Pagina 1 - Opinione del 23-8-2012

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Direttore ARTURO DIACONALE
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Venerdì 24 Agosto 2012
delle Libertà
Se nasce il partito del circomediatico-giudiziario
uigi De Magistris ha annunciato
per l’autunno la nascita di un
movimento arancione che non sarà
il partito dei sindaci ma che sarà
guidato da personaggi di grande no-
me. Oscar Giannino si prepara a
trasformare in partito il suo docu-
mento contro il declino, firmato al
momento da oltre ventimila cittadi-
ni. Al tempo stesso i cantieri della
politica fanno intravvedere gru al
lavoro sul Partito della Nazione di
Pierferdinando Casini, sull’alleanza
siciliana tra Storace, Micciché, Lom-
bardo e Pdl che potrebbe portare al-
la nascita di una sorta di “grande
destra meridionale”, su tutta quella
parte della sinistra antagonista e giu-
L
stizialista che Violante ha bollato
come braccio armato di poteri an-
tidemocratici e su quell’area gassosa
rappresentata dal mondo cattolico
dove operano Riccardi e Bonanni
con l’obbiettivo di rendere solido
una qualche “cosa bianca”.
Tutte queste iniziative ed una co-
sì ampia serie di fermenti sembrano,
però, in aperta contraddizione con
la notizia che i partiti maggiori
avrebbero definitivamente trovato
una intesa sulla nuova legge eletto-
rale incentrata non solo sul premio
di maggioranza al partito maggiore
e sul ritorno delle preferenze accanto
alle liste bloccate, ma soprattutto
sullo sbarramento del cinque per
cento alla Camera e dell’otto per
cento al Senato. Quante delle pre-
annunciate iniziative sarebbero in
grado di scavalcare le asticelle poste
dal ritorno al proporzionale diretto
esplicitamente a privilegiare le for-
mazioni politiche maggiori?
Probabilmente è ancora presto
per dare una risposta ad un interro-
gativo del genere. Perché molti dei
lavori in corso potrebbero trovare
una qualche unificazione. In parti-
colare quelle di Casini, Giannino,
Riccardi e Bonanni. O quelle di Sto-
race, Micciché, Lombardo e Pdl ed
altre liste civiche nelle regioni cen-
tro-meridionali. E, soprattutto, quel-
la di De Magistris che potrebbe in-
trecciarsi e fondersi con il blocco
giustizialista tanto criminalizzato da
Violante. Se in grado di trovare for-
me di aggregazione comune le prime
due iniziative sarebbero in grado di
superare lo sbarramento. Almeno
quello della Camera. Diverso è il ca-
so della terza ipotesi.
Quella che sulla carta potrebbe
vedere la nascita di una lista comune
tra i sindaci della sinistra concor-
renziale con il Pd, l’Italia dei Valori
di Di Pietro, il movimento cinque
stelle di Grillo e qualche personag-
gio eccellente del mondo della ma-
gistratura militante che tanto irrita
e spaventa Violante.
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Altro che sviluppo, bisogna tagliare spesa e tasse
on un vago odore pre-eletto-
rale, in questo arroventato
scorcio d’estate è ripreso il tomen-
tone governativo sulla crescita.
Tanto all’interno che all’estero,
Monti & soci si sforzano di elabo-
rare documenti e prese di posizione
in favore della ripresa economica,
quasi che quest’ultima si potesse
ottenere a tavolino. È tutto un fio-
rire di iniziative e misure annun-
ciate il cui vero intento sembra
quello di rassicurare un paese let-
teralmente stremato dalla crisi. An-
che perchè a credere nei miracoli
tecnici oramai sono rimasti ben
pochi in Italia.
Sebbene, all’interno di un siste-
C
ma sempre più infettato da visioni
collettivistiche e keynesiane, l’idea
di far crescere il Pil e l’occupazione
attraverso un atto deliberato della
politica riscuota sempre molto cre-
dito, soprattutto tra quei partiti e
quei sindacati che da sempre cre-
dono nell’azione salvifica dello Sta-
to in economia. Ma in realtà, così
come dovrebbe insegnarci l’espe-
rienza storica, il presupposto di
creare sviluppo attraverso podero-
se iniezioni di soldi pubblici non
funziona per tutta una serie di ra-
gioni le quali, nell’ambito di un
breve commento, non sarebbe pos-
sibile approfondire. Posso solo di-
re, parafrasando la signora That-
cher, che in primo luogo questa ri-
cetta è profondamente sbagliata
perchè prima o poi i soldi degli al-
tri finiscono, lasciando col sedere
per terra tutti quelli che vivono di
lavori pubblici inventati. È questo
il classico errore prospettico che
commettono coloro i quali imma-
ginano lo sviluppo dell’economia
solo attraverso le dinamiche della
domanda; praticamente gran parte
del nostro succitato ceto politico
e sindacale. In sostanza si ritiene
che pompando carta moneta nelle
tasche dei cittadini-consumatori si
crei un duraturo effetto di trasci-
namento dell’intera economia, pro-
vocando una crescita della ricchez-
za generale ed un aumento nell’of-
ferta di posti di lavoro. Eppure, vi-
sto come vanno le cose nel nostro
paese da parecchi decenni, l’azione
della mano pubblica nel sostenere
questa politica è sempre più evi-
dente, testimoniata dal record
mondiale nella spesa, ma il sistema
appare fondamentalmente fermo
da almeno tre lustri. In pratica, tol-
ta l’inflazione, il reddito pro-capite
è lo stesso del 1997.
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di
CLAUDIO ROMITI
Perfino in Svezia, patria
del welfare, la spesa
pubblica è stata tagliata
del 18%negli ultimi
anni. Professori o meno,
continuare ad insistere
su un modello dirigista
e keynesiano non potrà
che portare il nostro
paese al disastro
di
ARTURO DIACONALE
La loro discesa in campo
è un vero incubo
per Pierluigi Bersani.
E per l’intero paese.
Talmente inquietante
da indurre a qualche
ripensamento
sui benefici del ritorno
a un sistema elettorale
di tipo proporzionale
Conte: «Non è giustizia,ma tifo»
K
«Sono oggetto di accuse infa-
manti, per fare di me lo spot di uno
scandalo calcioscommesse. C’é un giu-
dice che parla di me, dice cose inoppor-
tune, forse da tifoso». Questo lo sfogo
del tecnico juventino Antonio Conte,
dopo la condanna in appello per una
presunta combine sportiva mai dimo-
strata e mai sorretta da null’altro se non
dalle farneticazioni di un delatore e dalle
manie di protagonismo delle toghe spor-
tive italiane, che hanno voluto dargli
corda per finire in prima pagina.
Perché il vero e unico scandalo del cal-
cioscommesse sta proprio nella cosid-
detta giustizia. C’è solo da augurarsi
che questa farsa in due atti squarci fi-
nalmente agli occhi dell’opinione pub-
blica italiana, più sensibile ai guai del
pallone che a quelli dello stato, il velo di
Maya della malagiustizia. Che i giudici
siano tifosi di calcio è una novità che ci
insegna il caso Conte. Che siano tifosi
politicamente, invece, è una verità con
la quale si fanno i conti ormai da de-
cenni. Senza che nessuno, per miopia o
convenienza, abbia mai fatto nulla. A
parte costruirci sopra le proprie fortune.