ono un pirata ed un signo-
re». Francesco Barbato co-
me Julio Iglesias. Solo che lui un
pirata lo è diventato sul serio, per
cantarle (e suonarle) a tutti «i vec-
chi partiti marci del sistema poli-
tico italiano».
Francesco Barbato sta per di-
ventare il primo deputato del Par-
tito Pirata Italiano. La sua doman-
da di ammissione è sotto esame
della comunità piratesca (leggasi
Assemblea Permanente), che dovrà
esprimersi in proposito sul web.
Ma lui si sente già a bordo del ga-
leone. Ed è così che si presenta alla
stampa: «Sono un pirata, ho preso
anche la tessera», dichiarava saba-
to scorso in occasione del Meeting
dei Partiti Pirata Europei, celebra-
tosi a Roma. E per quanto i Pirati
abbiano voluto subito mettere i
puntini sulle “i”, spiegando che nel
loro partito non esistono tessere,
ma si entra solo se si passa il vaglio
della “democrazia liquida”, dai
tweet fatti circolare negli ultimi
giorni dal profilo ufficiale del mo-
vimento politico appare chiaro co-
me il desiderio di Barbato di far
parte della “ciurma” sia tutt’altro
che sgradito.
Classe 1956, parlamentare in-
dipendente dell’Italia dei Valori,
noto alle cronache per i suoi colo-
riti interventi nell’emiciclo di Mon-
tecitorio, Barbato si appunta sulla
giacchetta come fossero le campa-
gne di un generale i biasimi e ri-
chiami di chi presiede le sedute alla
Camera. «Fino ad oggi non ho mai
voluto una tessera di partito» rac-
conta. «Sono stato consigliere
d’opposizione e poi sindaco di
Camposano per il Psi. Nel 2007
sono stato tra i fondatori della Li-
sta Civica Nazionale. L’anno dopo
sono stato eletto alla Camera come
indipendente per l’Idv. Ora però
voglio fare parte del Partito Pirata
«
S
perché condivido il concetto di de-
mocrazia liquida, che ho già fatto
mio nel rapporto con i miei elettori
e voglio portare anche a Monteci-
torio. E nel mio staff lavorano già
da tempo molti Pirati».
Ma cos’è questa “democrazia
liquida” che piace tanto a Barbato?
Lo spiegava tempo fa a
l’Opinione
Lucio detto “Shining”, membro
dell’Associazione Partito Pirata per
le Libertà Digitali. «Il concetto è
quello della cosiddetta democrazia
interattiva proposta dal sito web
liquidfeedback.com
,
dove le idee
vengono discusse e votate attra-
verso il metodo Schultze: non pas-
sa l’idea più votata, ma si esprime
un ordine di gradimento tra le va-
rie idee avanzate, dalla quella pre-
ferita a quella cui si è decisamente
contrari. In questo modo il risul-
tato finale consente di adottare ef-
fettivamente la proposta più gra-
dita alla maggioranza più ampia
dei votanti».
«
Ho intenzione di sottoporre
ai miei sostenitori proposta di leg-
ge sulla trasparenza e un’altra sulla
riforma del diritto d’autore» spiega
Barbato, già pronto all’arrembag-
gio. «Il testo finale che porterò in
parlamento sarà quello deciso su
liquidfeedback
».
LUCA PAUTASSO
di
CLAUDIO ROMITI
na superstizione nasce e si svi-
luppa quando l’uomo, inca-
pace di comprendere razionalmente
un fenomeno, ha bisogno di fab-
bricarsi una spiegazione su misura
per tacitare le sue paure e le sue an-
sie esistenziali. Così, nel corso della
epidemia di peste che colpì l’Euro-
pa intorno al 1630, si trovò nel-
l’untore il capro espiatorio a cui
attribuire la responsabilità di quella
spaventosa moria. Allo stesso mo-
do oggigiorno, alle prese con una
devastante crisi economica e finan-
ziaria, la maggioranza degli indivi-
dui, immersi in una complessità che
non facilita di certo l’analisi, tro-
vano alcuni facili bersagli sui quali
sfogare rabbia ed inquietudine.
