai co-
nosciuto prima. I due Paul, Rand
figlio e Ron padre, da buoni
liber-
tarian
,
si portano dietro anche un
bel bagaglio “isolazionista”. Abor-
rono le imprese militari all’estero,
le spese per la Difesa che crescono
vorticosamente, la perdita di li-
bertà concreta per i cittadini che
uno Stato gendarme comporta
sempre. Ron Paul ha cercato la
nomination repubblicana e così
ha guadagnato numeri enormi, se-
gno evidente che è assai meno
marziano di quanto certuni vor-
rebbero dipingerlo. Così configu-
rati, Ron e Rand non sono però
affatto dei pacifisti nel senso sini-
stro che (giustamente) attribuiamo
al termine. Sono invece totalmente
favorevoli, come ogni buon
liber-
tarian
,
al libero possesso personale
di armi da fuoco, esattamente co-
me stabilisce la Costituzione fede-
rale americana a norma di diritto
naturale. Anzi, Ron Paul, in cam-
pagna elettorale, ha chiarito be-
nissimo che un conto è la difesa
legittima di un Paese, un conto
l’aggressione indebita a un altro;
un conto l’interesse nazionale ve-
ro, un altro quello che viene solo
spacciato come tale; un conto un
esercito, un altro un’armata im-
perialista. Infine, da buoni
liber-
tarian
che credono nel diritto na-
turale e nella legge divina che lo
fonda, Ron e Rand sono due cri-
stiani (protestanti) convintissimi,
quindi due antiabortisti irriducibili
con cognizione persino biologica
di causa, essendo Ron, il padre,
un ginecologo prestato alla poli-
tica e Rand, il figlio, un oftalmo-
logo professionista. Anche lui tan-
to prestato bene alla politica che,
sull’onda del successo del padre,
di cui condivide la maggior parte
del programma, e forte del succes-
so personale che da due anni mie-
te dentro il Congresso, sta forse
pensando di correre per la Casa
Bianca nel 2016. L’enorme inte-
resse per il suo viaggio in Israele
si spiega così.
Rand Paul, in corsa per la Ca-
sa Bianca, non è infatti acqua fre-
sca. Per molti versi, Paul jr. è un
uomo capace di scompaginare
schemi vecchi e logiche logore. Di
far lievitare appropriatamente
l’impasto fra
libertarianism
e con-
servatorismo socio-culturale; se
forse non a vincere, può comun-
que mirare a ottenere successi
condizionanti e pesanti. Hai infatti
la physique du rôle per studiare
da concentrato del meglio dei mi-
gliori Repubblicani apparsi di re-
cente sulla scena, di ricapitolare e
di rilanciare l’immarcescibile ere-
dità reaganiana, nonché di portare
all’ultima fase la trasformazione
interna del Partito Repubblicano
americano, da formazione ondi-
vaga a squadra conservatrice.
Solo che il
libertarianism
e l’al-
lure “isolazionista” di uno come
Rand Paul si portano dietro pure
gl’immancabili sospetti di ostilità
verso Israele, se non addirittura
di antisemitismo. Certo tutti san-
no, così come però tutti pure scor-
dano, che antisemitismo, antigiu-
daismo e antisionismo sono realtà
assai diverse; epperò nessuno può
negare che il Novecento ha avvi-
luppato l’una cosa dentro l’altra,
rendendo alla fine l’elemento raz-
zistico praticamente indistinguibile
dalla critica di natura teologica e
dalla lotta politica. Ancorché sia
sempre opportuno, quindi, distin-
guere fra le tre diversissime cose,
nessuna persona di buon senso
può oggi pensare di lanciarsi in
una delle tre, soprattutto nella se-
conda e nella terza, l’antigiudai-
smo teologico e l’antisionismo po-
litico, immaginando di non
passare anche da antisemita raz-
ziale.
Ora, tutto questo, anche solo
partendo dal mero dato politico,
pesa oggettivamente su Rand Paul
e sulla sua possibile candidatura
ai vertici politico-istituzionali del
Paese nordamericano. Il primo a
saperlo è proprio lui, Rand Paul.
Il quale infatti sta facendo di tutto
per convincere il mondo, Israele e
Stati Uniti in primis, che presen-
tarsi con un programma politico
solidale con quello di suo padre
Ron non significa affatto essere
degli antisemiti. Antisemita non è
mai stato nessuno dei due Paul,
né il padre, né il figlio, e solo uno
sciocco potrebbe insinuarlo, su-
bendone però le conseguenze. Ep-
però il loro anti-imperialismo suo-
na male a chi, fra gli statunitensi,
fra gli ebrei americani e dentro il
Partito Repubblicano, lo traduce
subito e sine glossa in ostilità ver-
so Israele. Ecco dunque il senso
del pellegrinaggio alla Canossa
israeliana di un Rand Paul (che
però non ha nulla da farsi perdo-
nare, solo sospetti da allontanare)
con la kippah in capo. Deve con-
vincere, non di non essere antise-
mita, ché nessuno lo pensa, ma di
non essere ostile a Israele quando
critica il ruolo degli “Usa gendar-
mi del mondo”, quando distingue
fra interesse nazionale e avventu-
rismo bellico, quando dice che
aiutare economicamente troppo
Israele e condizionarne sempre e
in ogni caso la politica fa male an-
zitutto a Israele, Paese di cui Rand
Paul non perde, né in patria né
fuori, occasione per dirsi irriduci-
bile amico e fedelissimo alleato.
Non ha ancora convinto tutti, ov-
viamente, ma è sulla buona stra-
da. Perché nutre prospettive di
lungo termine, prepara adeguata-
mente le mosse, studia bene gli av-
versari, conosce gli amici e sa
quanto può essere
carogna
l’in-
formazione. Il percorso è lungo,
Rand Paul ci si è appena incam-
minato, ma già muove adeguata-
mente un passo dopo l’altro. Se
vince la propria scommessa, Rand
Paul sarà riuscito in un numero
politico-culturale che molti atten-
dono da tempo.
da “Italia Domani”
Da coerente libertario,
il Senatore repubblicano,
figlio di Ron Paul,
è anch’egli
un isolazionista
convinto. Una posizione
politica scomoda che,
nel negare aiuti allo Stato
ebraico, può esporsi
ad accuse
antisemitismo.
Rand Paul, proprio
per fugare ogni dubbio,
si è recato in visita
in Israele, dove
ha rilasciato numerose
dichiarazioni
per ribadire l’alleanza
storica fraWashington
e Gerusalemme.
Il giovane Paul deve
riuscire a conciliare
il libertarismo
con il conservatorismo,
se vuol contribuire
a rifondare su basi
più solide il Partito
Repubblicano.
E se vuole, lui stesso,
mirare alla Casa Bianca
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 20 GENNAIO 2013
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