Page 2 - Opinione del 26-10-2012

II
POLITICA
II
La crisi è un’opportunità per rinnovare la politica
di
GIUSEPPE TALARICO
ulla crisi di credibilità che ha
investito il sistema politico ita-
liano, dando spazio a fenomeni
di contestazione verso i partiti
tradizionali in nome della antipo-
litica e del populismo, Giuseppe
De Rita, con la consueta acutezza
e finezza intellettuale, è l’unico
studioso italiano ad avere svilup-
pato una analisi profonda, grazie
alla quale è possibile cogliere le
implicazioni politiche di questo
difficile momento storico. Infatti
per il sociologo, studioso della
struttura produttiva e sociale del
nostro paese, nell’era del governo
tecnico appare evidente la distin-
zione concettuale tra la concezio-
ne verticale del potere, che incar-
na l’autorità dello stato e della
politica nel governo degli esperti,
e quella orizzontale, per la quale
la legittimazione del potere poli-
tico deve promanare e derivare
dalla partecipazione popolare alla
vita civile e democratica. Ora la
scelta compiuta dal centrodestra,
dopo il ritiro definitivo del Presi-
dente Berlusconi dalla competi-
zione per la premierschip, di sce-
gliere con le primarie il leader,
costituisce una novità politica di
enorme rilievo. Infatti con il si-
stema della primarie, sia il cen-
trodestra sia il centrosinistra, mi-
rano a dare vita a un sistema che,
nel segno del rinnovamento, fa-
vorisca la partecipazione popolare
e restituisca credibilità alla poli-
tica, impedendo che vi sia spazio
per le forze che con il linguaggio
violento e volgare della demago-
gia si limitano a contestare, senza
riuscire a proporre una visione
moderna della società italiana e
del governo del paese. Il linguag-
gio che domina il discorso pub-
blico nel nostro tempo rivela
quanto grande sia l’ansia del cam-
biamento tra i cittadini, stanchi
del malgoverno, della inefficienza
pubblica, di una politica che si
S
trasforma nel regno del malaffare
e della corruzione e del privilegio
per pochi. La parola rottamazio-
ne, prediletta da Renzi che sfida
Bersani nel centrosinistra, è vio-
lenta e diseducativa, poiché de-
grada le persone attempate ed an-
ziane alla stregua di oggetti
inservibili, che devono essere ac-
cantonati e riutilizzati per scopi
diversi da quelli del passato. A fu-
ria di riproporre questo termine
nel confronto pubblico si rischia
di far prevalere il dato anagrafico
dei politici sulla preminenza delle
idee e della proposte. Questa di-
sinvoltura verbale, come hanno
notato acuti osservatori, è il risul-
tato di un cambiamento profondo
che è avvenuto, dopo il 1994 e la
nascita della imperfetta democra-
zia maggioritaria, nel nostro si-
stema politico e nel linguaggio e
nello stile della comunicazione
pubblica. L’insulto personale e
l’aggressione volgare e veemente
dell’avversario nel discorso pub-
blico, durante questi ultimi venti
anni segnati dalla politica spetta-
colo, hanno fatto premio sulla pa-
cata e necessaria discussione sulle
diversità ideali e culturali esistenti
tra le coalizioni politiche alterna-
tive. Proprio perché appare neces-
sario sottoporre ad una analisi
critica le proposte programmati-
che e le idee politiche espresse
dalle coalizioni, bisognerebbe ac-
cantonare questa parola disedu-
cativa, la rottamazione, e porre
l’accento in modo responsabile
sulla esigenza di una ricostruzione
e un rinnovamento profondo del-
la politica e dei partiti. Nel paese
dei Vicerè e del Gattopardo, due
libri della nostra migliore lette-
ratura meridionale, non è suffi-
ciente sostituire i vecchi con i gio-
vani per avere miracolosamente
la rinascita civile, una classe diri-
gente capace di incarnare il valore
della legalità e della democrazia,
un dibattito pubblico che, intorno
alle diverse sensibilità culturali
tra liberali e socialdemocratici,
sia in grado di indicare una visio-
ne alta condivisa del bene comu-
ne. Il cambiamento, di cui si co-
glie la necessità, se solo si pensi
alle folle che popolano le piazze
in Sicilia per ascoltare Beppe Gril-
lo che da guitto di successo con
il suo linguaggio contesta tutto,
è una cosa diversa dalla rottama-
zione, poiché implica la constata-
zione che la crisi morale ed eco-
nomica è una opportunità che si
dischiude per trasformare profon-
damente sia la politica sia la so-
cietà italiana. Tutti hanno la netta
sensazione che l’idea dello svilup-
po sostenibile, per soddisfare i bi-
sogni dell’oggi senza compromet-
tere le aspirazioni delle future
generazioni, è un orizzonte ideale
da cui non è possibile discostarsi
ed allontanarsi. La rottamazione,
parola violenta e diseducativa che
non promette nulla di buono, pre-
supponendo il conflitto genera-
zionale ineluttabile tra i vecchi ed
i giovani, sfocia nella idea che sia
sufficiente sacrificare un singolo
individuo, trasformato nella figu-
ra del capro espiatorio, su cui ha
scritto pagine illuminanti il filo-
sofo Renè Girard, per reintegrare
l’ordine morale e politico nel si-
stema democratico di un Paese.