Aiutati in questo da tanti falsi
profeti in circolazione, costoro si
fanno facilmente attrarre da un cer-
to mainstream mediatico fondato
su emerite sciocchezze, attribuendo
la colpa dei nostri guai alle banche,
agli speculatori senza scrupoli, agli
evasori ed ai politici che rubano.
In tal modo si ricrea la stessa dina-
mica mentale della caccia all’unto-
re, ovvero il nemico pubblico da
combattere la cui sconfitta e distru-
zione rappresenta la salvezza per
l’intera collettività. Dunque, anzi-
chè affrontare una difficile e fati-
cosa opera di valutazione sui veri
nodi sistemici dell’attuale situazio-
ne, molti pseudo operatori dell’in-
formazione reputano più comodo
imbonire il popolo con tesi e spie-
gazioni a dir poco surreali. E pro-
prio su questo piano si pone una
signora, tal Nunzia Penelope - gior-
nalista che mi dicono collabori con
Il Foglio
di Giuliano Ferrara - la
quale è molto presente in questi
giorni in alcuni seguiti talk di ap-
profondimento politico. Autrice di
un libro contro la corruzione e
U
l’evasione fiscale, costei porta avan-
ti con una certa veemenza alcune
posizioni di facile presa sugli sprov-
veduti, ma totalmente infondate sul
piano della sostanza. In pratica, fe-
roce sostenitrice di una patrimo-
niale col botto (proposta che sem-
bra oramai attrarre di tutti gli
schieramenti politici), la nostra Pe-
nelope ritiene che l’attuale pressio-
ne fiscale sia troppo bassa per co-
prire i costi essenziali dello Stato.
A suo parere infatti, così come lo
ha ribadito recentemente nel pol-
laio televisivo di Santoro, che le tas-
se pagate dagli italiani siano insuf-
ficienti è dimostrato dai “tagli” che
pure il governo Monti sarebbe sta-
to costretto ad operare sulla scuola
e la sanità pubblica. Ergo, ritiene
l’arguta giornalista, dobbiamo in-
ventarci altri sistemi per aumentare
il blando carico tributario.
Ora, pur rispettando il pensiero
di chi si ostina a credere che gli asi-
ni possano volare, la signora Pene-
lope sembra tralasciare alcuni det-
tagli non proprio marginali. In
primis, con una pressione fiscale
effettiva che viaggia intorno al
55% -
misura da record del mondo
-,
corrispondente esattamente al li-
vello della spesa pubblica comples-
siva, faccio fatica ad immaginare
un suo ulteriore inasprimento, sen-
za distruggere completamente ciò
che resta della capacità produttiva
di questo disgraziato paese. Inoltre,
questa elevatissima percentuale di
tasse tiene conto di una quota di
evasione che l’Istat stima poco oltre
il 20%. Ciò significa che, evasione
o meno, nel complesso il sistema
subisce un prelievo di risorse ad
opera della mano pubblica che non
ha eguali in Europa. Ebbene, mi ri-
sulta difficile credere che uno stato,
il quale si mangia ben oltre metà
del reddito nazionale, abbia biso-
gno di introdurre ulteriori patri-
moniali per pagare gli stipendi ai
medici ed agli insegnanti. Patrimo-
niali, nel caso alla signora Penelope
fosse sfuggito, che già esistono sulla
casa, sui conti correnti, sui depositi
titoli e - in modo occulto - sulla
tassazione dei
capital gain
quando
agisce sui dividendi, in quanto va
a colpire di fatto il valore patrimo-
niale dell’investimento.
Per questo, senza alcuna acri-
monia, consiglio alla nostra bril-
lante cacciatrice di fantasmi fiscali,
di rivolgere una parte della sua pre-
ziosa attenzione su ciò che sta re-
almente alla base di una fiscalità
folle e di un indebitamento altret-
tanto pazzesco: una spesa pubblica
impazzita che nessuno è finora riu-
scito, quanto meno, a contenere.
Lì si che ne troverebbe untori,
a iosa.
II
POLITICA
II
segue dalla prima
Primarie in rete
(...)
C’è il rischio di autocandidature ridicole
o folli? Di imbrogli e pasticci in votazioni
frutto di iniziative assolutamente spontanee?
