Pagina 1 - Opinione del 25-8-2012

Versione HTML di base

Direttore ARTURO DIACONALE
Fondato nel 1847 - Anno XVII N.196 - Euro 1,00
DL353/2003 (conv. in L 27/02/04 n. 46) art.1 comma 1 - DCB - Roma / Tariffa ROC Poste Italiane Spa Spedizione in Abb. postale
Sabato 25 Agosto 2012
delle Libertà
Bersani,Casini e quell’atroce scherzetto elettorale
l Pd rischia di impiccarsi con le
proprie mani. Il ritorno del pro-
porzionale con l’innovazione del-
lo sbarramento del cinque per
cento e del premio di maggioran-
za per il partito più votato rischia
di trasformarsi in una vera e pro-
pria trappola per il partito di
Pierluigi Bersani.
Quest’ultimo, insieme all’inte-
ro vecchio gruppo dirigente dei
sessantenni ed oltre del Pd, hanno
fatto i loro calcoli sulla base dei
sondaggi del momento che danno
il loro partito oltre il 25% e lo
candidano ad essere il naturale
perno di una alleanza con i cen-
tristi casiniani per la prossima le-
I
gislatura. Ma Bersani non ha cal-
colato (o ha calcolato male) gli
effetti di quella che dovrebbe es-
sere la nuova legge elettorale. So-
prattutto in riferimento alla no-
vità rappresentata dalla rottura
a sinistra sul caso Napolitano tra
gli eredi della tradizione Pci-Pds-
Pd ed i militanti del mondo giu-
stizialista. Lo sbarramento del
cinque per cento (che al Senato
diventa dell’otto), infatti, non
produce gli stessi effetti a destra
ed a sinistra.
Da un lato favorisce l’aggre-
gazione di tutti quei partiti mino-
ri che da soli non sarebbero mai
in grado di superare la quota mi-
nima d’accesso al Parlamento in
una lista federale promossa dal
partito maggioritario del centro
destra, cioè il Pdl.
Dall’altro, invece, spinge quel-
le forze che hanno la possibilità,
o credono di avere la capacità di
superare, autonomamente lo
sbarramento a giocare in proprio,
conducendo una campagna elet-
torale pesantemente concorren-
ziale nei confronti del partito
maggioritario della sinistra.
Naturalmente anche il Pd può
aggregare qualche forza minore.
È il caso dei socialisti di Nencini.
Ma non può andare oltre. Perché
l’aggregazione dei radicali, avve-
nuta nel 2008, non è ripetibile
per l’opposizione netta dei catto-
lici alla Bindi. Perché le forze mi-
nori della vecchia sinistra anta-
gonista (Rifondazione, Comunisti
Italiani, ecc.) si oppongono dura-
mente all’obbiettivo del Pd di al-
learsi con i centristi neo-democri-
stiani. E perché, soprattutto,
l’area giustizialista guidata da An-
tonio Di Pietro ma anche da De
Magistris e forse da Ingroia conta
di sfruttare a proprio vantaggio
il ritorno al proporzionale scaval-
cando agevolmente il 5% (magari
d’intesa con Grillo) e strappare
ampie fette di elettorato al Pd.
Continua a pagina
2
L’antipolitica è inutile. Per l’Italia serve il bisturi
econdo una recente indagine
sui costi della politica pubbli-
cata sul
Corriere della Sera
, la Re-
gione Lazio, guidata dall’ex sin-
dacalista Renata Polverini, non
brilla certamente per un uso ocu-
lato dei fondi a sua disposizione,
soprattutto nella gestione del suo
enorme apparato. Tra le tante
spese pazze, infatti, si segnalano
i ben 15 milioni di euro concessi
ogni anno ai gruppi consiliari. Per
non parlare dei circa 500 porta-
borse in servizio presso i vari po-
litici regionali, a cui si aggiungo-
no i collaboratori direttamente
alle dipendenze dei vertici istitu-
zionali. Ad esempio, il presidente
S
del Consiglio regionale ha diritto
ad uno staff di 19 persone, 9 del-
le quali possono essere assunte al
di fuori della medesima struttura
burocratica (più un numero im-
precisato di altri collaboratori per
materie specifiche). Mentre i vi-
cepresidenti, sempre in base al re-
golamento di questo impresenta-
bile carrozzone, possono dotarsi
“solo” di 12 galoppini, dei quali
4 esterni. Insomma, evitando di
continuare l’impietosa descrizione
di una Babele regionale che in
quanto a sperperi, ahinoi, non ca-
ratterizza certamente solo il La-
zio, bisognerebbe porsi la seguen-
te domanda: come mai,
nonostante la continua pressione
esercitata dalla stampa nazionale
e dal crescente aumento della co-
siddetta anti-politica, sembra che
nulla possa bloccare l’incontrol-
lata espansione dei succitati costi
della politica?
Ora, dal mio punto di vista li-
berale, la risposta è molto sem-
plice. La politica in Italia, a tutti
i livelli, controlla e gestisce una
quota sempre più alta di risorse,
le quali attualmente rappresenta-
no il 55% del Pil, ed è per questo
inevitabile che su una così ingente
massa di quattrini i sacerdoti del-
la spesa pubblica ne usino una
quota parte per i loro privilegi e
per accontentare i tanti
clientes
della relativa area. Oramai si do-
vrebbe essere compreso che nel
nostro disgraziatissimo paese la
democrazia elettiva è sempre più
sinonimo di consenso costruito
su un uso a dir poco disinvolto
dei quattrini del contribuente, in
cui i costi dei numerosi apparati
istituzionali costituiscono solo
l’aspetto più fulgido di un collet-
tivismo del menga.
Continua a pagina
2
di
CLAUDIO ROMITI
Se non si avrà il coraggio
di intervenire subito
su una spesa pubblica
degna di un regime
sovietico, si rischia
di rompere il già precario
rapporto tra cittadini
e stato ipertrofico,
con tutte le inevitabili
conseguenze del caso
di
ARTURO DIACONALE
La pressione sul Pd
del “nemico a sinistra”
giustizialista rischia
di strappare al partito
di Bersani una fetta
d’elettorato capace
di ridurre notevolmente
i voti di cui è accreditato
al momento, soffiandogli
il premio di maggioranza
Proporzionale: autogol di Pd eUdc
K
Forse Pierluigi Bersani e Pier-
ferdinando Casini dovranno fare i conti
con un nemico ben più temibile di qual-
siasi avversario alle urne: l’effetto boo-
merang del ritorno al proporzionale. Se
ora una soglia di sbarramento del 5% e
il premio di maggioranza al primo par-
tito suscitano l’acquolina in bocca al
Pd, naturale traino di una vincente coa-
lizione di centrosinistra, e garantiscono
indipendenza all’Udc, presto le cose
potrebbero cambiare radicalmente.
A destra è molto più facile federare
sigle, siglette e partitini sotto il simbolo
del Pdl. A sinistra, invece occorrerà
fare i conti con l’Idv di Antonio Di Pie-
tro, il Movimento 5 Stelle di Beppe
Grillo, la sinistra radicale delusa dal ri-
trovato feeling del Pd con gli ex demo-
cristiani, il ruolo chiave di Sel e le
eventuali velleità politiche di De Magi-
stris, Ingroia e la folta congrega giusti-
zialista. Tutte realtà non solo convinte
di potercela fare da sole a superare la
soglia di sbarramento alla Camera (se
non anche al Senato) senza apparenta-
menti, ma anche in grado di portare via
caterve di voti Democratici.