Page 2 - Opinione del 23-9-2012

II
POLITICA
II
Se l’Europa latita, gli integralisti hanno già vinto
di
GIUSEPPE TALARICO
l confronto politico ed il dibat-
tito intellettuale in questo mo-
mento storico in Europa, a causa
della crisi economica, una delle
più gravi e lunghe della storia re-
cente, sono essenzialmente basati
sui temi che riguardano la possi-
bilità di preservare l’unione mo-
netaria.
Secondo alcuni osservatori
l’Unione Europea è priva di una
visione politica e appare impo-
tente di fronte a quanto accade
nel mondo ed in particolare sia
in Medio Oriente sia nell’Africa
del nord. In Europa, in questo
momento, il confronto democra-
tico e culturale è interamente do-
minato dai problemi di natura
economica, per scongiurare il ri-
schio che la speculazione finan-
ziaria possa disarticolare la zona
Euro.
È bastato un film, mediocre e
considerato offensivo per la sen-
sibilità religiosa delle popolazioni
musulmane, a scatenare gli atti di
violenza contro l’ambasciata
americana di Bengasi ed a ridare
visibilità alle folle indottrinate da-
gli integralisti islamici.
Prima in Europa vi è stato un
compiacimento per la rivoluzioni
arabe dello scorso anno, grazie
alle quali sono stati abbattuti e
rovesciati regimi illiberali ed au-
toritari, che sembravano destinati
a non capitolare mai e a durare
a lungo nel tempo.
Di fronte alle nuove manife-
stazioni del fanatismo islamico,
provocate dal film blasfemo, si è
compreso in Occidente il rischio.
Finalmente è maturata la con-
sapevolezza che le nuove demo-
crazie deboli e vacillanti, nate in
seguito alle rivoluzioni arabe in
Tunisia, Egitto e Libia, potrebbe-
ro essere sequestrate e finire sotto
il dominio politico dei fratelli mu-
sulmani e di tutte quelle forze va-
riegate, che compongono il vasto
I
arcipelago dell’integralismo isla-
mico.
Tuttavia manca nel Vecchio
Continente una visione dei pro-
blemi che sta attraversando tutta
l’area del Mediterraneo. Esatta-
mente come manca del tutto una
idea per stabilire quale rapporto
debba esserci tra l’Europa e
l’Islam, tra le diverse religioni e
per scongiurare il pericolo che
esploda un conflitto tra i diversi
credi e movimenti religiosi, da cui
potrebbe scaturire un conflitto di
civiltà dalle conseguenze deva-
stanti.
L’Europa, ripiegata su se stessa
per le gravi questioni legate alla
necessità di preservare la zona eu-
ro e per superare la recessione
economica, non ha una politica
estera con cui assumere una po-
sizione univoca di fronte a quan-
to accade nel Nord Africa e so-
prattutto nel Medio Oriente.
Eppure le masse arabe che
fuggono dai loro Paesi, per sfug-
gire alla miseria e alla violenza,
continuano a cercare rifugio nel
Paesi occidentali in generale ed
europei in particolare.
L’Europa continua ad affidare
agli Stai Uniti ed alla amministra-
zione di Washington la sua poli-
tica estera, non solo in Afghani-
stan ed in Iran, ma anche nel
rapporto con i Paesi che sono col-
locati nell’area geografica del
mediterraneo.
Il ruolo istituzionale che eser-
cita Catherine Ashton, rappresen-
tate degli affari esteri della unione
Europea, è ininfluente e tale da
non avere alcuna efficacia politi-
ca, proprio perché in questo mo-
mento è assente una idea del
mondo nella Ue, che sia capace
di coniugare gli interessi con le
passioni.
Inoltre è innegabile che la po-
litica perseguita dagli Usa nel me-
diterraneo ed in medio oriente
non funziona, poiché si è rivelata
incapace di garantire la stabilità
politica e la democrazia.
Prima, nel recente passato, si
è pensato di potere esportare la
democrazia con il ricorso alla
guerra.
