Page 7 - Opinione del 21-10-2012

II
CULTURA
II
LeBeatrici”di StefanoBenni
Cinque donnemantidi a teatro
di
MAURIZIO BONANNI
e Beatrici”.. dannate. Per
la regia di Stefano Benni,
la Sala Umberto di Roma ha mes-
so in cartellone, dal 16 al 21 ot-
tobre, lo spettacolo che prende il
nome dal libro del regista/autore,
pubblicato nella collana
I Narra-
tori
di Feltrinelli.
La sua galleria di personaggi
femminili perversi si snoda su di
un palcoscenico interamente spo-
glio, per la proiezione di una pel-
licola proibita dell’orrore gauden-
te e del cinismo vitale. I poveri,
minimali arredi sono trasportati
a braccia dalle cinque donne pro-
tagoniste, che agiscono simulta-
neamente da coro e da soliste
turniste”, suonando strumenti
improvvisati, costruiti in modo
elementare, come solo i bambini
e i prigionieri di guerra sanno fa-
re.
Le tre figure più giovani, La
Beatrice, La Mocciosa e Suor Fi-
lomena, rappresentano altrettanti
(
energetizzanti) giovani Fiori del
Male che, come mantidi o am-
mannite, attraggono a sé il ma-
schio, per sedurlo e depredarlo
dei suoi segni di dominio.
Nel loro racconto di se stesse
e del mondo, le parole si fanno
magli, sbriciolano le certezze del
pubblico e richiamano applausi
a scena aperta, confusi con l’eco
di risate liberatorie. Perché l’as-
surdo, come si sa, nutre lo spirito
e libera endorfine.
Inizia la Beatrice (Gisella Sza-
niszlò) più famosa della storia,
ispiratrice della Divina Comme-
dia, che sbertuccia il Vate, pren-
dendosi gioco di quel suo nascon-
dersi dietro le rime, quasi a
dissimulare un deficit presunto di
virilità.
Beatrice, nella versione “laida”
e puttanesca di Benni è, in realtà,
una falsa perbenista, che si accon-
tenta di uomo meno giovane, pur
di non rimanere zitella a.. ven-
t’anni! In attesa che il suo maturo
spasimante si decida, lei rincorre
nelle piazze di Firenze il suo mito
fisico dalle spalle robuste, cen-
troavanti dell’antico gioco del
calcio fiorentino.
Dante, nella sua visione cinica
e fornicante, è un allocco, un per-
fetto vanitoso alla ricerca del sen-
so di sé, più che di un vero rap-
porto d’amore. Per lui, in fondo,
che sembra preferire rapporti car-
L
nali a buon mercato -piuttosto
che una lunga attesa per cogliere
il frutto vergineo dei suoi cantici
(
ai quali fa il verso la Beatrice
dissacrante), l’ideale femminile
altro non è che il proprio riflesso
narcisistico in versi.
La protagonista successiva,
La mocciosa” Angie (Alice Re-
dini), nel suo gergo misto punk,
giustifica la sua coetanea “Fede”
-
una sottospecie di Erika De
Nardo - che, vistasi negare i soldi
per le “extension” dal parrucchie-
re, massacra la madre (con figlio
down!) con “87 coltellate” - tante
quante i modelli delle “Winx”-
colpevole di non volersi far ta-
gliarle i capelli, in cambio del suo
rifiuto!
Con il suo vestitino ultracorto
e i piercing a pioggia, l’adolescen-
te Angie è una tragicomica Barbie
animata, golosa di gossip e reali-
ty, sotto ipnosi permanente di
gadget, Grandi Firme e lucchetti
d’amore, che fioriscono e appas-
siscono sui pali dei marciapiedi.
La sua è la cultura delle
Winx” e dei “Gormiti”, della cui
esistenza l’umanità che lavora e
produce ignora tutto, mentre
un’adolescenza sempre più dece-
rebrata ne fa una ragione di vita,
a gloria e lode del “Nulla che
avanza”.
Il racconto scorre in un lin-
guaggio fumettistico dadaistico a
tinte fosche, confuso con le luci
violente da discoteca, tanto che
la Fede, consumato il matricidio,
le chiede preoccupata al telefono:
«
Secondo te le orfane cuccano di
più?» (cuccare = rimorchiare).
E, poi, Valentina Virando nel
ruolo di Suor Filomena (che si
presenta così: «son buona e cri-
stiana, ma se non preghi e stai in
campana, Suor Filomena ti me-
na... AMEN, anagramma di ME-
NA»), indemoniata persa ma, in
fondo, felice di esserlo, perché at-
tinge al piacere dentro l’acqua
santiera. E Satana, il suo ventri-
loquo immondo e ilare, ne utiliz-
za il corpo per rime sconce e per
l’esibizione di bassi istinti sessua-
li.
Novello Don Camillo in gon-
nella, Filomena va in giro con un
rosario contundente, dove i grani
son palle di bowling, per meglio
mazziare gli sfortunati “fedeli”.
Una suora molto spretata, stran-
golata nell’abito talare, che avreb-
be voluto fare la ballerina, ma è
costretta ad alzarsi alle quattro
del mattino di tutti i giorni per
dire il rosario: non potendo avere
dentro” un uomo vero, tollera
che vi soggiorni Belzebù, che ri-
mane un Male Assoluto soltanto
virtuale”. Geniale, no?
E che dire della Tiger-lady (im-
personata da Elisa Marinoni), al-
tra figura della galleria, donna ci-
nica in carriera, in simbiosi con
il suo “telefono bianco”? Una
sorta di soggetto “purgativo” (nel
senso che, grazie al potere, ha
evacuato” da se ogni forma di
sentimento e di sentimentalismo),
alle prese con una lunga lista di
raccomandati e incapaci che, gra-
zie agli amici degli amici, prende-
ranno il posto dei bravi e dei ta-
lentuosi nel telemondo in cui
siamo immersi dall’alba al tra-
monto, di ogni giorno della no-
stra vita.
Infine, la bravissima Valentina
Chico, alla quale è assegnata la
recitazione, profonda e tranquilla,
dell’Attesa, in tutte le espressioni
della femminilità partecipata (ma-
dre, amante, figlia, sorella..).
Poi un saggio finale collettivo,
con le “Licantrope” mangia uo-
mini, ricoperte di peluria sul cor-
po, tranne che nel cuore, come
accade alla maggior parte dei di-
versi!
Uno spettacolo da non perde-
re.
Alla Sala Umberto
di Roma va in scena
lo spettacolo che prende
il nome dal libro
del regista/autore,
pubblicato da Feltrinelli.
La galleria Benni
di personaggi femminili
perversi si snoda
su di un palcoscenico
interamente spoglio,
per la proiezione
di una pellicola proibita
dell’orrore gaudente
e del cinismo vitale.
I poveri, minimali arredi
sono trasportati
a braccia dalle cinque
donne protagoniste,
che agiscono
simultaneamente da coro
e da soliste“turniste”,
suonando strumenti
improvvisati, costruiti
in modo elementare,
come solo i bambini
e i prigionieri di guerra
sanno fare.
Le tre figure più giovani,
La Beatrice,
LaMocciosa
e Suor Filomena,
rappresentano altrettanti
giovani Fiori del Male
che, come mantidi
o ammannite,
attraggono a sé
il maschio, per sedurlo
e depredarlo dei suoi
segni di dominio
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 21 OTTOBRE 2012
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