Può essere. Anzi, è quasi scontato. Ma non
c’è bisogno di un rigido controllo di legalità
nel capire quali possano essere i nomi vera-
mente autorevoli e provvisti di consenso reale
e quelli degli imbroglioni.
Chi è abituato ad assistere alle selezione della
classe dirigente fatta con i criteri del casting
televisivo o dei favori per i cortigiani non si
scandalizzerà di certo di fronte a qualche esi-
bizionismo di troppo o a qualche imbrogliet-
to informatico!
Un meccanismo del genere, dunque, può rea-
lizzare in tempi brevi quella ripresa di atten-
zione da parte dei settori più attenti e pre-
parati degli elettori del centrodestra che serve
come il pane ad Alfano e all’intero Pdl per
affrontare le prossime scadenze elettorali.
Chi voleva presentarsi alle primarie, quindi,
lo faccia sulla rete in maniera autonoma an-
che se la strada non dovesse sfociare in una
qualsiasi procedura ufficiale di partito. In po-
litica, si sa, raccogliere consenso non fa mai
male. E, magari, qualche volta aiuta chi deve
decidere a non sbagliare troppo.
ARTURO DIACONALE
Dubbi neocentristi
(...)
Nel dubbio e nell’incertezza non è detto
che l’elettorato moderato voglia andare alle
urne e votare un partito che non si vuole
chiamare tale, promosso da un personaggio
che non intende presentarsi e che appoggia
un leader per nulla disposto a sciogliere la
riserva sulla sua eventuale candidatura a suc-
cedere a se stesso!
BARBARA ALESSANDRINI
Franchising Monti
(...)
Prima di tutto, perché il marchio Monti
significa molte cose: alcune le ha fatte bene,
alcune meno, mentre in altre ha fallito. Sa-
rebbe interessante capire in concreto rispetto
a cosa dovrebbe esserci «continuità». Inoltre,
se la mera «continuità» con l’esperienza
Monti è una garanzia dal punto di vista della
cultura di governo, non può bastare, invece
lo ammetteranno anche i più montiani –
dal punto di vista dei contenuti. O meglio,
dipende da come si pensa di uscire dalla crisi
italiana: cambiando il paese da cima a fondo,
oppure manovrando con astuzia sperando,
con l’aiuto dell’Europa, che il costo del nostro
debito torni magicamente ai livelli pre-crisi?
Nel secondo caso, potrebbe bastare la sola
presenza di Monti a Palazzo Chigi, nel primo
no. Ci sta che in questo anno il professore,
ritrovatosi all’improvviso il timone tra le ma-
ni, non abbia voluto rischiare una virata a
180
gradi che avrebbe potuto ribaltare la
barca Italia e far finire in mare milioni di
connazionali. E così si è limitato ad usare la
leva più immediata e sicura: più tasse. Ma
ora, pur nei vincoli di bilancio ristrettissimi,
qualche spazio di manovra c’è. Per esempio,
Draghi insiste nel raccomandare un risana-
mento meno recessivo, centrato cioè sui tagli
alla spesa e non su aumenti di tasse. Avendo
Monti fino ad oggi intrapreso la via opposta,
una volta rientrato a Palazzo Chigi quale rot-
ta intende seguire? Insomma, se l’operazione
Monti-bis è cambiare il paese, ma senza pro-
clami per non spaventare l’elettorato e i “po-
teri forti”, e per evitare di infiammare le piaz-
ze, tatticamente può avere un senso. Il
dubbio, tuttavia, guardando l’operato di que-
sti mesi, gli scudieri che accorrono ansiosi e
il suo silenzio sull’agenda per i prossimi anni,
è che l’obiettivo sia minimale: tenersi a galla
aspettando che la tempesta passi, ma sostan-
zialmente senza cambiare il paese e, dunque,
garantendo tutti i soggetti interessati al man-
tenimento dello status quo.
FEDERICO PUNZI
Chi vuole gli“untori”li cerchi
nella spesa pubblica impazzita
Barbato, dall’Idv
al Partito Pirata
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MARTEDÌ 20 NOVEMBRE 2012
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