Pagina 6 - Opinione del 23-8-2012

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II
ESTERI
II
General Motors, una spina
nel fianco di Obama e Biden
di
ALESSANDRO TAPPARINI
sama Bin Laden è morto
e la General Motors è vi-
va»: il vicepresidente Joe Biden
ama usare questo scherzoso slogan
nei suoi comizi per la rielezione di
Barack Obama. Il salvataggio dal
fallimento dei due giganti dell’in-
dustria automobilistica americana,
General Motors e Chrysler (il ter-
zo, Ford, preferì arrangiarsi senza
sussidi e c’è riuscito) è infatti una
delle più popolari “cose fatte” che
il 44esimo presidente possa riven-
dicare di fronte agli elettori.
Presto però Biden potrebbe ve-
dersi costretto a cambiare slogan.
Se infatti per Chrysler (”salvata”
dall’amministrazione Obama rile-
vandone solo l’8% delle azioni,
mentre il 20% venne acquisito
dalla Fiat di Marchionne) le cose
vanno effettivamente per il meglio,
di tutt’altro tenore sono le ultime
notizie su General Motors, per il
cui “salvataggio” l’intervento sta-
tale era stato ben più pesante.
Nel 2009, quando la General
Motors presentò istanza di falli-
mento, il governo ne rilevò la
maggioranza assoluta delle quote,
spendendo quasi cinquanta miliar-
di di dollari. Da allora la GM è
divenuta una vera e propria indu-
stria parastatale, guadagnandosi
presso i detrattori dell’operazione
il soprannome di
“Government
«O
Motors”
. Si disse che sarebbe stato
solo un intervento straordinario
temporaneo, ma ovviamente le co-
se non sono tanto semplici. Il go-
verno federale è ancora azionista
per il 26%: per dismettere l’intera
sua partecipazione rientrando del
fiume di dollari a suo tempo elar-
gito dovrebbe vendere le azioni a
53 dollari l’una, ma oggi ne val-
gono sì e no 20 per cui vendere
ora equivarrebbe a consolidare
una perdita di circa 25 miliardi di
dollari - soldi dei contribuenti. Al
contempo, le vendite vanno male
e i bilanci dell’azienda sono peri-
colosamente traballanti.
Le difficoltà maggiori General
Motors le sta incontrando non ne-
gli Stati Uniti - dove pure il suo
peso si è molto ridimensionato:
vendendo a prezzi molto bassi rie-
sce a mantenere circa il 20% del
mercato dell’auto, mentre mezzo
secolo fa superava il 50% - bensì
in Europa, dove la GM ha inve-
stito tanto per poi ricavare risul-
tati infimi per via della crisi. Al-
l’inizio dell’estate la casa di
Detroit ha segnato un calo degli
utili netti di ben il 40% nel secon-
do trimestre, e per settembre non
ci aspetta niente di meglio. Gene-
ral Motors intanto ha scialato mi-
liardi nel vano tentativo di sop-
piantare in Europa il marchio
Opel con il suo principale, Che-
vrolet: il manager che ha speso
559 milioni di dollari per piazzare
il logo Chevrolet sulla maglia dei
giocatori del Manchester United
è stato recentemente defenestrato.
Un altro tasto dolente è quello del-
le auto ecologiche, fortemente
spinto dal governo per ovvie ra-
gioni politiche. Obama aveva pro-
messo un milione di auto elettri-
che sulle strade d’America entro
il 2015, ma sarà dura fin tanto
che la Chevy Volt vende appena
10mila esemplari all’anno.
Di questo passo,
“Government
Motors”
potrebbe presto vedersi
costretta a portare nuovamente i
libri in tribunale: il che significa
che anche se Obama conquisterà
la rielezione, potrebbe poi trovarsi
per le mani la patata bollente di
un secondo “bailout” per GM. Po-
trebbe permetterselo?
Merkel, la donna più potente del mondo
K
La cancelliera tedesca Angela Merkel è al primo posto
nella classifica annuale elaborata dalla rivista “Forbes”, davanti
al segretario di Stato americano Hillary Clinton.
