nnuncia querele, grida ad una
congiura contro di lui, parla
di «macchina del fango» e ribadi-
sce che «non ha scheletri nell’ar-
madio». Rosario Crocetta, presi-
dente della Regione siciliana,
replica così all’inchiesta del setti-
manale
Panorama
su presunti rap-
porti e frequentazioni del neo go-
vernatore e personaggi della mafia.
Dal giorno della sua elezione, l’ex
sindaco di Gela ed europarlamen-
tare del Pd, ha frequentato tutti i
salotti televisivi e probabilmente
avrebbe desiderato una copertina
ben diversa da quella che, invece,
gli ha “dedicato”
Panorama
,
dal ti-
tolo «Le relazioni pericolose di
Crocetta». Un dossier di quattro
pagine in cui sono riportate testi-
monianze, documenti, ricostruzioni
ed episodi che, sicuramente, mal
si conciliano con l’immagine di un
uomo come Crocetta che non per-
de occasione per ribadire il suo es-
sere contro la mafia. L’inchiesta,
senza dubbio pesante per il gover-
natore siciliano che ha sbandiera-
to anche durante la campagna
elettorale la sua “rivoluzione”, par-
te da un’informativa che l’ex vice
questore di Gela, Antonio Mala-
farina (eletto deputato nel listino
di Crocetta) scrisse nel 2003: «Va
rilevato che la campagna elettorale
di Rosario Crocetta ( comunali di
Gela del 2002,
ndr
)
sarebbe stata
in parte condotta da Celona Ema-
nuele, oggi collaborante di Cosa
nostra, appartenente alla cosca
mafiosa degli Emanuele, più volte
notato in compagnia del Crocetta
che frequentava la libreria del Ce-
lona, il quale avrebbe reso dichia-
razioni in merito a questo suppor-
to elettorale». Un rapporto, quello
di Malafarina, che a detta dello
stesso è stato in seguito smentito
dalle indagini, dalle quali Crocetta
ne è uscito pulito. In merito a que-
A
sta vicenda, di cui si è parlato mol-
to durante la campagna elettorale,
il governatore ha sempre ribadito
che fu proprio lui a convincere Ce-
lona a collaborare con la giustizia.
Per Crocetta, che definisce quello
di Panorama “un finto dossier”,
c’è un disegno molto ampio di po-
teri forti che mira a delegittimare
lui e la Sicilia. E ribadendo che non
ha mai ricevuto alcun avviso di ga-
ranzia è apparso assai singolare
che Crocetta abbia annunciato una
denuncia nei confronti di Saverio
Di Blasi, ex responsabile dei Verdi
di Gela che lo accusa dalle pagine
di Panorama, da presentare in un
Tribunale del Nord. Il primo pre-
sidente antimafia, come ama defi-
nirsi Crocetta, non si fida della giu-
stizia dell’Isola? «Ho fatto diverse
denunce in Tribunali siciliani - ha
affermato il governatore - ma non
hanno avuto alcun seguito. Voglio
capire perché sono finite nel nul-
la». In attesa che l’ex sindaco di
Gela «trovi un tribunale giusto e
non quello che magari mi vuole
fottere perché in mano ai mafiosi»,
come ha dichiarato in un’intervista
nell’edizione palermitana de
la Re-
pubblica
,
ieri ha revocato sette di-
rigenti generali della Regione.
ROSAMARIA GUNNELLA
di
VALTER VECELLIO
apita di imbattersi in notizie
che sconcertano e fanno
pensare. Per esempio quella resa
pubblica dal garante dei diritti
dei detenuti del Lazio Angiolo
Marroni. Nove mesi fa, l’11 feb-
braio scorso, nel carcere di Re-
gina Coeli muore un detenuto di
trent’anni, probabilmente vittima
di un’overdose. Prima di lui,
dall’inizio dell’anno, erano morti
sedici detenuti: per suicidio, per
malattia o per cause da accertare.
Dopo di lui sono morti altri
84
detenuti: è una strage quoti-
diana quella che si consuma nelle
carceri italiane; e sono almeno
dieci volte tanti i detenuti che
vengono salvati dagli agenti della
polizia penitenziaria.
