di
STEFANO MAGNI
braham Lincoln… un Demo-
cratico? Il fondatore del mo-
derno Partito Repubblicano, il vin-
citore della Guerra Civile e abolì la
schiavitù, è l’ultima (in ordine di
tempo) delle reclute fatte dalla sto-
ria riscritta ad uso e consumo dei
progressisti. La moda di Lincoln è
motivata, non solo dal film biogra-
fico di Steven Spielberg, con Daniel
Day Lewis nei panni dello storico
presidente. Ma anche dalla nuova
febbre secessionista scoppiata nel
Texas, in Louisiana e in tanti altri
stati, dopo la vittoria di Barack
Obama. Siccome la febbre secessio-
nista non è certo scoppiata fra i
progressisti, ma semmai fra conser-
vatori delusi, è facile, per i Demo-
cratici di oggi, sentirsi nei panni di
Lincoln. Ma il parallelo non regge.
Non solo perché, storicamente, il
presidente era un Repubblicano.
Ma anche per le ragioni stesse della
secessione. Il Sud voleva preservare
un sistema che era, sì, liberoscam-
bista (e in questo è comodo fare il
parallelo con i secessionisti liberisti
odierni), ma anche tradizionalista,
agricolo e schiavista. Oggi, al con-
trario, il Sud vuole lo sviluppo della
sua industria e della libera iniziativa
dei suoi cittadini, esattamente come
il Nord di un secolo e mezzo fa.
Lincoln era un pioniere, un piccolo
agricoltore del MidWest, un uomo
A
per cui la proprietà individuale era
sacra. Questo stesso spirito è ancora
riflesso dai conservatori e dai liber-
tari, non dai progressisti. Gli “unio-
nisti” democratici di oggi vorreb-
bero imporre un ordine inedito per
l’America, fondato sull’intervento
statale. Oggi dove si sarebbe schie-
rato Lincoln? Con Obama? Lascia-
mo perdere...
Lincoln è solo l’ultimo esempio.
Ma proviamo a pensare a tutto il
gran parlare retorico che si fa sui
diritti civili. Chi ha emancipato gli
afro-americani (allora non esisteva
ancora quel termine identitario per
definire i neri)? Le prime riforme
contro la segregazione furono com-
piute dal presidente Dwight Eisen-
hower (repubblicano) contro l’op-
posizione della maggioranza dei
governi degli stati del Sud (demo-
cratici). Furono poi perfezionate e
portate a termine dai presidenti
John Fitzgerald Kennedy e Lyndon
Johnson (democratici), ma solo gra-
zie al consenso del Congresso, in
cui la maggioranza dei Repubbli-
cani votò sempre per l’abolizione
della segregazione. Contro l’oppo-
sizione dei Democratici del Sud.
Martin Luther King, campione dei
diritti civili, era un Democratico?
Neanche per sogno. Era apartitico.
Suo padre, però, era un Repubbli-
cano, che si batté contro i Demo-
cratici segregazionisti. La storia se-
condo cui i Repubblicani sono
razzisti è dunque una favola. Le
parti si sono invertite negli ultimi
anni? I Repubblicani non vogliono
ripristinare la segregazione. Voglio-
no abolire le quote rosa, nere e ros-
se delle discriminazioni positive. Ma
proprio perché sono convinti che si
debba valutare le persone “in base
al contenuto delle loro idee, non in
base al colore della loro pelle”,
(
Martin Luther King). Qualcuno
spiega ai Democratici che dar sus-
sidi agli afro o ai latino-americani,
solo perché sono collettivamente
intesi come “minoranze”, è un’altra
forma, subdola, di razzismo? De-
mocratico, come sempre?
II
ESTERI
II
Lincoln il padre di Obama?
I“liberal”riscrivono la storia
Pakistan, lieto fine
per RimshaMasih
E se i missili li stessero lanciando suTrieste?
asta, non ce la faccio più. Pos-
sibile che a nessuno importi di
noi? A Trieste viviamo in una si-
tuazione impossibile da anni. Sono
mesi che il lancio di missili dalla
Slovenia si è intensificato.
Ormai fatico a distinguere per-
sino il giorno dalla notte. È più il
tempo che passo nel bunker che
all’esterno o a casa mia, se ancora
può definirsi tale. Sono talmente
stufa di aggiustare i vetri delle fi-
nestre che vanno i mille pericolosi
pezzi ad ogni esplosione che li ho
sostituiti con dei teli di plastica,
che fanno passare la bora che è un
piacere. Ho freddo, ho fame, ho
paura. Ma è vita questa?
Non riusciamo più a lavorare,
la nostra economia si sta esauren-
do, i nostri figli non vanno più a
scuola, non ho il coraggio di uscire
a far la spesa e mi nutro di scato-
lette, non mi ricordo neppure più
cosa significhi avere una vita so-
ciale. Non sono forse anch’io de-
gna di vivere la mia esistenza?