In seguito, con la presidenza
di Barack Obama ed il suo famo-
so discorso pronunciato al Cairo
nel 2009 per avviare un dialogo
con i popoli arabi e musulmani,
vi è stato un mutamento di indi-
rizzo, anche se le operazioni bel-
liche con l’utilizzo dei Droni, ae-
rei senza pilota, sono proseguite
nello Yemen ed in Pakistan, pro-
vocando la morte dei civili e vio-
lando in tal modo la legalità in-
ternazionale.
Proprio perché gli Usa seguo-
no una politica estera nell’area
del mediterraneo che si è dimo-
strata incapace di favorire la tran-
sizione democratica e impedire le
nuove manifestazioni dell’integra-
lismo islamico, è l’Europa che do-
vrebbe assumere un ruolo politi-
co, divenendo un punto di
riferimento per le nuove demo-
crazie arabe.
Nel 1951 Jean Monnet diede
vita alla comunità dell’acciaio e
del carbone, che precedette la na-
scita della Unione Europea.
In tal modo Monnet seppe co-
niugare gli interessi e le passioni
ed unire i principali paesi del vec-
chio continente, dando forma al-
l’ideale dell’Europa Unita ed ad
un comune destino, che avrebbe
dovuto integrare politicamente le
nazioni del vecchio continente.
Due economisti hanno nel
2011
avanzato una proposta in-
telligente ed interessante per co-
stituire e creare una comunità
mediterranea dell’energia.
Poiché l’Europa deve prepara-
si, visto che oramai l’unione fe-
derale non è più un tabù, a sosti-
tuire la politica degli Usa e
l’egemonia americana nell’area
del mediterraneo, secondo due
autorevoli economisti, Alfonso
Iozzo e Antonio Mosconi, è es-
senziale che si dia attuazione ad
un piano per avere una comunità
basata sull’energia, che unisca
l’Europa ed il sud del mediterra-
neo.
L’Europa, secondo questa in-
telligente e assai importante pro-
posta concepita da questi due ge-
niali economisti, dovrebbe offrire
le proprie tecnologie ed i propri
impianti per la produzione di
energia, instaurando un rapporto
paritario e di reciproco rispetto
con i Paesi, nei quali le risorse
naturali sono notevoli ed enormi.
Mai come in questo momento
storico si avverte l’assenza di una
Europa che sia capace di avere
una moneta unica, uno stato fe-
derale ed un governo in grado di
sostenere una politica estera con
la quale di dominare gli eventi in-
ternazionali, fissare delle priorità,
ed impedire che il disordine geo-
politico possa provocare nuovi
conflitti e mettere a rischio la si-
curezza internazionale, sia nel
mediterraneo sia nel Medio
Oriente.
Infatti non bisogna ignorare
che non soltanto l’Iran rappre-
senta un pericolo per la comunità
internazionale, visto che vuole
dotarsi dell’arma nucleare e di-
struggere lo stato di Israele, ma
che anche l’Arabia Saudita, di cui
non si parla mai, è il paese che
offre sostegno finanziario ai par-
titi Salafiti, che esercitano una
grande influenza ed un dominio
politico sui diversi raggruppa-
menti riconducibili all’integrali-
smo islamico.
In questo momento storico
non è più ammissibile l’assenza e
la latitanza della Ue rispetto ai
problemi della politica interna-
zionale né ci si può accontentare
del balbettio inconcludente di chi
dovrebbe guidare la politica este-
ra del vecchio continuate.
Sostituire l’egemonia america-
na nel sud del mediterraneo, si-
gnifica far prevalere, grazie ad
una politica estera europea auto-
noma ed indipendente, la forza
del diritto sul diritto della forza,
visto che le guerre preventive pri-
ma e la politica basata sul multi-
lateralismo perseguita in seguito
da Obama, in questi anni non
hanno condotto né alla stabilità
politica né alla formazione di
nuovi equilibri nei paesi arabi,
nell’area del mediterraneo e, so-
prattutto, nell’area del medio
oriente.
Soltanto l’Europa possiede gli
strumenti intellettuali e politici
per aiutare le nuove democrazie
arabe a conciliare l’autorità dello
stato con i valori della civiltà li-
berale, la libertà e la laicità, im-
pedendo che cadano sotto i risor-
genti e insidiosi integralismi
religiosi.
