Pagina 7 - Opinione del 21-8-2012

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II
CULTURA
II
ArnaldoMussolini, l’anima cattolica del duce
di
PAOLO PALLICCIA
urono davvero pochi gli uomi-
ni di cui Benito Mussolini riu-
scì a fidarsi ciecamente. Fra questi
pochi eletti un posto d’onore va
dedicato a suo fratello minore Ar-
naldo Mussolini, anima cattolica
che, con discrezione e costanza, ac-
compagnò, consigliò e spesso
stemperò il carattere vulcanico del
dittatore fascista.
Entrambi i fratelli Mussolini
vennero influenzati dalle idee po-
litiche del padre Alessandro, fab-
bro ferraio romagnolo con la pas-
sione per il socialismo anarchico.
I due giovani, sommersi da riviste
e libri profetizzanti le idee di
Marx, non poterono evitare la
contaminazione derivante dalle
idee paterne. Ma, mentre Benito
in piena adesione con il padre, svi-
luppò, insieme al credo socialista,
un’aperta avversione per il clero e
i suoi rappresentanti raggiungendo
spesso venature di ateismo, Arnal-
do subì anche l’influenza della
mamma Rosa Maltoni, maestra
elementare e profonda cattolica,
proveniente da una famiglia
d’estrazione borghese.
La fede di Arnaldo si fortificò
proprio grazie alla madre che sep-
pe mitigare l’influenza socialista
proveniente dal marito. Arnaldo,
sin dalla prima giovinezza, si fece
notare per il carattere formato da
una giusta miscela di fierezza e
umiltà, che ne caratterizzerà l’azio-
ne e l’operato anche negli anni a
venire, quando, vicino al più fa-
moso fratello e in qualità di diret-
tore de
Il Popolo d’Italia
, princi-
pale organo di stampa fascista, si
prodigò affinché il capo del fasci-
smo potesse sempre contare su di
lui e sul suo idealismo praticato
attraverso la costanza dell’impe-
gno e la moderazione, ma senza
mai rinunciare all’affermazione di
quei valori mistici che il più pic-
colo dei fratelli Mussolini deside-
rava ardentemente applicati nel-
l’uomo fascista.
Si mostrò critico verso il lassi-
smo, la furbizia e tutti quei “viziet-
ti” italici che, a suo dire, allonta-
F
navano l’italiano moderno dal Ci-
ves, il cittadino romano visto come
paradigma della tradizione storica
nostrana. Desiderava per il fasci-
smo ciò che la Rivoluzione fran-
cese rappresentava e rappresenta
ancora oggi per il popolo francese,
un mito sul quale sono state co-
struite le nuove aspirazioni nazio-
nali d’oltralpe.
Dopo gli inizi dedicati all’inse-
gnamento arrivò per lui l’esperien-
za giornalistica e la promozione di
diverse esperienze editoriali che
misero in luce la sua profonda
convinzione ideologica. Cercò di
contribuire alla creazione dell’ita-
liano nuovo attraverso il sostegno
culturale e ideale alla scuola di mi-
stica fascista di Niccolò Giani,
scuola che nacque nella primavera
del 1930, sotto la supervisione del-
lo stesso Arnaldo Mussolini e alla
presenza del cardinale Alfredo Il-
defonso Schuster.
Fra gli insegnamenti di punta
c’era anche la possibile unione tra
fede e politica, viste dal fascista
cattolico Arnaldo come elementi
connaturati nel fascismo stesso.
Nella visione mistica di Arnaldo il
cattolicesimo e il fascismo non era-
no in antitesi ma potevano e do-
vevano coesistere. D’altronde, la
sua idea di far convivere fede e fa-
scismo, si era già compiuta attra-
verso l’impegno diplomatico che
egli profuse per portare lo Stato
italiano e la Chiesa di Roma verso
la firma, l’11 febbraio 1929, dei
Patti Lateranensi.
L’azione esercitata sul fratello
Benito affinché facesse un passo
politico e sociale importante verso
la Santa Sede non si potrebbe
comprendere, da un punto di vista
squisitamente storico, senza tener
conto dello spirito religioso che al-
bergava in Arnaldo. Quello stesso
spirito, che non era presente nel
fratello maggiore, risultò determi-
nante per la creazione del nuovo
storico rapporto con la Chiesa, per
il fascismo e soprattutto per l’ex
“mangiapreti” Benito Mussolini
che, addirittura, poco dopo la fir-
ma dei Patti Lateranensi venne de-
finito da Papa Pio XI “l’uomo del-
la Provvidenza” per aver riconse-
gnato «Dio all’Italia e l’Italia a
Dio».
Mentre Arnaldo si rallegrò per
il successo diplomatico ottenuto e
il Popolo d’Italia
usciva con l’elo-
quente titolo d’apertura «Una
grande vittoria politica e spirituale
del Regime», i liberali e alcuni fa-
scisti, in disaccordo con il duce per
le troppe concessioni fatte al Va-
ticano, protestarono vivacemente
per la firma dei patti, anche se, in
conclusione, l’unico vero discorso
contro l’accordo tra Stato e Chiesa
fu quello fatto da Benedetto Croce
nell’aula del Senato.