Pistorius e la dittatura del politicamente corretto
di
ANTONIO BENEDETTO
o sfacelo che il pensiero unico
orwelliano del politicamente
corretto produce quotidianamente
sulle nostre menti è un tema che
passa troppo spesso sotto silenzio.
Sono numerosissimi gli argomen-
ti-dogmi della religione del
politi-
cally correct
, ma quasi tutti verto-
no su questioni politicamente
sensibili, argomenti che sottopon-
gono i pochi contestatori del pen-
siero unico ad un forte rischio di
degenerazione della discussione in
lite. Mai nessun argomento, mai
nessun testo, mai nessuna evidente
verità potrà convincere il nostro
indottrinato interlocutore. Il riscal-
damento globale è una truffa? Sa-
nità e scuole pubbliche non sono
gratis (ma finanziate dalle tasse)?.
La gestione privata è sempre pre-
feribile a quella pubblica? Non tut-
ti gli elettori di Berlusconi sono
mafiosibastardipedofili? Non tutte
le culture sono uguali? La demo-
crazia va sempre sostenuta nella
lotta alla tirannia? Provate ad af-
fontare argomenti simili senza la
fortuna di trovarsi di fronte una
persona aperta al dialogo ed al
confronto. Il rischio è sempre lo
stesso: chi non è allineato al pen-
siero comune viene accusato delle
peggiori nefandezze o, se è fortu-
nato, di ignoranza.
Ma c’è un caso, piuttosto recen-
te, che può farci parlare della fe-
roce dittatura del politicamente
corretto senza alcuna ricaduta po-
litica: il caso dell’inaudita, imper-
L
donabile follia consistita nel far
correre alle Olimpiadi ad un han-
dicappato.
I Giochi paralimpici sono, se-
condo Wikipedia, «l’equivalente
dei Giochi olimpici per atleti con
disabilità fisiche». Ne consegue che
Oscar Pistorius, atleta disabile, de-
ve partecipare ai Giochi paralim-
pici.
Gli argomenti più comuni che
l’apostolo del pensiero unico op-
porrà a chiunque osi contestare il
diritto divino di Pistorius alle
Olimpiadi sono sempre gli stessi.
«Ma come, atleti sulla carrozzina
possono sparare, atleti sordi gio-
cano a calcio, atleti ciechi giocano
a scacchi...». Opporre questo ar-
gomento dimostra solo la desolan-
te malafede dell’interlocutore. È
evidente ed inconfutabile che gli
handicappati possano praticare
sport per i quali il loro handicap
non sia invalidante, e per i quali
gli aiuti tecnologici di cui dispon-
gono non li favoriscono. Nessuno
si sognerebbe mai di mettere in
dubbio questo diritto.
L’altro argomento principe che
l’adepto del politicamente corretto
oppone solitamente è ancora più
subdolo, viscido e ricattatorio: l’ar-
gomento della pietà. «Ma come
puoi non commuoverti di fronte a
un atleta che supera la sua disabi-
lità? Di fronte ad una storia così
bella e profonda?». A tali banalità
non si può rispondere senza sem-
brare cinici. Si può opporre l’argo-
mento provocatorio (Anche io ho
il sogno di correre contro Bolt, so-
lo perché non sono veloce come
lui non posso correre la finale delle
Olimpiadi? Magari aiutandomi
con la mia macchina o con un mo-
torino? Pistorius non ha il motore?
Allora magari mi lancio con una
catapulta per fare i 100 metri i 4
secondi!) o quello antidiscrimina-
torio (Perché allora non facciamo
correre gli orfanelli, o i padri cor-
nuti, le giovani vedove, i malati di
cancro, i bambini che hanno subito
violenze? Anche le loro storie sa-
rebbero altrettanto emozionanti e
belle, anche loro monopolizzereb-
bero le cronache studiapertane e
ci scalderebbero il cuore. Perché
loro no e Pistorius sì?). Ma, a me-
no di trovare persone di rara aper-
tura mentale, l’oppositore al regi-
me del politicamente corretto sarà
accusato di essere senza cuore e sa-
rà sommerso da offese di vario ge-
nere.
