Page 6 - Opinione del 21-9-2012

e esportazioni italiane di prodotti ali-
mentari, nei primi sette mesi dell’anno,
sono cresciute del 7,8%. È quanto è emerso
nel corso del convegno “Percorsi innovativi
per la crescita internazionale-un confronto
sulle dinamiche del settore food e sui nuovi
modelli competitivi”, promosso da Intesa
Sanpaolo con la collaborazione di Gruppo
Food, in corso a Milano. «Il posizionamento
competitivo dei prodotti alimentari italiani
sui mercati internazionali è ottimo - ha sot-
tolineato Gregorio De Felice, chief econo-
mist di Intesa Sanpaolo - e costituisce una
risorsa importante per sostenere il settore
nei prosimi anni. Il settore dell’alimentare
e delle bevande - ha ag-
giunto - ha mostrato ne-
gli ultimi anni una mi-
gliore capacità di tenuta
delle quote sui mercati
mondiali rispetto al com-
plesso manifatturiero». In
particolare, nei prodotti
di fascia qualitativa alta,
che rappresentano ben il
46%
del nostro export,
la quota italiana sui mer-
cati mondiali ha raggiun-
to nel 2010 il 5,2%, a
partire dal 4,7% del
2000.
Per quanto riguar-
da i primi sette mesi 2012 «le esportazioni
italiane del settore alimentare, bevande e ta-
bacco - ha osservato De Felice - è cresciuto
del 7,8% con risultati particolarmente po-
sitivi nei mercati non Ue (+13,7%)». Inter-
venendo al convegno, il direttore generale
dei Intesa Sanpaolo, Gaetano Miccichè, ha
L
sottolineato come, nel nostro paese, esistano
«
alcune aree di eccellenza, riconosciute a li-
vello internazionale, e il settore agroalimen-
tare è sicuramente tra quelli che danno mag-
gior lustro alla creatività italiana nel mondo,
grazie alla costante ricerca della qualità e
alla capacità di innovazione da parte dei
suoi player». Tra i partecipanti al convegno,
numerosi imprenditori del settore come
Gianpiero Calzolari di Granarolo, Giuseppe
Lavazza e Giovanni Rana. Ai lavori è inter-
venuto anche il direttore generale di Logotel,
Nicola Favini che ha sottolineato come le
imprese vivano oggi «in un contesto in co-
stante evoluzione, sempre più liquido e in
un mercato di ipercom-
petizione e pertanto la
via dell’internazionaliz-
zazione è una necessità
dichiarata». «Ma come
le imprese del settore
food drink
possono in-
traprendere e rafforzare
un percorso sostenibile
per essere consistenti
nei mercati di tutto il
mondo? Una volta defi-
nito l’investimento sul
cosa, cioè sull’offerta da
internazionalizzare - ha
osservato - la vera sfida
è essere pronti a progettare il perché e il
come, cioè creare il senso dell’azione. Pro-
gettare il perché - ha concluso - significa
allenarsi a costruire il senso e il valore
sull’unicità dell’impresa».
GIORGIO CALABRESI
l problema di fondo del caso Fiat sta nella
situazione economica di un paese che è
fanalino di coda nella crescita e sul podio
più alto del mondo occidentale per tassa-
zione delle famiglie e delle imprese, per
non parlare dei primati di crollo della pro-
duttività e di scarsa attrattività degli inve-
stimenti esteri. Un paese che quindi non
consuma e così produce quel poco che serve
per il mercato interno andandosi a cercare
con fatica clienti nel mondo intero.
Dopo la casa, l’auto è per impegno fi-
nanziario il secondo investimento di una
famiglia e così per la Fiat sono guai grossi,
con un mercato italiano che crolla all’in-
terno di un mercato eu-
ropeo che scende. Ha
quattro stabilimenti e ne
basterebbero due per sa-
turare la richiesta di auto
Fiat dell’intero mercato
continentale. La partita
in gioco è quindi grossa,
c’è l’esistenza di due fab-
briche che balla, la vita e
il posto di lavoro di
15
mila dipendenti diretti
più altrettanti nell’indot-
to, la stessa sopravviven-
za della produzione di
auto in Italia. È una si-
tuazione figlia di colpe antiche e di respon-
sabilità più recenti. Non ultima la cosid-
detta Fabbrica Italia, un piano che è
apparso presto sovradimensionato, con i
suoi 20 miliardi di investimenti: in realtà
soltanto” 7 destinati all’auto e all’Italia
(
il resto nel mondo e in altri settori), una
I
confusione comunicativa voluta da Mar-
chionne e che ora gli si ritorce contro. Sta
di fatto che nel frattempo Fiat ha cambiato
pelle, il mercato è ben lontano da quel che
si sperava. Gli investimenti ci sono stati a
Pomigliano con la Panda e a Grugliasco
con la Maserati (in tutto quasi 2 miliardi)
e certo non è possibile ora investire su nuo-
vi prodotti che resterebbero sui piazzali.
Come accade in Europa a Peugeot, Renault,
Opel, laddove già si ragiona su licenzia-
menti e chiusure. Si va dunque all’incontro
di Palazzo Chigi perché la Fiat scopra le
sue carte sul futuro delle fabbriche, dei la-
voratori, della stessa produzione in Italia.
E’ bene che si faccia
chiarezza, partendo da
un’operazione trasparen-
za e verità prima di tutto
da parte di Fiat. Sono da
escludere incentivi, han-
no sempre drogato il
mercato e fatto danni.