Pace? Siamo noi che non ab-
biamo più pace da quando la Rus-
sia ha deciso di assecondare i so-
gni annessionistici degli sloveni.
Continuano a rifornirli di missili,
ormai si è perso il conto delle mi-
gliaia che ci hanno lanciato. Come
fanno a non capire che li stanno
solo sfruttando come carne da ma-
cello per i sogni imperialistici di
Putin, deciso a usarci come prete-
sto per far scoppiare la terza guer-
ra mondiale? Come fa a non ca-
pirlo il resto del mondo?
Dobbiamo essere i soli a difen-
B
derci da una minaccia così aperta
per l’intero Occidente? Ma cos’è
ormai l’Occidente se non una ma-
nica di rammolliti? Ci stanno con-
quistando, esattamente come i bar-
bari conquistarono l’impero
romano, senza che neppure i ro-
mani se ne accorgessero. Tutti
buoni solo a chiacchierare presi
nelle loro utopie politicamente
corrette non vedono che la guerra
è contro tutti, non solo contro
l’Italia.
Io capisco che in Slovenia si vi-
va male, ma non è colpa mia. Or-
mai siamo divisi da 60 anni e tro-
vo assurde queste continue
rivendicazioni, totalmente anacro-
nistiche. Lo so che Trieste in pas-
sato è stata slovena, o meglio au-
stro-ungarica, ma se è per questo
anche Fiume è stata italiana, così
come l’Istria. E quindi?
Se ogni nazione al mondo do-
vesse rivendicare il territorio dei
confinanti perché in passato fa-
ceva parte del proprio vivremmo
in un perenne stato di conflitto.
Quando si finirebbe? Quanto in-
dietro nel tempo si potrebbe an-
dare? Ben venga! Torniamo ai
confini dell’impero romano, allo-
ra, e non se ne parli più.
Ma non ha nessun senso. Signi-
ficherebbe solo la guerra continua
fino al totale annientamento di
tutto il genere umano, perché ci
sarà sempre qualcuno pronto a ri-
vendicare il pezzetto di terra del
vicino. Siamo animali bellicosi,
portati istintivamente a cercare
protezione all’interno di un terri-
torio, ma siamo anche consapevo-
li, forse meno degli animali veri,
che una volta definiti i confini è
nell’interesse di tutti rispettare il
territorio altrui. Territorio che non
è e non potrà mai essere immuta-
bile nei secoli, perché purtroppo
legato alle brame di conquista di
altri animali, da cui inevitabilmen-
te ci si deve difendere, come stia-
mo cercando di fare noi.
Ebbene, ora mi chiedo a che
caspita servono gli armistizi, i trat-
tati di pace, le risoluzioni di quel-
l’ente inutile chiamato Onu se non
abbiamo il diritto di difendere il
nostro territorio? Il diritto inter-
nazionale non è stato creato pro-
prio per regolamentare i rapporti
tra Stati?
Se l’Onu se ne frega di noi, se
il mondo ci odia, se siamo consi-
derati un popolo indegno di essere
nazione, chi ci deve proteggere?
Dobbiamo forse suicidarci in mas-
sa per togliere il disturbo? O dob-
biamo lasciare che siano i nostri
confinanti slavi a sterminarci tutti
per spartirsi le nostre spoglie?
Da qualche giorno finalmente
il nostro governo ha deciso di di-
fenderci, di reagire all’aggressione
continua, alla pioggia di missili che
ci sta distruggendo, ed ha contrat-
taccato. Lo so che la guerra è una
brutta bestia e mi spiace sincera-
mente per i morti che provocherà,
ma non avevamo altra scelta. Non
è una guerra di attacco quella che
stiamo muovendo, ma di difesa
della nostra sopravvivenza.
Siamo tutti italiani, per quanto
siamo una nazione relativamente
giovane il territorio su cui viviamo
è nostro, ce lo siamo conquistato
con il sangue dei nostri padri. Per
questo la nostra Patria è sacra ed
inviolabile esattamente come lo
sono tutte le altre nazioni del
mondo.
Forse qualche nostro avo ha
sbagliato, forse non sarà stato
giusto togliere Trieste al controllo
di Tito, forse molti triestini di ori-
gine slovena avrebbero preferito
vivere sotto quel simpatico regi-
me, ma la storia è andata così e
oggi noi siamo italiani, punto e
basta. E come tutti gli italiani ab-
biamo diritto di vivere e di essere
lasciati in pace.
Non è colpa mia se a Nova
Gorica patiscono la fame. Non li
ho votati io i loro capi che si sono
intascati i miliardi di aiuti umani-
tari mandati da tutto il mondo o
li hanno sprecati in armamenti.