Tiziano, così si chiamava il
detenuto morto l’11 febbraio, da
allora è un numero. La procura
di Roma ha disposto, come la
legge prevede per casi del genere,
l’autopsia per capire le cause del-
la morte. Dall’11 febbraio il cor-
po di Tiziano è custodito in con-
dizioni precarie in un deposito
del cimitero di Prima Porta.
Un morto dimenticato, perché
non si capisce bene che cosa im-
pedisca la restituzione del corpo
alla famiglia, che chiede solo di
poter portare un fiore sulla sua
tomba. Una vicenda che definire
assurda è poco.
Ancora: l’altro giorno è stato
presentato il nono rapporto di
Antigone” sulle condizioni di
detenzione in Italia. Un rapporto
che documenta non solo la situa-
zione di vera e propria tortura in
cui è costretta a vivere la comu-
nità penitenziaria. Sono i mez-
zucci per cercare di edulcorare
questa realtà, a risultare mag-
giormente offensivi. Secondo i
C
dati ufficiali, al 31 ottobre 2012,
la capienza regolamentare dei
206
istituti penitenziari è di
46.795
posti. «La notizia però
incredibile - scrive Antigone nel
rapporto - è che due mesi prima
la capienza degli istituti era di
45.568
posti. A noi non risultano
apertura di nuove carceri, né di
nuovi padiglioni in vecchi istituti
di pena. A che gioco giochia-
mo?».
Giochiamo, si potrebbe ri-
spondere, al giochino degli an-
nunci ad effetto, che non hanno
corrispondenza con i fatti reali.
Giorni fa Severino, in visita al
carcere veneziano della “Giudec-
ca”, dopo aver promesso nove-
mila posti in più ha aggiunto che
ne erano stati già creati quattro-
mila.
Come e dove non lo ha chie-
sto nessuno, e lei non lo ha chia-
rito. Tutto però ha un che di ma-
gico: da agosto a ottobre 2012
vengono “creati” circa 1.200
nuovi posti. Nel mese successivo
(
la visita alla “Giudecca” è del
12
novembre), eccone altri 2.800
nuovi…a via Arenula devono
avere l proprio servizio il Genio
della lampada o la bacchetta del
Mago Merlino.
Il rapporto di “Antigone” de-
scrive realtà vergognose e alluci-
nanti.
Nel carcere di Taranto quat-
tro detenuti si affollano in 9 me-
tri quadrati. In quello di Latina
si sta rinchiusi anche 20 ore al
giorno. Nel carcere di Catania
d’inverno i termosifoni restano
spenti… «La dichiarazione dello
stato di emergenza per il sovraf-
follamento risale al 13 gennaio
2010
e il numero dei detenuti al-
lora era di 64.791. Al 31ottobre
scorso, la presenza è di 66.685
detenuti, 1.894 in più. Ma come
-
si chiede il rapporto - i detenuti
non dovevano diminuire?».
L’Italia resta il Paese con le
carceri più sovraffollate nel-
l’Unione Europea: il nostro tasso
di affollamento è oggi infatti del
142,5
per cento (oltre 140 dete-
nuti ogni 100 posti). La media
europea è del 99,6 per cento.
È la conferma di quanto Mar-
co Pannella e i radicali dicono
da tempo: «Le carceri italiane si
trovano in una condizione di
conclamata, abituale, flagrante
violazione della legalità costitu-
zionale, attestata dagli stessi or-
gani apicali delle Istituzioni e
della Giustizia. E se è un collasso
che non collassa mai (o non an-
cora), lo si deve esclusivamente
al senso di responsabilità di tutta
la comunità carceraria: detenuti,
direttori delle carceri, agenti del-
la polizia penitenziaria, operato-
ri, volontari».
