Pagina 4 - Opinione del 26-8-2012

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Continuiamo la pubblicazione in
quattro puntate della relazione
che il professor Jesus Huerta De
Soto presenterà il prossimo 3 set-
tembre a Praga in occasione della
Riunione Generale della Mont Pè-
lerin Society.
di
JESUS HUERTA DE SOTO
Un secondo esempio della malsana
influenza anglosassone può essere
trovata nel piano europeo di ripre-
sa economica che la Commissione
Europea ha lanciato nel 2008. sot-
to gli auspici del Washington Sum-
mit, con la leadership dei politici
keynesiani come Barack Obama e
Gordon Brown e su consiglio dei
teorici economici nemici dell’euro,
come Krugman e altri. Il piano rac-
comanda ai paesi membri l’espan-
sione della spesa pubblica dell’1,5
per cento del Pil (circa 200 miliardi
di euro). Anche se alcuni paesi, co-
me la Spagna, hanno fatto l’errore
di espandere i loro bilanci, il piano,
grazie a Dio e all’euro, e per la di-
sperazione dei keynesiani e dei loro
seguaci, ben presto non è appro-
dato a nulla, una volta che è di-
ventato chiaro che sarebbe solo
servito ad aumentare i deficit, pre-
cludendo il conseguimento degli
obiettivi del trattato di Maastricht
e avrebbe gravemente destabiliz-
zato i mercati del debito sovrano
nei paesi dell’Eurozona. Ancora
una volta l’euro ha fornito un qua-
dro disciplinare e un freno al defi-
cit, in contrasto con la sconsidera-
tezza del bilancio dei paesi che
sono vittime del nazionalismo mo-
netario e, in particolare, gli Stati
Uniti e soprattutto l’Inghilterra,
che ha chiuso con un disavanzo
pubblico del 10.1% del PIL nel
2010 e dell’8,8% nel 2011, su sca-
la mondiale superata solo da Gre-
cia e Egitto. Nonostante tali deficit
e pacchetti di stimolo fiscale, la di-
soccupazione in Inghilterra e negli
Stati Uniti rimane a livelli record
(o molto alta) e le loro rispettive
economie non sono decollate.
In terzo luogo, e soprattutto,
c’è una crescente pressione per una
completa unione politica europea,
che alcuni indicano come l’unica
“soluzione” che potrebbe consen-
tire la sopravvivenza dell’Euro nel
lungo periodo. Oltre agli “eurofa-
natici”, che difendono sempre ogni
scusa che possa giustificare un
maggiore potere e il centralismo di
Bruxelles, due gruppi condividono
il sostegno all’unione politica. Un
gruppo è costituito, paradossal-
mente, dai nemici dell’euro, in par-
ticolare quelli di origine anglosas-
sone: ci sono gli americani che,
abbagliati dal potere centrale di
Washington e consapevoli che non
potrebbe essere replicato in Euro-
pa, sanno che con la loro proposta
stanno iniettando un virus letale
per l’euro; e ci sono gli inglesi, che
rendono l’euro un (ingiustificato)
capro espiatorio su cui sfogare le
loro (completamente giustificate)
frustrazioni in vista del crescente
interventismo di Bruxelles. L’altro
gruppo è costituito da tutti quei
teorici e pensatori che credono
che solo la disciplina imposta da
un governo centrale possa garan-
tire gli obiettivi di deficit e debito
pubblico stabiliti nel trattato di
Maastricht.
Nonostante ciò, il problema più
serio non giace nella minaccia di
un’impossibile unione politica, ma
nell’inconfutabile fatto che una po-
litica di espansione del credito,
portata avanti in modo sostenuto
dalla BCE in un periodo di appa-
rente prosperità economica, sia ca-
pace di cancellare, almeno tempo-
raneamente, gli effetti disciplinanti
esercitati dall’euro sugli agenti eco-
nomici di ogni paese. Quindi, l’er-
rore fatale della BCE consiste nel
non essere riuscita a isolare e pro-
teggere l’Europa dalla grande
espansione del credito orchestrata
su scala mondiale dalla Fed e ini-
ziata nel 2001. Per diversi anni, in
un lampante fallimento nell’osser-
vazione del Trattato di Maastricht,
la Banca Centrale Europea ha per-
messo che l’M3 crescesse ad un
tasso più alto del 9% annuo, che
di gran lunga supera l’obiettivo
della crescita del 4,5% dell’offerta
di denaro, un punto originaria-
mente fissato dalla BCE stessa.
Inoltre, sebbene questo aumento
sia stato sensibilmente meno im-
prudente rispetto a quello creato
dalla Fed, il denaro non è stato di-
stribuito in maniera uniforme tra
i paesi dell’Unione monetaria e ha
avuto un impatto sproporzionato
sui paesi periferici (Spagna, Porto-
gallo, Irlanda e Grecia), che hanno
visto i loro aggregati monetari cre-
scere ad un ritmo molto più rapi-
do, tra le tre e le quattro volte
maggiore, rispetto a Francia e Ger-
mania. Molti motivi possono esse-
re addotti per spiegare questo fe-
nomeno, dalla pressione applicata
da Francia e Germania, entrambe
alla ricerca di una politica mone-
taria che in quegli anni non sareb-
be stata troppo riduttiva per loro,
all’estrema mancanza di lungimi-
ranza dei paesi periferici, che non
hanno voluto ammettere di essere
nel bel mezzo di una bolla specu-
lativa, come il caso della Spagna,
e quindi non erano in grado di da-
re istruzioni categoriche ai loro
rappresentanti nel Consiglio della
BCE affinché rendessero importan-
te il rispetto rigoroso degli obiettivi
II
CULTURA
II
Jesus Huerta de Soto: difesa liberista dell’Euro/4
In contrasto
con la situazione
del dollaro
e della sterlina,
nell’area euro
il denaro non può essere
così facilmente iniettato
nell’economia, né
l’avventatezza
di bilancio può essere
mantenuta
indefinitamente.
Almeno in teoria,
la Bce manca
dell’autorità necessaria
alla monetizzazione
del debito pubblico
malgrado abbia
accettato bond sovrani
come collaterali
dei suoi enormi prestiti al
settore bancario
e abbia iniziato ad
acquistare direttamente
obbligazioni
dei paesi periferici
L’OPINIONE delle Libertà
DOMENICA 26 AGOSTO 2012
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