Quando la comunità internazio-
nale ha deciso la suddivisione delle
nostre terre, avevamo tutti due
scelte: accettarla e costruire il no-
stro futuro, oppure rifiutarla e
continuare a combattere per un
passato ormai sepolto. Abbiamo
sbagliato noi ad accettarla o gli
sloveni a rifiutarla? Cosa hanno
ottenuto? Solo guerra, fame e di-
sperazione.
Ecco, quello che più mi fa im-
bestialire sono quelli che non san-
no niente di noi, che non provano
neppure a mettersi nei nostri panni
e continuano ad accusarci di essere
i responsabili di una guerra in cui
ci stiamo solo difendendo. Si sono
mai chiesti i benpensanti cosa do-
vrebbe fare la Francia se la Ger-
mania le lanciasse missili per ri-
prendersi l’Alsazia e la Lorena?
Gli Stati Uniti dovrebbero forse
accettare passivamente la rivendi-
cazione armata dell’Alaska da par-
te della Russia? È forse giusto che
il Libano accetti finalmente di tor-
nare sotto la Grande Siria? Abbia-
mo, quindi, noi italiani il diritto
di attaccare la Francia per ripren-
derci Nizza?
Facile riempirsi la bocca di pa-
ce davanti al telegiornale seduti al
calduccio nella propria poltrona.
Venite a trovarci nei nostri
bunker a Trieste e poi ne discu-
tiamo... tra una sirena e un’esplo-
sione.
BARBARA DI SALVO
Dobbiamo essere i soli
a tentare di difenderci
da una minaccia così
aperta per l’Occidente?”
Non riusciamo più
a lavorare, i nostri figli
non vanno più a scuola,
non voglio più uscire”
akistan, si è concluso felicemen-
te il caso di Rimsha Masih, la
ragazzina disabile cristiana accusata
di aver strappato alcune pagine del
Corano, incarcerata ad agosto, rin-
chiusa in un carcere di massima si-
curezza, scampata al linciaggio, li-
berata su cauzione, ma vissuta nelle
catacombe fino a ieri. Solo ieri, in-
fatti, è arrivato il definitivo proscio-
glimento. Come era già chiaro nella
seduta del processo precedente, a
settembre, i tre testimoni che l’ave-
vano accusata di atti blasfemi erano
stati spinti a farlo dall’imam inte-
gralista Khalid Jadoon Chishti, die-
tro la promessa (più o meno impli-
cita) di permettere ai musulmani di
saccheggiare e occupare le case dei
cristiani. Quella di Rimsha Masih,
infatti, è una storia corale. Un pre-
testo per un grande pogrom anti-
cristiano. Subito dopo l’arresto del-
la ragazzina la furia della
popolazione musulmana si è ab-
battuta sull’intera comunità cristia-
na di Umara Jaffar, un distretto del-
la capitale pakistana Islamabad.
Ben 600 famiglie hanno dovuto ab-
bandonare le loro case. La famiglia
di Rimsha Masih ha scampato il
linciaggio. La battaglia legale in di-
fesa di Rimsha Masih è stato uno
scontro sui principi fondamentali.
Il ministro Paul Bhatti, titolare della
Armonia Nazionale”, si è battuto
in prima persona. Il vescovo di Isla-
mabad, monsignor Rufin Anthony,
P
ma anche molti degli esponenti del
mondo religioso musulmano, riten-
gono che il proscioglimento dalle
accuse di blasfemia sia un grande
passo avanti verso l’armonia inter-
confessionale. «Alla fin fine abbia-
mo visto la magistratura assumere
una posizione netta e ferma – ha
dichiarato il vescovo, a dispetto -
delle enormi pressioni ricevute» da
gruppi fondamentalisti. Ma: «C’è
una lunga lista di innocenti - affer-
ma James John, prete della diocesi
di Multan - in galera per blasfemia,
che vanno anch’essi salvaguardati.
Rimsha è un simbolo di cambia-
mento per le minoranze in Paki-
stan». Ora bisogna assistere ad al-
cuni sviluppi, prima di cantare
vittoria troppo facilmente. L’imam
Khalid Jadoon Chishti sarà con-
dannato per le sue false accuse? Gli
integralisti a piede libero lasceranno
vivere Rimsha Masih e la sua fa-
miglia? La ragazzina, una volta li-
bera dalle sue accuse, potrà rima-
nere in Pakistan o dovrà riparare
all’estero, seguendo la sorte di Ma-
lala Yousafzai, scampata per mira-
colo a un attentato dei Talebani ed
ora esule in Gran Bretagna? Paul
Bhatti rimarrà vivo a lungo o farà
la fine del suo fratello e predeces-
sore Shahbaz Bhatti, assassinato
dai Talebani nel 2011 (e proprio
perché aveva difeso un’altra cristia-
na, Asia Bibi)?
(
ste. ma.)
L’OPINIONE delle Libertà
MERCOLEDÌ 21 NOVEMBRE 2012
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