II
POLITICA
II
Il presidente siciliano
annuncia querele,
grida ad una congiura
contro di lui,
parla di «macchina
del fango» e ribadisce
che «non ha scheletri
nell’armadio»
segue dalla prima
Europa e carriere
Il primo, come si è visto nel vertice Ue, porta
fatalmente allo sfaldamento di una unità eu-
ropea che si fonda su basi fragili come quelle
date da una moneta unica priva di istituzioni
unitarie e da una burocrazia dirigista priva
di reale contatto con la comunità che pre-
tende di guidare. Il secondo dovrebbe portare
a correggere gli errori dell’europeismo fidei-
stico ed a porre al centro dell’agenda politica
non l’uscita dall’Ue ma la richiesta di una
più forte azione del paese a livello continen-
tale per la nascita di una Europa politica ca-
pace di dare vita agli Stati Uniti d’Europa ed
una strategia unitaria per uscire dalla crisi.
Distinguere tra europeismo responsabile ed
irresponsabile non è una banalità. È l’unico
modo per smascherare quando politici in Ita-
lia usano strumentalmente l’europeismo solo
per fini politici interni. Cioè per dare un mi-
nimo di copertura politica e dignità intellet-
tuale alle manovre in atto per le proprie si-
stemazioni personali. Vero Franco Frattini?
ARTURO DIACONALE
Gaza e i media
Pazienza se le limitate vittime israeliane sono
il risultato degli sforzi del loro governo di
proteggere la popolazione, al contrario di
Hamas che la usa come “scudo umano”. Ha-
mas ha annunciato un accordo che di fatto
non c’era, le trattative erano ancora in pieno
svolgimento. Ma era strumentale ad alimen-
tare le aspettative di una tregua imminente,
così da far titolare i giornali, l’indomani,
sull’accordo sfumato facendo ricadere la col-
pa su Israele. I media hanno abboccato in
pieno, malgrado il fatto che Hillary Clinton
dovesse ancora giungere nella regione avreb-
be dovuto far presagire che l’accordo era an-
cora lungi dall’essere raggiunto.Nonostante
l’Iran non faccia mistero di aiutare militar-
mente sia il regime di Assad contro i ribelli,
sia Hamas fornendogli missili di gittata sem-
pre maggiore, che mi risulti nessuna delle as-
sennate analisi apparse sui mainstream media
si è azzardata ad interpretare quanto sta ac-
cadendo come un diversivo iraniano per al-
leggerire la pressione internazionale su Assad,
impegnato in una durissima repressione in-
terna. Ma non lo capite, stupidi, che non
c’entrano più le rivendicazioni dei palestinesi,
che la “questione palestinese” è morta e se-
polta, e che Siria, Gaza, Assad, Hamas, tutto
quanto sta accadendo, è parte di un’unica
guerra regionale il cui attore, anzi burattinaio
principale è l’Iran? Ebbene, Hamas, che ap-
partiene alla Fratellanza musulmana, lo stesso
movimento che esprime il presidente egiziano
Morsi, è a un bivio: deve scegliere se affidarsi
alla mediazione dei suoi “fratelli” egiziani,
se farsi “normalizzare” e moderare dall’Egit-
to, o se invece giurare fedeltà a Teheran, che
gli fornisce i preziosi missili con i quali può
ricattare Israele e proseguire la sua guerra.
Egitto o Iran, insomma? Sotto esame è anche
il nuovo Egitto in mano ai Fratelli musul-
mani: gli Stati Uniti, ma anche Israele, vo-
gliono capire se è o no un attore di stabilità
e se la sua “parentela” con Hamas è d’aiuto
o un’ulteriore complicazione. E invece niente
di tutto questo, sui media, siti internet e so-
cial network compresi, prosegue lo stucche-
vole rito - il “terzismo” - di politici e gior-
nalisti tweetstar: condannare la guerra
sporca e cattiva, che non serve a nessuno,
e mettere sullo stesso piano Hamas e Israele
(
semmai facendo le pulci a quest’ultimo,
colpevole di accanirsi su innocenti e indifesi
palestinesi). Facile starsene seduti davanti
al pc in redazione o sul divano di casa e
pontificare sull’inutilità della guerra. È una
posa comoda, che garantisce bella figura a
buon mercato, esentati dalla fatica intellet-
tuale e anche dalla responsabilità morale e
professionale di distinguere tra aggressore
e vittima, di distribuire torti e ragioni.
FEDERICO PUNZI
Giustizia, carceri e tortura
Il sistema che non collassamai
Crocetta si sfoga:
«
È un complotto»
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VENERDÌ 23 NOVEMBRE 2012
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