Si dovrà ragionare in
primo luogo sulla pro-
tezione sociale dei lavo-
ratori, che Marchionne
sostiene di non voler li-
cenziare; si dovrà ragio-
nare di Mirafiori, dove
si progetta un Suv desti-
nato al fiorente mercato americano; si do-
vrà ragionare di altri progetti per tenere
in piedi la Fiat. Ma si potrebbe anche par-
lare di come ridare un po’di carburante
alla ripresa del settore e su questo non c’è
si vede volare un Passera…
I problemi della Fiat
sono il ritratto del paese
L’Italia non consuma
e produce quel poco
che serve per il mercato
interno andandosi
a cercare con fatica
clienti nel mondo intero.
Una situazione figlia
di colpe antiche
C’è un’Italia che vende:
l’industria alimentare
Le esportazioni italiane
di prodotti alimentari,
nei primi sette mesi
dell’anno, sono cresciute
del 7,8%. Il settore
è tra quelli che danno
maggior lustro
alla nostra creatività
Nel post-Jobs il marchio conta più dell’utente
he strada prendere. Il confron-
to tra utenti Apple e Samsung
raggiunge un nuovo livello e il ri-
schio è di restare a piedi. Negli ul-
timi tempi almeno in un’occasione
a tutti i proprietari di smartphone,
dell’uno o dell’altro marchio, è ca-
pitato di imbattersi in discussioni
più o meno infinite sulla qualità
del proprio prodotto: il lancio del
nuovo iPhone 5 ripropone la sfida.
E per la prima volta sono i fedelis-
simi di Apple a rimetterci.
Il centro della questione è
iOS6
,
il nuovo sistema operativo, e la sua
novità più interessante: il sistema
Gps di navigazione satellitare. L’ul-
tima generazione di iPhone non
utilizzerà Google maps, sostituito
da un’applicazione ad hoc fatta in
casa. Apple utilizza Google da
quando introdusse il primo
iOS
nel
2007,
ma con l’uscita del numero
6
ha deciso di camminare con le
proprie gambe.
La vera battaglia tra i due
de-
vice
si combatte sotto il cofano e
le differenze stilistiche di carrozze-
ria contano solo per gli appassio-
nati del genere. Grandezza dello
schermo e qualità dell’illuminazio-
ne certo sono importanti, così co-
me la durata della batteria. Ma per
gli addetti ai lavori ciò che conta
è il cuore e la qualità del suo bat-
tito.
Un altro errore comune è pen-
sare che uno dei protagonisti della
faccenda sia la Samsung. Anche
questa resta ai margini e quanto
accade nelle aule giudiziarie non è
altro che la conseguenza indiretta
C
del vero scontro. È tutta una que-
stione di software.
Android
vs
iOS
.
Distruggere
Android
è stata l’ul-
tima “Fatwa” lanciata da Steve
Jobs. Qualche anno prima della
sua morte avrebbe dichiarato: «De-
dicherò il resto della mia vita a
combattere Google». Ecco l’evolu-
zione di quelle parole. Il lato oscu-
ro di Steve. Infatti, se spesso si par-
la delle idee rivoluzionarie del
genio di Cupertino, un po’ meno
si prendono in considerazione le
sue politiche commerciali e le lotte
sotterranee del brand.
Ecco, dunque, la filosofia che
c’è alla base del nuovo sistema di
navigazione. La prima cosa che sal-
ta agli occhi quando si avvia l’ap-
plicazione è la mappa stessa. Ri-
spetto all’app di Google l’interfac-
cia è più pulita, meno bordi. Via il
superfluo: minimal in classico stile
Jobs. A causa di questi cambiamen-
ti, l’utente si troverà inizialmente
un po’ spaesato e impiegherà un
certo tempo ad abituarsi. Poco ma-
le. Parlando di ricerca, Maps offre
suggerimenti al momento della di-
gitazione, ma non mancano i
bug
.
Cerchi Colosseo e ti appare in cima
alla lista, se però si digita una de-
stinazione meno celebre il risultato
non è scontato. Ciò dipende pro-
babilmente dal database Apple in
fase di implementazione.
Molte delle caratteristiche clas-
siche di Google Maps vengono ri-
proposte senza troppe modifiche.
I segnalibri consentono l’accesso
alle ultime ricerche, ai contatti e ai
luoghi visitati con più frequenza.
C’è uno spazio dedicato alla per-
sonalizzazione della navigazione
con le opzioni consuete.
La vera pecca dell’applicazione
riguarda il traffico. Durante la na-
vigazione il sistema ci informa e vi-
sualizza gli avvisi dei cantieri aperti
lungo l’itinerario fissato, degli in-
cidenti e dello stato dei servizi pub-
blici locali. Il colosso di Cupertino
sostiene che le informazioni sono
in tempo reale, ma a una prima
prova le segnalazioni risultano po-
co affidabili.
Ovviamente Apple sta cercando
di risolvere i problemi esistenti, ma
la verità è che quando si acquista
un dispositivo
iOS 6
si ottengono
delle prestazioni peggiori rispetto
alla versione precedente. C’è chi
cerca di difendere il difendibile, af-
fermando che in ogni momento di
transizione si manifestano delle
mancanze, che poi vengono affron-
tate e via via risolte. Il problema è
che, in questo caso, la Apple ha in-
trodotto le nuove mappe, comprese
di difetti, senza alcuna cura per i
suoi clienti e dando la massima
priorità agli strategismi aziendali.
Questo è il grande cambia-
mento nell’era post-iPod. Nei fo-
rum diffusi sulla rete si moltipli-
cano gli utenti che rimpiangono
Steve Jobs. Il commento più fre-
quente è: «Se ci fosse ancora lui
a guidare l’azienda, le cose an-
drebbero diversamente». Peccato,
aggiungiamo noi, che quanto sta
accadendo oggi non è altro che
l’applicazione della sua eredità.
MICHELE DI LOLLO
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 21 SETTEMBRE 2012
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