Benito Mussolini, per non ini-
micarsi l’ala più intransigente del
suo partito e per mostrare agli ita-
liani che, in realtà, l’accordo con
la Chiesa non era stato una débâ-
cle totale per il regime, il 13 mag-
gio 1929, tenne un discorso alla
Camera molto duro nei confronti
della Chiesa cattolica romana, nel
quale sottolineò la totale sottomis-
sione della stessa allo Stato italia-
no, inasprendo così i rapporti con
il Vaticano. Di conseguenza, nel
periodo successivo al raggiungi-
mento di regolari relazioni bilate-
rali tra Santa Sede e Stato italiano,
Arnaldo Mussolini si trovò di nuo-
vo a svolgere un ruolo conciliante
tra regime e Chiesa. Ruolo che di-
venne decisivo quando si trattò di
raffreddare gli animi che, nel 1931,
si erano improvvisamente infiam-
mati in seguito alle divergenze ri-
guardanti l’educazione dei giovani.
Proprio in questi momenti sto-
rici, la fede cattolica di Arnaldo
Mussolini e la sua adesione ai
principi della mistica fascista tro-
varono una compenetrazione che
sfociò in un’indiscussa capacità di
convincimento esercitata abilmente
verso quegli ambienti vaticani più
propensi a stemperare la lite “for-
mativo-pedagogica” sui giovani,
che non pochi fastidi aveva creato
al duce e al fascismo più intransi-
gente. L’interessamento del catto-
lico Arnaldo permise il raggiungi-
mento di un compromesso tra
Chiesa romana e Stato italiano at-
traverso il quale, i giovani cattolici,
ottennero la possibilità di riunirsi
ed organizzarsi all’interno della so-
la Azione Cattolica, senza però
svolgere nessun tipo di attività po-
litica. Una circolare datata 16 set-
tembre 1931 divulgò il contenuto
degli accordi raggiunti dal regime
con lo Stato del Vaticano e, in
qualche modo, sancì un altro suc-
cesso diplomatico di Arnaldo Mus-
solini e della sua capacità d’azione
politica. L’attività di supporto di
Arnaldo Mussolini verso il fratello
maggiore non si limitò ai consigli
e alle indicazione per una miglior
comprensione dei benefici derivan-
ti da un buon rapporto con la San-
ta Sede, ma si allargò anche verso
“operazioni” per certi versi ancor
più spinose e potenzialmente de-
stabilizzanti per il capo del regime,
come, ad esempio, il caso di Ida
Dalser, donna trentina che, nell’au-
tunno del 1914, avrebbe sposato
il futuro capo fascista Benito Mus-
solini donandogli anche un figlio:
Benito Albino. La documentazione
ufficiale non ha mai chiarito del
tutto se il matrimonio tra Ida e Be-
nito sia stato realmente celebrato
ma, l’11 gennaio 1916, la Dalser
riuscì ad ottenere da Mussolini il
riconoscimento del figlio presso il
notaio Buffoli di Milano. Succes-
sivamente, dopo alcuni tentativi
del futuro duce per strappare il fi-
glio alla donna trentina, la que-
stione finì in tribunale dove Mus-
solini venne riconosciuto innocente
dall’accusa di seduzione ma con-
dannato al pagamento di 200 lire
mensili da corrispondere all’ex
amante, mentre Benito Albino,
frutto di questo tormentato rap-
porto d’amore restò con la madre.
La difficile situazione personale,
dai possibili risvolti politici, co-
strinse il capo fascista a delegare
al fidato Arnaldo anche questa de-
licata questione personale. Il fra-
tello del duce prese in mano la si-
tuazione arrivando a far
corrispondere alla donna e a suo
figlio un’importante cifra econo-
mica per mettere a tacere le insi-
stenze della Dalser, che rivendicava
fortemente per il figlio la possibi-
lità di fruire del cognome del ce-
lebre padre. I soldi ricevuti solo
apparentemente calmarono la
trentina di Sopramonte, piccolo
centro vicino Trento. Infatti, la si-
tuazione degenerò e, con il conso-
lidarsi del regime, la vita per la
Dalser si fece sempre più difficile
sin quando, lo stesso Arnaldo
Mussolini, la fece dichiarare inca-
pace di intendere e di volere strap-
pandole in maniera definitiva il
controllo legale su Benito Albino.
Ida venne ricoverata in manico-
mio, mentre Arnaldo, forse su or-
dine del fratello o forse soltanto
per affetto personale verso il ra-
gazzo, continuò a trattare nel mi-
glior modo possibile il nipote. Per
quest’ultimo però, l’improvvisa
morte per arresto cardiaco di Ar-
naldo Mussolini avvenuta il 21 di-
cembre 1931, significò l’interna-
mento in manicomio, dove morì
nel 1942. La fine prematura del
fratello minore lasciò il duce solo,
senza più l’unica presenza in grado
di guidarlo anche e soprattutto
nelle scelte più spinose. Con Ar-
naldo Mussolini si spense, forse,
anche l’ultima personalità in grado
di evitare il successivo tracollo del
regime e la sua deriva teutonica.
Il fratello minore
di BenitoMussolini
rappresentò l’anima
cattolica che,
con discrezione
e costanza, accompagnò,
consigliò e spesso
stemperò il carattere
e la politica anticlericale
del dittatore fascista.
Nella visione mistica
di Arnaldo
il cattolicesimo
e il fascismo non erano
in antitesi ma potevano
e dovevano coesistere.
D’altronde, la sua idea
di far convivere fede
e fascismo, si era già
compiuta attraverso
l’impegno diplomatico
che profuse per portare
lo Stato italiano
e la Chiesa di Roma
verso la firma,
l’11 febbraio 1929,
dei Patti Lateranensi
L’OPINIONE delle Libertà
MARTEDÌ 21 AGOSTO 2012
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