Questa è una pericoloso illusione
,
ingannevole e fallace. Il cambia-
mento e il rinnovamento della po-
litica, grazie al sistema delle pri-
marie, sono necessari, la rottama-
zione è una semplificazione con-
cettuale e lessicale assai insidiosa
e feconda di effetti imprevedibili.
In particolare, per capire le con-
seguenze culturali e storiche di
quanto accade in questo momen-
to storico, le parole e le riflessioni,
consegnate da Alfonso Berardi-
nelli in una intervista rilasciata al
Foglio in data 24 ottobre, appa-
iono degne di attenzione e sono
molto rilevanti. Per Berardinelli,
grande studioso di letteratura ed
autore di libri bellissimi di saggi-
stica letteraria, la generazione del
sessantotto, che si è nel frattempo
trasformata in una corporazione
professionale occupando tutti i
posti di potere, ha fallito rispetto
alla ambizione che ha coltivato di
cambiare il mondo. La sinistra
per troppo tempo, prigioniera di
un conservatorismo culturale, è
rimasta avvinghiata ad una ideo-
logia antisistema, arrivando tardi
alla trasformazione socialdemo-
cratica. Questa ideologia antisi-
stema, non ha solo provocato, se-
condo l’intellettuale Berardinelli,
il terrorismo, ma ha anche conta-
minato il sindacato, rendendo dif-
ficile la modernizzazione della so-
cietà italiana e del suo sistema
capitalistico. La destra, liberatasi
della eredità fascista, che promet-
teva efficienza produttiva, merito
e ordine sociale, una volta al go-
verno ha fallito. Entrambe, secon-
do questa acuta riflessione di Be-
radinelli, critico letterario e
grande studioso, sia la destra sia
la sinistra simmetricamente han-
no nutrito un odio assurdo ed in-
giustificato verso l’individualismo,
che rappresenta il fondamento
della civiltà liberale e democrati-
ca. Lo stesso ottimismo alimen-
tato negli anni ottanta dalla si-
nistra riformista di Craxi non è
riuscito a modernizzare il Paese.
La sinistra post comunista ha do-
vuto attendere Renzi per scoprire
il valore di parole quali merito,
efficienza produttiva, ed una mo-
derna visione dei rapporti tra cit-
tadino stato e mercato. La stessa
destra Berlusconiana, che promet-
teva maggiore efficienza produt-
tiva per accrescere il benessere
collettivo, ha mancato l’obiettivo
della rivoluzione liberale. Per Be-
rardinelli occorre riflettere su di
una pagina del libro di Carlo Levi
Orologio, scritto dopo la seconda
guerra mondiale, nella quale il
grande scrittore sosteneva che i
politici ignorano come funziona-
no i ministeri, nei cui scantinati
si annidano le forze conservatrici
capaci di impedire, paralizzare e
scoraggiare ogni azione di trasfor-
mazione della società. Il momento
che viviamo per Berardinelli è
prezioso e irripetibile, poiché la
società esprime il conflitto degli
interessi ed ha bisogno di autor-
ganizzazione e di partiti politici
rinnovati e profondamente tra-
sformati. In ogni caso la genera-
zione del sessantotto in questo ha
fallito, poiché non ha cambiato
la politica ed i partiti per rivita-
lizzare la sovranità democratica.
