Page 1 - Opinione del 27-9-2012

Direttore ARTURO DIACONALE
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Giovedì 27 Settembre 2012
delle Libertà
I sondaggi e le incognite di Renzi eMontezemolo
a cosa dicono i sondaggi più
accreditati dopo lo tsunami
delle dimissioni di Renata Polverini
e l’esplosione di un caso Lazio che
è in realtà il caso dell’intero sistema
regionale italiano? Chi vuole tro-
vare una via d’uscita dallo scon-
quasso politico di questi giorni de-
ve necessariamente rispondere a
questo interrogativo. Non perché
l’unica bussola in grado di far na-
vigare nel mare agitato della vita
pubblica nazionale sia rappresen-
tato dalle rilevazioni sulle intenzio-
ni di voto. Ma perché i sondaggi
possono sbagliare le percentuali ma
forniscono indicazioni certe sulle
tendenze di fondo dell’elettorato
M
italiano. Ed è sulle tendenze stabili
e prive di oscillazioni che si può ra-
gionare sul futuro e scegliere le
mosse da compiere per reggere il
mare” senza andare alla deriva.
Le tendenze in questione sono
poche. La prima è che il Pdl subisce
il contraccolpo della vicenda laziale
ed inverte il processo di progressiva
risalita oltre il 20 per cento iniziato
nelle settimane scorse. La seconda
è che il Pd non intercetta neppure
un voto della nuova flessione del
Pdl e neppure di fronte allo sban-
damento del proprio principale an-
tagonista riesce a conquistare una
minima parte di consensi nell’area
dei delusi del centro destra. La ter-
za è che anche la cosiddetta area
centrista, in realtà rappresentata
dalla sola Udc di Pierferdinando
Casini, non usufruisce in alcun mo-
do dello sbandamento del Pdl.
Delle tre indicazioni la più im-
portante è sicuramente quella che
riguarda l’area di centro. Se l’Udc
fosse riuscita ad intercettare i de-
lusi del centro destra e diventare
il punto di coagulo di tutte quelle
formazioni spontanee che vanno
sorgendo nel paese come reazione
allo stato di atarassia politica ed
alle crisi di nervi del centro destra,
il destino della prossima legislatu-
ra sarebbe segnato. E si potrebbe
già da ora ragione sul ritorno di
un centro sinistra molto simile a
quelli del passato, con un centro
solido alleato con una sinistra ri-
formista compatta. Ma l’operazio-
ne, a cui Casini aveva lavorato
d’intesa con Gianfranco Fini e
Beppe Pisanu, ed in cui aveva spe-
rato di inserire come specchietto
per le allodole moderate Luca
Cordero di Montezemolo, è cla-
morosamente fallita. Fini e Pisanu
si sono rivelati non un valore ag-
giunto ma una zavorra imbaraz-
zante. E Montezemolo, vista la
pretesa di Casini di riservare a se
stesso il ruolo di leader maximo
ed al Presidente della Ferrari (...)
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2
Il ritornodi Berlusconi e la trappoladell’antipolitica
uardi le sue tv e leggi i gior-
nali di famiglia e ti rendi
conto che la strategia elettorale
del Cavaliere è scelta, la linea
tracciata. A prescindere dalla can-
didatura o meno. Tutto questo
parlare dello spirito del ‘94 non
ha solo a che fare con i program-
mi, ma anche con l’impostazione
della campagna. Certo Silvio Ber-
lusconi è determinato a rilanciare
le parole d’ordine che l’hanno re-
so famoso, gli hanno permesso di
sconfiggere la gioiosa macchina
da guerra di Achille Occhetto e
conquistare a furor di popolo per
ben tre volte Palazzo Chigi. E
quindi: meno tasse per tutti, via
G
i lacci e lacciuoli che frenano la
libera impresa e l’energia del pae-
se, via anche il finanziamento
pubblico ai partiti. Parole d’ordi-
ne che hanno sempre avuto un
certo appeal. E che sono capaci
ancora oggi di mobilitare il po-
polo del centrodestra. A maggior
ragione ora che i rappresentanti
delle istituzioni pubbliche si di-
mostrano così avidi e corrotti da
non rendersi conto di quanto stri-
da il loro bengodi con la crisi ne-
ra che attanaglia la vita quotidia-
na delle famiglie.
Berlusconi ha sempre saputo,
meglio di ogni altro, intercettare
gli umori del paese e sintonizzarsi
con la sua pancia più profonda.
Una pancia che oggi esprime mal-
contento e rabbia per la brusca
frenata al trend del tenore di vita.
Gli italiani hanno sempre costan-
temente cambiato in meglio da
quando è finita la seconda guerra
mondiale.
Ora, da un paio di anni, non
è più così. La marcia indietro, le
rinunce, il senso d’impotenza co-
minciano a farsi sentire. Il risen-
timento cresce e sceglie come for-
ma di espressione quella del
rifiuto totale della politica, dello
sfogo distruttivo. Decretando il
successo - finora solo alle ammi-
nistrative e nei sondaggi - di chi
meglio riesce a intercettare questa
ribellione. A cominciare dal Mo-
vimento 5 Stelle di Beppe Grillo
con le piazze gridate e la rete in-
ternet trasformata in pozzo nero
di ogni frustrazione.
Che l’onda sia reale non c’è da
dubitare: il sentimento di antipo-
litica sta raggiungendo livelli si-
mili a quelli del 1992. E le anten-
ne di Berlusconi lo hanno
registrato benissimo.
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2
di
CRISTINA MISSIROLI
Si candida di nuovo
alla rivoluzione ma calca
la scena da 18 anni
e perciò corre due rischi:
ha poche chance
di essere creduto
e un’alta probabilità
di essere travolto
dalla furia distruttrice
che nutre e cavalca
di
ARTURO DIACONALE
L’operazione tezopolista
a cui Casini aveva
lavorato per sottrarre
voti a Pdl e Pd,
ed in cui aveva sperato
di inserire come
specchietto
per le allodole moderate
Montezemolo,
è clamorosamente fallita
In Italia torna il reato d’opinione
K
Da ieri, questa testata è la
prima in Italia a portare il nome di un
reato perseguibile con la galera. A con-
ferirci questo triste primato è stata la
Cassazione, confermando la condanna
a 14 mesi di reclusione per diffamazione
ad Alessandro Sallusti. L’ormai ex diret-
tore de Il Giornale (ieri infatti ha rasse-
gnato le proprie dimissioni), ha già fatto
sapere di non voler chiedere una misura
alternativa al carcere. «Chiedere la gra-
zia? – ha dichiarato - La chiede chi sa di
aver sbagliato e chiede perdono allo
Stato. Io sono convinto di non meritare
quella sentenza, quindi perché dovrei
chiedere scusa di un reato che non ho
commesso?». Poco conta il fatto che la
procura di Milano sospenda l’esecu-
zione della pena. L’Italia rimane l’unico
paese occidentale nel quale si può finire
in carcere per aver espresso la propria
opinione. Lo vuole un codice penale ri-
salente al periodo fascista. Non è un
caso che quest’anno il nostro paese sia
al 61° posto nel mondo nella classifica
di Reporter Sans Frontier sulla libertà di
stampa. E il caso Sallusti difficilmente ci
farà conquistare posizioni.