Il punto sul caso Pistorius è uno
solo: lui per correre utilizza delle
sofisticatissime protesi in carbonio.
Tali protesi gli danno vantaggi? Ed
è a questa domanda che gli organi
preposti a decidere hanno risposto
nel modo più ipocrita, vergognoso,
buonista e politicamente corretto
possibile: no, le protesi non gli
danno alcun vantaggio. Ora, se
non esistesse la pietà umana smen-
tire tale affermazione sarebbe
quanto di più facile possibile. È dif-
ficile, ma non impossibile, far ca-
pire che la decisione di far correre
Pistorius con Bolt è sbagliata, de-
precabile, intimamente razzista.
Se le fantascientifiche, leggeris-
sime, elastiche, indistruttibili pro-
tesi in carbonio non favoriscono
Pistorius, perchè Pistorius non cor-
re con le protesi che usa per anda-
re a fare la spesa? Semplice, perché
le protesi da corsa lo favoriscono.
Questa è una verità immediata-
mente evidente, non il delirio di un
fanatico. L’unico modo che avreb-
be Pistorius, o un atleta con il suo
handicap, di correre onestamente
contro Bolt alle Olimpiadi sarebbe
quello di farlo con i propri mon-
cherini. Solo così potrebbe gareg-
giare onestamente alle Olimpiadi.
Chiunque abbia corso o cam-
minato nella propria vita sa che i
talloni d’achille degli atleti sono...
i talloni, le ginocchia che si infiam-
mano o si spezzano (vero Ronal-
do? vero Giuseppe Rossi?), le tibie
e i peroni che si rompono (un atle-
ta americano alle ultime Olimpiadi
ha corso con la tibia rotta, cosa
che a Pistorius non potrebbe capi-
tare). Pistorius ha l’oggettivo van-
taggio di non essere soggetto a nes-
suno di questi infortuni. Corre
inoltre con una decina di kg in me-
no degli avversari, non sente fatica
nelle gambe (immaginate? correre
senza fatica nelle gambe!), è mol-
leggiato e capace di fare passi lun-
ghissimi grazie alle protesi fanta-
scientifiche.
È folle, insomma, che Pistorius
sia stato ammesso alle Olimpiadi.
In spregio al buon senso ed alla lo-
gica, ma soprattutto discriminando
tutti gli atleti con gambe di uma-
nissime carne e ossa che avrebbero
potuto essere al suo posto, e tutti
gli handicappati che non hanno
avuto la fortuna di essere stati elet-
ti dal regime orwelliano del poli-
ticamente corretto.
Non si tratta di una provoca-
zione. Pensate a tutti gli atleti di-
sabili che si vedono costretti a par-
tecipare alle Paralimpiadi perché
non hanno la fortuna di monopo-
lizzare la stampa. Loro non sono
interessanti per nessuno, non me-
ritano le copertine. Sono ghettizzati
in una competizione il cui signifi-
cato viene totalmente svilito dalla
partecipazione di un loro collega
alle Olimpiadi che tutto il mondo
guarda, quelle di Phelps e di Bolt.
Il 29 agosto cominciano le Para-
limpiadi. Solo parenti e amici stret-
ti faranno il tifo per gli atleti pa-
ralimpici. I mass media avranno
altro a cui pensare.
GMpotrebbe presto
vedersi costretta
a portare nuovamente
i libri in tribunale.
E, in caso di rielezione,
al presidente toccherebbe
l’enorme scocciatura
di un secondo“bailout”
Ormai chi non si allinea
al pensiero comune
viene sempre accusato
delle peggiori nefandezze
I disabili che partecipano
alle Paralimpiadi
non hanno la fortuna
di interessare alla stampa
L’OPINIONE delle Libertà
VENERDÌ 24 AGOSTO 2012
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