L’Unione europea
è oggi troppo ripiegata
su se stessa per le gravi
questioni legate
alla necessità
di mantenere in vita
la zona Euro e superare
la recessione economica
L’Occidente e il Vecchio
Continente non hanno
una politica estera
univoca e non riescono
ad assumere
una posizione coerente
di fronte a quanto
accade nei paesi islamici
segue dalla prima
Cittadini
del mondo sinistro
(...)
Da tutto ciò deriva un modello di svi-
luppo molto simile a quello vigente per 70
anni nell’ex Unione sovietica.
Un modello di sviluppo deciso a tavolino
da una burocrazia politico-sindacale che
pretenderebbe di eliminare ogni logica le-
gata agli stimoli della concorrenza e del-
l’evoluzione tecnologica attraverso una sor-
ta di pianificazione economica adottata per
decreto legge.
In questo mondo dominato da aziende re-
almente collettive - nel senso che sono fi-
nanziate coi quattrini della collettività -
non esistono fallimenti, riconversioni, ri-
strutturazioni, mobilità o qualunque altra
forma di fisiologico riequilibrio economico.
In questo sinistro mondo esistono solo cit-
tadini da spremere e consenso da acquisire
attraverso la facile demagogia.
Se poi, proprio come avveniva in Urss, ci
ritroveremo con industrie che realizzano
prodotti obsoleti e con prezzi esorbitanti
poco importa. Se non altro l’occupazione
sarà salva.
CLAUDIO ROMITI
L’alleanza di ferro
tra media e Obama
(...)
Riassumendo: l’economia americana è
già debole e sembra che si indebolisca ul-
teriormente. E qual è la posizione politica
del presidente Obama? Nei sondaggi Gal-
lup e Rasmussen, abbiamo già visto sbia-
dire il suo rimbalzo alla convention - per
quello che è stato. Rasmussen torna a par-
lare di parità tra i candidati, e un vantaggio
di Obama pari a tre punti tra gli elettori
registrati su Gallup suggerisce una parità
anche tra gli elettori stessi. Guarda caso,
sono proprio questi i numeri che si regi-
stravano lungo tutto il mese di agosto.
I conservatori sono sempre più frustrati
dalla campagna di Romney, e ne hanno
motivo. Deve stabilizzarsi e dare un mes-
saggio chiaro su come la presidenza di
Romney sarà un successo. Non ha bisogno
di spedire un foglio bianco a tutti gli elettori
indecisi di Columbus, ma è necessario che
fornisca informazioni dettagliate per dar
loro l’impressione che Romney abbia un
piano. Stranamente, il Team Romney sem-
bra essere stato colto impreparato la scorsa
settimana. Avremmo tutti potuto prevedere
che i media tradizionali avrebbero trasfor-
mato un saltello in un balzo decisivo per il
presidente Obama. E possiamo star certi
che ci sarà dell’altro.
Il tempo dei giornalisti capaci di colpire
equamente è ormai andato. E non con-
fondiamoci: non abbiamo a che fare con
un “pregiudizio liberal”, ma con un pre-
giudizio favorevole al partito democratico.
Al momento c’è una porta girevole tra la
blogosfera di sinistra, il più vasto establi-
shment democratico e i media tradizio-
nali. E la narrativa fasulla di un’Obama
in fuga è solo un risultato di questa insi-
diosa alleanza.
La buona notizia è che questa corsa si de-
ciderà sui temi fondamentali. E anche che
il Gop ha abbastanza soldi per poter comu-
nicare in modo diretto con l’elettorato, in-
dipendentemente dalle invenzioni degli ex
consulenti della campagna di Obama, e dai
reporter liberal che dominano i media tra-
dizionali. Il Team Romney ha bisogno di
decidere un piano d’attacco e di dar batta-
glia direttamente al presidente, sui temi che
interessano gli elettori: l’economia, il prezzo
della benzina, il deficit e l’Obamacare.
JAY COST
*
*
tratto dal “Weekly Standard”
traduzione a cura di Irene Selbmann
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ARTURO DIACONALE
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L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 23 SETTEMBRE 2012
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