Queste parole e riflessioni di Be-
rardinelli sono di una lucidità im-
pressionante e su di esse dovreb-
bero riflettere in tanti, in questo
momento di grave crisi della po-
litica ed in cui si avvia una fase
nuova nella politica italiana.
Bisogna accantonare
la parola rottamazione,
ponendo l’accento
in modo responsabile
sull’esigenza
di una ricostruzione
e un rinnovamento
profondo della politica
segue dalla prima
Il Cav e le primarie
(...)
La Destra di Francesco Storace, ad
esempio, potrebbe diventare l’equivalente
del Sel di Nichi Vendola per un candidato
naturale alle leadership come Alfano. E
quest’ultimo, grazie alle primarie aperte,
potrebbe anche tentare di inserire nel pro-
getto della grande alleanza moderata i neo-
liberali di Montezemolo e Giannino. Qual-
cuno ipotizza che in questo disegno
potrebbe rientrare anche l’Udc di Casini.
Ma chi prospetta questa eventualità sbaglia.
Perché Casini non sarà mai disponibile ad
uno schema bipolare ma persegue con coe-
renza il disegno di restaurare il sistema po-
litico della Prima Repubblica incentrato
sulla possibilità del centro di realizzare sem-
pre e comunque la politica dei “due forni”
tra destra e sinistra. Con Casini, dunque,
non si può dialogare e fissare alleanze pri-
ma delle elezioni. Ma sempre e comunque
dopo i risultati elettorali. E sempre a patto
di essere un “forno” in grado di offrirgli il
pane” da lui desiderato. Ma questo è un
altro film. Quello di adesso è che il Cava-
liere è uscito dal campo. E con la sua deci-
sione ha prodotto lo stesso effetto di quan-
do decise di entrarci.
ARTURO DIACONALE
Nuova demagogia
(...)
di esattori (da questo punto di vista
se ad amministrare un stato che tassa le
piccole e medie imprese al 68% c’è un
Monti o un Renzi mi cambia ben poco),
bensì attraverso una drastica riduzione di
quanto mi viene estorto da una sfera poli-
tico-burocratica che si è dilatata oltre ogni
ragionevole limite. Per quel che mi riguar-
da il nuovo io lo trovo guardandomi indie-
tro, ai tempi in cui la nostra economia cre-
sceva quasi come l’attuale Cina e la mano
pubblica gestiva meno della metà di quanto
avviene oggi. E sotto questo profilo ridare
alla società spontanea una buona parte di
quanto gli viene sottratto in nome e per
conto di uno Stato che socializza le perdite
e fa godere i profitti solo ai membri delle
tante caste protette rappresenterebbe una
vera svolta epocale.
CLAUDIO ROMITI
Rivoluzione fallita
(...)
All’atto pratico, lo si è visto. Non c’è
mai stato alcun serio tentativo di sintoniz-
zare su un progetto nuovo ideologie diffe-
renti, ereditate dal passato novecentesco,
quali il conservatorismo cattolico, il libe-
ralismo, il socialismo riformista. Con la
fondazione del PdL il problema, se possi-
bile, è ulteriormente peggiorato, è avvenuta
una fusione con un intero partito, Alleanza
Nazionale, la cui identità culturale, dopo
l’abbandono del neo-fascismo del Msi, non
è neppure mai stata definita con chiarezza.
Non è mai stato tentato alcun “fusionismo”
fra le culture interne a Forza Italia, né fra
quelle di Forza Italia e Alleanza Nazionale.
La cultura politica, snobbata dal premier
del fare”, si è vendicata. Senza alcun pro-
getto condiviso, senza alcuna comune vi-
sione del futuro, il PdL è finito col dividersi
in bande politiche le une contro le altre
ostili, dopo solo due anni di governo. Si
possono cercare giustificazioni esterne
quanto si vuole: l’accanimento giudiziario,
la campagna di delegittimazione dei media,
la cronica “ingovernabilità” del Paese, l’in-
fedeltà di Bossi prima, Casini poi e infine
di Fini. Ma il problema resta interno: Ber-
lusconi non ha saputo trasmettere la sua
idea dell’Italia ai suoi uomini. Non ha dato
loro alcuna bussola politica e culturale. E
solo così si spiega la fine di un movimento
e di un progetto che, nel Paese, ha sempre
conquistato la maggioranza dei consensi.
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VENERDÌ 26 OTTOBRE 2012
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